I più diffusi sono quelli rinforzati con fibre di vetro. I PMC rinforzati con fibre di C sono i più importanti per applicazioni strutturali all’avanguardia. Parleremo dei processi di produzione di manufatti realizzati con PMC con matrice termoindurente o termoplastica.
Resine epossidiche, le resine poliesteri e le resine vinilesteri. Tra i processi di produzione più comuni, vi è la laminazione manuale e mediante sistemi spray. Si tratta di processi industriali largamente utilizzati in molti settori, basati su tecnologie mature ed affidabili. Il processo si basa sull’impiego di uno stampo e la compattazione del materiale composito viene effettuata mediante l’impiego di rulli.
Laminazione Manuale: Questo processo coinvolge l'assemblaggio manuale di strati di rinforzo (come fibre di vetro, carbonio o altri materiali compositi) all'interno di uno stampo precedentemente trattato con la resina termoindurente. Questo metodo è comunemente utilizzato in produzioni di piccola scala o per componenti complessi dove la precisione e il controllo manuale sono cruciali. Procedura:
Lo stampo viene preparato applicando uno strato di rilascio o utilizzando un agente antiaderente (vera, silani, silicone) per facilitare la rimozione del componente finito e uno strato di gel coas ( carica minerale in genere ossido di titanio, per avere una superficie lucida e liscia).
Gli strati di rinforzo vengono posizionati manualmente all'interno dello stampo in un ordine specifico (anisotropo o isotropo a seconda della disposizione delle fibre).
La resina termoindurente viene applicata agli strati di rinforzo, solitamente mediante spazzole o rulli.
Il materiale composto viene compattato, solitamente utilizzando rulli o altri strumenti, per eliminare bolle d'aria e garantire una distribuzione uniforme della resina.
Una volta che il materiale è stato compattato adeguatamente, viene lasciato polimerizzare. Questo processo può richiedere tempo a temperatura ambiente o può essere accelerato mediante l'applicazione di calore.
Si possono svolgere operazioni post cura riscaldando precedentemente il materiale in un forno.
Laminazione Mediante Sistemi Spray: Questo processo implica l'applicazione della resina termoindurente tramite spruzzatura sugli strati di rinforzo all'interno dello stampo. E' più automatizzato e viene spesso utilizzato per produzioni di serie più elevate dove l'efficienza e la velocità di produzione sono cruciali. Procedura:
Come nella laminazione manuale, lo stampo viene preparato con agenti antiaderenti o strati di rilascio.
La resina viene atomizzata in piccole particelle e spruzzata sugli strati di rinforzo all'interno dello stampo.
Compattazione (opzionale): In alcuni casi, può essere necessario utilizzare strumenti o metodi per compattare il materiale e garantire una distribuzione uniforme della resina.
Dopo l'applicazione della resina, il materiale viene lasciato polimerizzare come nel caso della laminazione manuale.
Filament Winding: coinvolge l'applicazione di filamenti di rinforzo (comunemente noti come roving) su uno stampo in modo strategico per creare una struttura tridimensionale. Questa tecnica è particolarmente versatile e può essere utilizzata per una vasta gamma di geometrie e applicazioni (versatilità geometrica, controllo del rapporto resina-rinforzo, rapporti di avvolgimento). E' ampiamente utilizzato nella produzione di serbatoi di carburante, condotti, strutture aeronautiche e componenti per razzi. Procedura:
Preparazione dello stampo: Come nei processi precedenti, lo stampo viene preparato e spesso trattato con agenti antiaderenti o strati di rilascio.
Applicazione del rinforzo: Il roving viene alimentato attraverso un sistema di guida e avvolto sullo stampo secondo una sequenza predefinita. Questa sequenza può variare a seconda della forma e della struttura desiderate.
Applicazione della resina: Mentre il roving viene avvolto, viene contemporaneamente applicata la resina termoindurente tramite pennelli, rulli o altri metodi. La resina è solitamente presente in forma liquida o semi-liquida.
Polimerizzazione: Dopo che il roving è stato posizionato e la resina è stata applicata, il materiale viene lasciato polimerizzare, solitamente mediante il controllo della temperatura e del tempo di indurimento.
Poltrusion: Per la produzione di manufatti a sezione costante. Tiro il prodotto man mano che si realizza ( il primo pezzo va buttato via, quindi adatto a produzioni continue). Velocità di produzione tipiche: 100-2.000 mm/min, percentuale di fibre sino al 60%, larghezza anche 1-1.2 m.
Resin Transfer Molding (RTM): Nel processo RTM, una preforma costituita da fibre di rinforzo viene posta all'interno di uno stampo chiuso. Successivamente, la resina viene iniettata nel sistema attraverso una pompa. Caratteristiche:
La viscosità della resina deve essere bassa per facilitare l'iniezione nel sistema.
È possibile aggiungere additivi come ritardanti di fiamma, catalizzatori, assorbitori UV, ...
Adatto per forme complesse, produzioni su larga scala, alto volume di fibre fino al 65%, e basse emissioni.
--> tuttavia non si ottengono sempre pezzi isotropi a causa del flusso che può influenzare la disposizione delle fibre, la forma del componente, riorganizzazione durante il raffreddamento.
Deposizione automatica delle fibre: ATP e AFP:
ATP (Automatic Tape Placement): Basato su nastri preimpregnati, larghi da 75 a 300 mm, con film protettivo. Utilizzabile anche con matrici termoplastiche. I preimpregnati sono materiali compositi nei quali le fibre di rinforzo sono state impregnate in precedenza con una matrice polimerica, di solito un polimero termoindurente come resine epossidiche o poliimidi. Hanno maggiore durabilità.
Impiega sistemi CAD -> CAM -> CNC per la produzione. Il nastro viene tagliato con lame + ultrasuoni, e sono possibili tagli parziali.
AFP (Automatic Fibre Placement): Usa roving "secco", con più bobine che alimentano una testa di deposizione/taglio. Spesso utilizza una macchina CNC in configurazione gantry, a 5 o più assi. Possibile utilizzare anche mandrini multipli. Sono sistemi molto veloci ed affidabili e meno costosi.
Processi basati sull'uso di un'autoclave: Questi processi consentono di fabbricare parti di grandi dimensioni, massimizzando le proprietà meccaniche del composito. Si utilizzano prepregs, che possono essere anche a matrice termoplastica, sebbene presentino alcune sfide aggiuntive.
I rotoli di prepreg sono di solito lunghi tra 50 e 250 m e larghi nell'intervallo 300 - 1.500 mm. Il contenuto in fibre del prepreg è tipicamente 60-65%.
Per produrre un manufatto, gli strati di prepreg vengono sovrapposti e l'autoclave consolida le lamine, elimina le bolle d'aria e facilita la reticolazione della resina.
Nel processo di infusione, una preforma costituita da strati di rinforzo (come fibre di vetro, carbonio o altri materiali compositi) viene posizionata all'interno di uno stampo.
La resina, in forma liquida o semi-liquida, viene poi iniettata nel sistema, solitamente attraverso un sistema di tubature appositamente progettato.
La resina si muove attraverso la preforma, impregnando le fibre e riempiendo gli spazi vuoti.
Metodi di infusione:
Infusione sotto vuoto (Vacuum Infusion): la resina viene spinta attraverso la preforma utilizzando la pressione atmosferica. La preforma e il sistema di infusione sono posti sotto vuoto per rimuovere l'aria e creare una differenza di pressione che aiuta il flusso della resina. E' adatto per componenti di dimensioni medie o grandi e permette un buon controllo della distribuzione della resina.
Infusione sotto pressione (Pressure Infusion): la resina viene spinta attraverso la preforma utilizzando una pressione aggiuntiva, spesso generata da un compressore o una pompa. Questo forza la resina attraverso la preforma in modo più rapido e controllato rispetto all'infusione sotto vuoto. È utile per componenti di grande dimensione o per garantire un riempimento rapido e uniforme della preforma.
Altro:
L'infusione consente di ottenere componenti con un elevato rapporto resina-rinforzo, garantendo una buona adesione tra i materiali.
Questo processo è adatto per la produzione di componenti di dimensioni complesse o di grandi dimensioni.
Usa molti materiali usa e getta (oppure in gomma siliconica riutilizzabile)
bleeder fabric: tessuto o film microforato per aiutare a separare il sacco e il composito.
Distaccante: da applicarsi ogni volta
Non è necessaria la refrigerazione dei semilavorati e le parti possono essere lavorate e unite mediante riscaldamento, anche in più fasi. I materiali posso essere riutilizzati e in genere, le matrici hanno una maggiore tenacità.
Svantaggi: Le temperature necessarie per la lavorazione sono più elevate rispetto a quelle utilizzate con le matrici termoidurenti (sino a 350 °C / 12 MPa / 30’). I semilavorati non sono «tacky» e quindi la laminazione risulta essere più complessa.
Normalmente il lay-up è composto da lamine contenenti fibre con ridotte quantità di matrice, alternate a lamine di solo materiale costituente la matrice. Il consolidamento avviene mediante applicazione di temperatura e pressione, per un tempo sufficiente. L’obiettivo è eliminare tutti i vuoti.
Double Diaphragm Forming: ok per oggetti con superfici a doppia curvatura.
Stampaggio ad iniezione/Stampaggio a compressione
Sono fondamentali per garantire una buona adesione tra le fibre di rinforzo e la matrice polimerica. Le diverse tipologie di fibre, come vetro, carbonio, aramidiche e UHMWPE, presentano specifiche caratteristiche chimiche e superficiali che possono influenzare l'adesione.
Ad esempio, le fibre di vetro richiedono spesso trattamenti a base di silani per migliorare la compatibilità chimica (si rimuove il trattamento effettuato durante la produzione per sostituirlo).
Per le fibre di carbonio, si possono impiegare diversi trattamenti per aumentare la rugosità e la reattività superficiale:
Deposizione di un appretto polimerico (ad es. epossidico, PVA, ....). Aumenta l’energia superficiale
Deposizione di un rivestimento PVD (ad es. SIC, ZnO). Aumenta l’energia superficiale e la rugosità
Ossidazione superficiale in fase gassosa o liquida (HNO3 , KMnO4 , ecc.). Aumenta la rugosità superficiale, si formano gruppi funzionali (es. -C-OH, -C=O, ecc.)
Le fibre aramidiche, come il Kevlar, presentano una minore adesione naturale rispetto a vetro o carbonio, ma ciò può essere un vantaggio in certe applicazioni (protezioni balistiche). Per massimizzare la resistenza meccanica in compositi con fibre aramidiche, sono disponibili vari trattamenti superficiali:
Br2 in H2O (acqua di Br, fortemente ossidante)
Silanizzazione
Idrolisi acida o basica
Plasma in ambiente reattivo (H2O, Ar, ...) Normalmente l’adesione migliora, ma le caratteristiche meccaniche delle fibre peggiorano.
Le fibre di UHMWPE, invece, essendo poco reattive, richiedono trattamenti come il plasma atmosferico freddo in atmosfera reattiva (NH3, O2...), pulizia superficiale, rimozione degli strati superficiali ed aumento della rugosità, formazione di gruppi funzionali. Trattamenti chimici, ad es. con acido cromico. In ogni caso, la gestione delle condizioni all'interfaccia gioca un ruolo cruciale nella performance del materiale composito.
Possibili difetti: porosità, zone ricche di resina, micro-fratture (stress residui, umidità,...), delaminazioni, disallineamenti delle fibre, ...
Percentuale di fibre (v/v):
Composito con fibre unidirezionali: sino al 65%
Composito con fibre bidirezionali: sino al 50%
Composito con fibre in direzione random nel piano: sino al 30%
Effetto dell’umidità: Nel caso dei polimeri (matrici e fibre), l’umidità agisce come un plastificante, riducendo: modulo elastico, resistenza a trazione, Tg. Una resina epossidica può assorbire sino all’1% in peso di acqua.
Effetto della radiazione UV: La porzione della radiazione solare nella banda UV, o altre sorgenti, possono provocare trasformazioni nei materiali costituenti le matrici polimeriche e nelle fibre polimeriche: fotodegradazione, post-curing, cristallizzazione.
Creep: Notevole sensibilità al creep dei PMC rinforzati con fibre polimeriche, molto contenuto in quelli rinforzati con fibre di carbonio (pale turbine aerei).
Riciclo: La separazione di fibre e matrice, nonché di altre eventuali fasi presenti (verniciatura) è spesso difficile. I materiali termoindurenti non sono riutilizzabili. Si può macinare e impiego delle polveri risultanti come riempitivi. Decomposizione termica della frazione polimerica e reimpiego dei prodotti di decomposizione, come materia prima o come combustibili.
Cosa succede, a livello locale, quando si inseriscono delle fibre all’interno di una matrice. In alcuni casi è sufficiente la regola della miscela, come ad esempio nel calcolo della densità del materiale. In altri casi, è necessario studiare il problema in maggiore dettaglio e formulare dei modelli più complessi.
In termini assoluti e di frazione di massa
Quest’ultima relazione, può essere usata per calcolare il volume dei vuoti Vv.
Ipotizziamo che l’adesione fibre-matrice sia perfetta, che il modulo di Poisson delle due fasi sia il medesimo e che la deformazione sia elastica
(a), applicando un carico esterno Pc , la deformazione dei due componenti sarà la medesima (isodeformazione, elementi in parallelo):
Supponiamo che Av sia l’area della sezione trasversale del composito, Am quella della matrice e Af quella complessiva delle fibre. Sarà allora:
Per quanto riguarda le proprietà in direzione trasversale –caso (b)-, possiamo considerare un sistema «in serie» (iso-stress):
Le regole descritte costituiscono il modello più semplice disponibile in letteratura. Esistono altri approcci più sofisticati, basati sulla micromeccanica del materiale composito, in grado di offrire prestazioni migliori in termini di capacità previsionale delle caratteristiche meccaniche del materiale composito. Come sappiamo lo stato di tensione e di deformazione di un corpo può essere descritto da 6 componenti.
Per un generico materiale anisotropo (triclino), il legame tra sforzi e deformazioni è rappresentabile con un tensore del 4^ordine, 81 componenti. Imponendo le condizioni di simmetria dei due tensori, le componenti elastiche si riducono a 36. Applicando la condizione di simmetria maggiore derivante dal fatto che si suppone l’esistenza di un potenziale elastico in regime di piccole deformazioni, le componenti indipendenti sono 21. Nel caso di un solido anisotropo (triclino), quindi, per specificarne la risposta elastica è necessario definire 21 grandezze. E’ abbastanza raro, tuttavia, incontrare solidi totalmente anisotropi: spesso sono presenti delle simmetrie (presenza del reticolo cristallino nei solidi, oppure distribuzione delle fibre nei compositi, o alla struttura di un laminato o di un materiale naturale come il legno…)
La notazione tensoriale del lagame tra il tensore degli sforzi e quello delle deformazioni è quella più corretta, ma è piuttosto «pesante»:
(Z: tensore di cedevolezza) Vengono quindi spesso utilizzate in notazioni alternative, di tipo matriciale. Una molto usata è quella di Voigt: i tensori degli sforzi e deformazioni vengono trasformati in vettori colonna con 6 componenti ed il tensore di rigidezza viene trasformato in una matrice 6x6. La legge di Hooke:
Grazie all’uso delle componenti gij, le componenti C della matrice elastica (relazione costitutiva) sono uguali alle componenti Emnpq corrispondenti del tensore di rigidezza. Le simmetrie maggiori di E fanno sì che anche la matrice C sia simmetrica.
si ottengono le gij e non le eij. A causa di questo, le componenti della matrice S non sono tutte uguali a quelle corrispondenti del tensore di cedevolezza elastica Z.
In pratica, per un generico materiale anisotropo uno sforzo normale monoassiale genera anche delle deformazioni a taglio. Gli accoppiamenti tra sforzo e deformazioni normali (tipo Poisson) dipendono dalla direzione considerata). Il cubo deformato, quindi, non diventa un parallelepipedo, ma un prisma irregolare.
Esistenza di un piano di simmetria (materiale monoclino): le componenti elastiche indipendenti diventano 13
i due piani di simmetria (materiale ortotropo): le componenti elastiche indipendenti diventano 9.
materiali ortotropi, scompaiono gli accoppiamenti tra sforzi normali e deformazioni a taglio ecc. (restano solo gli effetti Poisson)
materiale trasversalmente isotropo (un asse di simmetria di rotazione)*, le componenti indipendenti sono 5 (fibre orientate disposte in maniera uniforme):
o completamente isotropo sono 2
*Si può dimostrare che sono trasversalmente isotropi anche materiali che hanno una simmetria rotazionale per angoli di 60° (condizione più debole, ma comunque sufficiente).
Per avere costanti che possano essere misurate facilmente ed il cui significato fisico sia evidente, si scrivono le 21 costanti delle matrici C o S utilizzando le cosiddette costanti tecniche o «constanti dell’ingegnere». Nel caso di anisotropia totale, esse sono:
3 moduli di Young E
3 moduli a taglio G
3 coefficienti di Poisson ν
3 coefficienti di Chentsov μ
9 coefficienti di influenza mutua di 1° o 2° tipo, η
K (modulo bulk),landa (modulo Lamé)
Equazioni di Halpin-Tsai:
Consideriamo una fibra ad alto modulo in una matrice a basso modulo. Entrambi i componenti abbiano lo stesso modulo di Poisson. A causa della differente rigidezza, fibra e matrice subiranno diversi allungamenti, il che comporta l’insorgenza di deformazioni a taglio nella matrice su piani paralleli all’asse della fibra. Gli sforzi di taglio all’interfaccia trasferiranno il carico dalla matrice alla fibra, sino al raggiungimento di un valore massimo di strain e della fibra pari a quello bulk della matrice (lontano dalla fibra in direzione radiale). Quindi: sfu=Ef *e
Ipotesi:
comportamento elastico
adesione all’interfaccia perfetta
no differenza nei moduli di Poisson: no sforzi trasversali
Sia v è lo spostamento di un punto a distanza x dall’estremità della fibra in assenza della fibra stessa e u quello in presenza della fibra. La differenza nello spostamento è dovuta agli sforzi di taglio presenti all’interfaccia.
Allora, considerando un elemento infinitesimo di fibra di diametro D si può scrivere l’equazione di equilibrio del corpo libero:
Una soluzione particolare è: Pf=Ef *Af*e Si può risolvere l’equazione omogenea associata (ad es. col metodo del polinomio caratteristico),ottenendo la seguente soluzione generale:
Si noti che se lo sforzo di taglio t all’interfaccia dovesse eccedere quello di deformazione elastica della matrice (caso MMC) o la resistenza a taglio dell’adesione fibra-matrice, sono tali valori di sforzo di taglio che dovrebbero essere utilizzati al posto di quello indicato. Resta da determinare il valore della costante B. Supponiamo l >> D e che la distanza media fibra-fibra sia 2R. Avevamo scritto:
Se chiamiamo w(r) lo spostamento reale della matrice, in funzione della distanza r dall’asse della fibra, sarà –nella matrice, in condizioni di equilibrio-: 𝜏 𝑟𝑓 ∙ 2𝜋 ∙ 𝑟𝑓= 𝜏 𝑟 ∙ 2𝜋 ∙ 𝑟 = 𝑐𝑜𝑠𝑡.
Per r=rf , w=u (no slittamento)
Per r=R si suppone che l’effetto della fibra non si faccia più sentire, per cui w=v. La deformazione a taglio della matrice sarà:
Il valore R/rf dipende dal tipo di impaccamento di fibre e dalla frazione volumetrica di fibre: Per un array a maglia quadra di fibre: ln 𝑅 𝑟𝑓 = 1 2 ln 𝜋 𝑉𝑓. Per un array a maglia esagonale di fibre: ln 𝑅 𝑟𝑓 = 1 2 ln 2𝜋 3∙𝑉𝑓
Si noti che più è grande il rapporto Gm/Ef e più è grande il valore di b e quindi più rapida la crescita dello sforzo nella fibra.
Analisi più rigorose, basate su ipotesi meno restrittive, danno differenze limitate al termine ln(R/rf ).
Lo stress nella fibra cresce da un valore nullo all’estremità sino ad un valore massimo, ammesso che la lunghezza della fibra sia sufficiente. Ciò dà adito alla definizione del concetto di lunghezza critica della fibra.
Lo stress di taglio è massimo all’estremità della fibra (possibile debonding)
Per calcolare la lunghezza critica di una fibra, consideriamo il caso in cui lo stress di taglio all’interfaccia sia costante. Questa è una semplificazione rispetto al modello precedente, che può acquisire maggior validità nel caso in cui, per esempio, nelle condizioni reali, vi sia slittamento all’interfaccia (debonding) o deformazione plastica della matrice in condizioni tali che non si verifichi incrudimento (nei MMC). Il valore dello sforzo di taglio all’interfaccia sarà allora dato, nel primo caso, dalle forze di attrito (generate da eventuali stress radiali, o da legami chimici, o da interlocking) e nel secondo caso dal flow stress della matrice: ti . Vale la relazione di equilibrio, scritta per x=l/2. Se la fibra è abbastanza lunga, potrà raggiungere nella porzione centrale il massimo valore di carico possibile per la fibra stessa, ovvero il suo carico di rottura, altrimenti risulterà «sottoutilizzata».
Anche per l > l c lo stress medio nella fibra è inferiore a quello presente nella porzione centrale. Per questo motivo, la lunghezza delle fibre, in un composito efficiente, deve essere tale che l >> l c . Per lo stress medio in una fibra si può infatti scrivere. Dove r*sf è lo stress medio in una frazione di fibra di lunghezza l c posta all’estremità. r è esattamente pari a 0.5 per un materiale costituente la matrice perfettamente plastico o nel caso in cui ci sia scivolamento con coefficiente d’attrito costante lungo tutta la superficie (profilo stress lineare).
Per i suddetti motivi, la resistenza meccanica di un composito a fibre corte sarà sempre inferiore a quella di un composito a fibre lunghe. Tuttavia, sopra una certa lunghezza delle fibre, il guadagno in termini di resistenza diventa trascurabile.
Un laminato prodotto in materiale composito è realizzato mediante la sovrapposizione di diverse lamine, ciascuna dotata di fibre orientate in una specifica direzione. L'obiettivo è ottenere una struttura con le proprietà meccaniche desiderate.
Un passo cruciale in questo processo è l'utilizzo delle informazioni derivate dall'analisi micromeccanica come input per l'analisi del comportamento del laminato. In pratica, una volta che le caratteristiche di una singola lamina sono state determinate sperimentalmente o tramite modelli teorici, queste vengono trattate come se la lamina fosse un materiale omogeneo ortotropo. Il laminato risultante sarà quindi la combinazione di un numero specifico di lamine ortotrope, ciascuna orientata in modo determinato, contribuendo così alle proprietà complessive della struttura.
Questa approccio permette di predire e comprendere il comportamento macroscopico dei laminati, fornendo una base solida per la progettazione e l'ottimizzazione di materiali compositi avanzati.
Qui abbiamo però un materiale ortotropo, il cui comportamento è un po’ più complesso. Se gli assi coordinati sono paralleli agli assi di simmetria naturale del materiale:
Per un’orientazione degli assi geometrici non coincidente con quella degli assi naturali, le matrici diventano completamente popolate. Angolo q positivo quando x-y è ruotato in senso antiorario rispetto 1-2.
Le due matrici di trasformazione sono diverse perché così si evita di dover mettere il coefficiente ½ davanti alle componenti ingegneristiche di taglio per convertirle nella forma tensoriale (effettivamente trasformabili).
Anche se la matrice è piena, solo 4 componenti sono indipendenti. Si può ricavare un’analoga relazione per la matrice [S]. Pertanto, uno stress normale sx , produrrà anche deformazione a taglio. Solo nel caso dell’orientazione speciale discussa in precedenza, ad uno stress normale corrisponderanno solo deformazioni normali.
Consideriamo la lamina in figura:
Un set di costanti ingegneristiche utilizzabile in questo caso è il seguente.
E’ possibile determinare la variazione della matrice [Q] con l’orientazione del sistema geometrico rispetto a quello naturale, quando essa è espressa in funzione delle grandezze ingegneristiche
LAMINATI
Formato da lamine omogenee. Ipotesi:
aderenza perfetta tra le lamine e comportamento elastico lineare delle lamine
Piccoli spostamenti, rotazioni e deformazioni
Spessore totale piccolo rispetto all’estensione nel piano
Modello cinematico di Kirchhoff: ogni segmento retto ortogonale al piano medio rimane: (i) rettilineo, (ii) ortogonale al piano e (iii) di lunghezza inalterata (questa ipotesi non ci consente di risalire alle deformazioni a taglio sullo spessore della piastra).
Nel piano xz cerchiamo lo spostamento u=(u,v,w) di un punto P qualsiasi di coordinate (x,y,z). Il punto B subisce uno spostamento (u0 , v0 , w0 ). Il punto P’ subirà dunque i seguenti spostamenti (z non cambia per ipotesi):
spostamenti e le deformazioni piccoli
Le deformazioni su z. Il tensore delle piccole deformazioni nella seguente forma, in notazione di Voigt
Consideriamo ora un laminato, di spessore h, formato da n lamine sovrapposte. Per la lamina k-esima (spessore hk -hk-1 ), l’equazione costitutiva sarà, come visto in precedenza:
Si osservi che, per le ipotesi formulate, lo strain varia linearmente con z in una lamina e quindi, per l’ipotesi di perfetta aderenza, nell’intero laminato. Per quanto riguarda lo stress, ciò non è vero
Abbiamo ipotizzato un modello meccanico caratterizzato da uno stato di deformazione piana, non implica che siamo anche in uno stato di stress piano.
Ciò vale anche per il caso in cui si consideri il materiale trasversalmente isotropo oppure, ovviamente, anche nel caso più generale di un materiale ortotropo: sigma3 ’ sarà in generale diverso da zero (mentre, in questo caso, s4 ’ e s5 ’ saranno nulli, ma la situazione non cambia). A rigore, quindi, non si possono utilizzare i risultati ottenuti per lo stato piano di tensione. Tuttavia, si ammette per ipotesi che ciò sia possibile, ovvero si suppone che s3 ’ =0.
Possibili «giustificazioni»: s3 ’ , sulle superfici esterne della piastra è pari alle pressioni di contatto, generalmente inferiori di uno/due ordini di grandezza, per i carichi distribuiti ordinari, rispetto alle tensioni presenti nel piano. Essendo lo spessore piccolo, è ragionevole ammettere che il valore di s3 ’ risulti limitato su tutto lo spessore. Si noti che, a rigore, s3 ’ è discontinua all’interfaccia tra gli strati. Osservazione: il fatto che, nelle ipotesi formulate le tensioni di taglio in direzione z siano nulle, implica che, in linea di principio, non è possibile l’equilibrio di un elemento di piastra sotto l’azione di carichi ortogonali al piano medio. Esistono, per sanare tutti questi problemi, teorie di ordine superiore.
Dunque, ammettiamo di essere in condizioni di stress piano, oltre che di deformazione piana: sx , sy , sxy =ss
risultanti integrando nello spessore di una lamina e sommando per le n lamine
In un laminato, esistono quindi in generale, i seguenti accoppiamenti:
trazione-taglio (A16, A26): Annulati se per ogni lamina +q, abbiamo un altra lamina dello stesso spessore, ma -q, allora avremo quello che viene chiamato un laminato bilanciato
trazione-torsione (B16, B26): Se per ogni lamina sopra il piano medio abbiamo un’identica lamina (proprietà, orientazione e distanza dal piano medio) sotto il piano medio
trazione-flessione
flessione-torsione (D16 e D26): Se per ogni lamina +q ad una certa distanza sopra il piano medio, abbiamo un altra lamina dello stesso spessore e caratteristiche, ma -q, alla stessa distanza sotto il piano medio, allora avremo D16 = D26 = 0.
D16 = D26 = 0 anche per un laminato 0°/90°. Ciò vale ovviamente anche per l’accoppiamento trazione-taglio.
Un laminato di questo tipo NON può essere simmetrico, per cui [B] <> 0, fatta eccezione per i laminati unidirezionali (0° o 90°) e per i laminati incrociati 0°/90°. Tuttavia, si può rendere D16 e D26 piccoli a piacere anche in un laminato simmetrico utilizzando un numero elevato di strati orientati a +-q, in quanto la piccola differenza nelle distanze dal piano medio diventa trascurabile.
*A volte gli accoppiamenti vengono utilizzati per ottenere degli effetti particolari. Ad esempio, l’accoppiamento trazione-torsione viene utilizzato nei generatori eolici e nelle pale degli elicotteri per ottenere un effetto di regolazione passiva del l'incidenza man mano che la velocità di rotazione aumenta.