La curva sforzo-deformazione è una rappresentazione grafica che illustra il comportamento di un materiale sotto l'azione di una forza applicata rispetto alla deformazione risultante. I tipi di curve corrispondono a diversi comportamenti meccanici dei materiali:
a) Comportamento fragile: caratterizzato da una rottura improvvisa e senza una significativa deformazione plastica prima del collasso.
b) Comportamento duttile: il materiale mostra una deformazione plastica significativa prima della rottura. E' solitamente più graduale, consentendo una maggiore deformazione prima del collasso.
c) Comportamento duttile + cold drawing: indicando una deformazione ulteriore attraverso il processo di trafilatura a freddo, che può migliorare le proprietà meccaniche del materiale.
d) Comportamento viscoelastico: risposta sia elastica che viscosa sotto sforzo.
Le caratteristiche meccaniche della curva includono:
E (Modulo di Young): Misura la rigidezza del materiale e la sua capacità di resistere alla deformazione elastica.
(Modulo di Poisson): capacità del materiale di contrarsi lateralmente durante una deformazione assiale.
y (Stress at yield): lo sforzo al quale il materiale inizia a deformarsi permanentemente (yield), associato a εy, la corrispondente deformazione permanente.
m (Strength): Rappresenta la massima resistenza del materiale prima della rottura, associata a εm, la deformazione corrispondente.
b (Stress at break): sforzo alla rottura del materiale, con εb o εtb come la deformazione associata, a seconda se c'è o meno snervamento nel processo di rottura.
I polimeri manifestano un comportamento viscoelastico anche in risposta a un'applicazione di forza per brevi periodi. Durante questo processo, parte dell'energia meccanica fornita viene dissipata come calore, mentre parte viene immagazzinata come energia potenziale elastica. Dopo la cessazione dello sforzo, il materiale recupera in parte la sua forma iniziale, con il recupero istantaneo limitato alla parte elastica.
Il comportamento meccanico dei polimeri è fortemente influenzato da vari parametri, tra cui la temperatura a cui è applicato lo sforzo, la velocità di allungamento/prova, e la deformazione a cui il polimero è sottoposto. Prima di esaminare l'impatto di tali parametri, è importante correlare il comportamento meccanico di un polimero alla sua struttura molecolare nella zona elastica, allo snervamento e alla rottura.
Nella zona di deformazione elastica (0.05% < ε < 0.25%), i polimeri mostrano comportamenti distinti a seconda della fase in cui si trovano:
Fase cristallina: è causata dall'aumento degli angoli di legame covalente tra le unità ripetitive e dalla deformazione dei legami deboli tra le catene (Van der Waals o idrogeno). Il recupero avviene istantaneamente solo per la parte elastica. Emonocristallo ≈ 100 GPa (anisotropo) e Epolicristallino ≈ 1 GPa (isotropo)
Fase amorfa: La deformazione elastica è dovuta allo stiramento dei gomitoli statistici, con il ritorno delle catene nella conformazione statistica più probabile dopo la cessazione dello sforzo. Gli amorfi sotto la temperatura di transizione vetrosa (Tg) mostrano principalmente un comportamento elastico, mentre sopra la Tg il comportamento è viscoelastico.
Polimeri semicristallini: Il comportamento elastico può essere descritto come quello di un composito (fase amorfa + cristallina), con una transizione tra comportamento elastico e viscoelastico in base alla temperatura.
Termoindurenti: La presenza di punti di reticolazione impedisce lo scorrimento delle catene, conferendo un comportamento praticamente elastico alle resine termoindurenti.
Elastomeri: La bassa densità dei punti di reticolazione consente lo srotolamento delle catene, e gli elastomeri, essendo sopra la Tg, mostrano un comportamento viscoelastico con elevati valori di deformazione quasi completamente reversibile.
La deformazione viscoelastica degli elastomeri è un fenomeno complesso che coinvolge diversi stadi e meccanismi. Questi materiali sono comunemente utilizzati per le loro proprietà di smorzamento dei carichi, inclusi quelli dinamici come le vibrazioni. La curva di sforzo-deformazione durante la sollecitazione a compressione (Curva OCP) e la rimozione del carico (Curva PA) illustra il comportamento viscoelastico degli elastomeri.
L'isteresi, rappresentata dall'area tra le curve OCP e PA, indica la perdita di energia sotto forma di calore nell'elastomero. L'assorbimento di energia è proporzionale all'area OCPB, mentre l'energia restituita durante il rilascio è proporzionale all'area APB. La perdita di energia per isteresi è proporzionale all'area OCPA.
Nel contributo dello scorrimento viscoso (0.25% < ε < 5%), le catene si muovono lentamente, ostacolate dalle interazioni molecolari (Van der Waals, dipolari, legame H) e dagli aggrovigliamenti tra le catene. Questo contributo si sovrappone alla deformazione elastica anche per ε > 0.25%.
Nella fase di deformazione plastica, che si verifica nella fase cristallina (5% < ε < 10%), le molecole si muovono l'una rispetto all'altra, con rottura dei soli legami secondari (VdW). I meccanismi includono lo scorrimento, il movimento di dislocazioni, la geminazione e la trasformazione "martensitica".
Nei polimeri semicristallini, lo snervamento (5% < ε < 10%) è il punto in cui la deformazione diventa permanente. È caratteristico dei polimeri termoplastici semicristallini sopra la temperatura di transizione vetrosa (Tg). Durante lo snervamento, gli sferuliti si deformano in maniera omogenea, le catene si orientano in direzione del carico e i cristalli possono iniziare a rompersi.
Al superamento dello snervamento, si verifica un effetto di "strain hardening" (ε > 10%), dove la sezione resistente inizia a diminuire e si forma il "neck". Questo fenomeno è dovuto all'orientazione delle molecole e può essere influenzato dal tipo di polimero e dalle condizioni di prova, come temperatura e velocità di allungamento/prova. La deformazione di un termoplastico semicristallino porta a una significativa modifica della sua struttura, passando da una struttura caratterizzata da sferuliti a una fibrillare.
Il fenomeno di snervamento e "strain hardening" nei polimeri può manifestarsi attraverso effetti macroscopici rilevanti. Alcuni di questi effetti includono:
Imbiancamento (stress whitening): Durante la deformazione plastica, soprattutto nella fase cristallina, può verificarsi l'imbiancamento, che è la formazione di microvuoti o "dimples" tra gli sferuliti del materiale. Questi microvuoti possono influenzare la trasparenza o l'opacità del materiale e sono spesso associati a zone di deformazione permanente.
Deformazione permanente nei termoplastici amorfi - Crazing: Nei polimeri amorfi, si può osservare un fenomeno chiamato "crazing". Questo consiste in zone di materiale altamente deformato in cui si formano microvuoti e fibrille fortemente orientate. Queste zone, chiamate "crazes", hanno una densità inferiore e possono trasformarsi in crepe vere e proprie a causa di ulteriori azioni meccaniche. Le crepe appaiono come striature bianche perpendicolari alla direzione del carico e possono essere causate da difetti superficiali, lavorazioni a macchine utensili o stress residui interni in componenti stampati.
Influenza della temperatura: La temperatura ha un impatto significativo sulla frattura. Un aumento della temperatura può favorire una frattura più duttile, mentre una diminuzione della temperatura può portare a una frattura più fragile. La transizione duttile-fragile avviene a una temperatura critica detta temperatura di transizione duttile-fragile (Tb).
Influenza della velocità di allungamento/prova: Aumentando la velocità di allungamento/prova, si può osservare una diminuzione della duttilità del materiale. Ciò significa che, a velocità più elevate, il materiale è più incline a fratturarsi in modo fragile anziché duttile.
Frattura: I polimeri possono rompersi sia in modo duttile che fragile, a seconda delle condizioni e del tipo di materiale. La frattura duttile è caratterizzata dalla deformazione plastica significativa prima della rottura, mentre la frattura fragile avviene senza una deformazione plastica significativa. La frattura fragile è favorita da condizioni come la diminuzione della temperatura, l'aumento della velocità di allungamento/prova, la presenza di difetti, cariche o rinforzi, l'aumento del tempo di applicazione del carico, il degrado termico e l'aggressività ambientale.
La fatica
Simile ai metalli (limite di fatica). - Ancora una volta la differenza principale è data dal fatto che il comportamento meccanico dei polimeri è fortemente influenzato da temperatura e frequenza di prova.
Amorfo: comportamento elastico e fragile, vale la legge di Paris.
Semicristallino: per elevate frequenze → rottura duttile causa softening dovuto al calore prodotto da fenomeni viscoelastici. Se anche il livello di carico è elevato, cedimento prematuro per fatica termica (b = Stress at break diminuisce all’aumentare della T).
Il problema dell’insorgere della fatica termica impedisce di condurre test «troppo accelerati» di resistenza a fatica.
Trazione: Per termoplastici rigidi (ISO 527, ASTM D638, ...)
Flessione: Per termoplastici rigidi (ISO 178, ASTM D790, ..)
Impatto:- metodo Charpy (ISO 179) - metodo Izod (ISO 180)
Modifica del comportamento a impatto: Aumento di resilienza in seguito a utilizzo di blend o copolimeri. - Es: PS + PB → HIPS (blend)
Compressione: Per elastomeri: compression set – (ISO 815) il campione è sottoposto a compressione. Si misura la differenza di altezze tra l’iniziale, quella subito dopo compressione e quella finale. Dà una misura del recupero elastico.
Durezza: Per tutti i tipi di plastiche: (ASTM D 2240 or ISO 868). - Si misura su scala adimensionale da 0 a 100, i valori di durezza appaiono come scala “Shore A” per plastiche morbide e come scala “Shore D” per plastiche dure. Valore maggiore corrisponde a maggior durezza
I polimeri presentano una caratteristica densità 𝜌 definita come il rapporto tra la massa m e il volume V. Nel contesto dei polimeri, il volume specifico, il cui inverso è la densità, è rappresentato in funzione di temperatura e pressione attraverso diagrammi p-v-T. Nei polimeri semicristallini, si osserva una variazione nella pendenza delle curve in corrispondenza della temperatura di fusione, evidenziata, ad esempio, nel poliammide 66 con una temperatura di fusione di circa 250°C. D'altra parte, nei polimeri amorfi, la variazione di pendenza si manifesta nella regione della temperatura di transizione vetrosa (Tg), che per alcuni polimeri come il vetroresina si attesta a circa 150°C.
La temperatura di fusione rappresenta il passaggio da una struttura solida a catene molecolari ordinate a un liquido viscoso con struttura disordinata, avvenendo in un intervallo di temperature anziché a una T specifica.
La temperatura di transizione vetrosa Tg segna il punto in cui il materiale transita da una condizione fragile e rigida a una più elastomerica e gommosa.
La conducibilità termica (λ) descrive la propagazione del calore in uno stato stazionario, variando notevolmente tra materiali come l'acciaio inossidabile, il vetro, il PET e la schiuma polimerica rigida.
Il calore specifico (Cp) misura l'energia necessaria per aumentare la T di 1 °C di 1kg di sostanza, mentre la capacità termica è definita come il prodotto tra il calore specifico e la massa del corpo.
I polimeri amorfi e semicristallini mostrano bruschi cambiamenti nelle proprietà termiche alla Tg, mentre nei termoplastici semicristallini si osserva una discontinuità nel calore specifico alla temperatura di fusione.
La diffusività termica (a) descrive la propagazione del calore in condizioni non stazionarie ed è influenzata dalla conducibilità termica, densità e calore specifico. PET a = 0.1*10^-6 m^2/s
Il numero di penetrazione termica è un parametro importante nel processing e nell'utilizzo di materiali, ad esempio, in utensili, stampi o isolanti termici. 𝑏=√ 𝜆 ⋅ 𝐶𝑝 ⋅ ρ
La espansione termica, misurata dal coefficiente di espansione termica (αt), mostra come i materiali variano in lunghezza con la T. I polimeri termoplastici hanno alti coefficienti di espansione termica, mentre i termoindurenti mostrano una minore espansione.
La temperatura di servizio massima (150°C e 200°C.) è essenziale per determinare le condizioni operative dei materiali, considerando la degradazione, l'ossidazione e la resistenza meccanica, e minima per la fragilità e rammollimento.
La Calorimetria Differenziale a Scansione (DSC) è una tecnica analitica che misura la differenza di flusso di calore tra un campione e un materiale di riferimento in funzione della temperatura o del tempo. In un DSC a flusso di calore, il campione e il riferimento sono riscaldati o raffreddati fianco a fianco nella stessa cella, e la differenza di temperatura tra di essi, dovuta al differente calore specifico, è registrata. Nella modalità di power compensation, invece, campione e riferimento vengono riscaldati in celle separate, misurando la differenza di potenza necessaria per mantenere entrambi alla stessa temperatura. Questa tecnica è utile per investigare processi come fusione, cristallizzazione, reticolazione (per i termoindurenti) e transizione vetrosa.
Normative applicabili ISO 11357 ASTM D3418, ASTM E1356
La Termogravimetria (TG) è un'altra tecnica analitica che misura la variazione di massa di un campione in funzione della temperatura o del tempo mentre viene riscaldato a una velocità controllata. Durante la misura, il campione può essere mantenuto in atmosfera inerte o ossidante, e le temperature raggiunte possono arrivare a 1200°C. La TG è impiegata per determinare la temperatura e la velocità di decomposizione, la percentuale di volatili, gli additivi e le cariche presenti nel campione. Inoltre, per misurare il contenuto inorganico nella plastica, è possibile utilizzare il contenuto di ceneri (ashes content) secondo le norme ASTM D5630 e ISO 3451 e ISO 11358
Melt flow index La portata in massa (Melt mass-flow rate - MFR) e la portata volumetrica (Melt volume-flow rate MVR) sono determinate facendo fluire il materiale fuso attraverso un capillare di lunghezza e diametro specifici in condizioni di temperatura e carico stabilite dalle norme
Melt mass-flow rate (MFR): massa estrusa in un tempo specifico (grammi per 10 minuti)
Melt volume-flow rate (MVR): il volume estruso in un tempo specifico (cm3 in 10 minuti).
Viene utilizzato nell'industria per caratterizzare la fusione di polimeri e come rapido strumento per il controllo qualità. Normative applicabili ISO 1133 ASTM D1239
La temperatura di deflessione sotto carico (Heat Deflection Temperature, HDT) è una proprietà termica essenziale dei materiali plastici, determinata mediante una procedura standard. In questa analisi, un campione viene sottoposto a flessione a tre punti, applicando un carico costante, e contemporaneamente viene riscaldato a una velocità costante. La HDT è la temperatura alla quale il campione raggiunge un valore specifico di deflessione standard. Questa deflessione è calcolata in base alle dimensioni del campione e a una deformazione a flessione dello 0.2%.
Normative applicabili ISO 75, ASTM D 648
Il punto di rammollimento Vicat è una misura della resistenza termica di un materiale plastico. Questa temperatura rappresenta il punto in cui un ago penetra nel campione ad una profondità di 1 mm sotto un carico specifico, utilizzando una velocità di riscaldamento uniforme. Il test fornisce informazioni sulla capacità del materiale di mantenere la sua forma e struttura meccanica a temperature elevate, ed è un parametro rilevante nella valutazione delle prestazioni dei polimeri in varie applicazioni.
Normative applicabili ISO 306, ASTM D 1525
Per quanto riguarda la conducibilità termica misurata con un termoflussimetro, il campione di prova è posizionato tra due piastre riscaldate con una differenza di temperatura definita. Una volta raggiunto l'equilibrio termico, viene misurato il flusso di calore attraverso il campione. Il calcolo della conducibilità termica (λ) si basa sul flusso di calore medio e sulla resistenza termica (R). La trasmittanza termica (U), definita come il reciproco della resistenza termica totale, è utilizzata per valutare la capacità isolante del materiale. Un valore più basso di U indica una migliore capacità isolante del materiale, rendendo questa misura cruciale nella progettazione e nella valutazione degli isolamenti termici.
Normative applicabili ASTM C518, UNI EN 12667, UNI EN 12664
--> Normative applicabili UNI EN ISO 11925-2, UL 94
Differiscono da quelle dei metalli, poiché comunemente i polimeri sono scarsi conduttori di elettroni. Le loro caratteristiche elettriche sono strettamente legate alla struttura e alla morfologia delle catene polimeriche. Nei materiali plastici, la prevalenza delle proprietà isolanti è sfruttata in numerose applicazioni elettriche ed elettroniche, come ad esempio l'utilizzo del polietilene (PE) per l'isolamento dei cavi.
La capacità elettrica di un condensatore a piastre parallele è determinata dalla quantità di carica accumulata, proporzionale al voltaggio (V), attraverso la costante di proporzionalità C, nota come capacità elettrica o capacitanza, Q=C*V. Nel caso di un condensatore a piastre parallele in vuoto, la capacitanza (C0) è data dalla formula C0 = ε0 * A / d, dove ε0 è il coefficiente dielettrico nel vuoto, A è l'area delle piastre e d è la distanza tra di esse.
Introducendo un dielettrico reale tra le piastre, la carica (Q) aumenta di un fattore εr (coefficiente dielettrico relativo), e la capacità diventa C = εr * C0. Questo effetto è dovuto alla polarizzazione del materiale dielettrico sotto l'influenza del campo elettrico. L'equazione finale per la carica è Q = Q0 + QP, dove QP rappresenta la variazione di carica causata dalla polarizzazione del dielettrico. L'intensità del campo elettrico (E) può essere espressa come V/d, dove V è il voltaggio e d è la distanza tra le piastre. Pertanto, la carica totale per unità di area (D) è influenzata dall'intensità del campo elettrico e risultato in una variazione della carica in presenza del dielettrico.
Sono influenzate da vari meccanismi di polarizzazione che si verificano quando i polimeri sono sottoposti a campi elettrici. Alcuni di questi meccanismi includono:
di Spostamento:
Elettronica (a): Comprende lo spostamento relativo della nuvola elettronica rispetto al nucleo atomico a causa del campo elettrico.
Ionica (b): Coinvolge lo spostamento degli ioni all'interno di una molecola o di una struttura cristallina per allinearsi al campo elettrico.
di Orientazione:
Orientazione dei Dipoli (c): Le molecole polari, che possiedono un momento di dipolo permanente, possono orientarsi lungo il campo. Tuttavia, il movimento o la deformazione dei dipoli richiedono tempo, specialmente quando è impedito il moto delle catene polimeriche. In presenza di campi alternati ad alta frequenza, il movimento dei dipoli può essere ritardato, fenomeno noto come rilassamento dielettrico. Questo può causare perdite dielettriche che si manifestano come riscaldamento dielettrico.
La polarizzazione dei dipoli o degli ioni in un campo elettrico alternato causa attrito e riscaldamento del dielettrico. Questo fenomeno può essere descritto utilizzando un circuito equivalente, dove la corrente complessa è composta da una componente resistiva di perdita e una componente capacitiva.
Si supponga che in questo circuito passi una corrente alternata, con un valore di tensione V e una frequenza angolare ω definita 𝜔 = 2𝜋𝑓. Nel circuito circolerà una corrente complessa 𝐼 ∗ , composta da una componente resistiva o di perdita 𝐼𝑟 = Τ 𝑉 𝑅 e una componente capacitiva 𝐼𝐶 = ω𝐶V
La rottura dielettrica può verificarsi quando l'intensità del campo elettrico attraverso un isolante polimerico supera la sua rigidità dielettrica. Questo fenomeno può essere causato da vari fattori:
Breakdown termico se la conducibilità del materiale consente il riscaldamento per effetto Joule, o nel caso di un corrente alternata a causa del calore dissipato nei processi di rilassamento dielettrico
Bolle d’aria (l’aria è caratterizzata da una rigidità dielettrica molto inferiore) sono potenziali fonti di rottura dielettrica in un polimero
Degradazione elettromeccanica, dovuta a una combinazione di stress meccanico ed elettrico (ad esempio, alte tensioni).
La carica elettrostatica è un risultato delle eccellenti proprietà isolanti dei polimeri. La carica elettrostatica può accumularsi su superfici polimeriche a causa delle loro proprietà isolanti, e questa carica può essere rilasciata durante il contatto con un corpo conduttore o un corpo con carica inversa. Per affrontare questo problema, vengono spesso aggiunti agenti antistatici.
Le proprietà ottiche dei polimeri includono il colore, la trasparenza, l'aspetto e parametri misurabili come l'indice di rifrazione. Al fine di utilizzare i polimeri nel campo dell'ottica, è essenziale considerare anche altre proprietà come la stabilità dimensionale, la durezza superficiale, la resistenza all'abrasione, la temperatura di utilizzo, l'invecchiamento e l'assorbimento di acqua.
Trasparenza: Le materie plastiche possono essere classificate in tre categorie in base alla loro trasparenza: trasparenti, traslucide e opache. La trasparenza viene misurata tramite la trasmittanza (τ), definita come il rapporto tra la luce trasmessa e la luce incidente. La presenza di cristallinità, cariche, rugosità, contaminazione o graffi superficiali può influenzare negativamente la trasmittanza della luce.
Gloss: è determinato dalla riflessione della luce e dipende dalla superficie della plastica. Superfici lucide possono essere ottenute con stampi molto lucidi e temperature elevate, mentre plastiche altamente caricate tendono a produrre superfici più opache. Le misurazioni di gloss sono utili per monitorare i cambiamenti superficiali durante le prove di invecchiamento ai raggi UV e agli agenti atmosferici.
Indice di Rifrazione: è il rapporto tra la velocità della luce nel vuoto e la velocità della luce attraverso il materiale. Può essere calcolato in funzione degli angoli di incidenza e rifrazione. Le lenti in plastica sfruttano questa proprietà per la messa a fuoco, anche se presentano una minore resistenza ai graffi e una stabilità dimensionale inferiore rispetto a materiali più duri.
Fotoelasticità e Birifrangenza: sono risultati dell'anisotropia ottica dei mezzi trasparenti. Nell'analisi della fotoelasticità, le deformazioni principali vengono misurate attraverso la differenza tra gli indici di rifrazione. La birifrangenza, o doppia rifrazione, si verifica quando un fascio di luce attraversa un materiale trasparente, dando luogo a onde luminose sfasate. Questo fenomeno è utilizzato nell'analisi di tensioni in materiali trasparenti o traslucidi.
Le onde sonore, come le onde luminose possono essere trasmesse, riflesse e assorbite quando colpiscono la superficie di un corpo. La trasmissione delle onde sonore attraverso le parti polimeriche è di particolare interesse per l'ingegnere progettista. Sono importanti l'assorbimento del suono e la velocità con cui le onde acustiche attraversano un corpo.
La velocità del suono attraverso un materiale dipende dal suo stato: la velocità del suono attraverso un polimero allo stato gommoso è 100 volte più lenta di quella attraverso un polimero allo stato vetroso.
La riflessione del suono è una proprietà essenziale per la riduzione del rumore. Quando le onde sonore attraversano il mezzo 1 e colpiscono la superficie del mezzo 2, una frazione di onde sonore riflesse ritorna nel mezzo 1. Per ottenere un'elevata riflessione del suono, la massa del mezzo 2 deve essere elevata rispetto alla massa del mezzo 1. La massa delle pareti fonoisolanti può essere aumentata con l'uso di riempitivi, come il PVC plastificato con solfato di bario o utilizzando lastre composite come pareti isolanti.
In un materiale, l'assorbimento acustico avviene trasformando le onde acustiche in calore. I polimeri espansi sono ideali per eliminare le riflessioni multiple delle onde sonore in ambienti insonorizzati. I materiali con una temperatura di transizione vetrosa inferiore alla temperatura ambiente sono particolarmente adatti come materiali smorzanti. I materiali più utilizzati a questo scopo sono i termoplastici e gli elastomeri debolmente reticolati.
La permeabilità dei polimeri a gas e liquidi coinvolge diverse fasi, tra cui adsorbimento del materiale diffondente all'interfaccia del polimero, diffusione attraverso il polimero e deassorbimento (rilascio) del materiale diffuso attraverso l'interfaccia del polimero.
Il trasporto attraverso un materiale può avvenire attraverso tre meccanismi principali:
Meccanismo Massivo:
Coinvolge un flusso attraverso l'intero corpo del materiale.
Può avvenire attraverso fessure, rotture, pori e capillari micro o macroscopici.
Meccanismo Diffusivo:
Dipende dalla differenza in fugacità, attività, potenziale chimico tra le specie coinvolte.
Si verifica attraverso lacune intermolecolari, senza la necessità di un gradiente di pressione applicato.
Diffusione Ristretta:
Si verifica quando le dimensioni dei pori sono dell'ordine delle dimensioni molecolari.
I pori agiscono come setacci molecolari attraverso lacune intramolecolari.
Le lacune intermolecolari sono spazi tra le molecole e possono variare in dimensione a causa dei moti molecolari termici. Le lacune intramolecolari, presenti all'interno delle molecole stesse, possono permettere il passaggio di specie più piccole.
Per misurare la diffusione di sostanze specifiche attraverso i polimeri, si possono utilizzare formule come quella per la diffusione di ossigeno (O2) attraverso un materiale:
MO_2 è la quantità di ossigeno che passa attraverso la membrana, δ è lo spessore, PO_2 è la permeabilità all'ossigeno,A è l'area, CO_2 è la concentrazione di ossigeno nell'ambiente esterno.
Un esempio pratico di considerazione della permeabilità è dato dal PET (polietilentereftalato), che è una buona barriera ai gas. Tuttavia, quando contenitori di PET vengono utilizzati per gas sotto pressione e vengono ermeticamente chiusi, può ancora verificarsi un trasporto considerevole attraverso le pareti del contenitore, sebbene con un lag time iniziale prima che il processo diventi significativo nel tempo.
Comprendere e gestire la permeabilità è fondamentale nella progettazione di materiali polimerici per soddisfare specifiche esigenze di barriera, specialmente in settori critici come l'imballaggio.
Altri metodi di caratterizzazione
Spettroscopia infrarossa (FT-IR): identifica le specie chimiche presenti nel campione attraverso l’analisi dei picchi associati alle diverse molecole che costituiscono il materiale.
Gascromatografia / Spettrometria di massa (GC/MS): il gascromatografo rileva i composti gassosi presenti miscela mentre lo spettrometro di massa effettua l’analisi quantitativa.
Le normative a livello mondiale più avanzate e complete derivano dal pacchetto dell'Unione Europea sull'economia circolare che rappresenta un approccio sistematico per promuovere azioni lungo l'intero ciclo di vita dei prodotti, dalla progettazione alla gestione dei rifiuti. Il piano d'azione mira a colmare l'anello mancante nell'ambito dell'economia circolare. Alcune delle proposte legislative in questo contesto includono modifiche alle principali direttive europee sui rifiuti.
Ecco alcune delle direttive coinvolte nel pacchetto:
Direttiva quadro sui rifiuti (DIR 2008-98): Questa direttiva stabilisce un quadro per la gestione dei rifiuti a livello europeo.
Waste Directive (DIR 2018-851): Questa direttiva si concentra sulle azioni specifiche per affrontare la gestione dei rifiuti.
Packaging and Packaging Waste Directive (DIR 2018-852): Si occupa della gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, promuovendo il riutilizzo, il riciclaggio e la riduzione dello smaltimento finale.
Landfill Directive (DIR 2018-850): Riguarda la gestione delle discariche di rifiuti.
Veicoli fuori uso, pile e accumulatori e rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti RAEE (DIR 2018-849): Si occupa della gestione di veicoli fuori uso, pile e accumulatori, nonché dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).
DIR 94/62/CE (versione consolidata al 04-07-2018)
Art. 1 – Fine: Le proposte legislative sui rifiuti mirano a armonizzare le misure adottate dai singoli Stati Membri e prevedono azioni per prevenire la produzione di rifiuti, favorendone il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero. La direttiva include l'ambito di applicazione Art. 2 a tutti gli imballaggi e relativi rifiuti, con un focus sulla qualità, sicurezza, protezione della salute e dell'igiene dei prodotti imballati.
Art. 4 – Prevenzione: è sottolineata, con un'applicazione di misure atte a minimizzare l'impatto ambientale degli imballaggi. Viene fatto esplicito riferimento all'Extended Producer Responsibility (EPR - DIR 2008/98/CE), che impone al produttore di coprire finanziariamente i costi della gestione dei rifiuti derivanti dai propri prodotti e di organizzare sistemi di raccolta separati per garantire un migliore riciclo e recupero. La gerarchia dei rifiuti è anche menzionata come parte integrante delle misure di prevenzione.
I consorzi di filiera sono stati istituiti a livello nazionale per gestire alcune tipologie di rifiuti, come gli imballaggi. Le ragioni principali di questa istituzione sono:
Responsabilizzazione degli operatori economici: Questo si basa sui principi di "chi inquina paga", dove i produttori e gli utilizzatori di imballaggi sono responsabilizzati per il corretto smaltimento e il riciclo dei rifiuti generati dai loro prodotti.
Obbligo della responsabilità condivisa (EPR): impone agli operatori economici di assumersi la responsabilità finanziaria per la gestione dei rifiuti derivanti dai loro prodotti. I consorzi di filiera sono strumenti chiave per attuare questo principio.
Raggiungimento di obiettivi di recupero: I consorzi lavorano per realizzare specifici obiettivi di recupero dei materiali Art. 6, contribuendo così agli sforzi generali di promuovere l'economia circolare.
Un esempio di consorzio in questo contesto è il CONAI, che è stato costituito in risposta alla Direttiva 94/62/CE. Si occupa di imballaggi, e i produttori e utilizzatori di imballaggi sono obbligati a partecipare alle attività del consorzio.
L'Articolo 8 della direttiva sottolinea l'importanza della marcatura e del sistema di identificazione degli imballaggi per agevolare la raccolta, il riutilizzo e il recupero. Volontario dal 1997, l'obbligo di marcatura è stato introdotto successivamente alla DIR 2004/12/CE, ma a causa di ritardi nell'attuazione a livello nazionale (In Italia), è diventato effettivo solo nel 2022.
L'Articolo 9 stabilisce i requisiti essenziali per la fabbricazione e la composizione degli imballaggi, tra cui la minimizzazione dell'impatto ambientale in linea con la gerarchia dei rifiuti, la promozione della riutilizzabilità e la facilitazione del recupero. L'adempimento a questi requisiti viene automaticamente soddisfatto nel caso in cui gli imballaggi siano conformi alle norme armonizzate pertinenti.
Comunque si verso il nuovo Regolamento sul Packaging e alcune iniziative chiave includono:
Strategia europea per la plastica nell'economia circolare (COM(2018) 28): le linee guida per promuovere un'economia circolare nella gestione della plastica, enfatizzando l'importanza del riciclo e della riduzione dei rifiuti.
Impatto dell'uso della plastica oxo-degradabile (COM(2018) 35): esaminato gli effetti dell'uso di plastica oxo-degradabile, comprese le borse di plastica, evidenziando le preoccupazioni ambientali legate a questa tipologia di materiale.
Direttiva (DIR) 904/2019 (SUP – Single Use Plastics): restrizioni nel consumo di prodotti di plastica monouso, mirando a una significativa e duratura riduzione di tali prodotti, con l'obiettivo di affrontare il problema dell'inquinamento plastico.
Il nuovo contesto normativo è motivato dalla necessità di affrontare il problema critico della gestione delle plastiche, considerando che solo il 14% delle plastiche nell'UE 27 è stato riciclato nel 2020 (escludendo il recupero energetico), spesso solo attraverso il downcycling.
Gli obiettivi del nuovo regolamento includono:
Riduzione della produzione di rifiuti da imballaggio: limitare la quantità complessiva di imballaggi generati, promuovendo soluzioni sostenibili.
Promozione di un modello economico circolare sostenibile dal punto di vista dei costi: Si cerca di sviluppare un approccio economicamente vantaggioso per l'intera filiera del packaging, integrando pratiche circolari.
Promozione di imballaggi con maggiore contenuto riciclato: Si mira a incoraggiare la produzione di imballaggi utilizzando materiali riciclati, contribuendo così alla chiusura del ciclo di vita dei materiali.
Le azioni proposte includono il fissare obbligatori traguardi entro il 2030 in termini di riduzione, riutilizzo e riciclo. Inoltre, si intende applicare criteri per il riciclo già nella fase progettuale, evidenziando l'importanza della scelta dei materiali per raggiungere gli obiettivi prefissati. Questo sottolinea la necessità di un approccio più sostenibile fin dalla concezione degli imballaggi.
https://single-market-economy.ec.europa.eu/single-market/european-standards/harmonised-standards_en
Riciclo meccanico
Il riciclo meccanico è una pratica che coinvolge una serie di operazioni meccaniche per trattare i rifiuti plastici e renderli adatti per la produzione di nuovi manufatti. Questo processo è diviso in diverse fasi:
Operazioni meccaniche: Queste includono vagliatura, triturazione, macinazione e altre attività per uniformare le dimensioni dei rifiuti plastici.
Produzione di granuli o scaglie: Dalle plastiche termoplastiche macinate si ottengono granuli o scaglie che possono essere utilizzati per la produzione di nuovi manufatti.
Utilizzo di sfridi termoindurenti: Nel caso delle plastiche termoindurenti, i sfridi vengono utilizzati come cariche inerti nella lavorazione di altri materiali termoindurenti o termoplastici vergini, o come riempitivi per altri prodotti.
Processo dipendente dalla selezione e/o separazione iniziale: Il successo del riciclo meccanico dipende fortemente dalla qualità della selezione e/o separazione effettuata inizialmente.
Il riciclo meccanico è una pratica consolidata per termoplastici come PET, PE e PP, che sono economicamente riciclabili. Si separano non solo vetro, carta, metallo dalla plastica ma anche le plastiche una dall’altra. La separazione può avvenire attraverso diversi metodi:
Separazione magnetica: Per separare materiali ferrosi dai non ferrosi.
Separazione tramite soffio d'aria: per separare materiali leggeri da quelli pesanti.
Separazione per flottazione o galleggiamento: Metodo basato sulla diversa densità dei materiali.
Separazione per proprietà aerodinamiche, elettrostatiche: Basata sulle caratteristiche fisiche dei materiali.
Separazione per polimero (metodi ottici):
Laser Induced Breakdown Spectroscopy o LIBS: è una tecnica di analisi elementare che si basa sulla misurazione delle emissioni atomiche generate da una superficie del campione sottoposta a raggi laser
X-ray transmission (XRT): basata sulla trasmissione di un fascio ad alta intensità di raggi X. Per determinare la densità atomica del materiale, permettendo la sua identificazione
Selezione Ottica: utilizza fotocamere basati sull’identificazione delle frazioni di rifiuti attraverso segnali visivi/tattili come il colore, forme, consistenza e dimensione dei materiali
Spectral imaging based sorting: questa tecnologia si basa sulla riflessione spettrale. Tra queste ricordiamo i NIR (Near Infrared Radiation), VIS (Visual Image Spectroscopy) e HSI (Hyperspectral Imaging).
Dopo la separazione, il materiale plastico può essere sottoposto a diverse fasi, tra cui lavaggio ( acqua o soluzioni basiche per rimuovere etichette), essiccamento (molto importante prima di un estrusione), e granulazione o estrusione. L'essiccamento in corrente d’aria calda o gas combusti, per raggiungere un tenore residuo di acqua dell’ordine del 2- 3% compatibile con la lavorazione successiva a mezzo di un estrusore con degasaggio.
Riciclo chimico
In particolare la depolimerizzazione, rappresenta una strategia avanzata per gestire i rifiuti plastici:
Depolimerizzazione: coinvolge la scomposizione dei polimeri delle diverse plastiche nei rispettivi monomeri, invertendo il processo di polimerizzazione. La catena polimerica viene frammentata nei suoi costituenti di base.
Polimerizzazione a catena per radicali liberi: è una tecnica comune utilizzata nella depolimerizzazione. ma attenzione alla "ceiling temperature" che rappresenta la temperatura massima alla quale la polimerizzazione può avvenire prima che il processo si inverta a causa del decadimento dei radicali liberi.
Può essere applicata a vari polimeri, tra cui il PET (polietilentereftalato) e il PU (poliuretano), che sono ottenuti attraverso la policondensazione.
Variazioni nei processi di decomposizione: a seconda del reattore o del metodo utilizzato per la depolimerizzazione. Esistono diverse tecnologie e approcci per questo processo.
Pro e contro: Un vantaggio significativo della depolimerizzazione è la produzione di monomeri di elevata purezza, che possono essere riutilizzati per la produzione di nuovi polimeri. Tuttavia, uno svantaggio importante è che è generalmente un processo costoso, il che può limitarne l'adozione su larga scala.
Recupero energetico
Termovalorizzazione: sia termoplastici che termoindurenti vengono bruciati in forni a 1000°C
Nelle scienze ambientali ed economiche, la sostenibilità è la condizione di uno sviluppo capace di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri.
LCA (Life Cycle Assessment): Metodo oggettivo di valutazione e quantificazione dei carichi energetici ed ambientali e degli impatti potenziali lungo l'intero ciclo di vita di un prodotto/processo/attività. Certificazioni ambientali basate su LCA: Etichette ambientali, Autodichiarazioni ambientali, Dichiarazioni ambientali di prodotto.
Economia Circolare:
Definizione: Un sistema economico pensato per rigenerarsi da solo, sfruttando al massimo le risorse disponibili.
Principi: Eco-design, modularità e versatilità, energie rinnovabili, approccio ecosistemico, recupero dei materiali.
Eco-Design e Selezione dei Materiali:
La Direttiva 2009/125/CE impone requisiti obbligatori per la progettazione ecocompatibile di prodotti connessi all'energia, mirando a ridurre l'impatto ambientale durante l'utilizzo.
Filiere coinvolte nella proposta di Regolamento: acciaio, alluminio, prodotti tessili, mobili, pneumatici, detergenti/vernici/lubrificanti/prodotti chimici.
Indicatori Ambientali:
Embodied energy (MJ/kg): Energia necessaria per la produzione di 1 kg di materiale (estrazione, raffinazione, sintesi).
Carbon footprint (kg/kg): Massa di carbonio rilasciata per la produzione di 1 kg di materiale.
Water demand (litri/kg): Volume di acqua prelevato e non restituito durante la produzione di 1 kg di materiale.
Ulteriori approfondimenti:
Eco-Design e Selezione dei Materiali: Potresti dettagliare ulteriormente come l'eco-design e la selezione dei materiali sono implementati nella progettazione ecocompatibile, seguendo le direttive della DIR 2009/125/CE.
Filiere coinvolte nella proposta di Regolamento: Puoi fornire ulteriori informazioni sulle filiere coinvolte e sugli obiettivi della proposta di Regolamento?
Il concetto di bioplastiche si riferisce a un insieme di materiali e prodotti che presentano caratteristiche specifiche legate alla loro origine e al loro ciclo di vita. Le bioplastiche possono essere classificate in base a due principali caratteristiche: la biobased e la biodegradabilità. La biobased indica che il materiale è derivato da fonti biologiche, come ad esempio mais, canna da zucchero o cellulosa, mentre la biodegradabilità si riferisce alla capacità del materiale di essere scomposto in sostanze più semplici attraverso processi chimici attivati da microorganismi presenti nell'ambiente.
La biomassa, a sua volta, rappresenta il materiale di origine biologica utilizzato per la produzione di bioplastiche, e può comprendere una varietà di fonti come alberi, colture, erbe, lettiere per alberi, alghe e rifiuti. Attualmente, la biomassa impiegata proviene principalmente da mais, canna da zucchero o cellulosa.
Gli obiettivi associati all'adozione e allo sviluppo delle bioplastiche sono molteplici. Innanzitutto, si mira a risparmiare risorse fossili, riducendo così la dipendenza da materiali non rinnovabili. Allo stesso tempo, l'utilizzo di bioplastiche contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra (GHG) e l'impronta carbonica dei prodotti, supportando gli sforzi globali per contrastare i cambiamenti climatici.
Un altro obiettivo è migliorare l'efficienza delle risorse attraverso l'uso "a cascata" delle biomasse, promuovendo la loro utilizzazione in diversi settori e processi. Inoltre, si mira a gestire in modo sostenibile la fine della vita (EOL) dei prodotti, incentivando pratiche di smaltimento e riciclo compatibili con l'ambiente.
Per raggiungere tali obiettivi, è necessario concentrarsi sulla ricerca e sviluppo (R&D) per aumentare la produzione di bioplastiche, identificare nuove fonti di biomasse e migliorare le proprietà dei materiali. Allo stesso tempo, sono fondamentali politiche a sostegno delle bioplastiche, che possano favorire la transizione verso l'uso di materiali più sostenibili.
Infine, l'adozione delle bioplastiche può contribuire al benessere delle zone rurali, favorendo lo sviluppo di nuove filiere e creando nuove figure professionali legate alla produzione e al trattamento di questi materiali. In questo modo, le bioplastiche possono diventare un elemento chiave per promuovere uno sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che socio-economico.
Il quadro normativo per le bioplastiche include specifiche metodologie di prova per valutare il contenuto di biobased, la riduzione delle emissioni di gas serra (GHG) e il contenuto di biomassa nei prodotti o materiali. Di seguito sono elencati alcuni dei principali metodi di prova e le relative normative:
Contenuto di Carbonio Biobased: Test al 14C secondo normativa Regolamentato da UNI EN 16640 (= ASTM 6866), la frazione di carbonio di un prodotto o materiale che deriva da biomassa. Solitamente espressa come percentuale in peso (% w/w).
Riduzione delle Emissioni di Gas Serra (GHG): UNI EN ISO 14067 "Carbon Footprint" (Approccio LCA - Life Cycle Assessment), specifica i requisiti e le linee guida per valutare l'impronta di carbonio di un prodotto. Misura la quantità totale di gas serra emessa durante il ciclo di vita di un prodotto, compresi i processi di produzione, distribuzione, utilizzo e smaltimento.
Contenuto di Biomassa: Test al 14C e analisi elementare, Regolamentato da UNI EN 16785-1. Frazione di biomassa, che comprende non solo il carbonio ma anche altri elementi come ossigeno (O), idrogeno (H), azoto (N), ...., presente in un prodotto o materiale. Solitamente espressa come percentuale in peso (% w/w).
La norma EN 14995 descrive gli stessi requisiti e test della 13432, ma si applica ai prodotti packaging
Biobased
Compostabili
La norma UNI EN 13432 è un importante documento di riferimento che definisce requisiti e schemi di prova per il trattamento di packaging biodegradabile in impianti industriali di digestione anaerobica e compostaggio. Ecco alcune delle condizioni e requisiti chiave che devono essere soddisfatti affinché le bioplastiche possano essere considerate davvero ecologiche:
Disintegrazione in 12 Settimane: 90% del prodotto deve disintegrarsi a una dimensione inferiore a 2 mm in 12 settimane, come stabilito nei pilot composting test (EN 14045).
Trasformazione in Compost: 90% del prodotto deve trasformarsi in compost entro 6 mesi o >50% in 2 mesi (per il solo processo anaerobico), conforme alla biodegradazione secondo ISO 14855.
Test di Ecotossicità e Metalli Pesanti: Devono essere eseguiti test specifici per valutare l'ecotossicità e la presenza di metalli pesanti nei materiali biodegradabili. *
*Plastica oxo-degradabile: “Non esiste alcuna prova definitiva a sostegno degli effetti benefici della plastica oxo-degradabile sull’ambiente”, questa è la conclusione della Commissione europea sugli effetti dalla oxo-plastica sull’ambiente.
Sono plastiche tradizionale a cui vengono aggiunti additivi per accelerarne la frammentazione in frazioni minuscole per effetto della radiazione ultravioletta o del calore. Grazie agli additivi, col tempo la materia si scompone in microplastiche impossibili da recuperare. Vietate dal 2018.
Il documento COM(2022) 682, datato 30 novembre 2022, fornisce ulteriori indicazioni sulle condizioni per considerare le bioplastiche effettivamente ecocompatibili:
Compostabilità nelle Compostiere Domestiche: La compostabilità secondo UNI EN 13432 non è valida per le compostiere domestiche.
Biobased: La fonte di materia prima deve considerare gli impatti su biodiversità, ecosistemi e l'utilizzo di acqua e suolo, non limitandosi solo alla riduzione dell'uso di fonti fossili. Il contenuto biobased deve essere valutato utilizzando la tecnica del 14C, non semplicemente come bilancio di massa.
Compostabilità delle Materie Prime: Le materie prime devono provenire da sottoprodotti, non da fonti primarie.
Vita Estesa del Prodotto: Le bioplastiche compostabili devono consentire una vita estesa al prodotto e non essere progettate solo per l'uso singolo e il getto.
Limitazione della Dispersione: Si deve limitare la dispersione delle bioplastiche nel suolo, in mare o in acque dolci.
Additivi Biodegradabili: Gli additivi utilizzati devono essere biodegradabili.
Valutazione dell'Impatto Ambientale: Deve essere valutato l'impatto lungo l'intero ciclo di vita (LCA) delle bioplastiche.
Norme Tecniche per Testing, Certificazione ed Etichettatura: L'uso di norme tecniche specifiche è essenziale per il testing, la certificazione e l'etichettatura delle bioplastiche, garantendo la conformità agli standard ambientali.
European top-level strategies supporting bioplastics
EU Climate Law (2021) & EU Taxonomy (2020)
Other relevant policy initiatives include:
Single-Use Plastics Directive (2019) incl. restrictions on oxo-degradable plastics
EU rules on recycled plastics for food-contact materials (2022)
Substantiating claims on environmental performance (2022)
Sustainable Products Initiative (2022) / Proposal on ecodesign for sustainable products Regulation
Policy Framework for biobased, biodegradable and compostable plastics (2022)
Sustainable Carbon Cycles (2021)
L'acido polilattico (PLA)
E' un polimero termoplastico di origine vegetale e compostabile, noto per la sua versatilità e sostenibilità. Alcune caratteristiche chiave del PLA includono:
Isomeri L e D, ma solo l'isomero L permette di ottenere il polimero cristallino.
Ottenuto principalmente dalla fermentazione dell'acido lattico. Processi di fermentazione e distillazione a partire da amido, principalmente di mais.
Proprietà Termiche: Cristallinità: 37%, Temperatura di transizione vetrosa (Tg): 50-80°C, Temperatura di fusione (Tm): 173-178°C
Caratteristiche Fisiche: Trasparente, brillante, resistente e rigido. Può essere facilmente processato con macchinari standard per produrre recipienti termoformati. Proprietà simili al polistirene (PS).
Approvazione per il Contatto con gli Alimenti: Diversi brand, come Natureworks, hanno approvato il PLA per il contatto con gli alimenti.
Modifiche della Struttura Stereochimica: La struttura stereochimica può essere modificata attraverso la polimerizzazione di una miscela controllata dei due stereoisomeri D e L. Si possono ottenere polimeri ad elevato peso molecolare più o meno amorfi o cristallini, consentendo la produzione di diversi gradi di PLA per film e fibre.
Proprietà dei Film: I film PLA sono più rigidi rispetto al polietilene a bassa densità (LDPE). Tuttavia, presentano una bassa proprietà barriera all'acqua (H2O).
Degradazione: Il PLA è noto per la sua biodegradabilità e compostabilità. La degradazione delle bottiglie in PLA può essere valutata attraverso la variazione di M (peso molecolare) e di PDI (Processing Degradation Index).
PHA – Poli-idrossialcanoati:
Appartenenti alla famiglia dei poliesteri a catena lineare, i PHA sono macromolecole 100% bio-based e biodegradabili. Si formano attraverso la condensazione testa-coda di diversi idrossiacidi stereospecifici. Circa 300 specie microbiche gram-positive e gram-negative, come Bacillus, Rhodococcus, Rhodospirillum, Pseudomonas, Alcaligenes/Ralstonia, Azotobacter, Rhizobium, sono in grado di sintetizzare e accumulare PHA.
Approvati per il contatto alimentare, ma il loro costo di produzione è generalmente elevato. Le principali applicazioni comprendono imballaggi come pellicole per sacchetti, bottiglie soffiate e carta accoppiata, nonché posate e utensili usa e getta. Blend come IamNature® che combina PLA e PHB (poliidrossibutirrato) sono utilizzati per migliorare le proprietà di alcuni prodotti.
Altri Biobased Monomeri o Intermedi di Sintesi:
Da Olio di Anacardi: Producono epoxy e poliuretani (PU).
Da Pianta di Ricino: Utilizzati per la produzione di poliammidi come il PA 11.
Da Canna di Zucchero: Utilizzati per la sintesi di polietilene (PE).
Altri Biodegradabili di Origine Fossile:
PCL – Policaprolattone:
Descrizione: Biodegradabile, ma di origine fossile. Il PCL è un poliestere utilizzato in vari settori, come imballaggi e medicina.
PBAT – Polibutirrato:
Descrizione: Copoliestere random completamente biodegradabile. Trova impiego nella produzione di packaging per alimenti, sacchi compostabili per giardinaggio e agricoltura, e shopper compostabili. Considerato un'alternativa biodegradabile al LDPE (polietilene a bassa densità).
doi:10.1038/nature21001
Esempi:
Mater-Bi: rappresenta una categoria di poliesteri biodegradabili e biobased, originariamente derivati dall'amido e successivamente da estratti vegetali.
Capsule: per caffè, polimero biobased e biodegradabile.
ISTAD: offre sacchetti richiudibili composti per l'85% da materiale derivante dalla canna da zucchero.
Plant Fiber Blend: pasta fibrosa stampabile contenente miscela di erbe (giunco, bambù, steli di grano, canapa).
Apinat® Bio: elastomero termoplastico da materie prime di origine agricola. Per suole scarpe.
Pebax® Rnew: Pebax® Rnew è un elastomero termoplastico con un contenuto biobased fino al 97%, realizzato da polietere flessibile e poliammide ricavato dal ricino, per scarponi sci.
Yulex Pure™: è un espanso a cellule chiuse al 100% di derivazione naturale che sostituisce il neoprene.
Timberfill: è un filamento per stampa 3D in PLA che include polvere di legno di abete (25-30%).
Qmilk: è un polimero derivato dalla caseina di latte non più utilizzabile per l'alimentazione, disponibile in forma di fibra, granulo o polvere.
BiologiQ resin: resina termoplastica a base di amido (TPS) ricavata da mail, patate e manioca
Anacardi: resine poliuretaniche (matrice compositi) in cui i polioli sono estratti dall’anacardo
Decovery®: è una resina con un contenuto di materiali rinnovabili compreso tra il 30% e il 50%, utilizzata per pitture, rivestimenti (tipicamente mobili) e inchiostri. La frazione rinnovabile di Decovery deriva da zuccheri, amidi, oli naturali, alberi e rifiuti agricoli.
Sorona® (DuPont™): Parti interne abitacolo Toyota Copolimero etilenepropilene derivante dal mais.
DURABIO (Mitsubishi Chemicals): Cruscotto Reneaut, policarbonato derivante da polisaccaridi (glucosio + sorbitolo).
EcoPaXX® QHGM24 (DSM): Cover motore Mercedes-Benz Nylon (PA410) di derivazione naturale.
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