Il trasferimento di calore è la scienza che si occupa dei tassi di scambio di calore tra corpi caldi e freddi (chiamati sorgente e ricevente). Un esempio semplice di scambiatore di calore è lo scambiatore a doppio tubo, che consiste in due tubi concentrici. Ogni fluido (caldo e freddo) scorre attraverso l'interno del tubo interno o attraverso l'annulo formato tra l'esterno del tubo interno e l'interno del tubo esterno. Generalmente, è più economico (sia in termini di efficienza termica che di progettazione) far scorrere il fluido caldo (la sorgente) attraverso il tubo interno e il fluido freddo (il ricevente) attraverso l'annulo, riducendo le perdite di calore dal fluido caldo verso l'ambiente circostante.
Fondamentalmente, una differenza di temperatura tra i due corpi in prossimità provoca il flusso di calore dal corpo a temperatura più alta verso quello a temperatura più bassa.
La conduzione avviene per effetto del moto molecolare, come nel caso dell'energia vibratoria delle molecole in un solido che viene trasferita da una molecola all'altra (o fluidi fermi). La convezione si verifica grazie al movimento macroscopico, come le correnti in un fluido. La radiazione, infine, comporta il trasferimento di calore tramite onde elettromagnetiche. In molte applicazioni industriali, i meccanismi di trasferimento di calore sono coinvolti simultaneamente, ma radiazioni poco significanti a T normali industriali, tranne in fornaci.
Ad esempio, nel trasferimento di calore al petrolio grezzo (e ai residui) nel forno primario (e secondario) prima che entri nella prima colonna di distillazione, il calore dalle fiamme viene trasferito per radiazione e convezione alle tubature del forno, per conduzione attraverso le pareti del tubo e per convezione forzata dall'interno del tubo all'olio. Qui sono coinvolti tutti e tre i modi di trasferimento.
Il trasferimento di calore in un'operazione industriale può essere descritto dalla seguente equazione:
Q = U₀ ∙ A ∙ ∆T
dove Q è il calore trasferito per unità di tempo (W), A è l'area disponibile per il flusso di calore (m²), ∆T è la differenza di temperatura tra la fiamma e l'olio in ebollizione (K), e U₀ è il coefficiente complessivo di trasferimento di calore (W/m²·K). Questa equazione implica che la relazione tra Q e ∆T sia lineare, ma ciò è vero solo per intervalli limitati di differenza di temperatura per cui U₀ rimane quasi costante.
Il trasferimento di calore avviene principalmente attraverso la conduzione nei solidi, dove i materiali con alta conduttività termica (come i metalli) trasferiscono il calore in modo più efficiente rispetto a quelli con bassa conduttività (come le ceramiche). I solidi trasparenti (come il vetro) trasmettono anche energia radiante, in particolare nella parte visibile dello spettro. Nei liquidi, il calore viene trasmesso principalmente per conduzione, anche se spesso si creano correnti di circolazione che determinano un trasferimento convettivo che può essere significativamente maggiore della conduzione. Molti liquidi trasmettono anche energia radiante. Nei gas, invece, la conduzione è meno efficiente, e le correnti di circolazione sono difficili da sopprimere, rendendo la convezione molto più importante della conduzione. L'energia radiante nei gas viene trasmessa con un'assorbimento limitato, e non c'è alcuna assorbimento nel vuoto.
Quando il calore viene trasferito attraverso più mezzi in serie, il coefficiente complessivo di trasferimento di calore (U₀) può essere suddiviso nei coefficienti individuali (h₁, h₂, h₃) relativi a ciascun mezzo. Se il calore viene trasferito attraverso tre mezzi (con lo stesso area A), con coefficienti individuali (h₁, h₂, h₃) e corrispondenti cambiamenti di temperatura (ΔT₁, ΔT₂, ΔT₃), la portata di calore Q sarà la stessa per ciascun mezzo. Le seguenti equazioni esprimono il trasferimento di calore nei singoli mezzi:
Q = h₁ ∙ A ∙ ΔT₁, Q = h₂ ∙ A ∙ ΔT₂, Q = h₃ ∙ A ∙ ΔT₃.
La somma delle differenze di temperatura ΔT₁ + ΔT₂ + ΔT₃ è uguale alla differenza di temperatura totale ΔT, e la relazione tra Q e ΔT può essere scritta come:
ΔT = Q / A (1/h₁ + 1/h₂ + 1/h₃).
Nel caso in cui il trasferimento di calore avvenga in un'area variabile, come nel flusso radiale di calore attraverso una parete di tubo spessa o un cilindro, l'area per il trasferimento di calore dipende dalla posizione (raggio). In questo caso, l'area di trasferimento per ciascun mezzo potrebbe differire, e l'ultima equazione deve essere scritta in termini di una delle aree (A₁, A₂, A₃), o talvolta in termini di un'area media.
Per esempio, se si considera A₁ come riferimento, l'equazione per il trasferimento di calore diventa:
Q = U₁ ∙ A₁ ∙ ΔT,
dove ΔT = Q / (U₁ ∙ A₁), e la relazione tra i coefficienti diventa:
1/U₁ = 1/h₁ + (A₁/A₂) (1/h₂) + (A₁/A₃) (1/h₃).
Una volta suddiviso il coefficiente complessivo U₀ nei suoi componenti, è necessario valutare i coefficienti individuali h₁, h₂ e h₃, cosa che può essere fatta conoscendo la natura del processo di trasferimento del calore in ciascun mezzo.
I reciproci dei coefficienti di scambio termico sono resistenze aggiuntive
In molte situazioni, come nel caso del trasferimento di calore tra due fluidi attraverso una parete di un recipiente, la differenza di temperatura può variare lungo l'area del flusso. Se i fluidi fluiscono nella stessa direzione (flusso parallelo), le loro temperature si avvicinano progressivamente. Se i fluidi fluiscono in direzioni opposte (flusso controcorrente), la differenza di temperatura (ΔT) mostra meno variazione lungo lo scambiatore di calore, consentendo un maggiore trasferimento di calore. Per calcolare il valore appropriato di ΔT per i flussi paralleli o controcorrenti, si assume che il coefficiente di trasferimento di calore U₀ rimanga costante lungo lo scambiatore e si utilizzi la differenza di temperatura media (θₘ) nell'equazione generale:
Q = U₀ ∙ A ∙ θₘ.
Per il flusso radiale del calore attraverso una parete spessa del tubo o cilindro, l'area per il trasferimento di calore è una funzione della posizione (raggio)
Heat transfer by Conduction : Thermal resistances in series
Conduction through a thick-walled tube
Avviene grazie al movimento macroscopico del fluido, che può manifestarsi sotto forma di vortici o correnti di circolazione. Nella convezione naturale, tali correnti si sviluppano a seguito del trasferimento di calore stesso: per esempio, in un recipiente riscaldato da una fonte posta al di sotto, il liquido riscaldato, meno denso, si espande e tende a salire, mentre il liquido più freddo e più denso scende per sostituirlo, generando una circolazione. Nella convezione forzata, invece, le correnti sono indotte da un agente esterno, come un agitatore in un reattore o un flusso turbolento in un tubo, con conseguenti tassi di trasferimento di calore maggiori rispetto alla convezione naturale.
Quando il trasferimento di calore per convezione avviene dalla superficie a un fluido, si forma nelle immediate vicinanze della superficie un film privo di turbolenza, in cui il calore viene trasferito principalmente per conduzione; poiché la conducibilità termica dei fluidi è generalmente bassa, la resistenza termica risiede in questo film, e un aumento della velocità del fluido ne riduce lo spessore, migliorando il trasferimento.
L'equazione che descrive questo processo è:
dove h è il coefficiente di scambio termico che, insieme alle proprietà termofisiche del fluido e alle condizioni dinamiche (espresse attraverso numeri adimensionale come Nu, Re e Pr), determina l'efficienza del trasferimento per convezione.
Uno dei problemi principali è trasferire il calore alla velocità desiderata. L'efficacia economica nel recupero dell'energia dipende dalla tipologia di flusso trattato e dal processo di recupero impiegato. Il recupero dell'energia è necessario quando l'energia primaria ha un costo elevato, altrimenti potrebbe non essere conveniente. La valutazione del recupero energetico si effettua considerando le spese di capitale iniziali (CAPEX) e le spese operative (OPEX) di ciascun apparecchio aggiunto all'impianto, e il processo è considerato fattibile quando i calcoli economici mostrano un surplus di queste spese.
In questo ambito, si richiede anche una maggiore efficienza termica degli impianti, con il recupero del calore dai gas di scarto industriale, contribuendo così allo sviluppo sostenibile. Il calore di scarto industriale è l'energia generata nei processi industriali senza essere utilizzata praticamentemente, come i gas di combustione caldi, i prodotti riscaldati che escono dai processi industriali o il calore trasferito dalle superfici calde degli impianti. Esistono diverse tecniche di recupero energetico, che vanno dagli scambiatori di calore ai reattori che bruciano rifiuti organici. Durante le lezioni, ci concentreremo sullo scambio termico, sviluppando il progetto finale di uno scambiatore di calore a fascio tubiero.
Gli scambiatori di calore sono utilizzati per trasferire calore tra due sorgenti. Lo scambio può avvenire tra un flusso di processo e un flusso di servizio (acqua fredda, vapore pressurizzato), tra un flusso di processo e una sorgente di energia (calore elettrico), oppure tra due flussi di processo, favorendo l'integrazione energetica e riducendo la necessità di fonti di calore esterne. Il termine "scambiatore di calore" si riferisce a tutti gli apparecchi usati per trasferire calore tra due flussi, ma comunemente si distingue tra scambiatori di calore (con due flussi di processo), riscaldatori o raffreddatori (con un flusso di processo e uno di servizio), e dispositivi come il vaporizzatore e il reboiler per la vaporizzazione o l'evaporatore per la concentrazione. Gli scambiatori possono anche essere classificati come "fired" (dove la fonte di calore è la combustione di combustibile) e "unfired" (senza combustione).
Esistono diversi tipi, tra cui scambiatori a doppio tubo, scambiatori a fascio tubiero, scambiatori a piastre e telai, scambiatori a piastre-fin, scambiatori a spirale e riscaldatori a combustione diretta. La selezione di uno scambiatore dipende da numerosi fattori, tra cui i costi CAPEX e OPEX, la tendenza alla formazione di incrostazioni e corrosione, le perdite di pressione e i range di temperatura, nonché le problematiche di sicurezza (tolleranza alle perdite).
Gli scambiatori a fascio tubiero sono i più utilizzati nell'industria, progettati con la massima superficie di scambio per permettere il trasferimento di calore anche tra flussi con temperature non troppo distanti. Tuttavia, è necessario che vi sia una differenza di temperatura ragionevole per mantenere le aree di scambio a valori normali. I costi si riducono significativamente quando i flussi disponibili sono simili tra loro. L'efficienza energetica dipende da variabili come temperatura, portata e capacità termica di ciascun flusso, con efficienze migliori quando i flussi nello scambiatore sono controcorrente (o co-corrente). Gli scambiatori a passaggi multipli sul lato del tubo sono comunemente utilizzati, ma il trasferimento di calore può avvenire parzialmente in controcorrente e parzialmente in co-corrente, con possibili inversioni di temperatura che riducono l'efficienza dello scambio termico.
Gli scambiatori a fascio tubiero 1-1 sono composti da un passaggio per il lato del guscio e un passaggio per il lato del tubo. Spesso, i flussi di processo caldi provenienti da un reattore o da una colonna di distillazione vengono utilizzati per preriscaldare i flussi in ingresso. Negli impianti industriali, gli scambiatori rivestono un'importanza pari a quella delle colonne di distillazione, e sia gli scambiatori che le colonne devono essere progettati ex novo, caso per caso.
I processi di recupero del calore utilizzano diversi tipi di scambiatori, ciascuno con caratteristiche specifiche che li rendono adatti a determinate applicazioni industriali.
Lo scambiatore di calore a doppio tubo (Hairpin) è il più semplice. Questa configurazione è anche adatta quando uno o entrambi i fluidi sono a pressioni molto elevate. È generalmente utilizzato in applicazioni a bassa capacità, dove la superficie totale di scambio termico richiesta è compresa tra 30 e 50 m², i diametri standard del mantello vanno da 2" a 6" (gli scambiatori di calore multitubo vengono utilizzati per impieghi più grandi, con design standard per diametri del mantello fino a 30"). Gli scambiatori a doppio tubo sono disponibili in due configurazioni: a singolo tubo all'interno di un tubo, per carichi più piccoli, e con più tubi all'interno del guscio, per carichi maggiori.
Lo scambiatore a spirale è composto da due strisce di metallo avvolte a spirale per formare due canali elicoidali destinati a scambiare calore tra due fluidi. I vantaggi di questo tipo di scambiatore sono la struttura compatta, l'ampia superficie di scambio termico per unità di volume, e l'alta efficienza grazie a un flusso elevato e a una bassa formazione di strati stagnanti. Tuttavia, presenta degli svantaggi, come la necessità di alta qualità nella saldatura, la difficoltà di manutenzione, e il peso elevato, che richiede particolare attenzione durante il trasporto e l'installazione.
la superficie di trasferimento del calore di uno scambiatore di calore a piastre a spirale con d = 1,5 m e h = 1,2 m può raggiungere 130 m2
Lo scambiatore a piastre e telaio è composto da numerose piastre metalliche rettangolari, che possono essere lisce o ondulate, tenute insieme da un telaio. Ogni spazio tra due piastre è occupato da uno dei fluidi. Questo tipo di scambiatore è fino a cinque volte più efficiente rispetto a quello a fascio tubiero e occupa meno spazio. Inoltre, la capacità può essere facilmente regolata aggiungendo o rimuovendo piastre, e le superfici di scambio sono facilmente accessibili per ispezioni o pulizie meccaniche.
Il fascio tubiero è uno degli scambiatori di calore più impiegati nell'industria, utilizzato in numerosi settori grazie alla sua capacità di gestire flussi termici elevati e resistere a condizioni operative severe.
Gli scambiatori di calore a piastre-fin e a lamelle sono esempi di scambiatori a raffreddamento ad aria, mentre gli scambiatori a contatto diretto vengono utilizzati in applicazioni di raffreddamento o per torri di spegnimento. Altri tipi includono i vasi con giacche di raffreddamento e i riscaldatori a combustione diretta.
La progettazione degli scambiatori di calore a fascio tubiero dipende dalle esigenze specifiche di scambio termico, caduta di pressione, e dai metodi adottati per ridurre gli stress termici, prevenire perdite, facilitare la pulizia, e gestire la corrosione. Gli scambiatori a fascio tubiero sono costruiti in conformità con gli standard TEMA (Tubular Exchanger Manufacturers Association), DIN e ASME, che regolano la progettazione di scambiatori e recipienti sotto pressione.
Il design degli scambiatori di calore è supportato dalla ricerca commerciale, con metodi proprietari sviluppati da aziende come Heat Transfer Research Inc. (HTRI) e Heat Transfer and Flow Service (HTFS), che forniscono strumenti avanzati per ingegneri che operano nelle principali aziende di progettazione e contratto.
La relazione generale:
Q=Uo⋅A⋅F⋅ΔT Q
dove:
Q è il calore trasferito per unità di tempo [W],
Uo è il coefficiente globale di scambio termico [W/m² °C],
A è l'area di scambio termico [m²],
ΔT è la differenza di temperatura media, che rappresenta la forza di spinta termica [°C].
Se i fluidi fluiscono in un vero flusso controcorrente, ΔT è la differenza di temperatura media logaritmica (ΔTlm). Se i fluidi non sono in flusso controcorrente vero, si applica un fattore di correzione FF, che è minore di 1. La formula diventa quindi:
L’obiettivo principale nella progettazione di uno scambiatore è determinare l'area di superficie (l'area esterna totale dei tubi) necessaria per il trasferimento di calore specificato, utilizzando le differenze di temperatura disponibili. Il coefficiente Uo è il reciproco della resistenza totale al trasferimento di calore, che è la somma di diverse resistenze individuali. Queste includono i coefficienti di trasferimento di calore all'interno e all'esterno dei tubi, i fattori di incrostazione (che dipendono dalla contaminazione del fluido), e la conduttività termica del materiale del tubo. La formula per il calcolo di Uo è:
dove:
ho è il coefficiente di film del fluido esterno [W/(m²°C)],
hi è il coefficiente di film del fluido interno [W/(m²°C)],
hod è il coefficiente di incrostazione esterno [W/(m²°C)],
hid è il coefficiente di incrostazione interno [W/(m²°C)],
Kw è la conduttività termica del materiale del tubo [W/(m°C)],
do è il diametro esterno del tubo [m],
di è il diametro interno del tubo [m].
Il valore dei coefficienti dipende dalle proprietà fisiche dei fluidi, dal flusso dei fluidi e dalla disposizione fisica della superficie di scambio termico. Per esempio, il coefficiente h dipende dalle proprietà termofisiche del fluido, dalla temperatura, dalla portata del fluido e dalla turbolenza, mentre la conduttività Kw dipende solo dalle proprietà termofisiche del materiale solido del tubo.
Poiché la disposizione fisica dello scambiatore non può essere determinata fino a quando non si conosce l'area, la progettazione dello scambiatore è per necessità un processo di prova e errore. La procedura di progettazione generalmente segue 11 passaggi:
Definire le specifiche di processo (potenza termica, portate dei fluidi, temperature, fattori di incrostazione, cadute di pressione nel guscio e nei tubi).
Raccogliere le proprietà fisiche dei fluidi richieste (funzione della temperatura).
Decidere il tipo di scambiatore da utilizzare (calcolare il fattore F).
Calcolare la differenza di temperatura media logaritmica ΔTlm e quindi la differenza di temperatura media
Selezionare un valore provvisorio per il coefficiente globale Uo (basato su esperienza e tabelle).
Calcolare l'area A richiesta usando l'equazione generale.
Decidere la disposizione dello scambiatore (diametri dei tubi, lunghezza, materiale, disposizione dei tubi).
Costruire lo scambiatore e calcolare i coefficienti individuali hi e ho.
Calcolare il coefficiente globale Uo e confrontarlo con il valore provvisorio. Se la differenza è maggiore del 20%, sostituire il valore calcolato con quello stimato e tornare al passaggio 6.
Calcolare la caduta di pressione dello scambiatore (nel guscio e nei tubi); se non soddisfa i requisiti, tornare ai passaggi 7, 4 o 3, in quest'ordine di preferenza.
Ottimizzare la progettazione: ripetere i passaggi 4-10 per determinare lo scambiatore più economico che soddisfi le specifiche. Solitamente, questo sarà quello con l'area di scambio più piccola.
Alcuni punti importanti:
Il valore calcolato di Uo non deve differire più del 20-30% dal valore provvisorio, per evitare un dimensionamento eccessivo dello scambiatore.
Se la differenza è inferiore anche solo del 2%, ciò potrebbe portare alla progettazione di uno scambiatore sottodimensionato che non riuscirebbe a scambiare il calore richiesto dall'equilibrio energetico.
Valori tipici di Uo per vari tipi di scambiatori di calore sono disponibili in libri come quelli di Perry, TEMA e Ludwig, e in tabelle specializzate.
Il fouling rappresenta un problema industriale causato dalla contaminazione delle risorse impiegate nella maggior parte dei processi. In particolare, l’accumulo di depositi sulle superfici di trasferimento termico costituisce il principale ostacolo al corretto funzionamento degli scambiatori (presenza di sali o particelle sospese nell’acqua di alimentazione, unita al rapido degrado dell’acqua che circola nelle torri di raffreddamento, può determinare notevoli difficoltà nei sistemi a ricircolo aperto).
Un ulteriore aspetto riguarda l’indice di instabilità colloidale (CII), il quale valuta la tendenza dell’olio residuo a formare sedimenti. Tale indice viene calcolato sulla base delle frazioni SARA (saturi, aromatici, resine e asfalteni) presenti nell’olio. Il petrolio greggio viene definito stabile se il CII è inferiore a 0,7 e instabile se supera il valore di 0,9.
Il meccanismo del fouling si articola in diverse fasi principali. Durante la fase iniziale, o periodo di incubazione, la superficie inizia a prepararsi al fouling, anche se inizialmente non si osserva una riduzione significativa del trasferimento di calore. Successivamente, le particelle responsabili del fouling vengono trasportate verso la superficie di scambio termico attraverso processi quali deposizione, dispersione e termophoresi. Una volta raggiunta la superficie, le particelle si depositano in funzione della velocità di diffusione, della quantità trasportata e del tasso di reazione in superficie; alcune di esse rimangono attaccate, mentre altre possono essere rimosse dal flusso del fluido. In una fase successiva, i depositi subiscono un processo di invecchiamento attraverso reazioni fisiche o chimiche, che possono sia rafforzare il deposito sia facilitarne la rimozione (M. M. Awad, Intech 2011).
Il fouling è, in definitiva, l’effetto risultante dalla differenza tra il tasso di deposizione e quello di rimozione dei depositi sulla superficie dello scambiatore di calore, ed è rappresentabile dall’equazione:
dmF/dt = (tasso di deposizione) − (tasso di rimozione).
Il tasso netto di accumulo del Fouling può variare nel tempo, assumendo comportamenti lineari, decrescenti o asintotici, a seconda delle condizioni operative. Ad esempio, durante il periodo di incubazione non si osserva una riduzione significativa del valore di Uₒ, poiché il sottile strato di fouling comporta una bassa resistenza alla conduzione, che può essere compensata da un aumento del coefficiente di convezione dovuto all’incremento della rugosità superficiale. In generale, i tassi di fouling risultano maggiori sul lato liquido rispetto a quello gassoso e sul lato caldo rispetto a quello freddo.
l’incremento della velocità del flusso, entro i limiti di caduta di pressione consentiti, può aumentare lo stress di taglio sulla superficie e favorire la rimozione dei depositi, riducendo così la crescita della resistenza termica e l’entità dello strato di foulant, in particolare nel caso del fouling particellare.
Si basa sulla differenza netta tra il tasso di accumulo dei depositi e il tasso di loro rimozione. Entrambi i tassi di deposizione e rimozione possono variare nel tempo in funzione di numerose variabili, quali:
• il tipo di strato fouling che si sta accumulando,
• la tipologia di superficie,
• la velocità del flusso.
Di conseguenza, il tasso netto di fouling può seguire tre scenari differenti, in base all'andamento nel tempo:
scenario lineare, in cui il deposito è molto forte e non viene rimosso
scenario decrescente, in cui la rimozione dei depositi, particolarmente quelli con minore resistenza meccanica, è insufficiente
scenario asintotico, il più frequentemente riscontrato
Esiste un intervallo di tempo (td), definito periodo di incubazione, durante il quale non si osserva una riduzione del valore di Uₒ (o, al massimo, si nota un leggero aumento dovuto all'aumento del coefficiente di convezione h, compensato dalla bassa resistenza alla conduzione del sottile strato di fouling).
La predizione accurata dei tassi di fouling è estremamente complessa e spesso si ricorre a un approccio progettuale standardizzato che prevede l'assunzione di una certa resistenza al fouling (fattori di fouling interni ed esterni), il calcolo del coefficiente globale di trasferimento termico (Uₒ) e la determinazione dell'area di scambio termico, opportunamente sovradimensionata. In molti casi l'incremento di perdita di carico dovuto al fouling non risulta tale da richiedere una considerazione particolare delle sollecitazioni sulla superficie. In letteratura sono disponibili valori di resistenze termiche per vari liquidi, sebbene sia frequente l'assenza di dati riguardanti il tipo di superficie, le condizioni di flusso, le temperature e, soprattutto, il tempo necessario perché tale resistenza si raggiunga. In sistemi soggetti a fouling marcato può essere necessario l'impiego di scambiatori duplicati.
L'effetto del fouling si manifesta in due modi: da un lato, si riduce il trasferimento di calore a causa dell'incremento della resistenza termica; dall'altro, si aumenta la perdita di carico per il restringimento dell'area libera al flusso. Questi fenomeni comportano costi aggiuntivi: gli scambiatori devono essere sovradimensionati (con conseguente riduzione del valore di Uₒ, e quindi aumento del CAPEX), e sono necessari interventi di manutenzione per la pulizia e, in alcuni casi, per il trattamento dei fluidi al fine di ridurre i tassi di fouling (aumentando l’OPEX). Inoltre, si possono verificare perdite energetiche dovute all’incremento delle cadute di pressione (con maggiori requisiti di potenza per il pompaggio) e perdite di produzione dovute alle attività di manutenzione. Nella fase di progettazione viene pertanto considerato l’effetto del fouling attraverso l’inserimento di coefficienti di fouling (interni ed esterni), solitamente espressi in termini di resistenze al trasferimento termico, sebbene la loro previsione risulti difficoltosa e si basi in gran parte sull’esperienza pregressa.
Per quanto riguarda i valori tipici dei coefficienti di fouling, per scambiatori a fascio tubiero (senza alette) si riportano, ad esempio, i seguenti range per il lato "hd" (espresso in W/(m²·°C)):
Acqua di fiumi/laghi: 3000–12000
Acqua di mare: 1000–3000
Acqua di raffreddamento (torri): 3000–6000
Condensato di vapore: 1500–5000
Vapore (senza tracce d’olio): 4000–10000
Vapore (con tracce d’olio): 2000–5000
Vapori organici: 5000
Liquidi organici: 5000
Idrocarburi leggeri: 5000
Idrocarburi pesanti: 2000
Soluzioni saline acquose: 3000–5000
Il deposito dei materiali può avvenire tramite diversi meccanismi, che dipendono dalle caratteristiche dei fluidi, delle superfici e delle condizioni termiche:
cristallizzazione soluzione diventa sovrasatura di sali, con conseguente precipitazione della sostanza disciolta. Partendo dalla zona stabile, si può operare in due modi: a concentrazione costante riducendo la temperatura, oppure a temperatura costante aumentando la concentrazione salina, riscontra negli evaporatori. Risulta particolarmente forte e aderente, richiedendo interventi meccanici o chimici intensi per la sua rimozione; l’aumento della velocità del fluido ha un effetto limitato sulla rimozione del deposito
particellare si manifesta quando solo particelle di dimensione colloidale (inferiori a 1 µm) riescono ad aderire alle superfici immerse in fluidi in movimento, poiché particelle più grandi vengono rimosse dalle forze gravitazionali e idrodinamiche. Le forze attrattive principali tra le particelle colloidali derivano dalle interazioni di van der Waals e dalle forze elettrostatiche. Un aumento della velocità del flusso, generando turbolenze, favorisce la rimozione dei solidi e riduce l’efficacia di tali forze, migliorando il trasferimento termico, sebbene comporti anche un incremento delle perdite di pressione e, in alcuni casi, vibrazioni strutturali
reazione chimica si verifica quando depositi si formano in seguito a reazioni chimiche che producono una fase solida in prossimità della superficie, fenomeno che si accentua se la temperatura della parete supera un certo limite, accelerando le cinetiche delle reazioni. risulta particolarmente tenace e richiede misure specifiche per la pulizia.
corrosione, la superficie reagisce con il fluido, generando prodotti di corrosione che possono depositarsi, a condizione che non si dissolvano nel fluido. Fattori come il pH e la presenza di ossigeno giocano un ruolo importante, così come la presenza di zolfo nei combustibili, che può indurre corrosione in caldaie alimentate a gas o olio. Talvolta, i prodotti della corrosione possono essere trasportati a valle e depositarsi su altre superfici del circuito.
biologico, invece, è causato dall’adesione di microrganismi e organismi macroscopici (come alghe e piante acquatiche) sulla superficie di scambio termico. La crescita di tali organismi dipende da vari fattori quali la temperatura (tipicamente tra 0 e 60 °C), la concentrazione di ossigeno (per i batteri aerobici) e la presenza di zolfo (per quelli anaerobici). Questo fenomeno è particolarmente rilevante in impianti di lavorazione alimentare e negli condensatori delle centrali elettriche che utilizzano acqua di mare.
solidificazione (o congelamento) si verifica in operazioni di raffreddamento, quando il fluido in prossimità della parete dello scambiatore raggiunge temperature tali da permetterne il congelamento. il ghiaccio possiede una conducibilità termica inferiore a quella del materiale della parete dello scambiatore. Pur essendo simile al fouling per precipitazione, in questo caso il fluido stesso si solidifica.
Gli scambiatori a tubi e fascio tubiero sono gli apparecchi per il trasferimento termico più diffusi nell'industria chimica e nei settori affini. per un elevato scambio termico in un volume contenuto, una struttura meccanica adatta a operare sotto pressione, e l'impiego di tecniche costruttive consolidate che consentono l'utilizzo di diversi materiali e facilitano la pulizia.
Il principio di funzionamento prevede che i tubi, raggruppati in un fascio, siano racchiusi in un mantello cilindrico; le estremità dei tubi sono saldate su piastre tubiere che separano i fluidi del lato tubiero e quelli del lato mantello. All'interno del mantello vengono inseriti dei setti o diaframmi che dirigono il flusso del fluido e sostengono i tubi, mentre la struttura meccanica complessiva è rinforzata da barre e spessori (che in alcuni casi possono essere trascurati in fase progettuale).
Esistono diverse tipologie di scambiatori a tubi e mantello, ciascuna con caratteristiche specifiche:
Lo scambiatore a piastra tubiera fissa è il più semplice ed economico, ma non consente la rimozione del fascio tubiero per la pulizia e presenta limitazioni legate alla differenza termica tra mantello e tubi.
Il modello a tubi a U prevede un fascio che presenta uno spazio vuoto centrale e permette una maggiore versatilità, sebbene la sostituzione di un tubo risulti più complessa.
a testa flottante risultando particolarmente adatti a differenziali termici elevati e a fluidi soggetti a fouling. In questi sistemi il fascio tubiero è rimuovibile per agevolare la pulizia e la testa del fascio può muoversi liberamente all’interno del mantello, simile a quanto avviene negli scambiatori a tubi a U. Tuttavia, nel design pull-through la distanza tra l’ultimo tubo del fascio e il mantello risulta maggiore rispetto ai modelli fissi, determinando correnti di bypass: la corrente principale si instaura nello spazio tra il fascio e la parete del mantello, con ulteriori flussi di perdita tra tubi e setti o tra setti e mantello, riducendo l’efficienza dello scambio termico.
Per ridurre tali perdite, si utilizza un morsetto (split ring - a Testa Flottante Interna Ottimizzata) che consente di minimizzare la distanza necessaria. Nel caso della testa flottante interna, il progetto deve tener conto della massima espansione e compressione del mantello, garantendo che la testa non entri in contatto con il mantello stesso.
testa flottante esterna, in cui la giunzione della testa flottante si trova all’esterno del mantello e la chiusura viene realizzata tramite un giunto a ghiere mobili con premistoppa. A causa del rischio di perdite, la pressione sul lato mantello è generalmente limitata a circa 20 bar, e non è consigliato l’impiego di fluidi infiammabili o tossici su questo lato.
Kettle Reboiler Ribollitore di fondo
è un tipo di scambiatore collocato all'estremità inferiore di una colonna di distillazione, dove una parte del fondo viene vaporizzata. In questa configurazione viene impiegato un fascio tubiero a forma di U, che elimina i problemi di spaziatura sul lato mantello. Il ribollitore di fondo è utilizzato per generare un flusso di vapore destinato ad alimentare la torre di distillazione.
La progettazione termica di uno scambiatore a tubi e mantello si basa su un diagramma a blocchi che porta a determinare il coefficiente globale di trasferimento termico (Uₒ), l'area di scambio (A) e il fattore di flusso (F), in funzione della differenza di temperatura logaritmica media (∆Tlm). La formula principale è:
Q = Uₒ ∙ A ∙ F ∙ ∆Tlm
Il design deve tenere conto anche della presenza di correnti di bypass, sia tra il fascio tubiero e la parete del mantello (corrente principale di bypass), sia dovute a perdite tra tubi e setti o tra setti e mantello. Queste correnti possono ridurre l'efficienza dello scambio termico.
Per quanto riguarda gli standard e i codici, le caratteristiche meccaniche, le tecniche di fabbricazione, i materiali e i test degli scambiatori a tubi e mantello sono regolati da norme quali la British Standard BS 3274 e gli standard dell’Associazione dei Costruttori di Scambiatori Tubolari (TEMA). Nel sistema TEMA ogni scambiatore è identificato da una combinazione di tre lettere: la prima indica il tipo di testa frontale, la seconda il tipo di mantello, e la terza il tipo di testa posteriore (con l’ingresso del fluido sul lato tubiero a sinistra). Ad esempio, il codice AEN indica un canale e coperchio rimovibili per il lato mantello, una configurazione a passaggio unico, e una piastra tubiera fissa.
Gli scambiatori TEMA sono inoltre classificati in base a tre standard meccanici che ne definiscono il design, la fabbricazione e i materiali:
Classe R, per servizi particolarmente severi, tipicamente in raffinerie;
Classe B, per applicazioni nel settore chimico;
Classe C, la meno restrittiva e la più utilizzata per applicazioni commerciali e di processo generali.
--> i diagrammi di flusso e i P&ID (Piping & Instrumentation Diagram) offrono una rappresentazione standardizzata degli scambiatori TEMA, illustrando il collegamento tra le varie parti, dai tubi al mantello, fino alle connessioni di ingresso e uscita dei fluidi.
Procedura di progettazione
primo passo nel layout dello scambiatore
F ottenuto dalla geometria dello scambiatore (vedi più avanti). Dal primo valore di prova di Uo, è quindi possibile calcolare l'area A (area esterna totale dei tubi), Q = Uo ∙ A ∙ F ∙ ∆Tlm
tubing - tubi utilizzati a scopo strutturale (scambiatori di calore) sono specificati da OD (diametro esterno) e WT (spessore della parete). Utilizzati nella costruzione, nella automobilistica, nell'aerospaziale,...
pipes - tubazioni sono classificate come recipienti tubulari utilizzati in sistemi di tubazioni, spesso per il trasporto di gas e fluidi. Sono specificati tramite “Nominal Pipe Size” (NPS) e Schedule (spessore della parete). Utilizzati in settori come il petrolio e gas, la distribuzione dell'acqua, l'impiantistica, HVAC e tubazioni di processo.
I diametri dei tubi vanno da 5/8 in. (16 mm) a 2 in. (50 mm)
I diametri più piccoli, da 5/8 a 1 in, sono preferiti, offrendo scambiatori più compatti (più economici).
I tubi più grandi sono più facili da pulire tramite metodi meccanici.
A flusso fisso di fluido, minore è il diametro esterno (OD), maggiore è l'area di scambio A e il numero di tubi/volume. Tuttavia, le perdite di pressione aumentano anche a causa dell'alta velocità nel lato tubo.
Spessore del tubo(t) viene selezionato per resistere alla pressione interna e garantire una sufficiente tolleranza alla corrosione. La formula di Barlow viene utilizzata per calcolare t quando il rapporto t/di è inferiore al 10%.
Da P e s, inserendo un primo valore di di, si ottiene t che viene confrontato con gli spessori commerciali (scegliendo il valore più vicino a t con un valore di di reale). I tubi in acciaio per scambiatori di calore conformi allo standard TEMA e alla BS 3606 (dimensioni metriche).
Tubazioni secondo lo standard TEMA
con t definito come funzione della Birmingham Wire Gauge (BWG)che può variare, per diversi materiali, da 7 a 20 con una diminuzione del valore dello spessore (ogni BWG corrisponde a uno spessore in mm)
Lunghezze preferite dei tubi: 6 ft. (1,83 m), 8 ft (2,44 m), 12 ft (3,66 m), 16 ft (4,88 m), 20 ft (6,10 m), 24 ft (7,32 m). La dimensione del tubo è spesso definita dal dipartimento di manutenzione per ridurre i diversi tipi di tubi in magazzino.
Tubi 3/4 in. (19,05 mm), BWG 14, con lunghezza di 4,88 m, sono spesso (e da noi) considerati come punto di partenza per i primi calcoli di progettazione.
sono solitamente disposti in un pattern triangolare equilatero (più usato), quadrato o quadrato ruotato.
Passo del tubo - Tube pitch PT: distanza tra i centri dei tubi
Luce - Clearance C: distanza tra due tubi (C = Pt – do)
I pattern triangolare e quadrato ruotato danno tassi di scambio termico più alti, ma a scapito di una maggiore perdita di pressione nella camera rispetto al pattern quadrato
Il pattern quadrato o quadrato ruotato è utilizzato per fluidi con forte incrostazione, dove è necessario pulire meccanicamente l'esterno dei tubi, la distanza minima raccomandata tra i tubi è di 0,25 in. (6,4 mm).
Il passo del tubo raccomandato è di 1,25 do
Il fluido nel tubo è solitamente diretto a fluire avanti e indietro in un numero di "passaggi" attraverso gruppi di tubi disposti in parallelo, per aumentare la lunghezza del percorso del fluido.
Il numero di passaggi viene selezionato per ottenere la velocità di progettazione richiesta nel lato tubo.
Con un flusso fisso, velocità maggiori vengono generate utilizzando tubi con diametri piccoli o aumentando i passaggi nel lato tubo (con un numero fisso di tubi).
Velocità elevate comportano una maggiore perdita di pressione (DP), ma aumentano anche il valore di Uo. L'aumento della velocità può causare problemi di vibrazione e stress sui tubi (necessitando acciai più resistenti).
La velocità del fluido nel lato tubo va da pochi m/s (da 0,8 a 4 m/s).
Gli scambiatori possono essere costruiti con uno o fino a circa sedici passaggi di tubo. I tubi sono disposti nel numero di passaggi richiesti dividendo le teste dello scambiatore (canali) con piastre di partizione (partizioni di passaggio).
Una volta costruito il fascio tubiero, deve essere calcolato il suo diametro Db (e il diametro dello shell DS).
Db dipende dal numero di tubi, dal passo e dal numero di passaggi dei tubi (spazi per alloggiare le piastre di partizione del passaggio).
Db si ottiene dall'equazione empirica, dove Nt è il numero di tubi, do è il diametro esterno del tubo (mm) e n1 e K1 sono tratti da una tabella (funzione del passo e dei passaggi dei tubi).
Calcolo del diametro del fascio tubiero per i tubi a U
il numero di tubi è leggermente inferiore a quello dato dall'equazione empirica. La distanza tra le due file centrali è determinata dal raggio minimo consentito (di solito 2,5 · do) per la curvatura a U.
Una stima del numero di tubi (due volte il numero effettivo di tubi a U) viene fatta riducendo il numero fornito dall'equazione empirica di una fila centrale di tubi (Db/Pt).
Il diametro Dbb e il numero di tubi Ntu di uno scambiatore a U non sono indipendenti tra loro, ma vengono calcolati risolvendo un sistema di due equazioni:
standard britannico BS 3274, lo shell vanno da 6 in. (150 mm) a 42 in. (1067 mm)
standard TEMA, gli scambiatori vanno fino a 60 in. (1520 mm).
Il mantello fino a circa 24 in. (610 mm) sono normalmente costruite con tubi standard. Al di sopra di 24 in. (610 mm), vengono arrotolate da lamiera.
Per applicazioni a pressione, lo spessore della mantello è dimensionato secondo gli standard di progettazione dei recipienti a pressione. Lo spessore minimo consentito del mantello è dato negli standard BS 3274 e TEMA.
Il diametro interno del mantello DiSH viene scelto per garantire una vestibilità il più possibile vicina al fascio tubiero, al fine di ridurre il by-pass attorno al fascio. La clearance richiesta tra i tubi più esterni del fascio e DiSH dipende dal tipo di scambiatore e dalla tolleranza di fabbricazione.
Pertanto, si ottiene a partire da Db. Nel nostro design utilizziamo sempre la testa flottante con anello splittato (la più comune).
Così si ottiene il valore del diametro interno del shell e il diametro esterno del shell DSH:
DiSH = Db+CL
DSH = Db+CL+2⋅tSH
dove tSH è lo spessore dello shell (calcolato con la formula di Barlow).
Procedura di progettazione shell
Il primo passo consiste nel fissare un valore di prova per Uo (letteratura) e poi calcolare l'area di scambio A.
Da A, lo scambiatore di calore viene costruito imponendo scelte progettuali (layout) sul lato tubo, come il diametro do, la lunghezza L, i passaggi dei tubi e la disposizione dei tubi.
Successivamente, viene calcolata l'area esterna del singolo tubo e il numero totale di tubi Nt (a partire da A).
Q=Uo⋅A⋅F⋅ΔTlm
A partire dai valori di Nt e do, è possibile calcolare il diametro del fascio tubiero. Dove i parametri K1 e n1 sono noti dalla scelta progettuale.
Poi è possibile ottenere sia il diametro interno della shell DiSH, partendo da Db e dalla CL dalla grafico, che il diametro esterno della shell DSH
Vanno considerati i gusci commerciali, scegliendo quello più vicino (più grande) al valore di DiSH.
Mantenendo il valore di CL (collegato allo scambiatore scelto), si calcolerà un nuovo valore di Db.
Utilizzando nuovamente l'equazione del fascio tubiero, sarà necessario ricalcolare un nuovo valore di Nt e, di conseguenza, un nuovo valore di A. Infine, tornando all'equazione generale di scambio termico, si recupererà un "nuovo primo valore di prova" per Uo.
*In un esempio di progettazione, considereremo “commerciale” (esistente sul mercato) qualsiasi diametro dello shell calcolato dal primo valore di A. In tal caso, il valore di prova di Uo non cambierà. Inoltre, non considereremo lo spessore dello shell valutando solo il diametro interno (utile per una progettazione termica dello scambiatore di calore).
La disposizione dei tubi viene pianificata con software avanzati, che consentono di definire la distanza tra le piastre di partizione del passaggio e la posizione dei tiranti. Poiché il numero di tiranti utilizzati è ridotto, questi non verranno considerati nei calcoli approssimativi.
Disposizione dei tubi per uno scambiatore con piastre tubiere fisse. DiSH=740 mm passaggio singolo, 780 tubi (Passo triangolare, angolo 30°, do=19,05 mm, Pt=1,25 do)
lettere E, F, G, H, J sono utilizzate negli standard TEMA per designare i vari tipi.
tipo E: il più comune, basso costo e semplice. Il fluido del mantello entra a un'estremità della e esce dall'altra estremità (un solo passaggio lato mantello, senza deflettori longitudinali). I tubi possono avere un passaggio singolo o multiplo e sono supportati da deflettori trasversali.
Con un passaggio singolo di tubo, si può ottenere un controflusso nominale.
tipo F: con due passaggi sul mantello, aumentando la differenza di T effettiva e quindi l'efficacia (simile a una disposizione a controflusso). Si ottiene mediante l'uso di un deflettore longitudinale. Problemi: Una fila di tubi è rimossa. Possibilità di bypass del flusso tra il deflettore longitudinale e la carcassa. Il deflettore longitudinale è parte del fascio tubiero (i tubi e il deflettore vengono rimossi insieme per la pulizia) con tolleranze equivalenti. Il problema viene ridotto utilizzando "strisce di sigillatura", strisce di gomma dura che riducono le perdite. Strisce di tenuta utilizzate anche senza la presenza di deflettore longitudinale e inserite nel guscio per ridurre tolleranze e bypass del fluido
viene utilizzata quando sono richiesti più scambiatori in serie, con ogni passaggio del mantello rappresentante un'unità. Scambiatore con 2 passaggi sul mantello e 4 passaggi sui tubi. Le perdite di pressione sono molto più alte rispetto a una tipo E.
(x Petroleum industry): tipo G (split-flow) e tipo J (divided flow) sono utilizzate per ridurre la perdita di pressione sul lato mantello.
tipo H (double split flow), simile a G, ma con due ugelli di uscita e due deflettori orizzontali.
tipo X (cross flow)
deviare il flusso attraverso il fascio tubiero per ottenere un coefficiente di scambio termico più alto
supportare i tubi (poche piastre) per la rigidità strutturale, impedendo le vibrazioni dei tubi.
Il "taglio del deflettore" è la dimensione di un deflettore segmentale: l'altezza del segmento rimosso per formare il deflettore (% del diametro del disco del deflettore).
I tagli dei deflettori vanno dal 15 al 45%: tra il 20 e il 25% è ottimale.
Ci sarà sempre una certa perdita di fluido attorno al deflettore, poiché deve essere lasciata una clearance per l'assemblaggio: la clearance massima va da 1,6 a 4,8 mm. Un altro percorso di perdita si verifica attraverso la clearance tra i fori dei tubi nel deflettore e i tubi: la c massima di progetto è di 0,8 mm (1/32 in.).
Se il deflettore segmentale viene utilizzato con un condensatore orizzontale, i deflettori potrebbero limitare il flusso del condensato. Il problema viene superato ruotando l'arrangiamento del deflettore di 90° oppure tagliando la base del deflettore.
Altri arrangiamenti di deflettori:
Deflettori segmentali tripli e senza tubi nella finestra utilizzati per applicazioni con bassa perdita di pressione, minimizzano le vibrazioni.
Deflettori a disco e anello (a ciambella) con anelli esterni alternati a dischi interni (flusso radiale attraverso il campo dei tubi). Il flusso bypass del fascio tubiero nello shell è eliminato.
Deflettore a orificio, in cui il fluido del lato mantello fluisce attraverso la clearance tra il diametro esterno del tubo e il diametro del foro nel deflettore.
Lo spessore minimo dei deflettori e delle piastre di supporto è specificato negli standard (non considerato nel nostro design).
Gli spazi tra i deflettori utilizzati vanno da 0,2 a 1,0 volte il diametro della shell (scelta progettuale). Uno spazio ravvicinato tra i deflettori darà coefficienti di scambio termico più elevati, ma anche una maggiore perdita di pressione. Lo spazio ottimale è di solito tra 0,3 e 0,5 volte il diametro dello shell.
(non considerati nel nostro design)
Alcuni deflettori segmentali sono fabbricati con tolleranze più strette, 1/64 in. (0,4 mm), per agire come piastre di supporto.
Per condensatori e vaporizzatori (dove i deflettori non sono necessari per il trasferimento di calore), alcuni deflettori vengono installati per supportare i tubi.
Le distanze minime per le piastre di supporto sono fornite negli standard. Le distanze vanno da circa 1 m per tubi da 16 mm a 2 m per tubi da 25 mm.
I deflettori e le piastre di supporto sono mantenuti insieme da tiranti (barre) e spaziatori (spaziatori).
Il numero di tiranti dipende dal diametro dello shell, che varia:
da 4 tiranti di 16 mm di diametro per scambiatori con diametro inferiore a 380 mm
a 8 tiranti di 12,5 mm di diametro per scambiatori con diametro di 1 m.
Durante l'operazione, le piastre tubiere sono soggette alla differenza di pressione tra il lato mantello e tubi. Possibile perdita ai giunti tra le piastre tubiere e i tubi (perdita successiva di un fluido nell'altro):
Contaminazione dei fluidi
Possibili esplosioni (fluidi incompatibili).
Connessioni con flangia bullonata non dovrebbero presentare perdite sugli scambiatori di calore, ma spesso accade a causa di problemi di progettazione o di assemblaggio. Tra la piastra e la copertura della testa flottante c'è sempre una sovrappressione che influisce sulla perdita.
Rullatura dei tubi (rivettatura o mandrinatura)
La rullatura dei tubi è un'operazione che richiede abilità; il tubo deve essere espanso sufficientemente per garantire un giunto ermetico, ma non troppo per non indebolirlo. I fori dei tubi sono normalmente scanalati.
Saldatura dei tubi
Quando è essenziale garantire un giunto ermetico, Questo aumenterà il costo dello scambiatore, anche perché sarà necessario un maggiore spazio tra i tubi.
➢Un metodo ancora più costoso prevede sia la rivettatura che la saldatura.
Doppia piastra tubiera
Dove è essenziale evitare mescolamento dovuto a perdite al giunto della piastra tubiera, possono essere utilizzate doppie piastre tubiere, con lo spazio tra le piastre ventilato. Metodo costoso.
Per permettere uno spessore sufficiente a sigillare i tubi, lo spessore della piastra tubiera non dovrebbe essere inferiore al diametro esterno del tubo. Gli spessori minimi delle piastre sono indicati negli standard.
Lo spessore della piastra tubiera ridurrà leggermente la lunghezza effettiva del tubo, e ciò deve essere considerato nel calcolo dell'area disponibile per il trasferimento di calore. Come prima approssimazione, la lunghezza dei tubi può essere ridotta di 25 mm per ogni piastra tubiera.
Verranno utilizzate dimensioni standard di tubazioni per le nozzles d’ingresso e d’uscita. È importante evitare restrizioni di flusso nelle nozzles per prevenire perdite di carico e vibrazioni indotte dal flusso sui tubi.
Oltre all’eliminazione di alcune file di tubi, negli spazi vicino alle nozzles si aumenta solitamente la distanza tra i deflettori, per aumentare l’area di flusso. Per vapori e gas, in cui le velocità d’ingresso sono elevate, può essere allargata (flared) o possono essere impiegati design particolari per ridurre la velocità in ingresso.
nei casi in cui il fluido sul lato mantello contenga goccioline di liquido o in presenza di fluidi ad alta velocità contenenti particelle abrasive.
Le vibrazioni causate dal flusso sul lato mantello possono provocare guasti prematuri dei tubi. sono principalmente dovute a fenomeni di distacco dei vortici e a buffeting turbolento, soprattutto a elevati numeri di Reynolds.
Vibrazioni di ampiezza elevata si verificano al superamento di una certa velocità critica, dove l’interazione con i tubi adiacenti può innescare un effetto di risonanza, specialmente se la frequenza delle vibrazioni si avvicina alla frequenza naturale del tubo non supportato, l’ampiezza delle vibrazioni può aumentare drammaticamente, portando a rotture per impatto tra tubi o per usura dovuta al passaggio attraverso i deflettori.
I software (come quelli offerti da HTFS e HTRI) includono moduli per l’analisi delle vibrazioni.
È consigliato non superare i 3 m/s di velocità sul lato mantello per evitare effetti risonanti.
Esistono inoltre vibrazioni dovute al flusso interno nei tubi. Nei pressi dell’ingresso e dell’uscita del fascio tubiero possono verificarsi restrizioni che generano forze sinusoidali, ortogonali all’asse dei tubi, causando ulteriori vibrazioni e potenziali fenomeni risonanti.
Un indice, detto Thorngren’s Number (o indice di danno), in funzione delle dimensioni del tubo e della velocità del flusso, viene utilizzato per valutare il rischio di vibrazioni: valori inferiori a 1 indicano assenza di problemi, mentre valori superiori a 1 evidenziano potenziali criticità.
Per aumentare l’efficienza degli scambiatori in presenza di fluidi a bassa velocità, alta viscosità o entrambe le condizioni, è utile creare turbolenza all’interno dei tubi, favorisce un migliore contatto del fluido con le pareti del tubo rispetto al flusso laminare, che riducono lo spessore dello strato limite vicino alla parete del tubo, dove gli effetti della viscosità sono accentuati e il trasferimento termico risulta inferiore.
Vantaggi dell’installazione dei turbolatori:
Incremento delle prestazioni dello scambiatore
Miglioramento dell’efficienza del trasferimento termico (aumentata fino al 150-200%)
Riduzione delle dimensioni degli scambiatori (diminuzione del 40-50%)
Riduzione dell’incrostazione e della formazione di film all’interno dei tubi
Conversione del flusso laminare in turbolento
Uniformità della temperatura del fluido all’interno dei tubi
Maggiore effetto auto-pulente dei tubi
Facilità di installazione e rimozione
--> ma aumento perdite di carico !
Quattro tipologie comuni di turbolatori: a sfera (ball), a molla (spring), a nastro attorcigliato (twisted tape) e a matrice (matrix).
ΔTₗₘ si calcola a partire dalle differenze termiche terminali, cioè la differenza tra la temperatura del fluido in ingresso e in uscita dello scambiatore e le temperature del fluido caldo (T₁, T₂) e del fluido freddo (t₁, t₂).
La "differenza logaritmica media" è applicabile solo al trasferimento di calore sensibile in flussi paralleli o controcorrente.
La potenza trasferita è data da: Q = Uₒ · A · F · ΔTₗₘ
Temperatura di avvicinamento
Essa indica quanto le temperature dei due fluidi siano vicine tra loro ed è pari alla minore differenza tra le temperature dei due flussi.
T1 -t2
ΔT₁ = T₂ - t₁ e ΔT₂ = T₁ - t₂.
T2 -t2
ΔT₁ = T₁ - t₁ e ΔT₂ = T₂ - t₂;
T2 -t2
l’espressione del controcorrente per calcolare ΔTₗₘ e si moltiplica il valore ottenuto per un coefficiente F, che verrà discusso successivamente.
Per lo stesso ingresso e uscita delle temperature dei fluidi, ΔTₗₘ nel flusso controcorrente risulta maggiore di quello nel flusso parallelo, rendendo così possibile, per lo stesso coefficiente Uₒ, l’utilizzo di un’area di scambio minore per trasferire una determinata quantità di calore nel caso del controcorrente.
Differenza aritmetica media di temperatura (ΔTₘ)
Essa rappresenta la media delle differenze termiche calcolate come sopra (dove ΔT₂ corrisponde alla temperatura di avvicinamento).
Temperatura calorica (Tc)
è la temperatura alla quale vanno calcolate le proprietà fisiche dei due fluidi, ciascuno con un proprio valore.
Per il fluido caldo: Tc = T₂ + Fc · (T₁ - T₂)
Per il fluido freddo: tc = t₁ + Fc · (t₂ - t₁)
dove Fc è un parametro derivato dal concetto di dipendenza lineare di Uₒ dalla temperatura.
Diagramma di T in funzione di Q e poi di A (o L)
Considerando un sistema puro a controcorrente, il calore scambiato dai due fluidi è uguale a:
Q = w · c · (Tin - Tout)
con w e c rispettivamente il flusso di massa e il calore specifico dei fluidi.
Le curve diventeranno lineari quando i prodotti w·c possono essere considerati costanti (caso di piccoli intervalli di temperatura, dove c rimane sostanzialmente costante e w è una specifica di processo).
L’espressione dell’area di scambio A in funzione di T è non lineare a causa della dipendenza di A da Uₒ e ΔTₗₘ.
Confronto tra ΔTₘ e ΔTₗₘ
In un sistema controcorrente puro, se ΔT₁ = 100 °C, al variare di ΔT₂ si osserva quanto segue.
Se ΔT₂ si avvicina a 100 °C, ΔTₘ risulta pari a 100 °C; la regola di L’Hôpital applicata a ΔTₗₘ porta ad un valore di 100 °C (verifica inserendo dati reali, ad esempio con ΔT₂ = 95 °C (e ΔT₁ sempre a 100 °C), si ottengono valori di circa 97,5 °C per ΔTₘ e 97,47 °C per ΔTₗₘ).
Se, invece, ΔT₂ tende a 0, la differenza aritmetica rimane elevata (ad esempio 50 °C), mentre ΔTₗₘ diminuisce drasticamente, dati reali, per ΔT₂ = 1 °C (e ΔT₁ = 100 °C), si ottengono circa 50,5 °C per ΔTₘ e 21,5 °C per ΔTₗₘ.
Concludendo, quando uno degli estremi della differenza di temperatura tende a zero, ΔTₗₘ si riduce notevolmente, richiedendo per lo stesso Uₒ aree di scambio maggiori per trasferire la stessa quantità di calore (scambiatori molto più grandi).
È quindi consigliabile progettare scambiatori per valori di ΔT non troppo piccoli.
Stabilità del trasferimento termico per piccoli ΔT
Negli scambiatori che operano con piccoli ΔT, eventuali instabilità nel sistema (ad esempio un aumento di t₂) comportano una diminuzione marcata di ΔTₗₘ, con conseguente diminuzione del calore scambiato, a parità di Uₒ e A.
Un fenomeno specifico, chiamato REVAMPING, permette di operare sul processo di scambio senza modificare la geometria del sistema, aumentando percentualmente Q con un singolo incremento del flusso, ma solo in sistemi con ΔT bassi.
In pratica, alti ΔTₗₘ consentono di ridurre l’area di scambio, garantendo soluzioni più economiche.
Esempio: Consideriamo uno scambiatore controcorrente con:
ΔT₁ = T₂ - t₁ = 100 °C, area A = 23 m², Uₒ = 300 W/(m²·°C).
Al variare di ΔT₂:
- Per ΔT₂ = 1 °C, ΔTₗₘ = 21 °C e Q ≈ 150 kW.
- Per ΔT₂ = 2 °C, ΔTₗₘ = 25 °C e Q ≈ 175 kW.
- Per ΔT₂ = 4 °C, ΔTₗₘ = 30 °C e Q ≈ 210 kW.
incremento del 40% della potenza scambiata (60 kW su 150 kW) per un cambiamento di soli 3 °C in ΔT₂.
Al contrario, per valori elevati di ΔT₂ (ad esempio 60 °C), la variazione di Q per un cambiamento di 3 °C in ΔT₂ è molto ridotta (circa il 2%).
Nel secondo caso, per la stessa area di scambio (23 m²), è possibile ottenere una quantità di calore significativamente maggiore aumentando ΔT₂, ma il beneficio percentuale è inferiore rispetto a casi con piccoli ΔT.
La differenza logaritmica media (ΔTₗₘ) si calcola con la formula
ΔTₗₘ = (ΔT₁ – ΔT₂) / ln(ΔT₁/ΔT₂),
dove:
• Nel flusso cocorrente si ha: ΔT₁ = T₁ – t₁, ΔT₂ = T₂ – t₂
• Nel flusso controcorrente: ΔT₁ = T₂ – t₁, ΔT₂ = T₁ – t₂
Negli scambiatori a passaggi multipli (ad esempio, uno scambiatore 1-2, con una passata sul lato mantello e due sul lato tubi) si utilizza l’espressione per il controcorrente per calcolare ΔTₗₘ e successivamente si applica un fattore di correzione F. Tale fattore, sempre minore di 1 e prossimo all’unità se la geometria è simile a quella di un controflusso puro, permette di ottenere il valore "vero" della differenza media di temperatura (ΔT_true) attraverso la relazione
Q = Uₒ · A · ΔT_true = Uₒ · A · F · ΔTₗₘ
da cui si definisce
F = ΔT_true / ΔTₗₘ.
Per determinare ΔT_true (e quindi F) in un tipico scambiatore 1-2 si considerano alcune ipotesi fondamentali:
La temperatura del fluido sul lato mantello è media ed isoterma in ogni sezione trasversale (grazie a forti turbolenze).
La superficie di scambio termico è equamente distribuita in ciascuna passata.
Il coefficiente globale di scambio termico (Uₒ) è costante.
I portate dei fluidi rimangono costanti lungo il percorso.
I calori specifici dei fluidi sono costanti.
Non si verificano cambi di fase (evaporazione o condensazione) in alcuna parte dello scambiatore.
Le perdite di calore sono trascurabili.
Queste ipotesi semplificative consentono di modellare il comportamento termico lungo la lunghezza (o l’area) dello scambiatore e di ricavare, attraverso un diagramma temperatura–lunghezza, il valore effettivo di ΔT_true. In questo modo, il fattore F fornisce il rapporto tra la differenza media "reale" e quella calcolata per un controcorrente puro, evidenziando l’effetto dei passaggi multipli sul rendimento complessivo dello scambiatore.
DT reale per uno scambiatore 1-2: F-Factor
Differenza di temperatura media logaritmica: Sempre definita come il rapporto tra le variazioni di temperatura
– In flusso parallelo: ΔT₁ = T₁ – t₁ e ΔT₂ = T₂ – t₂
– In flusso controcorrente: ΔT₁ = T₂ – t₁ e ΔT₂ = T₁ – t₂
Scambiatore a fascio tubiero multi-passaggio:
Si utilizza l’espressione in flusso controcorrente per calcolare la ΔTₗₘ, successivamente il valore ottenuto viene moltiplicato per un fattore F, che verrà analizzato di seguito. ΔTₗₘ = (ΔT₁ – ΔT₂) / ln(ΔT₁/ΔT₂)
F per ottenere, partendo dalla ΔTₗₘ relativa a un flusso controcorrente puro, il valore reale della ΔT per uno scambiatore multi-passaggio.
F sarà sempre inferiore a 1 e tenderà a valori prossimi all’unità quanto più la geometria scelta si avvicina a quella di un flusso controcorrente puro.
un valore di F molto basso non risulta economicamente vantaggioso, poiché per lo stesso Uₒ, ΔTₗₘ e quantità di calore scambiato Q, sarebbero necessarie superfici di scambio molto ampie.
Si ha, infatti:
Q = Uₒ · A · ΔT_REALE = Uₒ · A · F · ΔTₗₘ
da cui
F = ΔT_REALE / ΔTₗₘ
Si considerano sette ipotesi fondamentali:
La temperatura del fluido sul lato guscio è una temperatura media isoterma in ogni sezione trasversale (grazie a una forte turbolenza).
La superficie di scambio termico è ugualmente ripartita in ogni passaggio.
Il coefficiente globale di scambio termico (Uₒ) è costante.
La portata di ciascun fluido rimane costante.
Il calore specifico di ciascun fluido è costante.
Non si verificano variazioni di fase (evaporazione o condensazione) in nessuna parte dello scambiatore.
Le perdite di calore sono trascurabili.
È importante notare che F può essere calcolato a priori, una volta noti i quattro valori di temperatura (R e S) e la geometria dello scambiatore.
Efficacia dello scambiatore
L’equazione per uno scambiatore 1-2 è rappresentata qualitativamente in un grafico, in cui si evidenziano due osservazioni:
– Le curve F = f(R, S) sono associate a una determinata geometria.
– Per un valore fisso di R, se S tende a zero, allora F tende a 1, il che corrisponde alla massima efficacia dello scambiatore.
Da questo punto di vista, l’efficacia dello scambiatore risulta massima quando S si avvicina a zero, ovvero quando le curve relative al fluido caldo e a quello freddo si allontanano. In sostanza, S rappresenta una misura dell’efficacia dello scambiatore.
Efficienza di scambio termico
Considerando il fluido freddo, l’efficacia di scambio (ε) è data dal rapporto tra il calore acquisito dal fluido e il massimo calore teorico che il medesimo fluido potrebbe acquisire (ammesso t₂ = T₁ e un’area infinita dello scambiatore):
ε = (w·c·(t₂ – t₁)) / (w·c·(T₁ – t₁)) = S
Pertanto, S fornisce anche una misura dell’efficacia di uno scambiatore reale in confronto a uno ideale con superficie infinita.
Nella progettazione si devono conciliare due requisiti opposti:
• Un valore elevato di S (tendente a 1) garantisce una buona efficacia termica, ossia un maggiore trasferimento di calore tra i fluidi.
• Un valore ridotto di S (tendente a 0) assicura una migliore efficacia dello scambiatore, in relazione alla geometria scelta.
Un piccolo approccio (S elevato) offre il vantaggio di una maggiore flessibilità nell’integrazione delle equazioni energetiche; una procedura semplice prevede l’abbinamento ripetuto del flusso più caldo con quello freddo che presenta la temperatura di uscita più elevata.
Nota: un approccio ridotto (grande differenza tra le temperature dei due fluidi) per un singolo scambiatore può tradursi in un S elevato a livello di impianto, dove ad esempio uno scambiatore tra i flussi 1 e 13 risulta più efficace rispetto a uno tra i flussi 1 e 9.
Inversione dei nozzle sul lato guscio in uno scambiatore 1-2
Invertendo i nozzle del lato guscio (mantenendo inalterati gli ingressi e le uscite relative alla temperatura del guscio) il sistema rimane identico, mentre i profili termici variano. Si possono verificare due scenari:
Se T₂ > t₂
• Nel caso originale, il fluido freddo entra in contatto con il fluido caldo ad una temperatura T più elevata (T₁) rispetto al caso in cui si invertono i nozzle (T₂), ottenendo una pendenza maggiore della curva relativa a t'.
• Si ottiene un valore diverso di tᵢ (temperatura di inversione sul lato tubiero), che tuttavia non compare nei calcoli.
Se T₂ < t₂
• L’inversione dei nozzle può provocare un fenomeno di ri-riscaldamento: dopo il punto tᵢ il fluido freddo, ritornando, incontra un fluido sempre meno caldo e raggiunge una temperatura massima (t″ₘₐₓ), oltre la quale si verifica la condizione di incrocio.
• Dopo il punto di incrocio, il fluido freddo finisce per riscaldare il fluido caldo, condizione indesiderata.
• Nota: se (T₂ – t₂) è positivo si parla di “approccio T”, mentre se è negativo si parla di “cross T”.
Effetto dell'approccio T e del cross T sul F-Factor
Consideriamo due fluidi che, in uno scambiatore 1-2, scambiano calore ottenendo gli stessi range di temperatura (R = 1), pari inizialmente a 100 °C e poi a 50 °C.
Si analizza l'andamento del F-Factor mantenendo invariati i range di temperatura e riducendo gradualmente l’approccio T (ossia T₂ – t₂) fino al punto di inversione (cross T).
Applicando la regola di de L’Hôpital si ottiene l’espressione seguente, che mostra che il limite di F per R tendente a 1 è:
lim₍R→1₎ F = [S²/(1 – S)] · [(ln(2 – S²) – 2)/(2 – S² + 2)]
Range di temperatura per i fluidi caldi e freddi pari a 100 °C
a) Con un approccio T (T₂ – t₂) pari a 50 °C, si ha F = 0,92
• La configurazione delle temperature è tale che T₁ e T₂, così come t₁ e t₂, determinano una curva in cui il rapporto dei differenziali di temperatura risulta conforme al limite di de L’Hôpital....
Ne consegue che, tracciando l’andamento di F in funzione di T (approccio o cross), si ottengono due curve che si incontrano nel punto (0, 0,8).
Si ipotizza una condizione di cross in cui uno scambiatore 1-2 presenta un’efficacia molto bassa (F < 0,8).
In questo caso è possibile evitare il fenomeno di ri-riscaldamento, ad esempio, progettando uno scambiatore 2-4.
Nel 2-4 il fluido caldo entra da un nozzle situato vicino al piattello e attraversa il guscio, per poi invertirsi al punto in cui è presente la paratia e infine uscire da un altro nozzle vicino al piattello.
La principale differenza rispetto al 1-2 riguarda l’assenza di ri-riscaldamento nel lato guscio: nonostante sia presente una condizione di cross (T₂ – t₂ < 0), non si manifesta il fenomeno indesiderato, e il 2-4 può essere considerato, sotto il profilo termico, equivalente a due scambiatori 1-2 in serie, con temperature intermedie Tx e ty.
Calcolo e confronto dell’efficacia
Il F-Factor per lo scambiatore 1-2 ha un valore minimo di 0,8, mentre per lo scambiatore 2-4 il valore minimo è pari a 0,94.
Pertanto, in condizioni identiche, il 2-4 risulta più efficace dal punto di vista dello scambio termico.
Il test di uno scambiatore consiste nel verificare le prestazioni dell’apparecchiatura esistente, conoscendone le caratteristiche geometriche e funzionali, mentre la progettazione implica la determinazione di tutte le specifiche costruttive per soddisfare le condizioni di processo desiderate.
Si procede in sette fasi:
1. Stima della quantità di calore Q da scambiare, basata sulle portate e sulle temperature in ingresso e in uscita dei due fluidi (si assume un calore specifico costante).
2. Calcolo della ΔTₗₘ e del fattore F a partire dalle temperature note e dalla disposizione dello scambiatore.
3. Determinazione del coefficiente globale di scambio Uₒ dalla superficie A disponibile.
4. Valutazione dei coefficienti di scambio interni (hᵢ, hₒ) (funzione delle condizioni fluidodinamiche imposte dalla geometria), dei coefficienti di incrostazione (hᵢd, hₒd) e della conducibilità termica kw del materiale costituente il fascio tubiero.
5. Calcolo del coefficiente globale Uₒ mediante l’equazione standard.
6. Confronto tra Uₒ calcolato e quello teorico: se Uₒ I ≥ Uₒ calcolato al punto 3, lo scambiatore è in grado di trasferire la potenza Q prevista.
7. Valutazione delle cadute di pressione (DP) sul lato tubiero e sul lato guscio e confronto con i valori massimi ammissibili.
La metodologia DTₗₘ viene così utilizzata nell’equazione:
Q = Uₒ · A · F · ΔTₗₘ
per valutare la capacità di scambio termico e la compatibilità tra dimensionamento, incrostazioni e cadute di pressione dell’apparecchiatura.
valutazione delle prestazioni degli scambiatori di calore: metodo NTU
L'analisi mediante il metodo LMTD (differenza logaritmica di temperatura media) risulta molto utile quando sono note tutte le temperature di ingresso e di uscita. Tuttavia, in molte situazioni pratiche sono note solo le temperature d’ingresso, il che comporta la necessità di una soluzione iterativa se si utilizza il metodo LMTD. In questi casi il metodo e-NTU offre una soluzione migliore, basandosi sull’efficacia dello scambio termico, definita da
ε = Q / Qₘₐₓ
dove Q rappresenta il tasso di trasferimento di calore reale e Qₘₐₓ è il massimo tasso teorico scambiabile.
Nel caso in cui si consideri l’efficacia, in precedenti analisi l’attenzione era focalizzata esclusivamente sul fluido freddo (relativo al valore S). Ricordando che il massimo trasferimento di calore si ottiene sfruttando la massima differenza di temperatura tra l’ingresso del fluido caldo e quello del fluido freddo, il trasferimento sarebbe massimo se:
il fluido freddo venisse riscaldato fino alla temperatura T₁ (ingresso del fluido caldo) e
il fluido caldo venisse raffreddato fino a t₁ (ingresso del fluido freddo).
Pertanto, la differenza massima di temperatura è
ΔTₘₐₓ = T₁ − t₁
e, considerando che
ε = (w·c·(t₂ − t₁)) / (w·c·(T₁ − t₁)) = S
si osserva come, in uno scambiatore, i due stati estremi (riscaldamento completo del fluido freddo e raffreddamento completo del fluido caldo) non possano verificarsi contemporaneamente se le capacità termiche (C = W·C per il fluido caldo e c = w·c per il fluido freddo) differiscono. Di fatto, il fluido con la capacità termica inferiore (Cₘᵢₙ) subirà la variazione di temperatura maggiore e il massimo tasso di calore trasferibile sarà:
Qₘₐₓ = Cₘᵢₙ · (T₁ − t₁)
Il calore effettivamente trasferito risulta quindi
Q = ε · Qₘₐₓ
In alcuni casi l’efficienza del trasferimento può essere espressa in modi differenti, tenendo presente che spesso è il fluido freddo (quello con la capacità minima) a determinare l’efficacia (ε = S).
Le equazioni per il calcolo dell’efficacia ε includono il gruppo adimensionale chiamato Numero di Unità di Trasferimento (NTU), definito come
NTU = (A · Uₒ) / Cₘᵢₙ
dove Uₒ è il coefficiente globale di trasferimento termico e A è la superficie dello scambiatore. Conoscendo Uₒ e Cₘᵢₙ, l’NTU fornisce una misura della superficie necessaria per lo scambio. È inoltre utile definire il parametro adimensionale C, dato dal rapporto tra la capacità termica minima e quella massima:
C = Cₘᵢₙ / Cₘₐₓ
Per ogni scambiatore è possibile derivare una relazione tra NTU, ε e C (con C compreso tra 0 e 1). Generalmente questa relazione, che dipende dalla geometria dello scambiatore, è riportata in forma grafica. Utilizzando tali grafici, per un dato NTU e rapporto C, si può determinare l’efficacia ε. Dato che ε è legato alle temperature di ingresso (T₁ e t₁), conoscendo NTU è possibile calcolare sia il tasso di calore scambiato Q che la temperatura d’uscita del fluido con capacità termica minima (T₂ o t₂):
Q = ε · Qₘₐₓ = ε · Cₘᵢₙ · (T₁ − t₁)
In aggiunta, si possono definire rapporti come
RS = (T₁ − T₂) / (T₁ − t₁) e S = (t₂ − t₁) / (T₁ − t₁)
che forniscono ulteriori informazioni sulla performance termica dello scambiatore.
Allocazione dei fluidi: guscio o tubi
Corrosività: più corrosivo lato tubiero per ridurre i costi di componenti in leghe speciali.
Incrostazione: con maggiore tendenza nei tubi, consentendo un migliore controllo della velocità
Temperature: se è sufficientemente elevata da richiedere leghe speciali, allocare il fluido caldo nei tubi può ridurre i costi complessivi; a temperature moderate, posizionare il fluido caldo nei tubi può ridurre l’area di scambio necessaria sul lato guscio, limitando così i costi per l’isolamento.
Pressione operativa e caduta di pressione
• Il flusso a pressione maggiore dovrebbe essere assegnato al lato tubiero per ragioni di sicurezza,
• La caduta di pressione è un parametro critico nella progettazione, essendo funzione della turbolenza (numero di Reynolds) e della geometria specifica: i tubi, grazie alla loro configurazione, tendono a fornire coefficienti di trasferimento termico più elevati. Il fluido che può tollerare la maggiore caduta di pressione nei tubi.
Viscosità: lato mantello, a condizione che il flusso sia turbolento (con Re ≥ 200). Se Reynolds scende al di sotto di 200, è preferibile posizionare il fluido nei tubi
Portate dei fluidi: Generalmente, il fluido con portata inferiore viene assegnato al lato mantello.
Velocità dei fluidi nei tubi e nel guscio
• Velocità elevate favoriscono alti coefficienti di scambio termico, ma comportano anche cadute di pressione maggiori e il rischio di erosione.
• Una velocità sufficiente previene l’accumulo di solidi in sospensione (riducendo l’incrostazione); tuttavia, se la velocità è troppo alta può causare erosione, soprattutto all’ingresso dei tubi. In questi casi, possono essere utilizzati inserti in plastica (piastre d’impatto) per proteggere i tubi.
• Velocità tipiche consigliate sono:
– Lato tubiero: per fluidi di processo tra 1 e 2 m/s (fino a 4 m/s in caso di necessità per ridurre l’incrostazione); per l’acqua, tra 1,5 e 2,5 m/s.
– Lato guscio: generalmente tra 0,3 e 1 m/s (massimo 3 m/s), tenendo conto che vibrazioni e variazioni del coefficiente di scambio termico possono verificarsi in base alla velocità e alla densità del fluido.
Temperature dei flussi
• Più l’approccio termico (differenza tra le temperature dei fluidi) è ridotto, maggiore sarà l’area di scambio richiesta per uno stesso trasferimento di calore.
• Quando uno degli estremi della differenza termica tende a zero, la ΔTₗₘ si riduce sensibilmente, pertanto in fase di progettazione è preferibile operare con approcci più ampi.
• Nel caso del recupero di calore da fluidi di processo, l’approccio ottimale raramente scende al di sotto di 20 °C.
Caduta di pressione (ΔP)
• In molte applicazioni, la ΔP disponibile per far circolare i fluidi attraverso lo scambiatore è stabilita dalle condizioni di processo e può variare da pochi millibar in sistemi sotto vuoto a diversi bar in sistemi ad alta pressione.
• Qualora si impieghi una ΔP elevata, è necessario assicurarsi che l’aumento della velocità del fluido non provochi erosione o vibrazioni indotte dal flusso.
• Se il progettista può selezionare la caduta di pressione, un’analisi economica consente di individuare il design dello scambiatore che minimizzi i costi operativi, considerando sia gli investimenti iniziali che i costi di pompaggio. Tale analisi è particolarmente giustificata per scambiatori di grandi dimensioni e costosi.
Suggerimenti pratici per i valori di caduta di pressione e le condizioni operative includono: – Per liquidi con viscosità inferiore a 1 mPa·s (1 cP), si suggerisce una ΔP intorno a 35 kPa (0,35 bar). – Per liquidi con viscosità compresa tra 1 e 10 mPa·s, ΔP tra 50 e 70 kPa. – In applicazioni in alta o media vaccum, i valori di ΔP sono proporzionalmente molto più bassi (ad es. 0,4–0,8 kPa in alta vaccum o 0,1 volte la pressione assoluta in vaccum media). – Per sistemi operanti a pressioni da 1 a 2 bar, la caduta di pressione può essere intorno a 0,5 volte la pressione manometrica del sistema, mentre per pressioni superiori a 10 bar si consiglia di operare intorno a 0,1 volte la pressione manometrica.
Proprietà fisiche principali dei fluidi
densità,
viscosità,
conducibilità termica,
calori specifici (e latenti).
Oltre a queste, occorre disporre dei valori di conducibilità termica dei materiali più comuni utilizzati per la costruzione dei tubi.
Calcolo delle proprietà in funzione della temperatura
Nelle correlazioni per la previsione dei coefficienti di scambio termico, le proprietà fisiche vengono spesso calcolate alla temperatura media del flusso. Tale approssimazione è valida solo in assenza di variazioni termiche significative (metodo adottato comunque): Per il fluido caldo: Tmean = (T₁ + T₂)/2. Per il fluido freddo: tmean = (t₁ + t₂)/2
Questa ipotesi non è sempre accurata, soprattutto per fluidi ad elevata viscosità. Infatti, negli scambiatori in cui la viscosità dipende fortemente dalla temperatura: il fluido caldo ha una viscosità iniziale che aumenta al raffreddamento,
il fluido freddo in controflusso entra con una viscosità che diminuisce con il riscaldamento.
Di conseguenza, i coefficienti di scambio interno (hᵢ) ed esterno (hₒ) variano lungo la lunghezza del tubo, producendo un valore di Uₒ maggiore al terminale caldo rispetto a quello freddo.
Integrazione numerica del trasferimento di calore
La variazione di Uₒ lungo il tubo può essere considerata mediante l’integrazione numerica del calore trasferito, dQ, su tratti infinitesimali, dove: dA = a · dL, con a che rappresenta l’area della sezione trasversale per unità di lunghezza [m²/m].
Utilizzando i valori medi di Uₒ lungo il percorso, l’equazione differenziale assume la forma: dQ = Umedio · dA · ΔT. La somma dei contributi differenziali approssima quindi: Q = U · A · ΔT. Tuttavia, questo metodo è particolarmente dispendioso in termini di tempo e, in genere, l’incremento di accuratezza ottenuto non giustifica lo sforzo richiesto.
Metodi per grandi variazioni di temperatura
Valutare i coefficienti di scambio termico alle temperature di ingresso e di uscita del flusso, utilizzando il valore più basso per il dimensionamento dello scambiatore. In alternativa a Tmean e tmean, è possibile calcolare le cosiddette temperature caloriche (Tc e tc) per il fluido interno (tubo) e per quello esterno (guscio).
Queste temperature caloriche sono ottenute assumendo un andamento lineare di Uₒ in funzione della temperatura (ipotesi di Colburn), che porta a una diversa espressione per ΔT_effettivo. Con questa ipotesi il coefficiente U viene espresso, in funzione della temperatura generica θ, come:
U = a′ · (1 + b′θ).
Le proprietà fisiche di ciascun fluido vengono quindi valutate alla propria temperatura calorica, e tali valori corretti sono impiegati per calcolare hᵢ e hₒ, che a loro volta consentono di determinare un nuovo coefficiente globale di scambio, definito Uₓ.
Bilancio termico e significato della temperatura calorica
dQ = U · dA · (T − t), dove U è il coefficiente medio valutato in dA (con U = a′ · [1 + b′t]). Supponendo per una sezione generica in controflusso valori costanti dei calori specifici e delle portate (C, cW e w) e in assenza di cambiamenti di fase, si ottiene:
w · c · dT = U · dA · (T − t).
Integrando lungo la lunghezza del tubo Q = U · A · ΔT.
Coefficiente globale e LMTD
ΔT₁ = (T₂ − t₁) e ΔT₂ = (T₁ − t₂), e Q = w_c · (t₂ − t₁),
Colburn ha proposto di definire un unico coefficiente globale Uₓ, in modo che l’intera superficie dello scambiatore trasferisca calore secondo il metodo del Log Mean Temperature Difference (LMTD): Uₓ = Q / (A · ΔT_lm),
In alternativa, Uₓ può essere espresso in funzione dei coefficienti locali (U₁ e U₂, valutati agli estremi dello scambiatore) mediante la relazione:
Uₓ = (U₁·ΔT₂ − U₂·ΔT₁) / ln((U₁·ΔT₂)/(U₂·ΔT₁)).
Calcolo della temperatura calorica
è definita come quella temperatura "forzata" che, inserita nelle relazioni di scambio termico, garantisce che il rapporto Q/A risulti identico a quello ottenuto considerando una dipendenza lineare dei coefficienti globali dalla temperatura. In altre parole, la temperatura media effettiva del flusso (Tmean o tmean) può differire sensibilmente dalla temperatura calorica, specialmente quando U₁ e U₂ assumono valori molto diversi.
Le espressioni delle temperature caloriche sono generalmente date da: Fluido caldo: Tc = T₂ + Fc · (T₁ − T₂), con Fc = (Tc − T₂)/(T₁ − T₂); Fluido freddo: tc = t₁ + F_c · (t₂ − t₁), con Fc = (t_c − t₁)/(t₂ − t₁).
Introducendo il parametro Kc (definito in funzione dei coefficienti di scambio e delle variazioni termiche) e formulando le relazioni complete, si ottiene una funzione Fc che dipende dal rapporto r = ΔT₁/ΔT₂ e dai coefficienti U₁ e U₂. Tale relazione viene spesso rappresentata graficamente, evidenziando l’andamento di F_c in funzione di r e di altri parametri caratteristici dello scambiatore.
I dati sperimentali relativi al trasferimento di calore in condotti a sezione costante in regime turbolento vengono solitamente correlati mediante l’equazione di Sieder–Tate. Tale correlazione esprime il numero di Nusselt (Nu) come
– hi è il coefficiente di trasferimento di calore interno [W/m²·°C]
– de è il diametro equivalente (o idraulico), che per tubi corrisponde al diametro interno
– kf è la conducibilità termica del fluido calcolata alla temperatura media (o calorica) [W/m·°C]
ReRe è il numero di Reynolds, definito da
con:
• ρ = densità del fluido (calcolata alla temperatura media) [kg/m³]
• ut = velocità del fluido [m/s]
• μ = viscosità dinamica del fluido [N·s/m²]
Pr è il numero di Prandtl, definito da Pr=Cp μkf, con Cpp che è il calore specifico del fluido [J/kg·°C].
Il rapporto μ/μw esprime la variazione della viscosità, dove μ\mu è la viscosità calcolata alla temperatura media (o calorica) del fluido e μw\mu_w è quella calcolata alla temperatura della parete.
Nell’equazione di Sieder–Tate vengono solitamente adottati i seguenti coefficienti: a=0.8, b varia da 0.3 (per raffreddamento) a 0.4 (per riscaldamento); un valore tipico è 0.33, c=0.14
dove il valore di C dipende dal tipo di fluido: ad esempio, C=0.021 per gas, C = 0.023 per liquidi non viscosi eC = 0.027 per liquidi viscosi.
Flusso Laminare
Per Re inferiori a circa 2000 il flusso nei tubi è laminare. Se gli effetti di convezione naturale sono trascurabili, si può usare la seguente correlazione (tipica per lo sviluppo termico in regime laminare): Nu=1.86(Re Pr L de)^1/3 dove L è la lunghezza del tubo [m]. In questo caso il rapporto L/de (o L/di) influisce notevolmente sul trasferimento termico.
Regione di transizione
(tra flusso laminare e turbolento) i coefficienti di scambio non sono facilmente prevedibili perché il flusso è instabile. Se non è possibile evitare questa condizione, si consiglia di calcolare hi utilizzando sia le correlazioni per il regime laminare che per quello turbolento, adottando il valore più basso. Un numero di Nusselt minore comporta un hi inferiore, che a sua volta richiede un’area di scambio maggiore, riducendo il rischio di sovradimensionamento.
È spesso utile correlare i dati di trasferimento in termini del fattore di Colburn jh, che è un parametro adimensionale analogo al fattore di attrito per la caduta di pressione nei tubi. Attraverso l’equazione "riarrangiata" di Sieder–Tate si può ricavare anche il numero di Stanton e, da questo, il numero di Nusselt. Una relazione tipica (che evidenzia la dipendenza lineare tra Nu e Re in regime turbolento) è:
Correzione della Viscosità e Stima della Temperatura di Parete
Poiché la viscosità è molto sensibile alla temperatura, è necessario stimare la temperatura della parete tw. Un metodo consiste nel calcolare in via iterativa i coefficienti hi e il coefficiente globale Uo
Coefficienti Specifici per l’Acqua
Sebbene l’equazione di Sieder–Tate possa essere utilizzata anche per l’acqua, per questo fluido esistono correlazioni empiriche specifiche che garantiscono stime più accurate di hi.
La perdita per attrito lungo la lunghezza dei tubi (perdita continua). Le perdite localizzate dovute a contrazioni, espansioni e inversioni di flusso (ad es. nei collettori di ingresso e uscita)
La perdita per attrito nei tubi può essere calcolata mediante la seguente espressione:
Perdite Locali (Head Loss) dovute a raccordi, valvole, curve e inversioni di flusso si esprimono tipicamente in termini di "velocity heads" e vengono correlate tramite un fattore KK specifico per ciascun elemento:
Stima del Numero di "Velocity Heads" per Passaggio
Per valutare le perdite locali aggregate si stima un numero medio NN di "velocity heads" per passaggio. Diversi autori propongono valori differenti:
– Kern suggerisce N=4
– Frank raccomanda N=2.5 --> tipico
– Butterworth suggerisce N≈1.8
Caduta pressione lato tubi complessiva:
Esistono diversi metodi di progettazione (con differenti livelli di approssimazione) che variano nel modo in cui viene calcolato il lato guscio. In questo corso, si seguirà il metodo classico di Kern (metodo manuale).
Il flusso all’interno del guscio di uno scambiatore dotato di paratie segmentate è complesso. Ciò rende molto più difficile la previsione del coefficiente di scambio termico e della caduta di pressione rispetto al lato tubiero. Anche se le paratie sono installate per dirigere il flusso trasversalmente ai tubi, il flusso reale del fluido è una combinazione di: Flusso trasversale (cross flow) tra le paratie; Flusso assiale (parallel flow) attraverso le aperture (finestre) delle paratie.
Non tutto il fluido segue il percorso ideale: Alcuni flussi, a causa delle tolleranze necessarie per la fabbricazione e il montaggio, perdono parte del flusso (leakage) o bypassano il fascio tubiero. Nomenclatura (secondo Tinker):
(A) Flusso di perdita tra tubo e paratia (clearance tube–baffle).
(B) Flusso trasversale reale.
(E) Flusso di perdita tra paratia e guscio (clearance baffle–shell).
Vi sono altresì altri due flussi di bypass:
(C) Flusso di bypass bundle–guscio (clearance bundle–shell), il principale nelle configurazioni con grande clearance tra guscio e fascio (tipico degli scambiatori pull-through);
(F) Flusso attraverso le partizioni di passaggio (pass-partition stream), dovuto alle lacune nelle disposizioni dei tubi.
I flussi C, E e F riducono l’effettiva capacità di trasferimento del calore. Il flusso C può essere notevole, ma può essere ridotto con l’uso di strisce di tenuta.
Con il progressivo incrostamento (fouling) le tolleranze tendono a ostruirsi, aumentando così la caduta di pressione.
I metodi di base utilizzati per la progettazione degli scambiatori, come quelli di Kern e Donohue (tipici dei metodi "bulk-flow" pre-1960), non tengono conto in modo esplicito dei flussi di leakage e bypass: le correlazioni si basano sul flusso totale, con metodi empirici per adattarsi alle prestazioni reali.
Per ottenere previsioni più affidabili, è necessario analizzare in dettaglio il contributo di ciascun flusso (sia effettivo sia di bypass) al trasferimento di calore e alla caduta di pressione. Tinker ha pubblicato il primo metodo di analisi dettagliata per prevedere i coefficienti di scambio e le cadute di pressione lato guscio, successivamente semplificato da Devore, Bell e Mueller. Dal 1970 sono stati sviluppati software (basati sul metodo di Tinker) da enti come Heat Transfer Research Inc. (HTRI – USA) e Heat Transfer and Flow Services (HTFS/ASPEN – USA).
Il metodo di Kern si basa su dati sperimentali relativi a scambiatori commerciali, ed è in grado di prevedere in modo ragionevole il coefficiente di scambio lato guscio (ho) e, di conseguenza, il coefficiente globale (Uo).
La previsione della caduta di pressione risulta meno accurata (spesso sovrastimata), poiché la perdita di pressione è maggiormente influenzata dai flussi di leakage e bypass.
Si assume il guscio come un singolo tubo in cui il flusso (cross flow) è perpendicolare al fascio tubiero; le correlazioni per il trasferimento di calore e i fattori di attrito sono sviluppate in modo analogo a quelle del lato tubiero.
L’area sezione trasversale del flusso nel guscio varia:
– Dal punto d’ingresso (area massima) fino ad un valore massimo al diametro interno del guscio, per poi diminuire fino al punto di uscita.
– Poiché la portata d’ingresso è costante, la velocità del flusso attraverso il fascio tubiero varia, influenzando il numero di Reynolds (Re) e, di conseguenza, il coefficiente di scambio ho.
– Il clearance tra due paratie (spazio evidenziato nella figura) in corrispondenza di una linea ipotetica di tubi all’equatore del guscio.
– Se do è il diametro esterno del tubo, Ds il diametro interno del guscio, lB la distanza tra paratie e Pt il passo dei tubi (distanza centro-centro minima), allora il numero di spazi tra i tubi è dato da Ds/Pt e l’area di un singolo spazio è:
Aₛ = lB · (Pt − do)
La velocità media lato guscio (uₛ) è calcolata all’area di sezione trasversale massima (sezione equatoriale) secondo: uₛ = (Wₛ) / (r · Aₛ) dove Wₛ è la portata (kg/s) e r la densità del fluido (kg/m³).
Per il calcolo del coefficiente di scambio ho, con la correlazione Sieder-Tate, è necessario determinare il diametro equivalente idraulico (dₑ): dₑ = (4 · Area di sezione trasversale per il flusso) / (Perimetro bagnato) – Il calcolo di dₑ varia in funzione della disposizione dei tubi (passo quadrato, triangolare, ecc.) e viene eseguito dopo aver definito il passo dei tubi.
Si calcola il numero di Reynolds lato guscio utilizzando la velocità uₛ e il diametro dₑ: Reₛ = (r · uₛ · dₑ) / μ, dove μ è la viscosità dinamica del fluido.
Allo stesso modo si calcola il numero di Prandtl (Pr) per il fluido. Utilizzando l’equazione di Sieder-Tate (applicata in modo analogo a quella del lato tubiero) e i valori di dₑ e uₛ, si determina il coefficiente di scambio lato guscio (ho).
A supporto di questo calcolo, si può ricavare il fattore adimensionale jₕ, che per una data configurazione (scelta del taglio delle paratie e disposizione dei tubi) è ottenuto da diagrammi sperimentali.
Per il numero di Reynolds calcolato, si determina il fattore di attrito (jf) tramite correlazioni o diagrammi specifici per flusso in presenza di paratie segmentate.
In linea di massima, si calcola la caduta di pressione come una perdita continua: ΔP = [j_f · (L/lB) · (ρ · uₛ²) / 2] dove L è la lunghezza del tubo, lB la distanza tra le paratie (il rapporto L/lB rappresenta il numero di attraversamenti del fascio, pari a Nb + 1, con Nb numero di paratie).
Scrivere dati noti e incognite
Calcolo Tmedia
Trovare proprietà fluidi (p, Cp, K, u, MM)
Fissare geometria e calcolare Q e dTml
Trovare F,R,S
Stimare Uo da tabelle
Calcolare Area esterna tubi
Scegliere tipo di tubi
Scegliere disposizione tubi
Trovare shell da tolleranza tubi