Il sapone può essere ricavato mediante l’utilizzo del 90% di ingredienti naturali. La produzione del sapone si compone di diversi momenti:
la scelta degli ingredienti e il peso,
la preparazione del composto,
la solidificazione,
la stagionatura,
taglio e confezionamento.
La scelta degli ingredienti
Gli ingredienti di base sono l’olio di oliva (burro o lardo), l’acqua e la soda caustica (NaOH). L’acqua può essere sostituita con infusi e decotti di erbe o radici a piacimento, succhi di frutta o verdura puri e senza additivi. All’olio di oliva possono essere aggiunti altri grassi e/o olii a seconda delle proprietà che si vogliono dare al sapone ( ad es. burro di karitè, olio di germe di grano ecc. ). Infine il sapone può essere profumato con olii essenziali a piacere ( per un litro d’olio 20 mL di olio essenziale).
Componenti degli olii e grassi - i Lipidi
I componenti di grassi e olii sono i trigliceridi. I trigliceridi sono esteri del glicerolo (glicerina) e acidi grassi (acidi carbossilici a lunga catena - n° atomi di carbonio ≥ 12):
R è una lunga catena di atomi di carbonio che può contenere solo legami singoli C-C (catena satura), oppure dei legami doppi C=C (catena insatura). I grassi contengono trigliceridi a grossa componente satura, mentre gli olii a maggior componente insatura. Questo determina la stessa natura dei grassi e olii. La presenza di molecole senza insaturazioni (trigliceridi saturi) rende il grasso solido in quanto le sue molecole possono impaccarsi in modo da formare interazioni tra loro, mentre le insaturazioni presenti nelle molecole degli olii fanno ripiegare le lunghe catene che compongono i loro trigliceridi su se stesse impedendo l’impaccamento compatto di queste molecole e quindi la formazione di interazioni, il che fa diminuire il punto di fusione di questi composti, rendendo liquido l’olio.
La preparazione del composto
Il sapone è il sale sodico o potassico di un acido a lunga catena (acido grasso superiore) e, pertanto, viene ottenuto per idrolisi alcalina dei trigliceridi, condotta a caldo. Questa reazione viene detta saponificazione:
Procedimento:
5,0g di NaOH vengono sciolti in 40 mL di soluzione idroalcolica (20 mL di H2O e 20 mL di alcool etilico, C2H5OH);
Porre in un becker di 250 mL 10 g di olio (o lardo) e aggiungere la soluzione preparata al punto 1., scaldare a bagnomaria per 45 min. sotto agitazione. Durante i 45 min aggiungere a piccole porzioni altri 40 mL di soluzione idroalcolica (50:50). ð si ottiene una soluzione “di saponificazione” in cui il sapone è tenuto in soluzione dalla presenza dell’alcool etilico e glicerolo;
A parte preparare una soluzione di 50g di NaCl in 150 mL di H2O in un becker da 400 mL; scaldare per sciogliere completamente il sale e raffreddare a circa 38°C;
Aggiungere la miscela risultato della saponificazione alla soluzione salina e agitare a temperatura ambiente per un po’ di minuti ð il passaggio in un ambiente altamente polare favorisce la precipitazione del sapone;
Raffreddare in un bagno a ghiaccio, filtrare a vuoto il precipitato che viene lavato con acqua fredda.
La solidificazione del composto
Il composto pronto dovrà riposare dalle 24 alle 48 ore in un luogo lontano dai raggi solari e al riparo da sbalzi termici
Durante questa fase il sapone si solidifica grazie al calore, che, man mano che avviene la reazione chimica tra la soluzione alcalina e i grassi, viene rilasciato gradualmente. Quando il sapone si è solidificato, freddato, ed ha un aspetto omogeneo ed duro.
La stagionatura del sapone
Il sapone dopo aver riposato non è ancora pronto all’uso, poiché il processo di saponificazione è incompleto, e sono ancora presenti alcali liberi e quindi risulta ancora aggressivo. Per far si che tutta la soda saponifichi gli oli, e quindi scompaia definitivamente, sono necessari almeno 2 mesi di stagionatura. Più tempo stagiona più il sapone è di buona qualità. La stagionatura è il metodo naturale più efficace per far raggiungere al sapone un pH adatto alla nostra pelle, senza che si alterino le proprietà degli ingredienti utilizzati.
Meccanismo d’azione dei saponi
I sali sodici (o potassici) degli acidi grassi (saponi) posti in acqua si dispongono in strutture dette micelle nelle quali le “teste polari” si orientano verso l’acqua creando una superficie carica negativamente [controbilanciata dalle cariche positive degli ioni sodio (Na+) o potassio (K+)], mentre le “code apolari”, idrofobiche sono rivolte all’interno di questa struttura:
Lo sporco è grasso che non si scioglie in acqua ed è per questo che ci laviamo con acqua e sapone.
La parte idrofoba della molecola del sapone si lega allo sporco, mentre la parte idrofila resta rivolta verso l’esterno, verso l’ambiente acquoso. Lo sporco viene completamente circondato dalle micelle e dalle loro parti idrofile, che essendo cariche dello stesso segno allontanano (disgregano) lo sporco che può essere così lavato via dall’acqua (nel caso dei tessuti il sapone aumenta anche la bagnabilità fra l’acqua e i tessuti che devono essere lavati).
...
Conta totale: conta di tutte le cellule sia quelle vive, sia le morte --> CT;
Conta vitale: conta delle cellule vive in grado di riprodursi --> Cv;
Conta totale
AL MICROSCOPIO
CON CONTATORI ELETTRONICI
Conta vitale
IN PIASTRA
IN TERRENO LIQUIDO
PER FILTRAZIONE SU MEMBRANA
AL MICROSCOPIO
Richiede particolari vetrini chiamati camere di conta caratterizzati da una quadrettatura capace di contenere un volume noto di liquido;
Il campione può essere allestito con le normali tecniche previste per la colorazione;
Richiede, perciò, fissazione e pertanto questo metodo rileva il n° totale di cellule, non distinguendo tra vive e morte;
Questa tipologia di conta va applicata solo a campioni con elevato numero di cellule (elevata concentrazione ~ 106/mL)
CONTA IN PIASTRA
Si lavora su campioni diluiti per ottenere lo sviluppo di colonie microbiche distinte in modo da permettere la conta;
Viceversa si otterrebbero delle colonie non separate (crescita confluente) che impediscono un conteggio preciso;
Si procede diluendo il campione di partenza, con un processo in cui il campione viene sottopposto a diluizioni successive, tali da ridurre il numero di cellule: le diluizioni più utilizzate sono quelle in cui ad ogni passaggio la concentrazione delle cellule viene ridotta di un fattore 10 → DILUIZIONE DECIMALE
Per ottenere un dato accurato si deve operare la diluizione in modo da ottenere una crescita di colonie in piastra che va da 30 a 300 unita;
Valori < 30 colonie porta ad una conta soggetta ad errori statistici;
Valori > 300 colonie portano ad una conta difficoltosa oltre a determinare una crescita degli organismi non ottimale per mancanza di sufficiente nutrienti (tempo d’attesa dello sviluppo delle piastre prolungato);
Il conteggio delle colonie viene effettuato con dei conta colonie e il risultato ottenuto viene moltiplicato per l’inverso della diluizione: per es. se nella piastra a diluizione 10-4 vengono contate 158 colonie, il numero di microrganismi in quella piastra sarà dato da 158 ∙ 104;
Il risultato visto che può derivare dalla crescita a partire, oltre che da una singola cellula, anche da aggregati di cellule non separatesi, i risultati della conta in piastra vengono espressi come UFC = Unità Formanti Colonie e non come numero di microrganismi per mL o per g di campione
CONTA SU TERRENO LIQUIDO
Si basa sull’osservazione della crescita di microrganismi attraverso lo sviluppo di particolari attività metaboliche presenti in alcune specie batteriche;
Le colture che dopo incubazione evidenziano le caratteristiche saggiate (come ad es. la produzione di gas) sono considerate positive, mentre quelle, che pur dimostrando crescita, non evidenziano le caratteristiche prese in esame, vengono considerate negative;
Il numero di microrganismi presenti nel campione, con questo metodo, viene calcolato con una stima su base probabilistica, basata sulla determinazione del MPN (Most Probable Number) che rappresenta il numero più probabile di microrganismi presente in un volume noto del campione esaminato.
Calcolo del valore MPN
La tecnica è utilizzata in associazione con una tavola statistica che fornisce il valore del numero più probabile di microrganismi per varie combinazioni di tubi positivi.
Il campione dovrebbe essere diluito in maniera tale che le diluizioni più spinte non presentino microrganismi (“diluizione all’estinzione”). I migliori risultati si hanno quando tutti i tubi inoculati con le diluizioni più basse risultano positivi e tutti i tubi inoculati con le diluizioni più alte risultano negativi.
Supponiamo di aver preparato una serie di diluizioni decimali di un campione di acqua e inoculato 1 ml di ciascuna diluizione in un tubo contenente un appropriato substrato nutritivo, come riportato sotto:
Teoricamente, se fosse presente almeno una cellula in ogni uno degli inoculi si dovrebbe osservare crescita visibile nel substrato corrispondente inoculato; quindi, nell’esempio, se il brodo inoculato con la diluizione 10-4 mostra crescita mentre il brodo inoculato con la diluizione 10-5 non mostra crescita possiamo dedurre che il campione presentava più di 1x104 organismi per ml ma meno di 1x105 per ml.
I batteri raramente sono distribuiti in maniera uniforme nel campione. Ad esempio, se un campione di 10 ml di acqua contiene in totale 200 organismi non sempre aliquote di 1 ml conterranno 20 organismi; alcune ne conterranno di più altre di meno, sebbene la media degli organismi presenti in tutte e 10 le aliquote dell’intero campione di 10 ml sarà di 20.
Per aumentare l’accuratezza statistica dell’MPN è necessario inoculare con ciascuna diluizione del campione più tubi di brodo nutritivo.
Le procedure standard per la determinazione dell’MPN usano un minimo di 3 diluizioni e 3, 5 o 10 tubi di brodo inoculati con ciascuna diluizione.
La variabilità statistica della distribuzione batterica é meglio stimata al crescere dei tubi inoculati o che sono praticamente inoculabili con ogni diluizione.
Come già accennato la stima del MPN/ml o g di campione é letta su apposite tavole MPN in base al numero di tubi positivi per ciascuna serie inoculata con una data diluizione. Esistono tavole MPN per inoculi di 3, 5 e 10 tubi.
Una prima tavola statistica per la determinazione del MPN fu proposta da Mc Crady nel 1915. Una versione più recente delle tabelle MPN è stata proposta da de Man nel 1983. In queste tavole, oltre al numero più probabile di microrganismi é riportato l’intervallo, con il valore massimo e minimo, entro il quale cade il 95% degli altri valori possibili per una specifica combinazione di risultati.
Lettura del MPN con la tavole di Mc Crady
Si annota per ciascuna diluizione il numero di provette positive (torbidità o produzione di un particolare metabolita che indica l’avvenuta crescita microbica), quindi si calcola il numero caratteristico che è costituito da 3 cifre:
la prima è data dal numero di tubi che alla diluizione più spinta (detta anche diluizione limite) presentino la più elevata positività,
la seconda e la terza cifra rappresentano, rispettivamente, il numero di tubi positivi nelle due successive diluizioni.
Sulle tavole, in corrispondenza del numero caratteristico determinato, si legge il MPN che moltiplicato per il reciproco della prima diluizione considerata (diluizione limite) indicherà il numero più probabile di microrganismi per g o ml di campione. Esempio:
3 tubi positivi alla diluizione 10-1
3 tubi positivi alla diluizione10-2
2 tubi positivi alla diluizione10-3
1 tubo positivo alla diluizione10-4
La combinazione da leggere sulle tavole è 321
Posti in ambiente favorevole i batteri si riproducono per scissione binaria.
Perciò l’ aumento delle loro cellule da un punto di vista matematico ha il seguente andamento:
1 → 2 → 4→ 8→ 16→ 32→ 64 → ………..→ 2 x 2 (n-1). Quindi la crescita batterica segue le potenze del 2.
Matematicamente questa è una progressione geometrica in cui l’esponente del 2 (n) indica il numero di generazioni. Nell’ esempio di prima si suppone di partire da 1 cellula madre e pertanto possiamo assumere che la popolazione finale sia pari a: N = n° di cellule alla fine del processo = 1 x 2n = numero di generazioni.
In realtà tale evento non avviene in quanto l’inoculo iniziale è costituito da un numero di cellule diverso da 1; supponendo che sia n0 la popolazione finale sarà: n’ = n0 x 2n = numero di generazioni
Passando alla notazione logaritmica per motivi di praticità(*) si ha:
Log n’ = logn0 + log 2n
Log n’ = logn0 + nlog 2
(log n’ - logn0)/log 2 = n
Log n’ /n0 = 0,301n
N = 3,3 x log n’ /n0
Pertanto conoscendo il numero iniziale e finale dei batteri è possibile determinare n = numero effettivo di duplicazioni o di generazioni. Noto n è possibile determinare due parametri molto importanti:
Il tempo di generazione g: rappresenta l’intervallo di tempo impiegato dalla cellula o dalla popolazione cellulare per raddoppiare G = t/n. Dove è il tempo di crescita e è il numero di generazione
La velocità o tasso di crescita v: dato dal numero di generazioni nell’unità di tempo, V = n /t. Da cui si desume che: V = 1 /g
Curva di crescita
La notazione logaritmica (*) consente di ottenere un grafico della crescita delle cellule batteriche di dimensioni accettabili visto il range di variazione del numero di cellule, estremamente elevato.
Nella curva di crescita si distinguono 4 fasi:
1) La fase lag o di latenza: questa fase è caratterizzata dall’aumento delle dimensioni delle cellule, dall’ aumento della concentrazione proteica, degli acidi nucleici, in particolare dell’ rna. In questa fase le cellule si adattano al nuovo ambiente di crescita. La durata di questo periodo è molto variabile e dipende da molti fattori quali
Tempo di generazione dell’inoculo
La composizione del terreno colturale di partenza e quella del terreno in cui vengono seminate. Infatti se cambia la fonte di carbonio la cellula dovrà sintetizzare gli enzimi necessari per metabolizzare i nuovi composti.
Temperatura.
età della coltura seminata.
Numero delle cellule seminate
2) La fase log o esponenziale: in questa fase il tempo di generazione è costante, la crescita del n° delle cellule è costante, e la velocità di crescita è massimo. La durata di questo periodo è molto variabile e dipende da molti fattori quali
Tempo di generazione dell’inoculo
Rapporto volume del terreno/volume inoculo.
Temperatura.
caratteristiche del terreno.
3) La fase stazionaria: in questa fase si instaura un equilibrio tra il numero di cellule che si moltiplicano e quelle che muoiono. Il rallentamento della crescita dei microrganismi dipende
Esaurimento dei nutrienti
Aumento della concentrazione dei metaboliti tossici
Riduzione dello spazio vitale a disposizione delle cellule
modificazione delle caratteristiche fisiche del terreno.
4) La fase di declino o morte: in questa fase il numero di cellule che muoiono (non si riproducono) supera quello delle cellule che si moltiplicano (poche). Durante questa fase alcune specie formano le spore. Le poche cellule vive utilizzano i metaboliti delle cellule che subiscono lisi per metabolizzare e riprodursi. Questa fase può durare molto, anche mesi.
Questa curva vale per la crescita di microrganismi in batch. Se, invece la crescita avviene in continuo, cioé in condizioni ambientali ottimali, dove il terreno fresco viene immesso nella camera di coltura e i metaboliti e terreno esausto vengono contemporaneamente sottratti, l’andamento della crescita batterica (log n° di cellule vs tempo) ha un Andamento lineare: