Formula chimica: rappresentazione schematica della composizione qualitativa e quantitativa di un composto chimico.
formula minima (o empirica)
formula molecolare (o bruta, o vera)
molecola: unità di materia identificabile composta da due o più atomi in rapporti definiti
IUPAC: International union of pure and applied chemistry. E' la nomenclatura ufficiale in vigore; viene aggiornata e le sue regole migliorate e ampliate dalla IUPAC quando necessario. È basata sulle regole redatte dalla IUPAC. Essa consente di evidenziare, in modo chiaro e immediato, la relazione fra il nome di un composto chimico e la sua formula chimica.
Nomenclatura Stock: Segue le regole Iupac ed indica il numero di ossidazione con i numeri romani, adatta per i metalli di transizione. FeOH3: idrossido di ferro III
1) Ioni monoatomici:
2) Composti binari: la nomenclatura si divide in Iupac e tradizionale.
Iupac
con O: OSSIDI MgO monossido di magnesio CO2 diossido di carbonio
senza O: SALI BINARI NaCl cloruro di sodio CaBr2 dibromuro di calcio
Tradizionale
OSSIDI BASICI: è un composto chimico binario che si ottiene dalla reazione dell'ossigeno con un metallo.
OSSIDI ACIDI O ANIDRIDI: è un composto chimico binario che si ottiene dalla reazione dell'ossigeno su di un altro elemento non metallico.
IDRURI: composti senza ossigeno, formati da un metallo meno elettronegativo dell'idrogeno e l'idrogeno. KH idruro di potassio
IDRACIDI: sono acidi binari composti solamente da idrogeno e da un non metallo del settimo gruppo (ossia un alogeno) oppure zolfo, selenio, tellurio, azoto o un gruppo cianidrico. HF acido fluoridrico
SALI BINARI: è un composto chimico elettricamente neutro costituito dall'insieme di più ioni, anioni e cationi. Ha come desinenza del non metallo -uro.
La "Acqua di cristallizzazione" si riferisce all'acqua che si lega a un composto inorganico o organico durante la sua cristallizzazione, formando un reticolo cristallino con il composto. La nomenclatura IUPAC per l'acqua di cristallizzazione consiste nel porre la formula chimica del composto seguita da un punto e una linea orizzontale, dopo la quale viene indicato il numero di molecole di acqua legate al composto. Ad esempio, il solfato di rame (II) pentaidrato, CuSO4·5H2O, ha cinque molecole di acqua di cristallizzazione.
3) Composti ternari:
IDROSSIDO: ossido basico + H2O
OSSICIDO: ossidi acidi + H2O
SALI TERNARI: formato dalla reazione di un idrossido con un ossiacido
NUMERO DI OSSIDAZIONE: è definito come la differenza tra il numero di elettroni di valenza dell'atomo considerato e il numero di elettroni che ad esso rimangono dopo aver assegnato tutti gli elettroni di legame all'atomo più elettronegativo di ogni coppia.
per gli atomi di una qualsiasi specie chimica allo stato elementare il numero di ossidazione è 0.
per gli elementi del gruppo I nei composti il numero di ossidazione è +1, per gli elementi del gruppo II il numero di ossidazione è +2.
l'idrogeno ha numero di ossidazione +1 in quasi tutti i suoi composti, mentre negli idruri dei metalli ha numero di ossidazione -1.
l'ossigeno ha numero di ossidazione -2 in quasi tutti i suoi composti a parte le seguenti eccezioni: -1 nei perossidi, -½ nei superossidi, -⅓ negli ozonuri, +2 nel difluoruro d'ossigeno OF2.
il fluoro (F) nei suoi composti ha quasi sempre numero di ossidazione -1. Il cloro (Cl), il bromo (Br) e lo iodio (I) hanno numero di ossidazione -1, tranne che nei composti in cui sono legati al fluoro o all'ossigeno, nei quali assumono numeri di ossidazione positivi +1, +3, +5, +7.
per qualsiasi elemento allo stato di ione monoatomico il numero di ossidazione è uguale alla carica dello ione.
la somma dei numeri di ossidazione degli atomi presenti in una molecola neutra è uguale a zero; in uno ione poliatomico la somma dei numeri di ossidazione coincide con la carica dello ione.
VALENZA: il numero massimo di atomi di H o Cl che possono combinarsi con un determinato atomo. Negli ioni coincide con la carica.
Gli e- di valenza:
Gli e- di ciascun livello di ciascun elemento ne determinano il comportamento chimica
E' indicato dal numero del gruppo (numeri romani) ed è utile per definire la reattività di un atomo.
Regola dell'ottetto (1916):
Gli elementi che possiedono 7 e- superficiali (configurazione otteziale) risultano stabili, inerti e con poca tendenza a reagire.
Gli atomi tendono a legarsi per migliorare la propria stabilità, cioè avere energia minore.
Struttura di Lews:
Si considerano solo gli e- di valenza e si segue la regola dell'ottetto.
A partire dal 3 periodo in poi gli e- possono essere più di 8 attorno all'atomo centrale.
Gli e- spaiati indicano un radicale il quale è molto reattivo.
Eccezioni: 1) espansione del guscio di valenza per S, P e alogeni. 2) Atomi elettron-deficienti: H, B, Al. 3) Radicali.
E' uno dei tipi di legami chimici più comuni. È la forza che tiene insieme due atomi, che condividono uno o più paia di elettroni. Questo legame è particolarmente forte e stabile, rendendo le molecole formate da legami covalenti robuste e resistenti.
Gli atomi cercano di raggiungere uno stato di minor energia possibile, che di solito corrisponde ad avere un guscio elettronico esterno pieno. Per gli atomi degli elementi principali, questo significa avere otto elettroni nel loro guscio esterno, un concetto noto come "regola dell'ottetto". Gli atomi possono raggiungere questo stato di minor energia condividendo elettroni con altri atomi, formando così un legame covalente.
Considera, per esempio, due atomi di idrogeno. Ogni atomo di idrogeno ha un solo elettrone nel suo guscio esterno, ma ha spazio per due. Se i due atomi di idrogeno si avvicinano abbastanza, possono iniziare a condividere i loro elettroni, formando un legame covalente. Ora, ciascuno degli atomi di idrogeno ha due elettroni nel suo guscio esterno, raggiungendo uno stato di minor energia.
Un altro esempio è la molecola di acqua, H2O. L'ossigeno ha sei elettroni nel suo guscio esterno e può ospitare fino a otto. Ogni atomo di idrogeno ha un elettrone, quindi l'ossigeno può formare un legame covalente con due atomi di idrogeno per riempire il suo guscio esterno.
I legami covalenti non polari si formano quando gli elettroni sono condivisi equamente tra due atomi. Questo di solito si verifica quando entrambi gli atomi sono dello stesso elemento, come nel caso dell'idrogeno (H2) o dell'ossigeno (O2).
I legami covalenti polari si formano quando gli elettroni sono condivisi in modo diseguale. Questo accade quando un atomo ha una "elettronegatività" maggiore dell'altro, il che significa che ha una maggiore tendenza a trattenere gli elettroni. Un esempio comune di legame covalente polare è l'acqua (H2O), dove l'ossigeno condivide gli elettroni con l'idrogeno, ma li trattiene più vicino a se stesso.
Lunghezza del legame: La distanza tra gli atomi dipende dall'elemento e dal numero di legami covalenti formati.
Energia di legame: L'energia necessaria per rompere un legame covalente è chiamata energia di legame. Più forte è il legame, maggiore è l'energia necessaria per romperlo.
Orientamento del legame: I legami covalenti hanno un orientamento specifico nello spazio, determinato dalla forma della molecola. Ad esempio, la molecola di acqua ha una forma a "V" a causa dell'orientamento dei suoi legami covalenti.
La spiegazione classica del legame covalente deriva da un approccio di cariche. Carica positiva nucleo attratta da elettrone negativo, che infatti si interpone tra i due nuclei. Rappresentabile anche tramite vettori (fisica 1).
Energia potenziale due atomi legame, picco inferiore corrisponde a legame. Al di sotto atomi si respingono.
Il legame ionico si forma quando atomi con diversa elettronegatività si uniscono, cedendo o accettando elettroni per formare ioni con carica opposta che poi si legano tra loro per attrazione elettrostatica. Più nel dettaglio:
Gli atomi metallici, cedendo uno o più elettroni, diventano cationi positivi. Gli atomi non metallici, accettando elettroni, diventano anioni negativi.
I cationi e gli anioni che si formano hanno dimensioni paragonabili e si dispongono in modo regolare formando un reticolo cristallino, in cui le cariche positive e negative si bilanciano perfettamente.
L'attrazione elettrostatica tra gli ioni di carica opposta è molto forte e mantiene unita la struttura cristallina. Questa attrazione dipende sia dalle cariche degli ioni che dalle loro dimensioni.
Il legame ionico conferisce alta durezza, elevato punto di fusione e di ebollizione, scarsa conducibilità elettrica allo stato solido. Lo ionico è un legame non direzionale.
Esempi di composti con legame ionico sono i sali come cloruro di sodio (NaCl), carbonato di calcio (CaCO3), nitrato di potassio (KNO3). Anche ossidi come MgO e CaO hanno legame ionico.
Il legame metallico si instaura tra atomi metallici, che tendono a cedere gli elettroni di valenza formando un "mare di elettroni" delocalizzato. Gli elettroni di valenza, anziché essere legati ad uno specifico atomo, sono condivisi tra tutti gli atomi metallici. Ogni atomo metallico cede i suoi elettroni di valenza che vanno a occupare orbitali molecolari comuni a tutto il reticolo cristallino. Il "mare di elettroni" è libero di muoversi in tutto il solido metallico e questo conferisce al metallo un'elevata conducibilità elettrica ed termica.
Il legame metallico è non direzionale e conferisce metalspecifiche proprietà: lucentezza, malleabilità, duttilità, alta conducibilità elettrica e termica.
La forza del legame metallico dipende dal numero di elettroni delocalizzati: quanti più elettroni, più forte sarà l'attrazione elettrostatica e quindi più alto il punto di fusione e di ebollizione.
Esempi di elementi con legame metallico sono ferro, rame, argento, oro, che allo stato puro si presentano come metalli.
Miscella Eutettica
L'eutettico è un solido formato da un composto o da una miscela di composti che si ottiene dal congelamento di una soluzione di due o più specie chimiche. L'eutettico presenta un punto di congelamento TE più basso rispetto a quello delle singole specie chimiche che lo compongono.
Per avere un composto eutettico, la temperatura di fusione non è un punto fisso ma un intervallo più o meno esteso. Diagramma di fase di una miscela eutettica:
Solvente + soluto: La miscela inizia a solidificare a una temperatura T1 e continua a solidificare fino a raggiungere il punto eutettico TE.
Punto eutettico: A TE, la miscela è completamente solida.
La tensione di vapore di una soluzione contenente un soluto non volatile è sempre inferiore a quella del solvente puro. Per la legge di Raoult, la tensione di vapore di una soluzione ideale (Psol) è pari alla somma delle tensioni di vapore dei componenti, ciascuna moltiplicata per la rispettiva frazione molare nella fase liquida.La tensione di vapore del soluto è trascurabile..
Questo succede a causa delle molecole di soluto che si legano a quelle del solvente. Perciò, rispetto a prima, ci saranno meno molecole di solvente che passeranno allo stato di vapore, diminuendo quindi la tensione di vapore.
L'aggiunta di un soluto non volatile a un solvente dà luogo a una soluzione il cui punto di ebollizione è maggiore (innalzamento ebullioscopico) e il cui punto di solidificazione è minore (abbassamento crioscopico) di quello del solvente puro. L'entità dell'effetto è direttamente proporzionale alla concentrazione molale (m) del soluto secondo le relazioni: ......
dove: Keb rappresenta la costante ebullioscopica molale del solvente e Kc rappresenta la costante crioscopica molale del solvente.
Keb e Kc sono costanti caratteristiche per ogni solvente.
Basti pensare a quando viene gettato del sale (NaCl) sulle strade per non farle ghiacciare: la presenza del sale (NaCl) abbassa la temperatura di congelamento (solidificazione) dell'acqua. Al contrario, se si aggiunge del sale (NaCl) prima di far bollire una pentola d'acqua questa bollirà ad una temperatura maggiore, mettendoci quindi più tempo. Ciononostante, tale incremento ai fini pratici è solitamente così piccolo da essere trascurabile.
Separando due soluzioni a diversa concentrazione (o una soluzione e il suo solvente) con una membrana semipermeabile, cioè permeabile solo al solvente e non al soluto, si verifica il fenomeno dell'osmosi che consiste nel movimento netto del solvente attraverso la membrana dalla soluzione più diluita a quella più concentrata (o dal solvente puro verso la soluzione), fino al raggiungimento di una situazione di equilibrio. Il risultato di ciò è l'innalzamento del livello della soluzione più concentrata rispetto a quella più diluita (o al solvente puro). La pressione che occorre applicare sulla soluzione più concentrata per riportarla al livello di quella più diluita è detta pressione osmotica.
La pressione osmotica (π) di una soluzione in cui il soluto non è un elettrolita si calcola mediante una relazione molto simile a quella dell'equazione di stato dei gas ideali:
Confrontando la pressione osmotica di due soluzioni:
se πα = πβ, le due soluzioni sono isotoniche l'una rispetto all'altra;
se πα > πβ, la soluzione α è ipertonica rispetto alla soluzione β e la soluzione β è ipotonica rispetto alla soluzione α.
Concludendo, se due soluzioni aventi diversa pressione osmotica sono separate da una membrana semipermeabile si ha passaggio netto di solvente dalla soluzione ipotonica (meno concentrata) a quella ipertonica (più concentrata) fino al raggiungimento di una condizione di equilibrio.
Dato che un elettrolita in soluzione si dissocia in ioni, una mole di elettrolita, in soluzione, libera più particelle di una mole di un non elettrolita e ha quindi maggior effetto sulle proprietà colligative. Per calcolare l'effetto sulle proprietà colligative indotto dalla presenza di un elettrolita è necessario considerare il numero di particelle in cui l'elettrolita si dissocia, introducendo nella formula un coefficiente detto coefficiente di van 't Hoff (i).
Assumendo che gli ioni siano indipendenti gli uni dagli altri i è il numero di ioni in cui l'elettrolita è dissociato.