La resistenza in Italia
La Resistenza italiana è un capitolo fondamentale della storia del nostro paese che ha avuto inizio nell'estate del 1943 dopo il crollo del regime fascista e la firma dell'armistizio con gli anglo-americani. Essa fu molto complessa e formata da forze eterogenee, diverse tra loro per orientamento politico e ideologico, unite dalla lotta contro il nazifascismo per la liberazione dell’Italia. Le bande piccole di partigiani si trasformarono rapidamente formando brigate ben organizzate come per esempio le "Garibaldi", le "Giustizia e Libertà", le "Matteotti", le "Mazzini", etc. Mentre nelle città sono presenti squadre che svolgono operazioni di reclutamento e propaganda, sabotaggio e guerriglia. In Italia quindi si ebbe una grande sollevazione popolare, con numerosi scioperi, che coinvolse direttamente i cittadini. Infatti le difficoltà della vita quotidiana avevano distaccato completamente i fascisti e la maggioranza della popolazione soprattutto dopo l’inizio dei bombardamenti sulle grandi città dell’Italia settentrionale. Questo fece sì che per la maggior parte della popolazione il carattere della guerra cambiò improvvisamente.
La seconda guerra mondiale, come molti altri conflitti, ha portato solo ad una inutile strage, proprio perché non esiste un motivo valido per produrre tale distruzione. Nel brano “Nessuno sarà fuori dalla guerra” di Cesare Pavese viene descritta la drammaticità di quei momenti, con numerosi partigiani uccisi dalle rappresaglie fasciste. Nel testo il protagonista Corrado si sente a disagio per non aver preso parte a questi scontri (comunque come molti altri italiani), rimanendo, per quanto possibile, isolato e non partecipe. Corrado rivive i suoi ricordi gioiosi di quei luoghi e solo dopo una lunga riflessione, si rende conto che solo per i morti la guerra è finita davvero.
L’Italia della Repubblica, l’Italia nella guerra fredda
Dopo la proclamazione della Repubblica il 2 giugno 1946, l'Italia si recò alle urne per le elezioni politiche il 18 aprile 1948, solo due anni dopo. L'affluenza fu altissima, con il 92% degli elettori che si recò alle urne. Alle elezioni, la Democrazia Cristiana, guidata da Alcide De Gasperi, sfiorò la maggioranza assoluta, ottenendo il 48% dei voti. De Gasperi fu un personaggio di grande rilievo e la stessa figlia Maria Romana lo descrive come un uomo sereno, coraggioso, rinnovatore e con spirito del leader democristiano.
Mentre in Italia i problemi erano numerosi, il mondo inizia a diversi nel blocco atlantico e sovietico. L’Italia, nonostante la tentazione comunista, entra nel patto atlantico nel gennaio 1947, quando De Gasperi strinse importanti accordi con gli Stati Uniti, i quali con il prestito di Truman, integrato poi dal Piano Marshall aiutarono la ricostruzione e lo sviluppo della Repubblica, in cambio dell’esclusione dei comunisti dal governo.
Per quanto riguarda la sinistra nel gennaio 1947 a causa delle idee riformiste Pietro Nenni, accusato di essere troppo vicino ai comunisti, c’è una rottura, che prese il nome di scissione di palazzo Barberini. Questo portò alla nascita del PSDI che si separa dal PSI, e con Togliatti che cercò mantenere la fedeltà a Mosca. La Dc, invece, può contare sull’apporto dei Comitati Civici, che furono fondamentali nelle elezioni, che segnarono la vittoria di Alcide De Gasperi.
Costruire la Repubblica
Finita la guerra si celebrarono il 2 giugno 1946 libere elezioni a suffragio universale.Pochi giorni dopo si aprono i lavori della Costituente, un’assemblea eletta a suffragio universale da oltre 20 milioni d’italiani, che ha il compito di redigere la nuova Costituzione. Essa aveva anche altre tre importanti funzioni: votare la fiducia al governo, approvare le leggi di bilancio e ratificare i trattati internazionali. L’Assemblea costituente inseguito creò un’altra commissione speciale, la “commissione dei 75”, che avrà il compito redigere il testo della carta costituzionale da sottoporre poi al giudizio dell’Assemblea.
Tra i deputati, scelti tra i membri più rilevanti di ogni partito, e a volte dei tecnici, c’erano anche 21 donne. La Commissione, basata sui principi di libertà, uguaglianza, laicità dello stato, pace e democrazia fu suddivisa in tre importanti e complementari gruppi: Diritti e doveri dei cittadini, Organizzazione costituzionale dello Stato, Rapporti economici e sociali. Infine la nuova costituzione fu approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, con 453 voti favorevoli e 62 contrari, dopo 170 sedute. Essa entrò poi in vigore il 1° gennaio 1948.
Il confine conteso
Nella primavera del 1945 l’Italia è scossa dall’azione degli uomini del maresciallo Tito, che occupano Trieste aumentano le tensioni internazionali tra l’Italia e il blocco sovietico. Secondo il trattato di pace del 1947, la Jugoslavia controlla la penisola istriana, mentre il Territorio libero di Trieste viene suddiviso in due zone, una gestita dagli Alleati e una dagli jugoslavi. L’esercito di Tito inizia violente repressioni verso gli oppositori e per questo molti italiani temendo per la loro incolumità iniziarono ad abbandonare i territori di confine passate agli jugoslavi.
La dura repressione portò alla tragedia delle foibe (le quali sono grandi fenditure del terreno carsico) dove sono state uccise migliaia di persone. La violenza fu particolarmente intensa nella zona di Trieste, che dopo la fine della Seconda guerra mondiale divenne oggetto di contesa tra l'Italia e la Jugoslavia. Molti italiani della regione, temendo le violenze delle milizie comuniste jugoslave, scapparono o furono costretti a lasciare le proprie case e le proprie attività, per cercare rifugio in altre parti del paese (In Italia è stata istituita una giornata della memoria il 10 febbraio per ricordare le vittime delle foibe e dei massacri).
La questione si risolse solo dopo le pressioni americane, che portarono Stalin ad intimare a Tito di lasciare la città. Così il 12 giugno le truppe di Tito furono costrette a lasciare i territori triestini. Tuttavia Trieste dovrà aspettare la firma del memorandum di Londra del 1954 dove Trieste viene ufficialmente restituita agli italiani.
Il centrismo
Per centrismo si intende gli anni dalle elezioni politiche del 18 aprile 1948 alle elezioni del 7 giugno 1953. Nelle elezioni vinse nettamente la Democrazia Cristiana (48,5% degli voti) che formò un governo composto da DC, repubblicani, social democratici e liberali guidati dal Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. De Gasperi, fin da subito, dovette affrontare numerosi problemi tra cui la necessità di riformare uno stato che per lungo tempo fu fascista e risolvere la complicata situazione economica. La povertà delle famiglie contadine e la diseguaglianza economica portarono a numerose rivolte che portarono all’approvazione di una riforma agraria, che per lungo tempo fu rinviata a causa dei contrasti tra i partiti della maggioranza.
Un’altra problematica per il governo italiano fu a livello internazionale, con l’Italia che dopo un lungo negoziato con la Gran Britannia e la Santa Seda entrò nel blocco atlantico (4 aprile 1949). Un altro problema era l’ordine pubblico, con i comunisti italiani desiderosi di un insurrezione armata, soprattutto dopo l’attentato a Togliatti del luglio 1948, che portò ad con una serie di manifestazioni di piazza, che spesso si concludono con gravi disordini.
Questo periodo storico si conclude con la conclusione della legislatura, la quale poco prima aveva varato riforma elettorale maggioritaria con premio alla coalizione che otteneva la maggioranza assoluta, rinominata “Legge truffa” dalle opposizioni comuniste. Tuttavia alle elezioni politiche del 1953, i centristi vinsero, ma senza riuscire ad avere la maggioranza assoluta e questo portò alle dimissioni di Alcide De Gasperi.
Il boom e gli italiani
La nuova Repubblica vide tra il 1958 e il 1963 un periodo di grande crescita che la portarono ad un ruolo di primo piano a livello mondiale. L’Italia vide un grande processo di urbanizzazione e ammodernamento della rete stradale (come l’autostrada del Sole, simbolo della nuova mobilità italiana) e ferroviario, che spinse l’economia dall’agricoltura all’industria, raggiungendo livelli paragonabili a quelli di altri Paesi Occidentali. Il crescente numero di operai provoca un aumento dell’urbanizzazione e uno spopolamento delle campagne.
Il reddito medio della famiglie italiane cresce rapidamente da 300.000 a 571.000 lire e i beni di consumo (come le televisioni, le utilitarie e gli elettrodomestici) diventano accessibili a una grande parte di popolazione che migliora notevolmente il proprio stile di vita. Inoltre l’Italia tiene le sue prime Olimpiadi, la Lira diventa la miglior moneta e le tradizioni vengono sempre più abbandonate per guardare positivamente al futuro. Tuttavia le disuguaglianze sociali sono in forte crescita e inoltre non si modificano i rapporti di genere che vogliono la donna subordinata.
Un popolo di emigranti
Una delle conseguenze più rilevanti e negative della crescita industriale fu il fenomeno delle migrazioni interne. Il centro-nord ricco di industrie necessitava di operai e così tra il 1951 e il 1960 oltre due milioni di italiani lasciarono le città del meridione per trasferirsi nel nord Italia o all’estero, in Europa o in Usa, Basile, Argentina e Uruguay. I meridionali per arrivare a Torino utilizzarono spesso i treni, come il treno del Sole, la freccia del Sud e la freccia della Laguna, che divennero simboli delle migrazioni che hanno unito il nord al sud dell’Italia.
Le gravi situazioni contadine del sud portarono ad un emigrazione di manodopera verso il cosiddetto “triangolo industriale” e questo portò le campagne a spopolarsi e le città iniziano a riempirsi creando così problemi di sovraffollamento e insufficienza dei servizi. Un altro aspetto negativo fu che spesso i “meridionali” venivano visti con diffidenza dagli abitanti del nord Italia e questo rese l’integrazione complicata.
Il debito pubblico
Negli anni '70, l'Italia ha iniziato ad accumulare un elevato livello di debito pubblico a causa di una combinazione di fattori, come l'aumento delle spese governative e una diminuzione delle entrate fiscali. Questa situazione ha determinato un incremento costante del rapporto debito/PIL, che ha toccato il suo apice nel 1994, raggiungendo il 124%. Guardando i governi durante gli anni '70 e '90, si sono susseguiti diversi governi di coalizione guidati da partiti di centro-sinistra e di centro-destra. Tra questi, si possono citare i governi di Aldo Moro, Giulio Andreotti, Bettino Craxi e Silvio Berlusconi. Inoltre in Italia il carovita vola dal 5,2% del 1972 al 19% del 1974, mantenendosi attorno al 15% fino alla fine del decennio, quando si impenna di nuovo fino a toccare uno spaventoso 21,7%.
Il debito però non esplode del tutto e 1981 si trova ancora al 60% del Pil, solo perché dal 1975 la Banca d’Italia si impegna a garantire il successo delle aste dei titoli di Stato, stampando moneta per comprare le obbligazioni rimaste invendute. In questo modo il costo dell’aumento del debito sparisce dai conti pubblici, ma si scarica sulla lira, che non a caso nella seconda metà degli anni Settanta si svaluta del 40% rispetto al dollaro. Lo stesso accadde con tutte le altre principali monete mondiali e questo rese ancora più costose le importazioni di materie prime.
Tuttavia, con l'ingresso dell'Italia nella zona euro nel 1999, la situazione è notevolmente migliorata. L'adesione all'euro ha contribuito ad accrescere la fiducia nei confronti del Paese nel mercato finanziario internazionale e ha portato alla riduzione dei tassi di interesse sui titoli di Stato italiani. Questo ha facilitato il compito del governo italiano nel finanziare il proprio debito pubblico, alleggerendo l'onere del servizio del debito e migliorando la sostenibilità fiscale. Con l'ingresso dell'Italia nella zona euro, il governo di centro-sinistra guidato da Massimo D'Alema ha avviato una serie di riforme economiche volte a migliorare la competitività del paese e a ridurre il deficit di bilancio. Queste riforme sono state portate avanti dai successivi governi di centro-destra guidati da Silvio Berlusconi e di centro-sinistra guidati da Romano Prodi.
Inoltre, l'adesione dell'Italia all'euro ha imposto una disciplina fiscale più rigorosa, in quanto il Trattato di Maastricht ha stabilito dei limiti al deficit e al debito pubblico per tutti i paesi membri dell'Unione Europea. Tale circostanza ha spinto il governo italiano a intraprendere politiche di bilancio più prudenti e a ridurre progressivamente il proprio debito pubblico. Successivamente solo con la crisi economica mondiale del 2008 e il Covid del 2020 il debito salì nuovamente.
Un approfondimento: https://www.ilsole24ore.com/art/debito-pubblico-come-quando-e-perche-e-esploso-italia-AEMRbSRG
Svalutazione Lira con Dollaro US
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