Abbreviazioni tipiche: CaO = C, SiO2 = S, Al2O3 = A, Fe2O3 = F, H2O = H, CH=Ca(OH)2
C-S-H non è in realtà una formula, ma un acronimo inglese di Calcium Silicate Hydrated. Il C-S-H include una famiglia di prodotti (anche non ben individuabili per il loro carattere poco cristallino) quali, per esempio, C3S2H3, C5S6H5, ecc.
Fabbisogni mondiale annuo nel 2015, 1.3 miliardi di tonnellate di cemento, 4.7 miliardi di tonnellate di ghiaia, 2.2 miliardi di tonnellate di sabbia, 800 miliardi di litri di acqua usate per gli impasti cementizi. La Germania era, nel 2014, il primo produttore in Europa e il secondo era l'Italia.
Le principali differenze tra i tipi di conglomerato consistono nel diverso legante impiegato e nel concetto di assortimento granulometrico degli inerti assente nella produzione del calcestruzzo antico ed essenziale in una produzione moderna. La scelta dei materiali, la composizione e le modalità di messa in opera del calcestruzzo utilizzato all’epoca dell’Impero Romano vengono riportate da Vitruvio in 10 libri De Architettura. I paramenti in mattoni o in pietra, che fungevano da casseri a perdere, venivano riempiti di malta all’interno della quale venivano poi conficcati rottami di pietra e mattone (3-5cm) costipati con una mazza di ferro. Il legante della malta era costituito da sola calce o da calce e pozzolana.
Nel primo caso l’indurimento del calcestruzzo avveniva molto lentamente in seguito alla reazione della calce, Ca(OH)2, con l’anidride carbonica presente nell’aria (CO2) e alla conseguente produzione di carbonato di calcio (CaCO3). Questo processo d’indurimento, fortemente legato al grado di penetrazione dell’aria, risultava paradossalmente tanto più scadente quanto più compatta era la barriera offerta dai paramenti in pietra o in mattoni.
La scoperta della pozzolana (la "rena di Cuma" nel testo di Vitruvio) segnò un rivoluzionario progresso nelle antiche costruzioni in calcestruzzo grazie alla capacità della miscela calce-pozzolana di indurire in assenza di CO2 e alla sua velocità di solidificazione.
La pozzolana è un materiale inorganico, prevalentemente costituito da silice (SiO2) e da allumina (Al2O3) mal cristallizzate o completamente amorfe. Essa è in grado di provocare l’indurimento della calce e di rendere il conglomerato indurito resistente all’azione dell’acqua grazie alla formazione di silicati di calcio idrati (C-S-H) e alluminati di calcio idrati (C-A-H) per reazione della calce con la silice e l’allumina della pozzolana.
Il declino della qualità nelle costruzioni, iniziato con la caduta dell’Impero Romano e proseguito per tutto il Medioevo, è legato all’aver ignorato le indicazioni di Vitruvio. Solo dopo il XIV secolo si tradussero e si rilessero i testi riscoprendo l’arte del costruire degli antichi architetti.
Una rivoluzione si ebbe nel 1750 con l’inglese Smeaton che inventò della calce idraulica ottenuta fortuitamente per cottura di un calcare che, contravvenendo alle raccomandazioni di Vitruvio, conteneva impurezze argillose. L’impiego della calce idraulica presentava caratteristiche analoghe a quelle della miscela calce-pozzolana, con il vantaggio di non dover ricorrere all’introduzione di pozzolana non disponibile. Una volta capito che il meccanismo di reazione della calce idraulica era legato alla presenza di impurità argillose cominciarono nel 1800 le sperimentazioni nella cottura di miscele artificiali di calcare ed argilla.
Nel 1924 su brevetto di Aspdin, si arrivò alla formulazione del cemento Portland ottenuto per cottura del calcare con il 40% di argilla. La reazione del cemento Portland con l’acqua porta alla produzione di C-S-H, C-A-H e Ca(OH)2 con una velocità molto maggiore di quella della reazione pozzolanica. Un punto chiave di questo processo produttivo, messo in luce solo in un successivo brevetto dell’inglese Johnson, era la temperatura di cottura ben superiore a 850°C per arrivare alla completa combinazione della calce proveniente dal calcare con la silice e l’allumina contenute nell’argilla.
Infine il tedesco Michaelis aggiunse pozzolana al cemento Portland affinché, combinandosi con la calce di idrolisi, migliorasse l’idraulicità e l’impermeabilità del calcestruzzo attraverso l’ulteriore produzione di C-S-H e C-A-H. A lui si deve lo sviluppo della produzione di cemento pozzolanico con pozzolana naturale o artificiale.
In generale comunque adesso si parla di leganti per indicare prodotti inorganici sotto forma di polvere molto fine che se mescolati con l’acqua iniziano ad indurire.
Se l’indurimento avviene solamente in presenza d’aria i leganti sono detti leganti aerei, se invece l’indurimento si verifica anche sott’acqua i leganti vengono detti leganti idraulici.
Nel processo di irrigidimento si distinguono due fasi:
- Presa: la sospensione fluida si trasforma in massa rigida in grado di trattenere la forma iniziale, durata da pochi minute a decine di ore
- Indurimento: miglioramento progressivo e indefinito nel tempo delle proprietà meccaniche
Utilizzando come legante il cemento è possibile ottenere:
la pasta di cemento, detta anche biacca, intensa come miscela di acqua e cemento
la malta, intesa come miscela di acqua, cemento e sabbia
il calcestruzzo, inteso come miscela di acqua, cemento e inerti.
La maggior parte del cemento viene utilizzato per preparare la malta e soprattutto il calcestruzzo, mentre solo una piccola parte per produrre la pasta. Quest’ultima applicazione viene sfruttata in numerosi lavori di tipo costruttivo, ad esempio i lavori di rivestimento in galleria, di riempimento di guaine per cavi post-tesi, iniezioni di consolidamento dei terreni...
Oltre al cemento “normale”, Portland, ci sono anche i cementi speciali, ossia quelli che possiedono particolari caratteristiche.
I calcestruzzi e le malte, allo stato indurito presentano delle proprietà fortemente condizionate da quelle della pasta di cemento, mentre non è così quando essi sono ancora freschi. Pertanto, noto il comportamento della pasta, sarà possibile estendere lo studio al calcestruzzo, tenendo conto che le sue proprietà oltre a dipendere da quelle della pasta, dipendono anche dalla caratteristica dei inerti utilizzati e dalla loro interazione con la pasta di cemento.
I leganti aerei in piccola parte percentuale sono contenuti nel cemento e ad essi sono legati fenomeni quali ad esempio l’espansione o la falsa presa del cemento. Inoltre essi sono la base fondamentale per la produzione degli intonaci.
Intonaco: si intende una miscela intima, in proporzioni, di legante aggregati (o inerti), acqua ed eventuali additivi. Parlando di intonaco, ci si riferisce all'insieme degli strati che lo compongono, i quali svolgono funzioni diverse:
favorire l'aggrappaggio al supporto
livellare
l'aspetto finale.
Concettualmente l'intonaco, assolvendo alla funzione protettiva del supporto murario, può essere considerato come "strato di sacrificio"; infatti, sottoposto ad innumerevoli sollecitazioni, subisce un naturale processo di decadimento. La corretta scelta dei suoi costituenti, in relazione alle condizioni del supporto e dell'ambiente in cui è posto, permette di allungarne la durata, come testimoniano esempi di intonaci molto antichi giunti a noi in condizioni ancora invidiabili confrontati ad impasti più recenti.
Le caratteristiche prestazionali di ogni intonaco sono dovute alla tipologia di legante utilizzato; con il termine legante si intende una sostanza in grado di tenere tenacemente uniti tra loro corpi diversi.
Composizione: E’ costituito da CaSO4·2*H2O (solfato di calcio biidrato). Se viene riscaldato si trasforma, a seconda della temperatura di cottura, nel semiidrato (CaSO4·1/2H2O) o anidrite (CaSO4) o in una miscela dei due.
Il gesso può essere considerato come una specie di calce che non ha bisogno della mistura di altra materia, tranne l’acqua, per formare un corpo solido di mediocre durezza. Per questa sola ragione il gesso sarebbe preferibile alla malta di calce, se potesse resistere maggior tempo alle intemperie dell’aria e dell’umidità.
Essenziale differenza fra il gesso e la calce, che il gesso impastato aumenta di volume facendo corpo, invece la calce diminuisce.
Produzione: Mescolando il gesso cotto con acqua si ottiene una soluzione satura di solfato di calcio, dovuto allo sciogliersi dei composti metastabili. Dopo un certo tempo, detto periodo d’induzione, durante il quale si formano i primi germi cristallini, cominciano a formarsi i cristalli di gesso biidrato (stabile), ed allora altro semiidrato o anidrite metastabili passano in soluzione. Il processo di solubilizzazione e di cristallizzazione, continua sino alla completa trasformazione del semiidrato o dell’anidrite nel gesso biidrato:
CaSO4 + 2*H2O --> CaSO4·2*H2O
CaSO4·1/2H2O + 3·(1/2)H2O --> CaSO4·2H2O
Cristalli: si presenta sotto forma di cristalli aghiformi che intrecciandosi tra loro provocano prima la presa e quindi l’indurimento dell’impasto. Spesso si hanno delle particelle di gesso biidrato a causa di una non omogenea cottura della materia prima. Ciò comporta un accelerazione del processo di presa, in quanto i cristalli di gesso idrato residui fungono da germi di cristallizzazione.
Acqua: La quantità d’acqua stechiometrica necessaria per la completa idratazione del gesso varia fra 18,7 e 25,4% a seconda della proporzione di semiidrato e anidrite che compongono il gesso. Un tale impasto è poco lavorabile e quindi si aggiungono maggiori quantità d’acqua, variabili fra il 30-100% in peso del legante. L’eccesso d’acqua fuoriesce dall’impasto per evaporazione, lasciando delle microporosità che riducono la resistenza meccanica.
Produzione:
Macinazione e cottura di rocce gessose (CaSO4· 2*H2O).
Nel corso della cottura, a 130°C, la roccia gessosa perde circa 3/4 dell'acqua di cristallizzazione: si forma così un semiidrato di calcio (CaSO4 · (1/2)H2O).
Tra i 150 °C ed i 180 °C l'acqua di cristallizzazione viene eliminata completamente ed inizia a formarsi l'anidrite solubile CaSO4(α).
Se la cottura viene effettuata oltre i 250 °C si forma anidrite insolubile CaSO4(β). In genere si rimane sotto i 180°C
I gessi in commercio sono costituiti da gesso semiidrato o da anidrite solubile o da una miscela di essi.
Produzione e reazioni: Viene prodotta per cottura a 900-1000°C del carbonato di calcio: CaCO3 --> CaO + CO2
Per poter essere utilizzata come legante, la calce deve essere spenta con acqua. In questo modo la calce viva (CaO) viene trasformata in idrossido di calcio secondo la reazione: CaO + H2O --> Ca(OH)2
La reazione è esotermica ed è accompagnata da un espansione. Affinché’ lo spegnimento sia veloce e completo, la calce viva deve essere sufficientemente porosa. Più alta è la temperatura di cottura, minore risulta la porosità della calce. Mescolando la calce spenta (Ca(OH)2) con acqua si forma una massa plastica, che per reazione con l’anidride carbonica dell’aria, forma nuovamente il carbonato di calcio: Ca(OH)2 + CO2 --> CaCO3 + H2O
Essiccamento e sabbia: Lasciando all’aria uno strato sottile di pasta ottenuta mescolando calce idrata ed acqua, l’impasto diviene progressivamente più consistente sino ad indurire. Il carbonato di calcio che si forma precipita nella fase liquida sotto forma di lamelle che aderiscono fra loro.
L’acqua usata per l’impasto evapora, provocando un ritiro della pasta, che sommato alla contrazione che si verifica durante il processo di carbonatazione, comporta il ritiro della malta indurita. Per ridurre tale effetto viene aggiunta della sabbia. Essa ha inoltre la funzione di ridurre la quantità di calce usata e quindi di aumentare la velocità di indurimento.
Calcinaroli: Spesso, a causa di un eccesso di cottura, si formano dei granuli di calcio poco porosi che quindi si idratano lentamente. Utilizzando tale calce non completamente spenta, si verificherà durante il processo d’indurimento, un espansione dovuta alla lenta idratazione dei calcinaroli, e quindi un degrado della struttura a causa del sollevamento e al distacco delle calce indurita soprastante i calcinaroli.
Proprietà: La resistenza meccanica a compressione delle malte di calce è modesta, dell’ordine di qualche N/mm2, e quindi nettamente inferiore a quelle raggiungibili con i cementi. Il motivo di ciò è che la reazione di carbonatazione non investe tutta la calce idrata presente anche dopo lunghissimi tempi di stagionatura all’aria. Per questo motivo la calce viene impiegata solo per lavori di finitura o per intonachi.
Il carbonato di calcio è solubile in acqua, pertanto tale calce non può essere utilizzata a contatto con l’acqua.
A differenza della precedente possiede discrete proprietà idrauliche ed è dovuto al fatto che oltre all’ossido ed idrossido di calcio contiene delle sostanze capaci di indurire e di resistere all’azione dilavante dell’acqua. Esistono diversi tipi di calci idrauliche che si differenziano per la diversa natura delle materie prime.
Il primo tipo di calce idraulica fu prodotto sottoponendo ad idratazione il prodotto derivante dalla cottura dei calcari argillosi naturali. Per presenza di silice ed allumina nelle argille si formano, durante la cottura a temperature non superiori ai 900°C, il silicato bicalcico (2CaO·SiO2) e l’alluminato monocalcico (CaO·Al2O3). Mescolati con l’acqua tali prodotti induriscono.
La qualità delle calci idrauliche viene valutata per mezzo dell’indice di idraulicità i, variabile normalmente tra 0,1 e 0,5 e definito come (percentuali di massa):
i = [(SiO2) + (Al2O3) + (Fe2O3)] / [(CaO) + (MgO)]
Al variare di questo rapporto si hanno prodotti con differenti caratteristiche:
debolmente idraulica 0,10 - 0,16
mediamente idraulica 0,16 - 0,31
propriamente idraulica 0,31 - 0,42
eminentemente idraulica 0,42 - 0,50
Acqua: Per evitare indesiderati fenomeni di espansione, bisogna trasformare gli ossidi (es. CaO e MgO) in idrossidi. Ciò viene fatto aggiungendo la giusta quantità d’acqua richiesta per tale trasformazione. Se la quantità aggiunta è in eccesso si idraterebbero pure i silicati e gli alluminati e quindi andrebbero perse le caratteristiche d’indurimento richieste in fase d’impiego.
Proprietà: Una calce idraulica deve manifestare una resistenza meccanica alla compressione di almeno 15 kg/cm2, su campioni di malta con rapporto 1/3 legante-inerte. Per classificarla eminentemente idraulica, invece, tale valore deve essere almeno di 30 kg/cm2.
Agglomerati cementizi: Attualmente le calci più usate nell'esecuzione di intonaci sono queste ultime, fornite con resistenze meccaniche anche molto superiori, perché ottenute miscelando alla calce idrata cemento Portiand. Secondo la legislazione vigente sono agglomeranti cementizi.
Il cemento è una polvere che mescolata con acqua in proporzione di circa 2:1 è in grado di produrre una massa modellabile che in qualche ora si rapprende perdendo la sua iniziale plasticità (presa) e successivamente, nel giro di un giorno, assume la rigidità tipica di una pietra naturale ed è capace di resistere ad apprezzabili sollecitazioni meccaniche (indurimento).
Il cemento Portland è un insieme di composti, ottenuti per miscelazione e cottura di materie prime, costituito per la maggior parte da calce (CaO), silice (SiO2), allumina (Al2O3) e ossido di ferro (Fe2O3) oltre ad elementi secondari (MgO, TiO2, Mn2O3, K2O, Na2O e altri fluoruri, fosfati, solfati…). La quantità dei vari ossidi è presente già nella materia prima.
A differenza delle calci idrauliche, nel Portland ci sono anche i composti C3S C3A e C4AF. In realtà i composti sopra elencati non sono puri, ma contengono in soluzione solida piccole quantità di composti secondari. Per indicare i composti impuri costituenti il clinker, si è introdotta una denominazione particolare: C3S impuro ALITE C2S impuro BELITE C3A impuro CELITE C4AF impuro FASE FERRICA.
La presenza delle impurità incide notevolmente sulle proprietà chimico-fisiche del cemento. Una rilevazione diretta di tali composti è molto difficile. Ciò è dovuto al fatto che sono un insieme di strutture cristalline e amorfe formatesi durante il raffreddamento del materiale fuso e durante l’iterazione tra fase liquida e solida nel forno.
Differenti composizioni costituiranno cementi con caratteristiche chimico-fisiche diverse. Per poter confrontare tutte le specie di cementi, e non solo il cemento Portland, si rende quindi necessaria l’introduzione di normative. Ovviamente esse devono basarsi su proprietà univocamente determinabili quali l’analisi chimica (contenuto di ossidi) o le proprietà meccaniche dei provini. Si escludono quindi a priori le proprietà non stimabili univocamente come le modalità di impasto, rapporto acqua/cemento, condizioni di stagionatura…
Le materie prime (calcare, argilla, scisti, marnebia) vanno macinate o in acqua o a secco. Il calcare va macinato per via secca, mentre le argille per quella umida. La poltiglia o la farina cruda inumidita, va immessa nel forno. Esistono composti non presenti nelle calci idrauliche perché la temperatura di cottura per il cemento è di gran lunga superiore a quella della calce.
Il forno è un cilindro d’acciaio messo in rotazione, di diametro massimo di 8m e lungo circa 200m, con l’ asse inclinato di 3-5º. Nella parte inferiore del cilindro, rivestito con materiale refrattario, avviene la combustione. Lo scopo è quello di riscaldare l’aria, che fluirà nel cilindro. Affinché si possano raggiungere temperature di 1400-1500°C bisogna preriscaldare l’aria. Infatti la massima temperatura che riescono a possedere i fumi, è determinato dal potere calorifico del combustibile, e tale temperatura può essere aumentata solo con preriscaldamento dell’aria in ingresso della camera di combustione.
E’ fondamentale che il combustibile utilizzato nella camera di combustione non emetta ceneri, infatti esse fluirebbero assieme ai fumi nel forno, andando ad interagire con il materiale immesso dalla parte superiore del forno e che lentamente discende il cilindro. L’andamento crescente delle temperature riscontrate nel procedere del materiale verso valle comporta una successione di reazioni interne alle materie prime che possono così rappresentarsi:
Evaporazione dell’acqua e la liberazione dei gas presenti nel materiale. Nel processo a secco, con minor quantità d’acqua, è possibile utilizzare forni di lunghezze inferiori.
Raggiunti i 500-600 ºC i minerali argillosi presenti nel materiale, iniziano a liberare l’acqua di composizione, cioè si decompongono (es. la caolinite Al2O3*SiO2*2H2O si decomporrà in metacaolino 2SiO2*Al2O3).
Attorno ai 600-700 ºC, il calcare (CaCO3) inizia a decomporsi e per reazione con le argille si forma C2S e C3A. La massima decomposizione del calcare in CaO avviene attorno ai 1100°C. L’elevata quantità di CaO libera a 1100-1200°C, porta soprattutto alla formazione di C3A e C4AF. Inoltre, la quantità di C2S raggiunge il massimo. A circa 1250 ºC, inizia a formarsi la fase liquida costituita prevalentemente da C3A e C4AF ed in parte minore da CaO. All’ aumentare della temperatura, la percentuale di fase liquida aumenta sino a raggiungere i 20-30% a 1450-1500 ºC. Nell’intervallo 1250-1500 ºC avviene una progressiva formazione di C3S che si separa dalla fase liquida per reazione fra C2S e CaO.
A 1500 ºC si ha la formazione di piccole sfere (3-25mm di diametro) dette clinker. Per impedire la trasformazione dei composti nel clinker per lento raffreddamento è necessario “temprare” il clinker. Tale rapido raffreddamento avviene all’uscita del forno. Il calore emesso in questa fase va riciclato per preriscaldare l’aria. Il clinker freddo possiede un colore nero ed è composto dai medesimi composti formatisi per cottura delle materie prime. Per ottenere il cemento Portland si aggiunge al clinker l’1-2% di gesso (CaSO4).
Il tutto viene macinato finemente, così è possibile ottenere una buona idratazione, dovuta alla grande superficie di solido sottoposta all’azione dell’acqua. A tal scopo vanno aggiunti degli additivi coadiuvanti di macinazione (trietanolammina, lignisolfonato, ecc.). Essi hanno lo scopo di ridurre l’impacchettamento del cemento in polvere che altrimenti provocherebbe fenomeni di agglomerazione ostacolando il flusso di quest’ultima nei mulini di macinazione. Vanno aggiunti additivi per di migliorare delle proprietà del cemento
Il processo di idratazione del cemento rendono il calcestruzzo da una massa inizialmente plastica e modellabile, in un materiale rigido e meccanicamente resistente come la pietra. Con il progredire della reazione chimica tra l’acqua e il cemento si manifestano 2 variazioni:
graduale perdita della lavorabilità iniziale del calcestruzzo fresco fino al tempo in cui l’impasto non è più modellabile (presa);
progressivo aumento nella resistenza meccanica (indurimento).
In realtà tra i due processi non esiste soluzione di continuità, nel senso che la consistenza del materiale aumenta progressivamente passando da quella tipica di un fango, a quella di un terreno asciutto, ed infine a quella di una roccia sempre più compatta.
Per idratazione del cemento s’intende l’insieme delle reazioni chimiche che avvengono fra l’acqua ed i costituenti del cemento anidri. Tali meccanismi presentano tuttora numerose incertezze essendo un sistema complesso e come tale descrivibile con numerose variabili: numero elevato di costituenti del cemento (C3S, C2S, C3A, C4AF, CaSO4·2H2O) presenza di impurezze (alcali, fosfati,fluoruri…) dipendenza dai parametri di produzione (trattamento termico seguito, finezza e granulometria del cemento, condizioni ambientali di produzione e di conservazione del cemento)
A causa di tali difficoltà si preferisce studiare sistemi semplici costituiti da singoli costituenti.
Idratazione dei singoli composti del cemento Portland a temperatura ambiente
Idratazione dei silicati
Sono presenti due silicati di calcio (80%) e due alluminati di calcio (20%). I due alluminati (C3A e C4AF) contribuiscono, per reazione con l’acqua, al fenomeno della presa, mentre i due silicati (C3S e C2S) sono determinanti per l’indurimento.
Se il cemento fosse costituito da solo C3S o C2S si registrerebbe un perfetto parallelismo tra il decorso nel tempo della reazione chimica di idratazione e quello dello sviluppo della resistenza meccanica. Si può notare che il C3S, rispetto al C2S, è più rapido sia nel reagire con l’acqua sia nello sviluppare la corrispondente resistenza meccanica. Tuttavia, per entrambi i silicati si registrano una reazione di idratazione ed una resistenza meccanica trascurabili durante le prime ore, così come si registra una pressoché identica resistenza meccanica elevata alle lunghissime stagionature (anni).
Il diverso comportamento del C3S e del C2S a 1 giorno, a 1 settimana ed a 1 mese dal getto comporta una sostanziale differenza dal punto di vista pratico, ove si pensi all’importanza della resistenza meccanica a pochi giorni dal getto (per rimuovere le casseforme) o a 28 giorni per la determinazione della resistenza meccanica caratteristica sulla quale si basano convenzionalmente i dati progettuali. Da ciò deriva che in un cemento Portland la quantità di C3S è molto maggiore rispetto a quella del C2S (3:1), salvo i casi eccezionali in cui le prestazioni a 1 e 28 giorni non sono così importanti (nelle dighe a 90 o 180 giorni) e nel contempo esistono altre esigenze (ridotto sviluppo di calore) per preferire un cemento con maggior contenuto in C2S che non in C3S.
Reazioni di idratazione formano due tipologie di prodotto: un silicato di calcio idrato C-S-H e l’idrossido di calcio, Ca(OH)2 CH † C2S C3S + H2Ofi V2 V1 C - S - H + CH In realtà il processo di idratazione avviene con una velocità minore se si tratta del C2S, e maggiore (V2>V1) se si tratta del C3S. Inoltre, la quantità di calce prodotta per idratazione (CH) è maggiore se riferita all’idratazione del C3S (30-40%) che non a quella del C2S, meno ricco di calcio (10-15%).
Tuttavia, la reazione chimica, da sola, non è in grado di spiegare perché una pasta di C3S o di C2S si trasforma gradualmente dalla iniziale massa plastica ad un materiale rigido e duro come una pietra. In realtà, tra i due prodotti della reazione, solo il C-S-H è determinante per l’indurimento, mentre la calce contribuisce in modo trascurabile a questo processo. Il C-S-H, ancorché si presenti in forme particellari diverse, è di natura prevalentemente fibrosa. Con il progredire della reazione (1), le fibre di C-S-H formatesi sui granuli di C3S o C2S adiacenti, prima si toccano e poi si intrecciano tra loro.
Subito dopo il mescolamento quando la reazione non è ancora sostanzialmente partita ed il sistema è fluido
L’inizio della presa con le fibre che cominciano a interagire tra loro ed il sistema perde la sua plasticità
L’indurimento in atto quando le fibre, allungatesi per la progressiva idratazione dei silicati, si intrecciano tra loro e provocano l’irrigidimento del sistema.
Con l’ausilio del microscopio elettronico a scansione si notano piccoli pori e per ridurli, e quindi aumentare sia la resistenza meccanica sia la durabilità, si può ridurre il quantitativo di acqua, cioè si riduce il rapporto a/c e quindi si crea un intreccio più denso di fibre.
Il ruolo della calce
La calce non contribuisce allo sviluppo della resistenza meccanica per la sua morfologia non-fibrosa, tuttavia essa gioca un ruolo altamente positivo:
a) produzione dei cementi pozzolanici e d’altoforno
Il primo aspetto riguarda la possibilità di far contribuire anche la calce al processo di indurimento mediante l’aggiunta di pozzolana o loppa d’altoforno. Quest’ultima e ancor più la pozzolana sono caratterizzate dalla presenza di silice (amorfa) capace di reagire con la calce, prodotta per idratazione dei silicati, e di formare ulteriore C-S-H*: CH + pozzolana (o loppa) --> C-H-S* (2) Il C-S-H* formatosi per la reazione pozzolanica (contraddistinto con un asterisco) è cronologicamente “secondario”, rispetto al quello “primario” (C-S-H) che si produce direttamente nell’idratazione dei silicati. Esso si forma, successivamente, a tempi più lunghi, perché la reazione pozzolanica è più lenta del processo di idratazione, ma anche perché la sua formazione richiede che prima si accumuli un po’ di calce con reazione.
A seguito della duplice formazione di C-S-H (“primario”) e di C-S-H* (e “secondario”) in una pasta di cemento pozzolanico o d’altoforno stagionata a lungo, il sistema risulta più ricco in materiale fibroso e quindi meno poroso rispetto ad una pasta di cemento Portland.
b) protezione dei ferri di armatura dalla corrosione
In un ambiente basico(pH > 12.5) il ferro risulta ricoperto da un film di ossido ferrico denso e compatto (passivazione) che lo protegge dalla corrosione. Quando per effetto della carbonatazione (neutralizzazione della calce di idratazione da parte della CO2 penetrata dall’aria), il CH è completamente trasformato in CaCO3, il pH scende al di sotto di 9 e viene a mancare l’ambiente fortemente basico indispensabile alla condizione della passivazione dei ferri. I cementi pozzolanici e d’altoforno sono potenzialmente più a rischio perché gli effetti della reazione pozzolanica si sommano a quelli della carbonatazione, favoriscono la scomparsa della calce e quindi la depassivazione dei ferri. In realtà i cementi pozzolanici e d’altoforno si comportano molto bene nella protezione dei ferri dalla corrosione e ciò dipende da due situazioni favorevoli:
la maggiore produzione di C-S-H favorisce la formazione di una matrice cementizia meno porosa e quindi meno penetrabile
la calce di idratazione reagisce con la pozzolana o la loppa, ma ne rimane sempre una piccola quantità sufficiente a saturare egualmente la soluzione acquosa che riempie i pori capillari; infatti la solubilità della calce in acqua è di 1.5 g/L e pertanto è sufficiente pochissimo CH per mantenere satura di calce l’acqua residua che riempie i pori capillari
L’idratazione degli alluminati
Il C3A ed il C4AF (necessari per diminuire la temperatura di cottura del clinker e rendere ragionevolmente basso il costo di produzione del cemento) giocano un ruolo determinante nelle prime ore di reazione tra acqua e cemento.
Il C4AF e il C3A reagiscono rapidamente con acqua senza tuttavia contribuire significativamente allo sviluppo della resistenza meccanica se si eccettua un rapido ma piccolo incremento durante le prime ore. Ciò dipende dalla morfologia dei cristalli di C-A-H, prevalentemente basata sulla presenza di lamine esagonali o cristalli cubici, e quindi poco favorevole allo sviluppo della resistenza meccanica.
Il gesso
Per ovviare all’inconveniente della presa rapida (< 60 min- trasporto) si ricorre all’aggiunta del gesso (CaSO4 · 2H2O) o dell'anidrite (CaSO4) che rallentano la velocità di idratazione degli alluminati rispetto a quella del processo:
La presenza di gesso o anidrite modificano non solo la velocità di reazione degli alluminati (V'3<V3; V'4<V4), ma anche il prodotto della reazione: ettringite (C3A·3CaSO4·H32) anziché C-A-H.
In realtà le due modifiche sono tra loro correlate, ancorché la correlazione non appaia esplicitamente dal semplice confronto del processo, senza gesso, con il processo con il gesso.
L’ettringite che si forma durante le prime ore di idratazione degli alluminati nel cemento è detta “primaria”, per distinguerla da quella “secondaria” che si può formare successivamente in sfavorevoli circostanze. La formazione di ettringite “primaria” ritarda l’idratazione degli alluminati in quanto si deposita sulla superficie del C3A e del C4AF in forma di pellicola impermeabile (un feltro fittissimo di fibre) ed impedisce temporaneamente il contatto dell’acqua con il C3A e del C4AF. La quantità di gesso che occorre per regolare la presa del cemento è vincolata da un limite superiore (3.5% - 4% come SO3 a seconda dei cementi, pari a circa 7-8% di gesso).
Infatti, un eccesso di gesso e quindi di ettringite secondo il processo potrebbe comportare indesiderati fenomeni fessurativi per l’azione espansiva che accompagna la formazione di ettringite.
Di fatto, la quantità di gesso effettivamente impiegata viene individuata sulla base di due fattori: da una parte occorre che il gesso ritardi sufficientemente la presa del cemento; dall’altra la morfologia fibrosa dell’ettringite contribuisce, molto più del C-A-H, allo sviluppo soprattutto iniziale della resistenza meccanica; pertanto la resistenza meccanica del cemento Portland è maggiore di quella del corrispondente clinker, purché l’aggiunta di gesso rimanga.
Idratazione del cemento Portland a temperatura ambiente
Si mettono a confronto le velocità di idratazione dei singoli composti e si studia come essi aumentino la resistenza meccanica al trascorrere del tempo. La pasta di C3S viene idratata più velocemente della C2S, così pure la resistenza meccanica a tempi brevi è superiore nel C3S. Alle lunghe stagionature sono uguali.
L’idratazione dei C3A e C4AF pur avvenendo con velocità notevolmente superiori a quella dei silicati non ha molta resistenza meccanica. Le variazioni fisiche che avvengono durante la presa del cemento, quali ad esempio le proprietà reologiche e la quantità d’acqua adsorbita, sono dovute alla veloce idratazione della C3A e della C4AF. Le proprietà meccaniche del cemento vanno invece attribuite perlopiù all’idratazione del C3S e del C2S.
Pertanto, variando le proporzioni dei composti, si andranno ad influenzare i tempi di presa, le proprietà caratteristiche della pasta fresca, i livelli di resistenza meccanica, espansione …
Subito dopo l’impasto la pasta di cemento è una sospensione più o meno fluida, costituita da granuli di clinker e di gesso di dimensioni variabili fra 1mm e 200mm, dispersi in acqua.
Già dopo pochi minuti dall’impasto iniziano le reazioni di idratazione e lo spazio occupato dall’acqua viene riempito dai prodotti della reazione comportando una struttura del tipo gel.
I precipitati formano così dei “ponti” fra le particelle idratate riducendo la plasticità dell’impasto. In seguito all’impasto, l’acqua diventa soprasatura di ioni. Gli Ca+2 e OH provengono dalla reazione di idratazione del C3S e C2S e dalla calce libera contenuta nel clinker.
La soluzione acquosa diviene tanto più concentrata quanto più fine è il cemento, quanto più alto è il contenuto di C3S, e quanto più basso è il rapporto acqua/cemento.
Si nota che i primi composti solidi che si formano sono Ca(OH)2 ed ettringite. Se l’idratazione avviene in presenza della CO2 atmosferica, una parte non trascurabile di Ca(OH)2 si trasforma in CaCO3 (calcare). La formazione d’ettringite è funzione del contenuto di Ca+2 e SO-4 in soluzione. Sino a che la soluzione è soprasatura in Ca(OH)2, l’ettringite forma piccoli cristalli prismatici, e viene detta ettringite colloidale. Essa, grazie all’enorme sviluppo superficiale e alla particolare struttura cristallina è in grado di assorbire notevoli quantità d’acqua. Quando invece la soluzione diventa povera di Ca(OH)2 l’ettringite formerà dei cristalli aciculari allungati e ben sviluppati. L’espansività dell’ettringite viene attribuita a quella colloidale, la quale assorbendo notevoli quantità d’acqua rigonfia. Tale effetto è ben visibile nei cementi espansivi basati sulla produzione di ettringite, dove il rapporto acqua/cemento è notevolmente superiore a quello dei cementi Portland.
La presa va valutata misurando la resistenza dalla pasta alla penetrazione - AGO DI VICAT.
PRESA NORMALE (Portland) L’idratazione della fase ferrica e del C3A viene ritardata con gesso biidrato al clinke.
PRESA RAPIDA si verifica quando al clinker viene aggiunta una quantità di gesso insufficiente a ritardare l’idratazione del C3A. Un mescolamento prolungato stimola l’idratazione del C3A e quindi si ha l’incremento della velocità di presa. Si aggiungono anche additivi acceleranti o la carbonatazione del clinker. In qualsiasi caso si verifica un elevata emissione di calore, dovuta all’esotermicità della reazione acqua-C3A. La carbonatazione è un processo che avviene fra l’anidride carbonica e gli alcali presenti nel cemento originando dei carbonati alcalini i quali sono dei forti acceleratori di presa; oltre ad accelerare l’idratazione del C3S, provocano la precipitazione dell’ idrossido di calcio. Così l’idratazione del C3A avviene in presenza di gesso e carenza di calce, con la conseguenza che aumenta la velocità di idratazione del C3A. Se l’azione dell’ anidride carbonica è prolungata, si verifica innanzitutto un ritardo di presa, dovuto alla formazione di una pellicola di carbonato di calcio sulle particelle di clinker ed in seguito un’accelerazione nella presa, dovuto alla rottura di tale pellicola a causa dell’idratazione del cemento sottostante (espansione).
E' dovuto all’idratazione dei silicati C-S-H. Tuttavia la loro quantità, essendo scarsamente cristallini, è difficile da determinare.
Dallo studio del C/S della pasta, si osserva che esso è maggiore di quello previsto nella formazione del C-S-H. Tale eccesso è dovuto all’inquinamento da parte del Ca(OH)2. Si è osservato, che nel C-S-H ottenuto per idratazione del C3S, penetra una parte del solfato presente in soluzione. Tale penetrazione non è una sostituzione isomorfa del silicato con il solfato, ma piuttosto un’estensione della struttura del C-S-H, infatti l’entrata del solfato non è accompagnata da una espulsione di silice dalla struttura del C-S-H. Per controbilanciare elettricamente l’ingresso dello ione SO-4 nel C-S-H entrano pure degli ioni Ca+2 e OH- , e ciò comporta l’incremento del rapporto C/S e H/S La presenza dei solfati nel gel C-S-H comporta una riduzione della loro resistenza meccanica intrinseca. Tale calo di resistenza è attribuito alla riduzione della struttura fibrosa del C-S-H.
Il gesso si comporta da elettrolita, ossia accelera l’idratazione del C3S e quindi la formazione del C-S-H. L’effetto risultante dei due processi, introduzione solfati e accelerazione nella produzione di CS-H, fanno si che l’idratazione del C3S e la resistenza meccanica della pasta C3S varino non linearmente con il tempo di stagionatura. Alle brevi stagionature (1-2 giorni), sinché non si idrata il 40-50% di C3S, il gesso accelera l’idratazione del C3S e non modifica la qualità del C-S-H . In seguito il solfato inizia a penetrare nella struttura del C-S-H e la resistenza meccanica intrinseca diminuisce all’aumentare del solfato introdotto. Pertanto a 3-7 giorni, la massima resistenza che si ottiene al 2% di gesso, risulta data dal compromesso ottimale fra la quantità di C-S-H e la sua qualità. Alle lunghe stagionature, dopo 90 giorni, quando prevale l’effetto qualitativo su quello accelerativo, il massimo della resistenza meccanica sarà inferiore a quello che si verificherebbe in assenza di solfati (gesso). Oltre al solfato pure l’allumina e l’ossido ferrico possono penetrare nella struttura del C-S-H. Anche in questo caso analogamente a quanto avviene per il solfato, si ha una diminuzione del carattere fibroso del C-S-H (resistenza meccanica) e l’incremento del rapporto C/S.
Il cemento indurito è un insieme di particelle anidre, ricoperte da prodotti idratati detti gel, e di cavità di dimensioni variabili fra 1 e 0,01mm. Anche dopo anni esiste sempre una parte di cemento (10-20%) che rimane anidro per la presenza degli aghi del gel. Il C-H-S forma delle fibre, sopra al cemento anidro, di lunghezza e dimensioni variabili nell’ordine del mm, che vanno a disporsi in modo raggiante intrecciandosi tra loro.
Si formano così i fori capillari che possono essere riempiti d’acqua o vuoti e oltre a essi, nel gel ci sono dei pori notevolmente più piccoli, ordine del nm, i pori di gel che rappresentano circa il 28% del volume del gel. Si ritiene che dai fori capillari dipendano la maggior parte delle proprietà fisico-meccaniche, mentre si attribuiscono ai pori di gel le proprietà superficiali.
L’acqua presente nella pasta di cemento viene distinta in acqua libera e acqua combinata (rimane dopo evaporazione).
L’acqua nei pori presenta una tensione di vapore inferiore a quella normale e con punto di gelo a circa –80°C. Da stime sulla quantità d’acqua necessaria per far avvenire in modo completo l’idratazione di tutti i costituenti del cemento, per ogni 100 kg di cemento anidro minimo 42 litri d’acqua. Tale calcolo si basa sull’ipotesi che tutti i pori siano saturi d’acqua, se ciò non avvenisse l’acqua sottratta dai pori per dar luogo all’idratazione non sarebbe sufficiente e quindi non sarebbe possibile idratare completamente il cemento.
La maggior parte dei cementi è progettata per lavorare fra i 10 e 30 °C (temperatura ambiente).
Lavorabilità: Un aumento della temperatura comporta un accelerazione nella presa, e quindi una rapida perdita di lavorabilità. L’aumento di presa alle alte temperature è dovuto ad una riduzione dell’effetto ritardante sul idratazione del C3A e C4AF provocato dal gesso. Analogamente al C3S, l’alta temperatura, comporta un accelerazione nell’idratazione del C2S alle brevi stagionature, e una riduzione dell’idratazione a quelle lunghe. Ciò è attribuibile ad un processo simile a quello che avviene nel C3S.
Resistenza meccanica: Alte temperature comportano lo sviluppo di una maggiore resistenza alle brevi stagionature, essendo maggiore la quantità di cemento idratato, e contemporaneamente riducono quella delle lunghe stagionature, essendo minore la quantità di cemento che si idrata.
Fibre: La resistenza meccanica è perlopiù da attribuire alla lunghezza delle fibre di C-H-S presenti nel gel. A basse temperature, lenta idratazione, si riescono a formare delle fibre corte e poco intrecciate con conseguente bassa resistenza meccanica a compressione del cemento. Siccome però l’idratazione è lenta, ma per periodi lunghi, le fibre riescono ad accrescere, sino a divenire lunghe e intrecciate.
A temperature elevate la veloce idratazione del cemento darà origine subito a fibre lunghe e intrecciate, con conseguente elevata resistenza durante la presa. Siccome però l’idratazione viene presto interrotta, per la ridotta porosità, le fibre non riusciranno più ad accrescere e quindi non raggiungeranno mai le lunghezze ottenute a temperature ordinarie.
Climi caldi: la presa, a causa della veloce idratazione del C3A, risulta accelerata e quindi si ha una veloce riduzione della lavorabilità. Si sconsiglia d’aggiungere acqua che riduce le proprietà meccaniche del cemento, vanno perciò utilizzati additivi ritardanti di presa o cementi a basso contenuto di C3A e poco fini, per esempio il cemento ferrico, quello pozzolanico o quello d’altoforno. Il basso contenuto di C3A presenta inoltre il vantaggio di emettere lentamente il calore sviluppato e quindi di non andare ad innalzare la temperatura del cemento.
In certe applicazioni del cemento, prefabbricati, si sfruttano le elevate temperature per velocizzare la produzione, anche a scapito delle resistenze meccaniche finali. Un metodo molto utilizzato a tal scopo è l’idratazione a vapore, che consiste nel riscaldare il cemento mediante immissione di vapore surriscaldato. Oppure con raggi infrarossi o per immissione di corrente elettrica nei ferri.
Climi freddi: quando le temperature si abbassano l’indurimento iniziale è ritardato. Gli inconvenienti che ne derivano non sono solo legati al rinvio del disarmo e nel recupero delle casseforme, ma anche al rischio derivante da una possibile formazione di ghiaccio nell’impasto non ancora indurito.
Devono quindi utilizzarsi dei cementi a basso rapporto a/c e a presa accelerata, ossia molto fini e con elevato contenuto di C3S (buona resistenza meccanica) che sviluppa una notevole quantità di calore (riscalda il cemento). Inoltre il C3A è poco utile perché emette poco calore. Per accelerare l’idratazione del C3S e quindi l’emissione di calore, il cemento viene spesso additivato con elettroliti, fra i quali il più utilizzato è il cloruro di calcio. Tale additivo è da evitare nei calcestruzzi armati, infatti i cloruri accelerano la corrosione dei ferri.
Un ulteriore rimedio potrebbe essere quello di utilizzare acqua d’impasto riscaldata, mentre è sconsigliato riscaldare il cemento, che potrebbe indurre dei fenomeni di falsa presa legati alla disidratazione del gesso idrato. Si cerca di portare il cemento a circa 20-30°C, ossia nel campo di funzionamento ideale e tale temperatura dev’essere mantenuta durante tutto il periodo d’indurimento anche ricoprendo il calcestruzzo con dei isolanti termici.
Azione dissolvente esercitata da un liquido in movimento a contatto con un solido, provoca una perdita di resistenza meccanica ed un aumento della porosità, dovuto all’asportazione della pasta di cemento presente in una malta o in un calcestruzzo.
Se l’acqua dilavante contiene ioni aggressivi, l’incremento di porosità facilita la loro penetrazione, accelerando il deterioramento della struttura. In generale si ci riferisce soprattutto all’azione dissolvente dell’acqua nei confronti dell’idrossido di calcio, che è il composto più solubile presente in un impasto cementizio (a 20°C - 1,6 g/L di Ca(OH)2).
Quantitativamente si è valutato che per ogni 1% della calce dissolta si verifica una riduzione del 1-2% della resistenza meccanica a compressione. Per questo motivo è necessario confezionare dei cementi-calcestruzzi il più impermeabili possibile, cioè con rapporti a/c il più bassi possibile.
Bisogna inoltre evitare che vengano in contatto con l’acqua prima che si raggiunga una buona stagionatura, infatti finché la pasta è ancora poco stagionata la porosità, e quindi la permeabilità, è elevata. L’azione dilavante inoltre aumenta se l’acqua è corrente e se la temperatura è alta.
Azione degli acidi inorganici sulla pasta di cemento
Dissolve la pasta dovuta alla trasformazione dei vari costituenti in sali più solubili, e quindi esportabili. Tale effetto non può essere arrestato neppure con cementi-calcestruzzi impermeabili. L’azione degradante dell’acido inizia in superficie e penetra in profondità.
Soprattutto gli acidi inorganici forti distruggono rapidamente gli impasti cementizi. In laboratorio si è osservato che una soluzione acquosa all’1% di acidi forti può deteriorare il calcestruzzo nel giro di qualche mese. Gli acidi fluoridrico ed il fosforico formano sali di calcio insolubili, provocano deterioramenti più lenti. E’ possibile utilizzare il Portland per pavimenti sui quali solo occasionalmente si prevede possa cadere dell’acido, purché la quantità sia modesta e che si rimuova mediante lavaggio e neutralizzazione con soda. Un cemento alluminoso può resistere a pH di 4-5, mentre uno soprasolfatato può resistere a pH di 3,5.
Azione dell’anidride carbonica disciolta in acqua
Essa si presenta sotto forma di acido carbonico (H2CO3) dissociato in ioni H+ , HCO3 - e CO3 -2 (CO2 libera) o sotto forma di sali carbonatici (CO2 combinata). Una parte di Ca(OH)2 che per contatto con la CO2 dell’aria si trasforma in carbonato di calcio (CaCO3). Esso è insolubile in acque pure, mentre in acque contenenti CO2 libera (H2CO3), la sua solubilità aumenta sensibilmente a causa della trasformazione del CaCO3 in bicarbonato di calcio Ca(HCO3)2 secondo la reazione: CaCO3 + H2CO3 --> Ca(HCO3)2
Il bicarbonato di calcio (solubile) formatosi, per reazione verso destra, si scioglie completamente in acqua diminuendo la presenza di CaCO3 nel cemento e incrementando quella di HCO3 - in acqua (acqua contenente anidride carbonica aggressiva).
Al contrario, il CaCO3 viene a contatto con acqua relativamente povera in CO2 libera, la reazione, tipica in tubazioni e caldaie, avviene verso sinistra con formazione di CaCO3 a spese del bicarbonato disciolto in acqua. In tal caso l’acqua viene detta acqua incrostante ed essa non reca problemi al cemento infatti tende ad impermeabilizzato.
Maggiore è il contenuto di bicarbonato di calcio nell’acqua, più alto diviene il valore della CO2 libera di equilibrio. Non è possibile dire se un acqua è aggressiva o incrostante conoscendo unicamente la concentrazione della CO2 libera nell’acqua. Infatti oltre a variare con la quantità di bicarbonato di calcio disciolto, varia a seconda della curva di equilibrio caratteristica del contenuto minerale dell’acqua usata.
In pratica si utilizza la Prova del marmo (CaCO3) basata sulla determinazione dell’indice di saturazione (o di Langelier). Se esso è nullo l’acqua è in equilibrio, se è negativo l’acqua è aggressiva, mentre se è positivo l’acqua è incrostante.
Quindi o si rendere il cemento Portland il meno permeabile o si usano cementi d’altoforno e il pozzolanico.
Azione dei solfati sulla pasta di cemento
I sali solfatici, disciolti in molte acque naturali che scorrono a contatto con gesso o minerali argillosi ricchi in solfato, sono considerati gli agenti aggressivi più deleteri per il cemento. La loro azione produce nel cemento indurito un'espansione:
Se è <0,01% si verifica un miglioramento della resistenza meccanica a causa della riduzione delle microfessure da ritiro.
Se l’espansione è >0,1%, si hanno distacchi superficiali di cemento che nel tempo compromettono la stabilità della struttura.
Si ritiene che l'espansione sia dovuta alla formazione di gesso ed ettringite per reazione dei solfati con l’idrossido di calcio (Ca(OH)2) e le fasi idrate provenienti dall’idratazione dell’alluminato tricalcico.
Nel caso in cui l’acqua contiene solfato di magnesio si forma un prodotto poco solubile che precipita sotto forma di Mg(OH)2, rallentando la trasformazione del Ca(OH)2 in Mg(OH)2. Tuttavia il solfato di magnesio interagisce pure con il gel idrosilicatico CS-H, rappresentato dal C3S2Hy, provocandone la trasformazione in una massa incoerente di gel di silice (SiO2 . xH2O) e di cristalli di gesso e di idrossido di magnesio secondo la: C3S2Hy + 3MgSO4 ‡ 3(CaSO4 . 2H2O) + 3Mg(OH)2 + 2SiO2 . xH2O + (y-9-2x)H2O Tale trasformazione è altamente degradante, cosicché il solfato di magnesio può considerarsi il solfato più deleterio fra tutti. Se l’acqua presenta cationi Na+ o K+ , derivanti dalla soluzione del solfato di sodio o di potassio, i prodotti derivanti consistono in una soluzione acquosa di idrossido di sodio (2Naaq + + 2OHaq - ) o di potassio (2Kaq + + 2OHaq - ).
Con acqua corrente e contenente solfato di sodio, si può verificare la completa trasformazione del C-S-H in gesso;
Se l'acqua è stagnante la trasformazione avviene solo per la parte dei C-S-H richiesti dalla concentrazione dei ioni Na+ presenti in acqua.
Con l’acqua di mare si è osservato che l’espansione è inferiore a quella che si verifica con un acqua “normale” di pari contenuto di solfati, a causa della maggiore solubilità in acqua di mare. Ciò che non si espande viene disciolto. Purtroppo oltre la minor espansione del cemento esso ha subisce un incremento del dilavamento. L’azione dilavante dell’acqua di mare viene favorita anche dal moto ondoso e dal maggior contenuto di anidride carbonica aggressiva.
Thaumasite: Si forma con un'umidità relativa > 95% e T fra i 2 ed i 6°C (CaCO3 . CaSO4 . CaSiO3 . 15H2O). Presenta un degrado molto più elevato rispetto a quello dalla formazione di gesso ed ettringite. Ha la possibilità di formarsi anche in cementi privi di alluminati. La formazione di thaumasite ed ettringite sono ritenute le principali cause di deterioramento delle malte da intonaco. Viste le causa che determinano l’espansione solfatica, si è pensato di quantizzare tale effetto sui diversi cementi. Si osserva che il C3A provoca fenomeni espansivi molto più consistenti degli altri costituenti del cemento, soprattutto se aggiunto al C2S e C3S.
Nella costruzione di strutture in ambienti solfatici è da preferirsi l’uso di cementi ad alto contenuto di C4AF che provoca una bassa espansione (cemento ferrico).
Azione del cloruro di calcio sulla pasta di cemento
Riduce le proprietà meccaniche e va ad incrementare la velocità di corrosione dei ferri presenti nelle strutture armate. L’azione degradante del CaCl2 (sale disgelante) è molto attiva nel periodo invernale. Essi per reazione con il Ca(OH)2 del cemento formano dei ossicloruri di calcio idrato (3CaO. CaCl2 . 15H2O) i quali originano delle fessurazioni.
E' la quantità minore che consenta di riempire i casseri e proteggere gli eventuali ferri presenti, al fine di ottenere un cemento il più resistente, omogeneo, compatto, impermeabile, dimensionalmente stabile e durevole nel tempo.
Le impurità disciolte o sospese nell’acqua, interagiscono con il cemento anidro, le acque potabili non inducono variazioni, ma data la loro scarsità si preferisce utilizzare acque di mare, di palude o da scarichi industriali, che possono alterare le proprietà chimico-fisiche. Il sistema acqua d’impasto è un sistema chiuso e quindi, è ben nota la concentrazione di ogni singola sostanza che interviene durante l’idratazione
Carbonati e bicarbonati influiscono sui tempi di presa e sulla resistenza meccanica. Per valutare il loro effetto si fanno prove di presa e resistenza meccanica quando la concentrazione supera i 1000 ppm.
Solfati considerati aggressivi in quantità >200ppm. Però pure una quantità rilevante, acqua di mare (1000 – 3000 ppm), non è un problema essendo il sistema è chiuso e quindi l’eccesso di solfato andrà ad incrementare l’effetto del gesso, rallentando la presa.
Acido cloridrico si forma una parte non trascurabile di cloruro di cemento, derivante dalla reazione di neutralizzazione dell’acido, la cui azione accelera l’idratazione del C3S, migliorando le proprietà meccaniche alle brevi stagionature. Nota l’azione dei cloruri rispetto ai ferri strutturali, è buona norma tollerare al massimo un contenuto dello 0,06% di cloruri rispetto al peso di cemento, comunque una certa quantità di cloruri è contenuta di per se nel cemento e nei additivi. La normativa stabilisce un limite di 300 – 500 mg/L.
Sostanze organiche
Cemento ferrico
La maggior parte dell’allumina e dell’ossido ferrico sono contenuti nella fase ferrica C4AF e contengono quantità modeste di C3A
Ha un basso calore di idratazione e di buona resistenza all’attacco dei solfati. E’ idoneo per getti eseguiti in climi caldi o di masse notevoli, quando cioè un eccessivo sviluppo di calore potrebbe indurre dei effetti, come la fessurazione o l’aumento di permeabilità a causa di un eccessiva evaporazione d’acqua, con conseguente riduzione di resistenza meccanica e incremento di aggressività da parte dei solfati
Le proprietà vengono migliorate per aggiunta di pozzolana finemente macinata
Cemento pozzolanico - Pozzolana + Portland
La pozzolana è un materiale di origine vulcanica con elevato contenuto in silice (SiO2 40-90%) e allumina (Al2O3 10-25%). La pozzolana non indurisce al contatto con acqua, perché non è un legante idraulico. Tuttavia in presenza di calce (20-30%) si comporta come un ottimo legante idraulico con prestazioni superiori rispetto alla sola calce (“attività pozzolanica” - i Romani svilupparono questa tecnologia)
La riscoperta della pozzolana + Portland, all’inizio del secolo(anziché con la calce) è dovuta al fatto che il cemento Portland, a contatto con l’acqua d’impasto, libera la calce e che quest’ultima diventa disponibile per attivare l’indurimento della pozzolana. Si usa il 40-50% di Portland per liberare un’adeguata quantità di calce.
La pozzolana artificiale è formata da scarti industriali, derivanti dalla combustione termoelettrica o dalla produzione di silicio metallico dal quarzo purissimo. Il minor costo rispetto al clinker e il risparmio energetico rendono questo cemento più economico.
L’indurimento è dovuto alla formazione di silicati e alluminati di calcio idrati. Tali prodotti formatisi sono insolubili in acqua e comportano la riduzione del contenuto d’idrossido di calcio (Ca(OH)2) presente in soluzione e derivante dall’idratazione del clinker.
Per il basso contenuto di Ca(OH)2 - CaO libera il cemento pozzolanico presenta una miglior resistenza agli attacchi chimici ed in particolare a quelli dei solfati ed alle acque contenenti anidride carbonica aggressiva. Per questo è particolarmente usato nella costruzione di opere idrauliche, ed in particolare di quelle marittime.
Le pozzolane reagiscono con la calce perché hanno un carattere acido e sono in uno stato di instabilità termodinamica essendo vetrose o amorfe
La quantità di pozzolana da aggiungere al clinker varia da 10 al 40% in funzione della reattività della pozzolana. Lo scopo è infatti quello di combinare la maggior parte del Ca(OH)2 disponibile e quindi rendere il cemento più resistente all’azione chimica.
Se la pozzolana è reattiva, il cemento presenta una resistenza meccanica più bassa alle brevi stagionature, rispetto al Portland, dovuta alla minor quantità di C3S e C2S presenti nel cemento, mentre alle lunghe stagionature la resistenza meccanica diventa superiore al Portland, infatti si ha un incremento di silicati di calcio idrati (C-S-H) derivanti dalla lenta reazione calce-pozzolana oltre a quelli ottenuti per idratazione dei C3S e C2S.
Se invece la pozzolana è poco reattiva, affinché possa ridursi la quantità di Ca(OH)2, dovrà aggiungersi al cemento pozzolanico una proporzione rilevante di pozzolana e quindi si ha una minore resistenza meccanica.
Il gesso forma ettringite e monosolfati che inducono delle alterazioni nelle proprietà chimico-fisiche del cemento.
La resistenza alla CO2 aggressiva è dovuta al fatto che la Ca(OH)2 è combinata con la pozzolana, e quindi non esistono quantità rilevanti di Ca(OH)2 libero che possano essere trasformate nel bicarbonato di calcio e quindi dilavate dall’acqua.
Anche la resistenza all’azione dei solfati è legata alla ridotta quantità di Ca(OH)2 libera, che per formazione del CaSO4 . 2H2O induce l’espansione e quindi degrado del manufatto. Inoltre l’elevata resistenza viene attribuita anche alla formazione di una pellicola protettiva di gel idrosilicatico, di rapporto CaO/SiO2=1, attorno agli alluminati di calcio idrati, formatasi per reazione fra calce e pozzolana, evitando la formazione di ettringite.
Maggiore è il contenuto di C3A nel cemento Portland maggiore dev’essere il contenuto di silice della pozzolana affinché si possa garantire una buona resistenza all’azione solfatica. Questo perché la pozzolana si combina con il calcio dei alluminati, impedendo così la reazione con i solfati che originerebbe i solfoalluminati. Se invece il cemento contiene la fase ferrica (C4AF) in luogo del C3A, a parità di silice, si ottiene un ulteriore miglioramento, in quanto viene ridotta la quantità di materia attaccabile dai solfati. Pertanto il cemento ferrico-pozzolanico risulta il più resistente all’azione solfatica.
Il cemento pozzolanico, rispetto al Portland, presenta una migliore resistenza alla penetrazione dei cloruri.
Rispetto al Portland ha una minore quantità di calore di idratazione, la riduzione percentuale di calore liberato, a 7 e 28 giorni, è circa la metà della percentuale di pozzolana aggiunta.
Il pozzolanico ha un maggior sviluppo superficiale rispetto al Portland, e quindi richiede un quantitativo d’acqua di impasto superiore e quindi presenta un ritiro superiore. Per questo la resistenza all’azione gelo-disgelo risulta leggermente inferiore (sistemi di isolamento termico).
Cemento d’altoforno
E’ una miscela di cemento Portland (clinker e gesso) e loppa d’altoforno, che è la scoria liquida eliminata dall’altoforno durante la produzione della ghisa (circa 1 tonnellata di ghisa prodotta si ottiene da 0,3 a 1 tonnellata di loppa). La sua composizione è di CaO, SiO2, Al2O3, MgO oltre ai costituenti minori MnO, Fe2O3 e S. La loppa fusa viene temprata in acqua originando dei granuli amorfi ad elevata porosità, detti loppa granulata d’altoforno. La loppa granulata d’altoforno quando viene posta a contatto con l’acqua subisce idratazione, formando uno gel impermeabile, a base di silice e allumina. La loppa finemente macinata, a differenza della pozzolana, ha proprietà idrauliche e leganti cioè non ha bisogno di calce.
La velocità di idratazione (formazione C-H-S) è troppo lenta per permettere un’applicazione strutturale della sola loppa. Facendo diventare l’acqua d’impasto alcalina, con inserimento di attivatori, i quali reagiscono col gel portandolo in soluzione, si rende il gel permeabile(con gesso, la calce, idrossido di sodio o potassio). Pertanto il Portland presente nel cemento d’altoforno ha come caratteristica principale di rendere possibile l’idratazione della loppa. Ovviamente i leganti con 15 % o con 90% di loppa non avranno prestazioni equivalenti, soprattutto nella resistenza meccanica alle brevi stagionature (2-7 giorni) dove il contributo della loppa è modesto e rimane solo quello apportato dal clinker di cemento Portland.
Il cemento d’altoforno, come il pozzolanico, si usa in climi caldi e marittimi.
Analogamente al pozzolanico sviluppa resistenze meccaniche più basse del cemento Portland alle brevi stagionature, mentre alle lunghe è leggermente superiore.
Per aggiunta di gesso si incrementa la velocità di presa, mentre l’aggiunta di cloruro accelera l’indurimento (raffreddamento della loppa in acqua di mare), da evitare nella costruzione di strutture armate.
Cemento soprasolfatato
80-85% di loppa granulata, 10-15% di anidrite (gesso cotto) e 5% di cemento Portland.
Il cemento ha un minor sviluppo di calore di idratazione ed una richiesta d’acqua di impasto inferiore (minore porosità capillare).
La temperatura ottimale è intorno ai 40°C.
Il cemento soprasolfatato è molto resistente all’azione dei solfati dell’acqua di mare e alle sostanze organiche in concentrazioni <0,5%, mentre è poco resistente alla CO2 dell’aria. Per questo motivo esso è idoneo per la costruzione di calcestruzzi immersi in acqua, mentre è sconsigliato per altre costruzioni.
Se miscelato con quantità eccessive d’inerte perde di resistenza molto rapidamente.
Cemento alluminoso
E’ ottenuto per cottura di miscele di calcare e bauxite (Al2O3). Il calcare fornisce la calce che si combina con l’allumina della bauxite per formare l’alluminato monocalcico(CA) (50-60%) secondo la:CaCO3 + Al2O3-->CA + CO2. Sono secondari i composti C2S, C4AF, C2F, CA2, C2AS, formati per reazione di impurezze.
Mescolando il cemento con l’acqua inizia l’idratazione e in qualche ora si raggiunge la soprasaturazione dell’acqua in calce ed allumina, ma raggiunto il massimo, la concentrazione tende a diminuire per precipitazione di alluminati di calcio idrati (CAH10 e C2AH8) e di gel d’allumina (AHx) secondo le seguenti reazioni: CA + 10. H2O --> CAH10 2CA + (8+x). H2O --> C2AH8 + AHx
Ha un rapido indurimento (un giorno) ed è impiegato in climi freddi e nei getti di piccole dimensioni dove sia necessario raggiungere rapidamente un elevata resistenza e avere un'alta temperatura di idratazione.
Ha un' elevata resistenza chimica al dilavamento che deriva dall’assenza del idrossido di calcio CaOH2 e alla carenza di alluminati idrati ricchi in calcio (C3AH6), trasformabili in gesso ed in ettringite.
Si usa per realizzare calcestruzzi refrattari (fino a 1000-1600°C) usati per fondazioni di fornaci, supporti di carrelli refrattari e pareti di forni.
Il parametro al quale si attribuisce la maggior influenza sulla resistenza è la porosità capillare.
Secondo Powers l’espressione che lega la resistenza meccanica a compressione (sc) e la porosità capillare, intesa come volume dei vuoti capillari (Vp)
Riferendosi ad un impasto da laboratorio, ottenuto da 100 kg di cemento anidro, si ottiene a idratazione completa un volume di gel pari a 67,90 litri. Se l’idratazione non è ancora completa, allora Vg=a*67,90, e nota l’espressione di Vp, si ottiene come varia la resistenza meccanica a compressione al variare del grado d’idratazione: sc = K [(0,6790*a) / (0,3175*a + a/c)] 3 a è funzione della stagionatura, dal rapporto a/c, dalla composizione del cemento..., ma in qualsiasi caso un idratazione completa (a=1) non può mai essere realizzata, a causa della formazione della pellicola di gel che avvolge i granuli anidri.
Studiando la sc come funzione della variabile a/c, essendo a(a/c), si osserva che non ha senso usare alte a/c, infatti ciò non comporterebbe un innalzamento proporzionale del grado d’idratazione (a) e quindi la sc diverrebbe ridotta. Vanno pertanto utilizzati dei a/c che inducano la massima idratazione possibile a minima quantità d’acqua inserita. In altre parole si preferisce avere una idratazione incompleta, piuttosto di una pasta maggiormente idratata ma con acqua non completamente consumata durante l’idratazione. L’acqua in eccesso tende infatti ad evaporare e quindi aumentare la Vp. Un valore ideale di a/c è lo 0,30. Esso però non è utilizzabile in pratica in quanto, oltre a rendere la pasta poco lavorabile, presenta una cattiva compattazione con il conseguente rischio di introdurre delle macro porosità (punti deboli) nella struttura.
Allo scopo di mantenere a/c “bassi” e contemporaneamente presentare una buona compattazione, vanno utilizzati dei sistemi di compattazione per vibrazione o gli additivi fluidificanti e super fluidificanti.
E' però impossibile costruire un modello che tenga conto di tutti i fattori microscopici. Per questo motivo nella pratica si fa largo uso di diagrammi che legano le proprietà macroscopiche, quali ad esempio la resistenza meccanica, la lavorabilità, la compattazione, la deformazione… con altre proprietà macroscopiche, quali rapporto a/c, quantità d’additivo aggiunto, temperatura, umidità relativa… senza badare alle strutture microscopiche del cemento.
Fino al 1993 in Italia vigeva una normativa, emanata con un Decreto Ministeriale del 1968, che regolamentava la produzione dei cementi sul territorio.
Con l’avvento delle regole comunitarie nell’Unione Europea per il cemento è stata concordata una nuova normativa (UNI-ENV 197 Parte 1 (1993) in vigore dal 1994 che è conforme alla norma europea ENV 197/1) basata su una classificazione unica.
L’obiettivo è di consentire la distribuzione del cemento, prodotto in un qualsiasi paese comunitario, su tutto il territorio dell’Unione e dall’altra, mettere in condizioni i tecnici delle costruzioni (preconfezionatori, prefabbricatori, imprese e studi diprogettazione) di poter scegliere, con gli stessi criteri, il cemento più adatto allo specifico impiego in qualsiasi Paese dell’Unione essi si trovino ad operare.
La normativa europea sui cementi è incentrata su due requisiti fondamentali: la classe di resistenza e il tipo di cemento (composizione chimica).
Esistono 25 diversi tipi (o sottotipi) di cemento, e ciascun tipo è disponibile in 6 diverse classi di resistenza, quindi sono teoricamente possibili 150 diversi cementi. In realtà, nel singolo Paese non tutti i tipi vengono prodotti, per mancanza locale di alcuni ingredienti o per mancanza di una tradizione pre-esistente a produrre ed impiegare alcuni determinati cementi E neppure tutte e 6 le classi di resistenza sono disponibili per i vari tipi di cemento, molto spesso per difficoltà tecniche a produrre o a impiegare alcune classi di resistenza di determinati tipi di cemento.
La presenza o meno del simbolo R, dopo il numero, sta a significare il comportamento meccanico del cemento alle brevi stagionature
La suddivisione dei cementi in base alla loro composizione prevede cinque tipi:
I: Cemento Portland (1 tipo): con almeno il 95% di clinker.
II: Cementi Portland di miscela (17 sottotipi): il clinker è predominante (almeno 79%) e dove gli altri costituenti (escluso il fumo di silice impiegabile solo nell’intervallo 6-10%) possono oscillare entro due intervalli: A: 6-20% B: 21-35%;
La sigla è formata da II, seguito dalla lettera A o B ed infine da una lettera che individua lo specifico costituente minerale: (S loppa, P pozzolana naturale, L calcare…).
Per esempio la sigla II/A-S sta ad indicare un cemento Portland di miscela (II), contenente loppa (S) in una proporzione variabile dal 6 al 20% (A), e prenderà il nome di “cemento Portland alla loppa”.
Se accanto al prevalente clinker di cemento Portland sono presenti più di un costituente minerale il legante sarà chiamato “cemento Portland composito” individuato dalla sigla II/A-M o II/B-M a seconda del contenuto di clinker.
III: Cemento d’altoforno (3 sottotipi): sono previsti 3 livelli composizionali nel contenuto di loppa che vengono individuati nella sigla del cemento con: A (loppa 36-65%), B (loppa 66-80%), C (loppa 81-95%). Quest’ultimo rappresenta il cemento con il minor contenuto di clinker (che può scendere fino al 5%) e che proprio per questo si caratterizza per il bassissimo calore di idratazione oltre che per un’ottima resistenza all’attacco del solfato, dei sali disgelanti e dell’acqua di mare. Ovviamente questo specifico cemento d’altoforno (con sigla III/C) non potrà essere disponibile se non nelle classi di resistenza più basse (32.5, o al massimo 32.5R), per la carenza del clinker necessario all’ottenimento di una elevata resistenza meccanica alle brevi stagionature.
IV: Cemento pozzolanico (2 sottotipi): il clinker è compreso tra gli intervalli 65- 89% (A) oppure 45-64% (B) e come costituente minerale è presente una miscela di microsilice, cenere silicica e pozzolana naturale o industriale. Il cemento pozzolanico (IV) si distingue dal cemento Portland alla pozzolana (II) e dal cemento Portland alla loppa II per il minor contenuto di clinker. Sarà difficile prevedere la disponibilità nelle classi di resistenza più elevate.
V: Cemento composito (2 sottotipi): con un contenuto di clinker ridotto (40-64% oppure 20-39%) e con una miscela di loppa, pozzolana e cenere silicica come costituenti minerali. Non va confuso con il cemento Portland composito (II/M) più ricco in clinker e più povero in costituenti minerali.
Per la determinazione effettiva della resistenza meccanica di un cemento è necessario adottare una procedura standardizzata, in base alla quale alcuni parametri siano mantenuti costanti da prova a prova.
Per esempio, poiché il rapporto tra il quantitativo di acqua e quello del cemento condiziona la prestazione meccanica di un impasto cementizio, per la miscela (in forma di malta) su cui eseguire la prova di resistenza, si adotta sempre lo stesso rapporto acqua/cemento (0.5). Così pure è fisso il rapporto tra sabbia e cemento, come anche il tipo di sabbia, la sua granulometria…
Sono anche standardizzati il tipo ed il tempo di miscelazione, la modalità di riempimento delle casseforme con la malta, le condizioni termiche (20°C) ed igrometriche di maturazione ed infine la metodologia di sollecitazione meccanica per la rottura dei provini. I risultati della resistenza meccanica, ottenuti secondo la procedura sopra descritta, vengono poi confrontati con i valori minimi richiesti dalla norma per ciascuna classe di resistenza.
Permette di valutare il dosaggio dei singoli elementi che costituiscono il calcestruzzo sulla base delle caratteristiche che quest’ultimo deve possedere per soddisfare le necessità del progettista e le esigenze dell’impresa. Si basa su parametri base:
Lavorabilità - la classe di consistenza
Cresce all'aumentare della quantitativo di acqua utilizzata e dipende anche dalle caratteristiche degli inerti utilizzati (diametro massimo previsto e superficie dell'inerte) oltre che dalla presenza di eventuali additivi.
La mobilità è importante per facilitare il trasporto, il getto e l’avvolgimento dei ferri d’armatura all’interno delle casseforme.
La compattabilità è importante per agevolare, per vibrazione, la fuoriuscita dell’aria intrappolata dal calcestruzzo fresco ed assicurare la massima densità possibile, oltre che il massimo contatto superficiale ferri e calcestruzzo.
E' misurata con lo slump test, ovvero attraverso la determinazione dell’abbassamento del calcestruzzo, appena sformato da un tronco di cono metallico (cono di Abrams,) rispetto all’altezza dello stesso calcestruzzo costipato in modo standardizzato all’interno del cono alto 300 mm .
La resistenza meccanica classe di resistenza
E' funzione del rapporto acqua/cemento e della quantità di cemento da utilizzare (se misurata a 28 giorni dipende anche dal tipo e dalla classe del legante) al diminuire della prima e al crescere della seconda aumenta la resistenza meccanica
Esposizione
Le sigle delle singole classi di esposizione sono composte dalla lettera X (per esposizione), da una lettera caratteristica del tipo di effetto nocivo e da una cifra che caratterizza l’intensità degli effetti dannosi. Esempio: XC3 / XD1 / XF2 / XA1
• 0 per „rischio zero“ (nessun rischio di corrosione o di aggressione)
• C per „Carbonation“ = carbonatazione (corrosione dovuta a carbonatazione)
• D per „Deicing salt” = sale scongelante (corrosione dovuta a cloruri)
• S per „Seawater“ = acqua marina (corrosione dovuta ad acqua marina)
• F per „Frost“ = gelo (aggressione del gelo con o senza sali scongelanti)
• A per „Chemical A<ack“ (a<acco chimico)
• M per „Mechanical Abrasion“ (aggressione meccanica, abrasione, ecc.)
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Il Mix-Design Semplice
Per individuare la composizione del calcestruzzo se si conoscono i seguenti tre requisiti che rappresentano gli elementi base per ogni mix-design anche secondo le Norme Tecniche per le Costruzioni emanate con il DM del 14 Gennaio del 2008.
Da un punto di vista pratico, poiché la normativa riportata nelle Norme Tecniche per le Costruzioni emanate con DM del 24 Gennaio 2008 prevede che nel progetto sia sempre indicato la classe di esposizione, l’unica possibilità per l’esistenza di un mix design semplice può essere adottato solo nelle costruzioni con classe di esposizione X0 per la quale non esiste alcun vincolo per il conseguimento della durabilità (ambienti interni al riparo dalle piogge ambientali).
la classe di resistenza → resistenza caratteristica (Rck) da convertire in a/c se si conosce il tipo di cemento
tipo e classe di cemento
la classe di consistenza → lavorabilità
il diametro massimo dell’inerte (Dmax) disponibile → compatibilità con il copriferro
c (cemento), a (acqua), a’ (aria) ed i(inerte) tutti espressi in kg/m3 o in l/m3 di calcestruzzo.
Sia per il calcolo di a/c che per quello di a e della percentuale d’aria (a’), occorrono delle correlazioni (grafici, tabelle o equazioni analitiche) che stabiliscano un legame tra resistenza, lavorabilità… ed i parametri di composizione cercati (a/c; a; a’).
Aria inglobata: La percentuale in volume di aria presente nel conglomerato (aria intrappolata) è deducibile dalla curva, la quale mostra la percentuale di aria intrappolata nel calcestruzzo, misurata sperimentalmente dopo compattazione in funzione del diametro massimo (Dmax) dell’ inerte scelto.
Mix-design è complesso
Quando, oltre ai suddetti tre requisiti, esiste almeno un’altra caratteristica aggiuntiva (usualmente la durabilità) che interessa conferire al materiale. Nel paragrafo § 11.2.1 delle Norme Tecniche per le Costruzioni emanate con DM del 24 Gennaio del 2008 si precisa che “la prescrizione del calcestruzzo all’atto del progetto deve essere caratterizzata almeno mediante la classe di resistenza, la classe di consistenza ed il diametro massimo dell’aggregato”.
Gli inerti naturali o di frantumazione devono essere costituiti da elementi non gelivi, privi di parti friabili, polverulente, terrose e di sostanze comunque nocive all’indurimento del conglomerato ed alla conservazione delle armature; Per inerti si intende sia la sabbia che il pietrisco o la ghiaia.
Sabbia: utilizzata per la realizzazione di malte.
Pietrisco: ricavato dalla frantumazione di roccia. Deve essere lavato per eliminare i residui di polvere propri della lavorazione.
Ghiaia: di formazione naturale non particolarmente indicata per la forte disomogeneità dei singoli elementi dal punto di vista chimico (presenza di elementi poco resistenti come le arenarie), per la forma spesso appiattita e per la presenza di elementi organici che ne diminuiscono la resistenza
Un impianto di produzione di cemento negli anni trenta poteva avere importanti effetti sulla salute a causa delle sostanze rilasciate dai processi di lavorazione, oltre che dalle attività accessorie (traffico di camion, estrazione a celo aperto con esplosivi). Al giorno d'oggi l'evoluzione della tecnologia e la legislazione adottata da tutti i principali Paesi sviluppati ha permesso di ridurre tali rischi. In particolare la cottura del clinker richiede grandi quantità di combustibile, normalmente pet-coke (derivato dal petrolio), che provoca una emissione di inquinanti, tra cui gas serra, ossidi di azoto (NOx), biossido di zolfo SO2, monossido di carbonio CO, biossido di carbonio CO2, composti organici volatili e polveri fini (PM10 e PM2,5).
I cementifici raggiungono temperature di combustione pari a 1400 °C. Non indicato il coincenerimento dei rifiuti nei cementifici perché il materiale di scarto o il CDR può essere solamente immesso tramite la zona di precalcinazione che ha temperature di circa 800 °C, decisamente troppo basse e troppo pericolose.
I cementifici, per legge, sono tutti equipaggiati con sistemi di abbattimento dei fumi di combustione quali filtri a maniche per altissime temperature: la grande quantità d'aria necessaria per bruciare i combustibili fossili agisce diluendo gli inquinanti contenuti nei rifiuti e quindi nelle emissioni al camino. Nonostante l'assenza di trattamenti specifici nei confronti di diossine e mercurio, si registrano concentrazioni di inquinanti ben inferiori ai valori minimi imposti dalle norme di legge (normativa europea).
I registri europei INES/EPER confermano che non vi sono significative emissioni di piombo, mercurio, ammoniaca.
Sviluppi recenti L'Università di Newcastle ha realizzato nel 2019 un bio-cemento in grado di auto-ripararsi in caso di crepe o fratture. Ispirandosi al batterio Bacilla Filla, questo tipo di cemento reagisce alle variazioni di pressione dell’ambiente creando molecole di carbonato di calcio.
Anche in Italia è nato un bio-cemento da acqua ossigenata e lievito di birra che non ha bisogno di alluminio.
Il cemento è uno dei materiali più utilizzati nella costruzione degli edifici in tutto il mondo e nel tempo è diventato sempre più maneggevole, resistente e leggero. Tuttavia ha la tendenza a sviluppare crepe. Con il tempo, ma soprattutto a causa di fenomeni come ad esempio i terremoti, il cemento diventa fragile e, come risultato, edifici che prima sembravano imponenti e perfettamente stabili vengono talvolta spazzati via dalle fondamenta. Il problema sembra però aver trovato una potenziale soluzione con l’avvento di un prodotto mai visto prima: un cemento vivo, contenente al suo interno batteri vivi geneticamente modificati in grado di rigenerarlo e riparare così le eventuali crepe.
Innanzitutto il fatto che i batteri possano sopravvivere e prosperare nel cemento armato non è una novità: era già stato scoperto nel 2016. Dopo quello studio, però, la ricerca sull'argomento si è fermata per qualche anno: «Il cemento armato è il materiale da costruzione più usato al mondo, eppure non sappiamo nulla dei batteri che ci vivono dentro», ha spiegato la prima autrice dello studio, la microbiologa dell'università del Delaware Julie Maresca. Lei e il suo team hanno quindi provato per la prima volta ad analizzare le comunità batteriche che vivono nel cemento..
Per raggiungere lo scopo hanno fatto quello che si fa sempre in questi casi: hanno preso 40 cilindri di cemento armato di 1dm^3 e li hanno piazzati sul tetto del laboratorio e ne hanno seguito l'evoluzione per due anni, prelevando ogni tanto campioni di materiale per determinare, grazie all'analisi del DNA.
La maggior parte dei batteri del cemento apparteneva a uno di tre phylum (Proteobacteria, Firmicutes e Actinobacteria); secondo lo studio, il 50/60% di essi proveniva dalle materie prime usate per fare il cemento, in particolare la ghiaia. Tutte e 40 le comunità hanno prosperato, ma la diversità di batteri presenti nei cilindri è andata diminuendo con il tempo, pur con qualche oscillazione, cioè dopo due anni la comunità si era fatta più omogenea.
Per quanto riguarda gli impieghi strutturali del cemento il problema sembra aver trovato una potenziale soluzione grazie alle invenzione inglese, nell’Università di Newcastle, ad opera di un team di ricercatori capeggiati da Martyn Dade-Robertson. Secondo le stime, questo nuovo materiale sarà impiegato nel costruire nuove fondamenta, che saranno molto più sicure di quelle odierne.
La ricerca inglese di Dade-RobertsonLa ricerca di Dade-Robertson si basa su un’altra ricerca avvenuta nella stessa università sul batterio del ceppo denominato BacillaFilla, realizzato dagli stessi studenti, che era in grado di riparare crepe nel calcestruzzo grazie alla sua capacità di produrre carbonato di calcio e una colla a base di zuccheri.
Dade-Robertson ha preferito utilizzare un batterio molto più comune, che però non era di per sé in grado di svolgere l’attività dei BacillaFilla. Dunque i ricercatori hanno modificato il DNA di Escherichia coli, affinché producesse una proteina fluorescente che viene attivata in conseguenza all’attivazione dei 122 geni sensibili ai cambiamenti di pressione.
Come ultimo passaggio è stato sostituito il gene che produceva la proteina luminescente con dei geni in grado di produrre sostanze simili a quelle prodotte dagli altri batteri, che si attiveranno di conseguenza proprio quando il batterio subirà cambiamenti di pressione o percepirà movimenti del suolo.
Anche la Delft University of Technology sta studiando il possibile utilizzo dei batteri Bacillus nell’ottica della futura produzione di un cemento. Tali studi, iniziati nel 2006, sono guidati dal microbiologo Henk Jonkers.