Nel 2020 oltre l’ 80% delle leghe metalliche prodotte sono leghe ferrose (acciai).
è il 4 elemento per abbondanza, 5,1% della crosta terrestre ed è contenuto in quantità variabile in quasi tutte le rocce della litosfera.
allo stato elementare si trova sulla Terra grazie hai meteoriti (sideroliti). Il ferro nativo di origine terrestre è raro, è stato scoperto solo in alcune località della Groenlandia occidentale (Ovifak, Isola Disko). Questo Fe nativo contiene un certo tenore (1-2 %) di cobalto e si è formato per riduzione degli ossidi ferrosi presenti in un magma basaltico durante la sua ascesa attraverso dei banchi di carbone (lignite). Altri ritrovamenti di Fe nativo a Bühl (Kassel, Germania) e in Alvernia (Francia).
I minerali utili nell'estrazione sono soprattutto gli ossidi: ematite (Fe2O3), magnetite (Fe3O4), limonite (Fe2O3.nH2O) ed il carbonato (FeCO3). Importanti sono anche i solfuri, pirite (FeS), marcasite e pirrotina.
Giacimenti importanti di magnetite ed ematite si trovano in Svezia, negli Urali centrali, negli USA Appalachi e Grandi laghi, nel Nord-Est della Cina, in Canada Ontario, in India, in Sud Africa e in Venezuela con una distribuzione diffusa. Lo sfruttamento è economicamente possibile soltanto in presenza di depositi di carbone nelle vicinanze per diminuire il processo di produzione della ghisa con l'altoforno.
E’ un metallo bianco splendente, duttile e malleabile. E’ polimorfo, cioè ha più forme allotropiche stabili entro determinati intervalli di temperatura,"alpha", "gamma" e "delta".
Caso del cubico “primitivo”, [CP]
Non si trova in natura. L’unità strutturale è rappresentabile da otto atomi posti ai vertici di un cubo ideale, disposti in modo da essere a contatto come sfere rigide. Una cella elementare contiene un solo atomo perché ad ognuno degli 8 vertici corrisponde 1/8 di atomo: 8 x 1/8 = 1.
Il volume di ogni atomo è quello di una sfera di raggio R. La distanza tra due atomi in contatto corrisponde a 2R ed è uguale al parametro di cella a.
Il raggio atomico corrisponde alla metà del lato della cella: R = a/2. Il numero di atomi più vicini ad un atomo centrale è 6 (numero di coordinazione).
Caso del cubico “corpo centrato”, [CCC o BCC]
L’unità strutturale è rappresentabile da otto atomi posti ai vertici di un cubo ideale disposti in modo che possano contenere al centro un altro atomo.
In questo modo gli atomi ai vertici non sono in contatto tra loro. Viceversa sono in contatto gli atomi sulla diagonale del corpo della cella nella sequenza “vertice-centro- vertice”. Una cella elementare contiene 2 atomi, si ha 1/8 di atomo in corrispondenza di ciascuno degli 8 vertici, più un atomo al centro della cella: (8 x 1/8) + 1 = 2. Il numero di atomi più vicini ad uno centrale (numero di coordinazione) è 8.
Caso del cubico “a facce centrate” [CFC o FCC]
L’unità strutturale è rappresentabile da otto atomi posti ai vertici di un cubo ideale, 6 atomi posti al centro della facce. Una cella elementare contiene complessivamente 4 atomi, 1/8 di atomo in corrispondenza di ciascuno degli 8 vertici e 1/2 di atomo in corrispondenza di ciascuna delle 6 facce: (8 x 1/8) + (6 x 1/2 ) = 4. Il numero di coordinazione è 12. In questa cella sono in contatto gli atomi lungo la diagonale della faccia del cubo, nella sequenza “vertice-centro faccia-vertice”.
Le entità delle variazioni nelle posizioni dei confini di fase e nelle forme dei campi di fase dipendono dal particolare elemento di lega e dalla sua concentrazione.
Uno dei cambiamenti è lo spostamento nella posizione dell'eutettoide, sia per quanto riguarda la temperatura che la concentrazione di carbonio. Le aggiunte di elementi di lega diversi dal carbonio alterano anche le frazioni relative di perlite e di fase proteuttoide.
Gli acciai sono legati per il miglioramento della resistenza meccanica, della resistenza alla corrosione e la possibilità di effettuare più agevolmente i trattamenti termici.
Dipendenza della temperatura eutettoide dalla presenza di diversi elementi di lega nell’acciaio.
Dipendenza della composizione eutettoide (% in peso di C) dalla presenza di diversi elementi di lega nell’acciaio
Gli elementi di lega possono venir suddivisi in 2 classi:
1) Elementi che allargano il campo della fase gamma (austenitizzanti):
a campo completamente aperto (Ni, Co, Mn) (permettono l’esistenza dell’austenite a T amb.) In genere formano soluzioni solide sostituzionali con il Fe g
a campo non aperto (C, N, Cu, Zn) che danno soluzioni solide interstiziali
2) Elementi che allargano il campo della fase alfa (ferritizzanti):
a campo completamente aperto (Cr, Mo, W, Be, Al, Si, P, Ti, V, Sn). Mettono in collegamento diretto il campo a con quello d.
a campo non aperto (S, Ta, Zr, B).
Diagramma di stato per elementi che allargano il campo a a campo aperto
Diagramma di stato per elementi che allargano il campo a NON a campo aperto
In pratica le velocità di raffreddamento sono notevoli e le microstrutture (e proprietà meccaniche) che si possono ottenere con fasi di non equilibrio sono molto interessanti.
La cinetica della trasformazione eutettoidica, a T costante, e le corrispondenti microstrutture sono state studiata da BAIN e sono riportate su grafici chiamati T.T.T. (tempo, temperatura, trasformazione).
Durante un processo di solidificazione gli atomi di una fase passano da una simmetria a corto raggio ad una a lungo raggio. Perché questo avvenga devono verificarsi due fenomeni concomitanti che avvengono con velocità diverse: la nucleazione e la crescita.
VELOCITA’ DI NUCLEAZIONE
Affinché’ da un liquido nuclei una nuova fase il bilancio energetico deve essere favorevole cioè il DG<0.
I due termini che si devono valutare sono:
Non è necessario raggiungere questi valori di sotto raffreddamento che servono per la nucleazione omogenea che avviene raramente.
Normalmente si ha la nucleazione eterogenea che è causata da impurezze presenti nel liquido o sulle pareti del contenitore. Queste impurezze o asperità forniscono una superficie sulla quale il solido può nucleare. In questo modo è più semplice superare il raggio critico e il sottoraffreddamento è minore. Nei metalli questo processo è noto come inoculazione. Il raggio critico e il sotto raffreddamento in presenza di nucleazione eterogenea sono anche di un ordine di grandezza più piccoli rispetto all' omogenea.
Sulla velocità di nucleazione influiscono 2 fattori:
L’instabilità del liquido, funzione lineare del sottoraffreddamento
La diffusione degli atomi dallo stato liquido a quello solido (gli atomi devono diffondere e “riunirsi” con la prevista stechiometria per formare il nucleo). Questo fenomeno è termicamente attivato e segue una legge di Arrhenius.
Sommando i due fattori si vede che la velocità di nucleazione, all’inizio è bassa perché il sottoraffreddamento è piccolo, poi aumenta e raggiunge un massimo, ma poi inizia a calare perché la diffusione diventa il fattore limitante.
Nucleazione eterogenea. I nuclei si sono formati sulla superficie delle particelle preesistenti (rosse) nel liquido
VELOCITA' DI CRESCITA
Nei metalli dipende molto da come il calore specifico del liquido e quello latente del solido vengono “rimossi” dal sistema durante la solidificazione. La crescita è un fenomeno diffusivo quindi termicamente attivato, cioè la velocità cala esponenzialmente con la temperatura e cioè con il sotto raffreddamento.
La cinetica della solidificazione varia con la temperatura del sistema (e quindi del “contenitore” dove c’è il metallo) e quindi anche l’eventuale microstruttura.
Se il sistema viene mantenuto per un lungo periodo ad alta T (sempre sotto della T di solidificazione) la velocità di nucleazione sarà bassa, quella di crescita alta e allora la microstruttura finale sarà composta da pochi grani ma molto grandi. In generale avrà pessime caratteristiche meccaniche.
Se il materiale sarà raffreddato velocemente avremo molti grani (alta nucleazione) ma molto piccoli (bassa crescita). In generale ha le migliori caratteristiche.
Nel grafico sono rappresentate, in funzione della temperatura, le velocitadi nucleazione
la nucleazione e crescita di una fase, la temperatura e quindi anche il tempo giocano un ruolo fondamentale nella trasformazione da austenite a perlite. grafici chiamati T.T.T. (tempo, temperatura, trasformazione).
In maniera analoga possiamo riportare in un grafico il tempo necessario per iniziare e completare la trasformazione dell’austenite in perlite, in funzione di T.
In questa figura si nota che viene riportata la temperatura di 723°C T al di sopra della quale l’austenite è stabile.
Non ha senso vedere temperature più elevate perché la trasformazione non potrà avvenire.
Al di sotto dei 723°C la trasformazione può avvenire ma c’è un certo tempo di “incubazione” per cui nella zona a sinistra delle due curve l’austenite è ancora stabile, poi dopo un certo tempo la trasformazione inizia (prima curva), dopo un certo tempo la 700 °C trasformazione raggiunge il 50% (curva tratteggiata) e alla fine si completa (seconda curva).
A seconda delle due velocità la perlite che si forma sarà:
microstruttura grossolana (bassa velocità di nucleazione e alta v di crescita, T alte)
microstruttura fine (elevata velocità di nucleazione e bassa velocità di crescita).
Se la trasformazione viene fatta a temperature più basse del “naso” della curva TTT cioè tra i 540 e 200 C si sviluppa una nuova forma di microstruttura (sempre perlite) estremamente fine, la bainite.
La bainite è una microstruttura di aghi di cementite in una matrice di ferrite. Per ottenere questa microstruttura si deve sempre passare attraverso una fase di diffusione di atomi e crescita della ferrite e della cementite ma in questo caso la microstruttura è così fine che la si vede solo con l’aiuto di un microscopio elettronico.
Analizzando i trattamenti termici degli acciai si nota che esiste un altro microcostituente o fase, la MARTENSITE
Si ottiene temprando (quenching) un acciaio, partendo da una temperatura alla quale l’austenite è stabile. Se il raffreddamento è sufficientemente veloce da evitare il naso della curva TTT (ultimamente si usano le curve CCC, più realistiche) la trasformazione a perlite non può avvenire. Però l’austenite è una s.s. di C in Fe (FCC) e la solubilità del C è elevata, mentre a temperatura ambiente il C si scioglie in piccola quantità nel Fe (BCC). Il carbonio a causa della tempra rimane intrappolato interstizialmente nella struttura (BCC) non riesce a diffondere per dare cementite e ferrite e quindi essendo la soluzione sovrasatura, il C deforma in maniera notevole il reticolo cristallino del ferro.
La trasformazione martensitica avviene anche in altre leghe ed è una trasformazione che avviene senza diffusione, è atermica e velocissima (indipendente dal tempo, per questo nel diagramma TTT ci sono le due rette parallele all’ascissa).
Le due rette nel diagramma TTT sono appunto quelle della martensite start Ms e martensite finish Mf. La martensite ha una struttura tetragonale a corpo centrato cioè c>a. Si preferisce inoltre temprare acciai con grani grossi, di austenite, cosi da avere nei bordi poca perlite.
L’espansione della cella è funzione della quantità di carbonio:
La martensite è il costituente più duro e resistente per gli acciai, ma è anche molto fragile.
Ci sono molti stress residui e a volte la tempra stessa può generarli, se il provino si deforma sono necessarie lavorazioni ulteriori per ritornare in un margine di tolleranza (lavorazioni su una superficie durissima e quindi costose).
La durezza della martensite dipende dalla quantità di carbonio e proprio per gli stress residui indotti dalla tempra. Si temprano acciai con basso contenuto di carbonio (0.2-0.45 %). Quasi sempre si sottopone la martensite ad un ciclo di rinvenimento, cioè l’acciaio viene cioè riscaldato a circa 700°C per rilassare gli stress residui. Parte della martensite si trasforma in perlite sferoidale. Si perde un po’ della durezza e resistenza, ma si recupera tenacità.
I diagrammi TTT non sono diagrammi di stato per cui non si possono percorrere alla rovescia. Inoltre i grafici TTT sono influenzati moltissimo dal tipo e quantità di allignati presenti nell’acciaio. Questo perché vi è la necessità di “ricollocare” anche gli allignati nella nuova struttura (soprattutto i carburi) durante la trasformazione.
Quindi la presenza di Cr, Ni, Mo, W, Ti etc sposta sempre a destra il naso della curva TTT. Questo significa che è possibile temprare più lentamente un acciaio legato e quindi ridurre i pericoli di stress residui o fratture.
Acciai autotempranti: la quantità di allignati è tale che il naso è così spostato a destra che l’acciaio viene temprato con un semplice raffreddamento in aria (ottimo per le cassaforti). L'unico elemento che sposta il naso a sinistra è il cobalto. Questo perché non forma precipitati ma va in s.s. e perché aumenta la conducibilità termica della matrice.
Tempra: Gli acciai legati sono migliori per ogni applicazione, ma sono costosi. E’ quindi importante poter valutare quanto “temprabile” è un acciaio.
La temprabilità si misura con una prova detta prova Jominy. Un provino cilindrico (10 cm e diametro 2.5 cm) viene sospeso verticalmente e riscaldato. Poi la sua superficie inferiore viene temprata con un getto d’acqua. Il provino dopo il suo raffreddamento viene estratto e sulla sua superficie vengono fatte delle prove di durezza, a distanze prefissate (lungo la longitudinale).
I risultati di queste prove di durezza vengono diagrammate in funzione della distanza dalla superficie sulla quale è stata effettuata la tempra. Un acciaio molto temprabile manterrà la durezza iniziale anche su distanze notevoli, gli acciai meno temprabili avranno un calo brusco della durezza. Con l’aumentare della dimensione dei grani ci sono più grani di austenite e meno bordi di grano. Mentre ci sono meno opportunità per le microstrutture come perlite e bainite di formarsi mentre è più probabile che si formi martensite
GROSSMANN: Il metodo di prova della tenacità di Grossmann utilizza una serie di barre di acciaio cilindriche di diversi parametri temprate in un dato mezzo di tempra. Dopo aver sezionato ogni barra a metà lunghezza ed esaminata metallograficamente, la barra che ha il 50% di martensite al centro viene selezionata e il diametro di questa barra è designato come diametro critico (Dcrit). Il valore di durezza corrispondente al 50% di martensite verrà determinato esattamente al centro del Dcrit. Altre barre con diametri inferiori a quello critico hanno più del 50% di martensite al centro della sezione trasversale e corrisponde a maggiore durezza, mentre barre con diametri maggiori di Dcrit hanno il 50% di martensite solo fino una certa profondità. Il diametro critico è valido per il mezzo di tempra in cui le barre sono state temprate, se questo varia si otterrà un Dcrit diverso per lo stesso acciaio. Per identificare un mezzo di tempra, Grossmann ha introdotto il fattore di intensità (severità) di spegnimento H. I valori di H per olio, acqua e salamoia a varie velocità di agitazione sono riportati nella tabella. Per determinare la temprabilità di un acciaio indipendentemente dal mezzo di tempra, Grossmann ha introdotto il diametro critico ideale, che è definito come il diametro di un dato acciaio che produce il 50% di martensite al centro quando temprato in un bagno di intensità H. Qui H indica un’intensità di tempra ipotetica che riduce la temperatura superficiale dell’acciaio riscaldato al bagno di tempra in tempo zero. Quindi Grossmann ha creato un grafico che permette la conversione di qualsiasi valore del diametro critico per un dato valore H al valore corrispondente per il diametro critico ideale dell’acciaio in questione.
CURVE DI LAMONT: Le curve di Lamont forniscono la relazione tra “distanza dall’estremità temprata” della prova Jominy e il “diametro della barra corrispondente” per la quale si verifica la stessa velocità di raffreddamento e quindi la stessa durezza e le stesse strutture. Per ogni tipo di acciaio si hanno quindi vari diaframmi sui quali, per ogni mezzo temprante si ha una curva che fornisce tale corrispondenza. Ogni diagramma è valido per un certo rapporto tra il raggio r, del quale si vuole trovare l’equivalente distanza del provino Jominy, e il raggio esterno R della barra.
Spesso si vuole avere la superficie del pezzo dura ma il centro tenace, come per le ruote dentate in cui la superficie deve essere dura per resistere all’usura e l’interno del pezzo deve essere il più tenace possibile per resistere ad urti, vibrazioni. Esistono quindi due metodi termo-meccanici:
Acciai da cementazione
Si effettua mantenendo l'acciaio ad elevata temperatura (900°C per 4-10 ore), in un ambiente ricco di carbonio (in un forno con all'interno una massa di carbone e carbonati di Ca o Ba).
Dopo aver ottenuto la diffusione desiderata si tempra il pezzo. In questo modo lo strato superficiale in cui è diffuso il carbonio produce martensite e quindi la durezza voluta(700 HV). La parte interna contenendo percentuali basse di C e quindi mantiene la sua tenacità.
Questi acciai sono caratterizzati da un basso tenore di carbonio (<0,20%), necessario per non aumentare eccessivamente la durezza del nucleo. Gli acciai da cementazione contengono nella lega anche altri elementi che superano i seguenti valori massimi: Mn=2%, Ni=5%, Cr=2%, Mo=0,5%.
Acciai da nitrurazione
Si effettua mantenendo l'acciaio a 500°C, in un ambiente ricco di azoto (in un forno con all'interno un recipiente contenente ammoniaca). La sola presenza del Fe in questo caso non è sufficiente a produrre la durezza voluta (perché diffonde azoto) e la durezza viene prodotta dai precipitati (nitruri) che l’azoto forma soprattutto con l’alluminio (ma anche Cr e V).
Si ottiene uno strato superficiale durissimo (900-1200 HV), ma sottile e fragile. Il tenore di carbonio varia dallo 0,20% allo 0,50%. Il tipo di acciaio più frequentemente sottoposto a nitrurazione contiene Al (0,35-1%) e Cr (1,7%) e molibdeno (0,3%). Ai più bassi tenori di alluminio corrisponde la minore durezza superficiale, circa 900 HV, e la maggiore tenacità ed aderenza dello strato nitrurato; con i tenori più elevati di alluminio si possono raggiungere durezze di 1200 HV, alle quali però fa riscontro una certa fragilità dello strato nitrurato. Si può ottenere resistenza a trazione che varia tra i 600 ed i 1300 N/mm2.
Per scegliere uno dei due bisogna esaminare l'andamento di due curve durezza-profondità. Si può affermare che la nitrurazione offre i seguenti vantaggi rispetto alla cementazione:
la durezza dello strato nitrurato è più elevata
si ha invariabilità di tale durezza per riscaldamenti fino a circa 500 °C, anziché fino a soli 200 °C (la martensite a questa temperatura inizia a rinvenire), caratteristica molto importante in quei casi nei quali si ha un notevole riscaldamento dei pezzi durante l'esercizio
la nitrurazione non produce apprezzabili deformazioni (non c’è la tempra) e quindi la lavorazione meccanica del pezzo viene fatta prima del trattamento di indurimento, effettuando dopo la nitrurazione solo una lievissima rettifica; le forti deformazioni causate dalla cementazione portano viceversa alla necessità di lasciare un sovrametallo nella sgrossatura dei pezzi che devono essere cementati, sovrametallo che deve poi essere tolto con successive lavorazioni;
la nitrurazione viene eseguita su acciai legati e quindi il nucleo è dotato delle ottime caratteristiche. Con la cementazione si usano invece acciai a basso tenore di carbonio.
Viceversa la nitrurazione presenta i seguenti inconvenienti rispetto alla cementazione:
lo strato indurito è molto più sottile e quindi è inadatto a sopportare forti pressioni locali
il ciclo di lavorazione è più lungo e costoso
si devono usare sempre acciai legati (costosi)
I processi di cementazione e nitrurazione richiedo una diffusione allo stato solido (C o N2). In pratica se si vuole aumentare la concentrazione del C all’interno del pezzo fino ad un limite Cx, partendo da una concentrazione media di C nell’acciaio pari a C0 sfruttando un’atmosfera ricca in C e con una concentrazione Cs, avremo:
Questi acciai sono stati brevettati e sviluppati a Sheffield nel 1913 da Harry Brearley sulle base delle sue osservazioni su canne di fucile in acciaio contenente il 13% di cromo che non arrugginivano. Così nacque l'industria di lame e coltelli di Sheffield ancora oggi famosa per i suoi prodotti. Per acciai resistenti alla corrosione si intendono quelle leghe Fe – Cr o Fe – Cr - Ni con contenuti di cromo dal 12 al 30% e di nichel fino al 35%, la cui caratteristica principale è la resistenza alla corrosione, infatti tali acciai si passivano ossia si crea sulla superficie una tenace pellicola di ossido di cromo (10-100 A).
Questi acciai vengono classificati in base alla loro struttura e sono suddivisi in quattro classi:
acciai martensitici
acciai ferritici
acciai austenitici
acciai bifasici (duplex).
Per valutare l'influenza dei vari elementi sulla struttura degli acciai inossidabili è opportuno ribadirne la suddivisione nei due gruppi:
- quelli che facilitano la formazione della fase g: nichel, carbonio, azoto, manganese, rame;
- quelli che facilitano la formazione della fase a: cromo, molibdeno, silicio, titanio, niobio, tantalio, alluminio, ecc.
Dato che gli elementi caratterizzanti sono il cromo ed il nichel si nota che il cromo è tra quegli elementi che restringono il campo di esistenza del ferro g, il nichel è tra quegli elementi che allargano tale campo di esistenza.
Schaeffler ha riassunto in un diagramma le strutture degli acciai inossidabili allo stato grezzo di fusione.
1. Acciai inossidabili martensitici
Sono leghe Fe – Cr - C. E' possibile riscaldarli in modo da ottenere struttura prevalentemente austenitica e poi, con un adeguato raffreddamento, si trasforma l'austenite in martensite.
La zona gamma è quella di esistenza dell’ austenite e quindi gli acciai inox martensitici devono avere una composizione che permetta di “entrare” con un riscaldamento in questa zona e poi temprare l’acciaio ottenendo così martensite.
Si tempra raffreddando ad aria (per pezzi di forme irregolari) e in olio (più durezza e 40-90 °C e per alto tenore di C 120°C).
Questi acciai diventano fragili (energia assorbita <27 J) a 0°C. Gli acciai inossidabili martensitici, non vengono usati alle alte T, in quanto si annullerebbero gli effetti del trattamento termico. In generale fra gli acciai inox quelli martensitici sono i più duri, resistenti ed economici, ma anche quelli più propensi a corrodersi.
Acciai inossidabili ferritici
Sono leghe Fe - Cr - C con una composizione tale che non rientrano nella zona di esistenza dell’austenite. Non sono induribili per tempra.
Il tipo AISI 405 è un acciaio con il 13% di Cr; la struttura ferritica è assicurata dal basso tenore di C e dall'aggiunta di Al, il cui potere ferritizzante è superiore a quello del Cr.
Il problema per questi acciai è l'ingrossamento del grano (quando viene riscaldato a T <850 °C)che si risolve con la ricottura, che rigenera e regolarizza il grano.
Sono, tra gli acciai inossidabili, quelli meno adatti ad essere impiegati alle basse T e presentano una resistenza all'ossidazione tanto maggiore quanto più elevato è il contenuto di cromo in lega: per esempio il tipo 430 può resistere fino a temperature di 850 °C in ambienti ossidanti.
Sono inoltre particolarmente sensibili all’infragilimento: mantenendo questi materiali tra 550-850 °C per lunghi periodi, si verifica la precipitazione dei carburi di cromo (questo composto intermetallico provoca una diminuzione della tenacità).
Dati di resistenza all’impatto per gli acciai inox martensitici
Dati di resilienza per gli acciai inox ferritici
Acciai inossidabili austenitici
Sono quelli maggiormente utilizzati, sono leghe Fe- Cr-Ni (Cr 12 -30% e Ni 7-35%) con struttura austenitica e i punti di trasformazione si trovano a T < Tamb (non possono essere temprati). Sono amagnetici.
I primi prodotti erano molto sensibili ai fenomeni di corrosione intergranulare. Il primo modo per attenuare il pericolo di precipitazione di carburi fu quello di diminuire il tenore di carbonio (l'AISI 304). Per risolvere maggiormente il problema si aggiunsero stabilizzanti, come Ti e Nb, che hanno, tra 550°C-850°C, una maggiore affinità chimica del Cr nei confronti del C e quindi precipitano come carburi lasciando quasi inalterato il tenore di Cr (i tipi AISI 321 e 347).
--> Solubilizzazione: trattamento che consiste nel riscaldare l'acciaio a T >1000°C per il tempo necessario a mandare in soluzione tutti i carburi, in modo da rimuovere le alterazioni strutturali dovute ai processi di fabbricazione. Successivamente si raffredda rapidamente in modo da avere, a T ambiente, struttura austenitica e nel contempo prevenire la precipitazione dei carburi. il trattamento termico deve essere eseguito con tempi e temperatura minimi e sufficienti a mandare in soluzione i carburi e ad eliminare lo stato di tensione prodotto dal ciclo di lavorazione.
La resistenza a trazione varia tra 550 e 650 N/mm2 ed è accompagnata da un carico di snervamento particolarmente basso, ma hanno un'elevata duttilità e tenacità.
Il cromo conferisce resistenza all'ossidazione, mentre il nichel soprattutto aumenta la resistenza meccanica e la tenacità, poiché favorisce la formazione dell'austenite. Inoltre il nichel conferisce all'acciaio una maggior resistenza alla fatica termica; la sua influenza è però pericolosa se nell'atmosfera vi sia dello zolfo, a causa della formazione dei solfuri di nichel che possono diminuire l'azione protettiva superficiale ed abbassano il punto di fusione.
-->Impieghi: pentole, servizi domestici, architettura, mattatoi, fabbriche di birra, bibite e prodotti alimentari (facilità di ripulitura e proprietà di resistenza alla corrosione causata da prodotti organici). Sono usati tanto a bassissime T (applicazioni criogeniche) per il deposito di gas liquefatti, che a quelle molto elevate degli scambiatori di calore, degli apparecchi di controllo dell'inquinamento e di estrazione di fumi. L'eccellente resistenza alla corrosione in ambiente umido e l'ottima saldabilità rendono ideali questi prodotti per tubazioni, serbatoi, vasche di processo ed autoclavi nelle industrie chimiche, petrolchimiche, petrolifere, estrattive, della pasta legno e della carta.
-->Limitazioni: la massima T è di 925°C. Gli acidi riducenti rompono il film di ossido e provocano corrosione. Sono suscettibili alla corrosione interstiziale. Infine gli ioni degli alogenuri spezzano il film passivante e causa un attacco localizzato che provoca la corrosione ad alveoli e la rottura da tensocorrosione.
Acciai inossidabili bifasici (duplex)
Sono stati sviluppati per ottenere materiali di costo limitato da impiegare in ambienti dove il pericolo di corrosione sotto tensione non consente l'uso degli acciai inossidabili austenitici, mentre la corrosione generalizzata non permette l'impiego degli acciai inossidabili ferritici.
Dal diagramma di stato Fe – Cr si può notare che tra la zona di esistenza dell’austenite e quella di esistenza della ferrite vi è una piccola e stretta zona di coesistenza delle due fasi. La struttura bifasica di questi acciai viene ottenuta bilanciando in modo opportuno i tenori di nichel, cromo, molibdeno, allo scopo di pervenire ad un rapporto ferrite/austenite variabile fra 30/70 e 60/40.
Queste proporzioni sembrano essere quelle che danno i migliori risultati: infatti, se il tenore di ferrite è troppo elevato si riscontrano gli inconvenienti tipici degli acciai ferritici mentre nel caso contrario non si ottiene la resistenza alla corrosione sotto tensione. Se i rapporti fra le due fasi sono dell'ordine di grandezza sopra indicato si instaura invece un meccanismo di protezione catodica esercitato dalla ferrite sull'austenite.
Un'interessantissima proprietà di questi acciai è la superplasticità: essi si possono deformare plasticamente in maniera notevole sotto l'azione di modeste sollecitazioni, rendendo possibile la realizzazione di forme anche molto complesse.
Acciai Maraging
Presentano valori elevati della resistenza a trazione (2400 MPA) senza che la tenacità sia eccessivamente ridotta. Sono stati scoperti e brevettati all’inizio degli anni 50 dalla marina Americana che stava studiando nuovi acciai per sottomarini, anche se poi furono scartati per la scarsa resistenza alla corrosione. Oggi sono usati nella costruzione di involucri di razzi ed in parti dei motori di missili e ingranaggi, alberi, matrici di estrusione, stampi per materie plastiche, bulloni.
La composizione chimica:
mentre negli acciai da costruzione il carbonio è l'elemento indurente, negli acciai Maraging il tenore di carbonio è bassissimo circa 0.03%.
mentre negli acciai da costruzione la sommatoria di tutti gli elementi presenti, oltre al ferro, non supera mai il 6-7%, per gli acciai Maraging è dell'ordine del 30%; nichel tra il 17% ed il 25%, molibdeno tra il 3% ed il 5%.
Se vengono riscaldate fino a 480 °C e poi raffreddate in aria fino a Tamb, queste leghe allo stato martensitico (mar-) subiscono un invecchiamento (-aging). Questo trattamento denominato appunto di "mar-aging". La martensite di queste leghe, data l'assenza di carbonio, ha una struttura e delle proprietà profondamente diverse dalla ordinaria martensite ed in particolare:
il reticolo è cubico a corpo centrato
la sua durezza è solo di 30 HRC ed è quindi facilmente lavorabile
ottima tenacità
la struttura rimane invariata fino a 500°C.
Acciai per utensili
Devono avere alta durezza a caldo e a freddo, elevata tenacità, buona resistenza all'usura, indeformabilità nel trattamento termico, bassa tendenza a rompersi per variazioni termiche…
Il carbonio forma dei carburi con i diversi elementi aggiunti, che migliorano la durezza e la resistenza all'usura e questo ha molta importanza negli acciai da utensili: i carburi devono essere presenti in rilevanti quantità, ma soprattutto devono essere stabili alle alte temperature.
Il carburo di titanio è il più stabile
Manganese e silicio hanno un azione disossidante;
il manganese migliora la temprabilità
il silicio aumenta la resistenza all'ossidazione
Il cromo é presente fino ad un massimo del 13% e aumenta la temprabilità e forma carburi resistenti all'usura.
Il vanadio aumenta la durezza a temperature elevate e in basse quantità, 0.20%, previene l'ingrossamento del grano durante il trattamento termico
Il tungsteno è stato uno dei primi elementi aggiunti agli acciai per utensili ma gradatamente è stato sostituito dal molibdeno.
Norma UNI EU 10027 (UNI = Ente Nazionale di Unificazione)
In base alla norma che fissa le regole per la designazione degli acciai con un sistema di sigle, lettere e cifre che fanno riferimento alla composizione chimica o a particolari caratteristiche fisico-meccaniche e/o di impiego e/o fornitura, gli acciai vengono suddivisi in due gruppi principali.
La designazione prende in considerazione le caratteristiche meccaniche o l’impiego.
Gli acciai vengono designati in base alla loro composizione chimica
DA UNI EN 10020
ACCIAI NON LEGATI: È considerato acciaio non legato qualsiasi acciaio nel quale i tenori della composizione chimica rientrino nei limiti indicati nel prospetto della successiva tabella
ACCIAI LEGATI: È considerato acciaio legato qualsiasi acciaio per il per il quale almeno un limite indicato nella tabella venga superato (anche per solo un elemento).
Acciaio bassolegato: nessun elemento al di sopra di nessun elemento al di sopra di 5%
Acciaio altolegato: almeno un elemento al di sopra di 5%
In genere contengono carbonio tra il 2.5 e 4.5% (satura austenite a T eutettica) e silicio.
E' impiegata: idraulica oleodinamica e pneumatica, macchinari e macchine utensili, industria dell’automobile, fluidi: pompe e compressori, industria del vetro e macchinari per l’acciaio.
CLASSIFICAZIONE
Ghise bianche: il carbonio è sotto forma di cementite (Fe3C)
Ghise grigie: il carbonio è sotto forma di grafite lamellare o sferoidale
Ghise malleabili: il carbonio si presenta sotto forma di “ fiocchi “
Ghise nodulari/sferoidali: nucleazione eterogenea
Ghise legate
PROPRIETA’ DELLA GHISA
Elevata durezza
resistenza all’usura ed all’ossidazione
Elevata resistenza a compressione
Ottima colabilità
Elevata fragilità
Bassa resilienza
Non può subire lavorazioni plastiche
Ghise bianche: Costituite da dendriti di austenite trasformata in cementite, si ottiene intervenendo sulla composizione, ad esempio tenendo basso il tenore di Si o aumentando la velocità del raffreddamento. Sono dure, resistenti all’usura ma molto fragili e difficili da lavorare alle macchine utensili. La maggior parte del C presente è combinato con il ferro sotto forma di cementite, viene classificata come ghisa bianca in quanto la cementite è un carburo, questo tipo di ghisa ha l'elevata durezza e resistenza all’usura ma è molto fragile.
Ghise grigie: Sono le più diffuse, contengono grafite sotto forma di lamelle, la forma e la distribuzione della grafite dipendono dalla composizione chimica e dalla velocità di solidificazione e di raffreddamento. La % di C è data dalla somma della % grafitica e la % di C combinato, ma è necessario un valore minimo di 2.2% per una corretta grafitizzazione. Il silicio è l’elemento grafitizzante per eccellenza, si soglie nella ferrite rendendola più dura e resistente, può essere presente dall’1-3.5%. La distribuzione della grafite è legata principalmente alla velocità di raffreddamento, alla presenza di elementi che ostacolano la crescita dell’austenite (S e O), presenza di elementi che favoriscono la nucleazione della grafite (inoculazione), gli elementi inoculanti sono Ca, Al, Bachè introdotti prima della colata fungono da nuclei eterogenei per la formazione della grafite.
-->Proprietà meccaniche: Il carico di rottura aumenta al crescere del carbonio equivalente fino ad un massimo di 300Mpa, con l’aggiunta di elementi leganti è possibile ottenere valori maggiori. Il rapporto durezza/carico di rottura dipende dalla dimensione delle lamelle di grafite, le lamelle grosse interrompono la matrice perlitica ed abbassano il carico di rottura, si preferiscono quindi quelle piccole.
-->Nomenclatura: Le normative UNI prevedono classi di ghise grigie che vanno dalla G10 alla G35 dove G indica ghisa grigia e il numero si riferisce al carico di rottura in kg/mm2
-->Vantaggi: Economica, Facilmente colabile, Possiede notevoli capacità di smorzamento delle vibrazioni, Discreta resistenza alla corrosione atmosferica ed in ambienti poco aggressivi, elevata resistenza elettrica.
Ghise malleabili: Sono ghise ottenute per decomposizione della cementite della ghisa bianca in noduli di grafite, attraverso un trattamento di ricottura ed un opportuno bilancio degli elementi di lega. Viene prodotta mantenendo la ghisa bianca ad elevata temperatura (900-1000°C) in ambiente ossidante o riducente.
Se è ossidante ottengo ghisa malleabile a cuore bianco, la cui superficie è quasi completamente decarburata ed a struttura ferritica, viene usata per produrre raccordi idraulici.
Se l’ambiente è riducente si ottiene la ghisa malleabile a cuore nero, in questo caso la cementite si trasforma parzialmente in grafite in una struttura perlitica o ferritica a seconda di come avviene il raffreddamento, viene usata per realizzare bielle e carter.
Ghise sferoidali: Vengono ottenute aggiungendo alla ghisa grigia elementi come il Ce e il Mg che favoriscono la formazione durante la solidificazione di sfeoridi di grafite, al posto delle lamelle che si formano nella ghisa grigia. In questo modo le conferiscono ottima duttilità, possibilità di lavorazione alle macchine utensili senza alterarne le caratteristiche di colabilità e resistenza all’usura.