Il Legno per le sue particolari caratteristiche è stato uno dei primi materiali utilizzati dall’uomo a qualsiasi popolazione appartenesse, avendo un ruolo di primo piano nello sviluppo della civiltà umana.
Fin dall’antichità l’uomo lo ha utilizzato come materiale nell’ebanisteria, nella falegnameria, nell’edilizia, nella realizzazione di oggetti di uso domestico, di carattere ornamentale, nel gioco, come isolamento termico ed acustico, come materia prima nella produzione della carta ed è anche il primo combustibile utilizzato dall’uomo per generare calore fin dalla scoperta del fuoco.
Il Legno è un materiale consistente che si trova sotto la corteccia dei rami e dei tronchi degli alberi: è formato da un tessuto fibroso costituito da cellule di forma allungata, e contiene cellulosa, tannino, lignina, cere e resine.
E' un materiale rinnovabile, biodegradabile e facilmente smaltibile e ha un elevato potere coibentante e ha buone caratteristiche meccaniche.
Ottimo per l'estetica, libera sostanze volatili/fragrazne, confort tattile, vario. Il mercato del legno rappresenta uno dei 10 settori primari dell’economia globale. Il consumo globale di legno (2020) è stimato in circa 3,8 miliardi di metri cubi all’anno.
Inoltre ha un impatto netto neutro sul contributo di CO2. (fissata e rilasciata --> Il legno è una sorta di “magazzino” di anidride carbonica ).
La produzione Italiana di legno (8 milioni di m3) copre 1/3 del fabbisogno, mentre le imprese che lo lavorano sono circa 70000 con oltre 500.000 addetti.
Il legno è molto utilizzato nell’industria della carta, ma la maggior parte è impiegata nella produzione di pannelli per il settore edilizio e per quello del mobile. Anche l’impiego del legno come fonte energetica è in crescita.
Prescrive gli obblighi per gli operatori della fliera legno. (noto come “The illegal Timber Regulation”)
Gli importatori devono applicare la cosiddetta “Due Diligence” rendendo disponibili informazioni su: nome commerciale del prodotto; Paese di origine; quantità importata; documenti che attestino la conformità del materiale al regolamento EU.
Essi devono anche effettuare una valutazione del rischio che il legno ed i materiali derivati siano commercializzati illegalmente. I rivenditori devono mantenere un’deguata documentazione su fornitori e clienti.
Un albero cresce con una successione di vari strati, anelli di accrescimento, e quindi non è un materiale isotropo, ma ORTROTOPO a livello locale ( con una direzione assiale, una radiale e una circonferenziale con diverse proprieta - vedi sezione materiali compositi).
In Friuli per esempio gli alberi crescono molto in primavera (primaticcio) e autunno (tardivo), perchè sono i periodi dove c'è sia luce solare sia acqua.
Il legno si divide in cinque zone differenti:
corteccia: Rivestimento esterno, ha la funzione di proteggere la pianta da intemperie ed attacchi di insetti. Utilizzata per produrre coloranti, sugheri, tannino, resine.
libro: Strato formato da fibre lunghe e flessibili; è attraversato dalla linfa.
cambio: Strato elastico in cui si formano, ogni anno, gli anelIi di accrescimento.
parte legnosa: Strato molto ampio che arriva fino al centro dalla pianta. In questo strato ci sono: verso l’esterno, una zona costituita da cellule sia vive che morte, dove si verifica il passaggio della linfa (alburno) e nel legno tagliato a metà viene attaccata da muffe e batteri che la fanno scurire e danneggiare. All’interno, una zona formata solo da cellule morte, dove la linfa non scorre più (durame); questa zona è più scura, più compatta, più resistente, più dura e più pesante. Inoltre qui si formano polifenoli che sono biocidi naturali (preimpegnato di sostanze nocive naturali che possono essere tossiche anche per gli umani)
midollo: Parte centrale del tronco, costituita da cellule spugnose che scompaiono nelle piante vecchie.
--> In zone tropicali invece avendo T costanti e abbonddanza d'acqua durante l'anno si ha legname molto più uniforme.
--> A Val Bruna per le sue caratteristiche di essere molto in ombra e un clima mite gli abeti rossi che cicrescono subiscono il fenomeno della risonanza, ottimi per strumenti musicali, avedo cerchi molto sottili e caratteristiche uniformi. Inoltre per il buio i rami iniziano a crescere su 5m riducendo i difetti presenti. Tuttavia servono oltre 100 anni per permettere all'albero di svilupparsi completamente.
NODO: punto innesto ramo.
Cadente: ramo morto/rotto prima del prelievo e viene inglobato dall'albero che cresce, non ha struttura ed è un difetto
Sani: integrati e rimangono fissi
Sacche di RESINA: materiale non strutturale che va estratto in corrente di vapore, soprattutto abeti e pini.
Conseguenze: Anisotropia
--> schemi di taglio
l taglio più diffuso e più economico è quello RADIALE - FINITURA FIAMMATA col quale si ha un basso spreco di legname, ma solo le assi centrali saranno stabili, quelle più vicine alla periferia saranno soggette a deformazioni (imbracatura), però risalta le venature.
L'ideale per ottenere assi di buona qualità non soggette a imbarcatura, è il taglio perpendicolare agli anelli di accrescimento, detto a QUARTO DI VENTAGLIO - FINITURA PIATTA, ma è quello più costoso.
Conseguenze: Porosità
Bassa densità
Buone proprietà isolanti (termiche e acustiche) / assenza moti convettivi
Assorbimento direzionale dei liquidi per effetto capillare, dalla testa della trave, non ortogonale venature.
Altre conseguenze:
Elevata resistenza meccanica “direzionale”
Le resistenze dipendono dalla specie legnosa
Le resistenze dipendono da fattori anatomici (es. dimensioni anelli)
La presenza di “difetti” (es. nodi) riduce la resistenza meccanica
Il legno è un materiale visco-elastico soggetto a fenomeni di creep (inoltre lignina resina termoplastica)
COMPRESSIONE: molto insabili, cede a buckling
DUREZZA BRINNEL
*Balsa: molto leggero usato per modellini, plastici, ma essendo stato sovrasfruttato l'import è strettamente regolamentato
*Teck: contiene molti oli che lo rendono impermeabile, ma soffre molto l'esposizione alla luce solare
--> Altri legni
Il legno è classificato in funzione della specie botanica a cui appartiene.
Il legno è classificato sulla base della presenza di difetti (tipologia, quantità) e delle resistenze meccaniche.
Chimicamente il legno è costituito da cellulosa (50-60%), polisaccaride che prevale nei tessuti giovani, lignina (20-30%), prodotto incrostante abbondante negli strati più vecchi del legno, sostanze minerali, acqua (40% nel legno fresco), (15% in quello stagionato) e eventualmente da tannino, gomme, resine.
CELLULOSA: Quasi la totalità del cotone con forti legami H tra le catene. Cibo dei batteri e insetti essendo un polisaccaride. Gli insetti come i tarmi sorgono a prescindere dall'umidità, la quale è rilevante per funghi e muffe.
Importante calcolo umidità sia tramite la seguente formula, pesando il pezzo e poi ponendolo in stufa per calcolare residuo secco, oppure misura conducibilità essendo l'acqua con i vari sali un conduttore ionico o da tabelle. Essenziale stare sotto al 20%.
Variazioni dimensionali del legno
Rilevanti e anisotrope, con un movimento longitudinale/assiale nullo. In genere si lavora il pezzo e poi avviene la stagionatura (altrimenti variazioni portano a fessurazizioni a causa di torsioni circonferenziali e compresso radialmente).
Più l'elemento è grande più aumentano le tensioni, con fessure che devono essere verticali all'elemento posto in opera, altrimenti rigidezzza inferiore (che varia con il cubo dell'altezza). Altro
--> Larice: proprietà migliori del pino crescendo ad altezze superiori, non è un sempreverde, e ha anelli di accrescimento vicini. Ma in genere sono un po' storti a causa della pendenza, della neve, ...
Fessurazioni: l'umidità va a variare con la profondità, per evitare questi gradienti è importante stagionare il legno lentamente (10 anni per gli strumenti musicali)
Più stagionato più guadagna proprietà meccaniche
EMICELLULOSA
Polimero ramificato formato da zuccheri semplici ed è un adesivo tra la cellulosa e la lignina. La prima a degradarsi per via termica formando composti a basso peso molecolare (chetoni, aldeidi,...)
LIGNINA
Polimero termoplastico che fa da matrice contenente diversi gruppi aromatici rigidità. Idrorepellenza, plasticità (quando riscaldato) e sensibile alla luce solare (forma composti a basso peso molecolare che sono solubili in acuqa e liber ale fibre di cellulosa. Recuperata per produrre energia o pochi altri impieghi (come agente disperdente di alcuni fertilizzanti).
Utile per lavorare il legno in forme particolari.
--> Immerso il legno in ammoniaca liquida esso diventa elastico e trasparente. Poi l'ammoniaca evapora e torna rigido.
--> Invece con H202 acqua ossigenata al 30% si rimuove la lignina.
Farina di legno, scarti di segatura, utili per lettiere stalle, truciolati, pasta lavamanti ( con H202 per averla bianca) zampironi contro le zanzare per le polveri più fini).
--> saldatura: da friction steel wealding anche il legno facendolo vibrare tra le due tavole va a legarsi, ma si hanno poche applicazioni per ora.
WPC: Plastic from wood
Composito legno (farina) e plastica (da riciclo). Miscelazione con polipropilene e polietilene, soppra ad una certa T legno degrada e diventa scuro (problema estrusore). Inoltre legno idrofilo e plastica idrofoba quindi è importante aggiungere un compatibilizzante come anidride maleica molto costosa (200 euro a kg) nell'1% in peso.
Sostanze a basso peso molecolare - Gli estrattivi
Estratti in corrente di vapore sono importanti per:
durabilità e impermeabilità
colore
sensibilità alla luce
corrosione metalli
sensibilità al fuoco: Il legno è un materiale combustibile. Il propagarsi del fuoco è tuttavia influenzato dalla conducibilità termica. Il legno, carbonizzato in superficie ha una conducibilità termica molto bassa. La resistenza al fuoco del legno si può migliorare: aumentandone la sezione degli elementi e trattandolo con sostanze ignifughe.
Tossico?
Gli estrattivi contenuti in alcune specie legnose possono causare reazioni allergiche o altri effetti ai lavoratori (ad es. Epistassi). Inoltre le polveri fine di legno sono classificate cancerogene. Possibile presenza di formaldeide.
Proprietà positive del legno
Bassa densità - Buone proprietà meccaniche (rapporto)
Buon isolamento temico
Aspetto
Materiale “sostenibile” - Può essere riciclato o utilizzato come combustibile alla fine della vita utile del prodotto finito (mobile, pavimento, trave, serramento, ecc.)
Punti deboli del legno
Movimenti (anisotropia)
Degrado biologico
Sensibilità alla radiazione UV
Struttura porosa
1. Impiego di legni tropicali ad elevata durabilità: Buona resistenza al degrado biologico, ma permangono altre problematiche (es. movimenti), importazione di legname da luoghi lontani, depauperamento e distruzione di foreste vergini.
2. Impiego di trattamenti preservanti: Buona resistenza al degrado biologico anche di specie locali, ma permangono altre problematiche (es. movimenti), impiego di sostanze pericolose assoggettate al regolamento EU 528/12 e possibile perdita di efficacia nel tempo. Legno vira sul verde, impregnato in autoclave una volta anche con arsenico e piombo (ma penetrano una certa profondità, poi non va tagliato)
3. Impiego di vernici: Parziale isolamento del legno (rallentamento degli scambi di umidità), riduzione entità movimenti, riduzione rischio di attacco biologico, ma manutenzione periodica e rischi derivanti da ingresso di acqua accidentale con danneggiamento vernice. Vernice si sacrifica usurandosi e bloccando UV. Nelle palestre vernici UV senza solventi.
4. Modifica del legno: risultato dell’azione di un agente chimico, fisico o enzimatico sul legno in modo tale che il materiale così ottenuto sia migliorato in alcune delle sue proprietà quali: la resistenza al bio-deterioramento, la stabilità dimensionale e la resistenza all’invecchiamento.
Dei componenti del legno sensibili all’umidità
Sopra gli 80°C scurisce, poi riscaldamento del legno tra 150 e 240 °C procedure differenti basate su: cicli termici o utilizzo di atmosfere controllate. Non vengono impiegate sostanze chimiche pericolose, il trattamento è permanente e gli effetti dipendono dalla specie legnosa trattata. Production of thermal treated wood > 100.000 m3 (2007)
Impieghi per esterno (pavimenti, rivestimento facciate, mobili, barriere stradali, finestre) e interni (pavimenti, pareti/soffitti, saune).
--> Degrado dell’emicellulosa; acido acetico a 200°C reagisce con cellulosa forma acetato di cellulosa che non interagisce con acqua.
--> Formazione di sottoprodotti a basso peso molecolare (acido acetico, aldeidi, ecc.) in grado di reagire con i gruppi chimici della cellulosa sensibili all’acqua (-OH). Minore densità e conducibilità. Scuro in massa anche all'interno e resina rimossa.
--> Reticolazione della lignina (processo “Plato”)
Conseguenze “positive”
Riduzione della sensibilità all’acqua
Riduzione della densità
Miglioramento della stabilità dimensionale
Miglioramento della resistenza ai funghi (cromofori e cariogeni)
Riduzione della conducibilità termica
Colorazione scura in massa
Rimozione delle resine
Conseguenze “negative”
Riduzione delle proprietà meccaniche
Colorazione scura e non sempre stabile
Odore persistente (legno bruciato)
Reazione dei componenti del legno con sostanze in grado di modificare la loro natura chimica. Procedure differenti basate su differenti reattivi, utilizzo di impianti complessi. Inoltre il trattamento è permanente e gli effetti dipendono dalla specie legnosa trattata.
b.1 Acetilazione del legno “Passivazione” dei gruppi chimici sensibili all’acqua mediante reazione di esterificazione.
Impiego di autoclave (pressione/temperatura), anidride acetica (ma anche butirrica o pentanoica ma meno volatili e più costose) e riscaldamento.
Effetti positivi
Riduzione della sensibilità all’acqua e movimenti
Riduzione della sensibilità biologica (ridotta umidità)
Proprietà meccaniche praticamente inalterate
Ridotta manutenzione per impieghi all’esterno
Effetti negativi
Materiale acido (corrosione parti metalliche)
Trattamento adatto a specie molto porose
Odore persistente di aceto
Costi
Modifica energia superficiale (incollaggio e verniciatura)
b.2 Furfurilazione
La furfurilazione è un processo che prevede la reazione della lignina con l'alcol furfurilico (prodotto di scarto), seguita dalla polimerizzazione dello stesso. In pratica, il legno viene impregnato con alcol furfurilico (Step 1) e successivamente riscaldato (Step 2), attivando la reazione chimica con la lignina e la polimerizzazione. La massa molare è bacco, così come la viscosità e permette al composto di penetrare bene nel legno stagionato, ma comunque si esegue sempre in autoclave per velocizzare il processo.
Le principali fonti naturali di alcol furfurilico includono canna da zucchero, pannocchie e girasoli. I principali vantaggi della furfurilazione sono la riduzione dei movimenti del legno, la diminuzione del degrado biologico (plastifica cellule, si riempie volumedi inerte, l'acqua non ha spazio dove entrare), il mantenimento delle proprietà meccaniche e l'aumento della durezza, pH inalterato. Tuttavia, questo trattamento presenta alcuni svantaggi, come l'incremento dei costi, l'aumento della densità del materiale e potenziali modifiche nell'aspetto estetico.
b.3 DMDHEU = dimethylol dihydroxyethyleneurea
Processo brevettato, si usa questa sostanza reattiva visto la sua disposizione a livello sterico, piccola che reagisce i due gruppi ossidrilici per reticolare la cellulosa tramite condensazione. Legno accatastato e trattato immergendolo e il curring fuori da autoclave. I capi di cotone non sgualcibile sono i primi basati su questo processo.
Mantiene il colore originale, diventa idrofobico (gruppi OH sono reagiti), aumenta durezza (anche 8 volte), legno stabile e non più attaccabile da muffe e funghi. Per serramenti, pavimenti esterni, rivestimento piscine,...
--> Curiosità: l'urea è la prima sostanza organica sintetizzata a partire da elementi organici.
Processo fisico di penetrazione di sostanze all’interno del lume cellulare Impregnazione.
con sostanze liquide (e.g. PEG)
con resine, monomeri, ecc.
Il riempimento del lume cellulare riduce i movimenti, aumento durezza, aumento sensibile della densità. Impieghi pavimentazione esterni.
Dauerholz ® - Impregnazione con cere:
Vantaggi sono la stabilità dimensionale, minor sensibilità all’acqua, proprietà meccaniche inalterate, ma maggiore densità e difficoltoso l'impiego di adesivi e e servono vernici speciali.
3 gruppi etossi/metossi, con catene -R idrofobbe, mentre gruppi OH e OR idrofili e reattivi. Essi si legano al legno idrofilo, mentre la parte idrofoba allontana l'acqua (idrofobo). In soluzione formano nanoparticelle che crescendo fanno diventare soluzione torbida --> SAM: self assembling monolayer.
La distanza tra i gruppi dipende dall'ingombro sterico. Inoltre essendo a basso peso molecolare si possono far evaporare ed entrano dentro al legno.
--> CH3OH: alcool più piccolo e volatile, neurotossico e infiammabile.
--> attualmente aggiunti alle vernici, più costose, per l'interfaccia legno-vernice.
a.1) combustibili - Pellet e tronchetti ( una volta usata la segatura direttamente in loco dalla segheria in polveri, poi per convenienza pressata e venduta). 15Kg a sacco (limite peso trasporto donna) con prezzi dai 3 euro a sacco fino hai 13 durante la guerra Russia-Ucraina, per poi tornare a 4-5 nel 2024.
Potere calorifico e umidità del legno. Vapore caldo non viene condensato come nelle moderne caldaie a gas e rappresenta un calore disperso. In certi comuni vietati per il particolato e negli stati del nord europa obbligo filtri. Inoltre estrazione forzata fumi, per creare sottopressione.
Il contenuto di “sabbia” in genere minore 1%, inerte che non produce calore.
a.2) pannelli di particelle (truciolari)
Materiali principali per la produzione di mobili, ampie dimensioni, costo molto contenuto, impiego di legno “riciclato” ma usura utensili (alto contenuto di silicati).
Distribuzione delle particelle non uniforme, al centro grossolane, al di fuori più piccole per una migliori finitura (durante produzione fatte cadere dall'alto per separazione per gravità). Rigonfiamento permanente dovuto al contatto con l'umidità e problema superficie a buccia d’arancia (laccature). Infine bassa coesione interna con viti da posizionare poche volte.
resistenza alla flessione
Profilo di densità
L’emissione di formaldeide è continua nel tempo, con l'acqua che libera per idrolisi.
Norme europee per pannelli di particelle dry conditions P2 (EN 312)
a.3) pannelli di fibre
Più uniforme, possibilità di fresature, arrotondamenti, adatto per finiture lucide (no buccia d’arancia), ma costi maggiori
a.4) pannelli “sandwich”- tamburati
Mensole Ikea lak, porte,...
a.5) carta
a.6) carta impegnata
Impiego: rivestimento dei pannelli per l’industria del mobile. Nel 2010 la produzione mondiale ha superato il miliado di metri quadrati. Resina fotopolimerizzante su carta con UV polimerico. RIvestimenti mobili, truciolati.
Carte ad imitazione del legno o monocolori • Riproduzione della porosità del legno • Carte melamminiche direttamente applicate dai produttori di pannelli • Carte “finish” (flessibili, verniciabili, ecc.) applicate dai produtori di mobili • Carte per altri usi (es. produzione di laminati)
a.7) Laminati: HPL (High Pressure Laminates)
I laminati (HPL in particolare) sono rivestimenti caratterizati da elevate prestazioni. Sono utilizzati per superfici orizzontali di mobili fortemente sollecitati come: cucine (piani di lavoro) mobili scolastici, ecc. Alcune tipologie possono essere curvate a caldo e sono caratterizzati da una linea scura a volte poco gradita dal punto di vista estetico.
CPL Continuously pressed laminates
a.7) materiali compositi legno/plastica WPC (Wood Plastic Composites)
Polyetilene (PE) - Polipropilene (PP) - Polivinil cloruro (PVC),
L'impiego di legno segato in edilizia (mobili, pavimenti,...) offre diversi vantaggi, tra cui l'utilizzo di materiali riciclati, un'ottima resistenza all'invecchiamento quando impiegato all'esterno, proprietà idrorepellenti e una manutenzione ridotta. Inoltre, il legno segato presenta variazioni dimensionali limitate in risposta all'umidità, una colorazione naturale apprezzabile e una buona resistenza alle aggressioni biologiche da parte di insetti e funghi. Tuttavia, questo materiale presenta anche alcuni svantaggi, come l'alta densità, la sensibilità al calore che provoca dilatazioni, la vulnerabilità al fuoco e i costi relativamente elevati.
La segagione del legno, utilizzata principalmente in edilizia, presenta costi medi, leggerezza e aspetto ottimale, ma ha anche dei svantaggi. Tra questi, la presenza di difetti naturali come i nodi, la comparsa di fessurazioni nel tempo, i limiti dimensionali dovuti alle caratteristiche intrinseche del legno e i movimenti o deformazioni causati da variazioni di umidità. Inoltre, il legno è soggetto a possibili aggressioni biologiche da parte di insetti o funghi, che possono comprometterne la durata e le prestazioni strutturali.
Pavimenti
Mobili
Elementi incollati
Vantaggi sono la razionalizzazione risorse legnose, superamento limiti dimensionali e realizzazione elementi curvi, ma ad un prezzo elevato.
Sfogliatura: Produzione di fogli (1-2 mm). Impieghi per produzione di compensati o rivestimento pannelli: per legni in piccole quantità, costosi. Tagliati tramite "tornio", più precisamente i rulli ruotano il tronco, una lama taglia, sfruttando il fatto che la reistenza a coesione radiale è bassa. Prima tronco decortecciato e regolarizzato.
Pannelli compensati: Proprietà meccaniche alte, movimenti dimensionali ridotti, possibilità di curvatura, resine fenolico-formaldeide, adatti anche per esterni (adesivi fenolici - detto marino essendo intaccabile dall'umidità), ma non sono possibili arrotondamenti o lavori al pantografo. Usati molto in arredamento. Le fibre vengono incrociate tra i vari strati. Pioppo meno pregiato, poi abete e meglio la betulla.
Piallacci - Traciatura
Taglio circonferenziale, per tenere le venatura, elementi più piccoli. Ottimo bambù che ha alte proprietà meccaniche, crescita rapida ed è cavo.
Radiche
In piccole quantità, la zona delle radici con particolari venature, per piallaggi essendo costoso.
Piallacci da legno multilaminare
Sbiancatura e poi colorato per avere varie effetti
E' la fibra naturale più diffusa, la produzione annua mondiale è di circa 25 milioni di tonnellate. A livello globale, circa il 40% delle fibre utilizzate nel settore tessile sono di origine naturale (principalmente cotone e lino), il resto è rappresentato dalle fibre tecniche. 2.5% delle aree arabili del Mondo e mercato da 50 miliardi di $ (riso, soia ad es. sono intorno a 150 miliardi di $). Non è un prodotto alimentare, occupa una nicchia di mercato.
La pianta del cotone (genere Gossypium, Linneo 1753) è un arbusto che, allo stato selvatico, può arrivare ad un’altezza di 1.5 m, originario del subcontinente indiano, ed alle latitudini tropicali e subtropicali, del continente africano, delle Americhe e in Cina (dalla sponda orientale dal Mar Caspio alla Cina). Il colore dei peli dei cotoni coltivati è generalmente bianco, ma può essere anche rossastro, fulvo ecc.; le specie selvatiche hanno tutte peli rossastri. Si cerca di ottenere varietà a fibre colorate naturalmente, poiché la colorazione risultante è più resistente. Il cotone, pur essendo una pianta da rinnovo, può essere coltivato per diversi anni nello stesso terreno; teme l’aridità, ma anche le eccessive piogge nel periodo della maturazione, che deteriorano il prodotto e favoriscono lo sviluppo dei parassiti. Nei paesi asciutti l’irrigazione è necessaria. La semina si fa in primavera, seguita poi dal diradamento; sono necessarie molte cure colturali tra cui le sarchiature (formazione di cunette a ridosso delle radici).
La pianta di cotone è annuale ed ha un ciclo vegetativo della durata di circa 6 mesi. Il clima migliore per la sua coltivazione è quello nel quale è presente una stagione caldosecca, seguita da una umida Il terreno viene arato e pareggiato, la semina avviene per via meccanica. La pianta, dopo tre mesi, è già fiorita. Dopo la sfioritura, matura il frutto, che è una capsula coriacea: all’interno si sviluppano i semi, a cui sono attaccati dei peli protettivi, avvolti a spirale e compressi.
Quando il frutto è maturo, i filamenti si distendono e la capsula «scoppia» mettendo in mostra la bambagia, attaccata ai semi. In rapporto ai peli dei semi, le piante di cotone possono avere:
solo peli lunghi che si utilizzano per la filatura (flint) e si staccano facilmente dal guscio: c. a semi ‘nudi’ o ‘neri’ (in commercio naked o black-seeded cottons, come Gossypium barbadense).
Peli lunghi, tessili, e peluria fitta di peli cortissimi (fuzz), che persistono dopo aver separato i peli tessili: c. a semi ‘vestiti’ (fuzzy seeded cottons); la peluria, isolata con apposita operazione, costituisce i linters.
Semi rivestiti solo da corta peluria, non è coltivato.
Si stima che a livello mondiale siano impegnate nella produzione del cotone da 35 a 60 milioni di famiglie. Il mercato si sta differenziando in diversi «identity cottons»: Organic, Cotton made in Africa, Better Cotton Initiative e FairTrade.
La raccolta: del prodotto è operazione lunga e delicata, che può prolungarsi anche per alcuni mesi perché la maturazione è graduale. Come è noto, può essere eseguita manualmente o meccanicamente.
Dopo la raccolta, il cotone prima dell’invio al cotonificio viene lavorato nelle ginniere, dove viene sottoposto a:
Sgranatura (o ginnatura): separa la fibra dal seme ed elimina le impurità di vario genere (frantumi di foglie, ramoscelli ecc.) che possono essersi mischiati alle fibre.
Pressatura: riduce il volume occupato per facilitarne il trasporto; si effettua con presse idrauliche. Si ottiene il cotone compresso (o «sodo»).
Imballaggio: il materiale viene avvolto in teli di iuta e cerchiato con reggette metalliche; le balle così ottenute differiscono nelle caratteristiche esterne, nelle dimensioni e nella quantità a seconda dei paesi di provenienza.
L’invenzione della sgranatrice automatica (ginnatrice, da «gin», nome inglese della macchina, derivante da «engine») ha rivoluzionato ed ampliato enormemente l’impiego del cotone come fibra tessile.
La macchina separa le fibre dalle rimanenti componenti vegetali (semi, capsule, residui di fusti e foglie, ecc.). Le fibre vengono quindi suddivise in base alla lunghezza: le fibre più lunghe sono usate nell'industria tessile. Quelle più corte (dette linters) hanno vari possibili utilizzi: come imbottiture, isolante termico e acustico, nella produzione di cotoni idrofili, ovatte, nella produzione del fulmicotone (nitrocellulosa). Dai semi è possible ricavare un olio ed i residui vegetali diventano concime o vengono utilizzati per la produzione di alcune tipologie di mangimi. Il brevetto originale della sgranatrice moderna è del 1794 (Eli Withney) e le macchine moderne, seppure più efficienti ed accurate, sono basate essenzialmente sul medesimo principio
Da un libro di ingegneria meccanica del 1800
Una volta separate le fibre, esse vengono suddivise in classi a seconda della lunghezza:
Cotoni corti (con fibre lunghe meno di 25 mm)
Cotoni medi (da 25 a 30 mm)
Cotoni lunghi (da 30 a 40 mm)
Cotoni extra (oltre 40 mm)
Inoltre si considera: il grado, che dipende dall’apparenza esterna (lucentezza, bianchezza, impurità, esito della sgranatura); il colore, bianco (che è il colore normale), grigiastro o rossiccio, indice della facilità delle lavorazioni successive; il carattere, che riassume le varie caratteristiche: ad esempio, hanno un buon carattere i cotoni a fibre forti e robuste, omogenee e uniformi, che sopportano bene, con il minimo scarto, le lavorazioni.
Le balle di cotone vengono quindi inviate al cotonificio per la filatura, che consiste in una serie di operazioni:
sfioccatura
mescolatura nelle camere di mischia
cardatura
pettinatura (solo per filati di cotone pettinato)
stiratura con passaggio su stiratoi
Passaggio su pbanco a fusi per ridurre ulteriormente la sezione del nastro e trasformarlo in stoppino dotato di torsione
filatura su filatoio ad anello
I cascami prodotti da alcune fasi della filatura (apritura, battitura, cardatura, pettinatura) vengono rimessi in ciclo riportandoli alle camere di mischia. Segue la fase di tessitura.
La cardatura: Il cotone come fibra, utilizzato nell’industria tessile, si ricava dalla bambagia che avvolge i semi della pianta. Il cotone idrofilo (ovatta) è il prodotto ricavato mediante cardatura, eliminazione delle resine e delle sostanze grasse e candeggio. E' il processo mediante il quale le fibre vengono pulite, districate e rese parallele, preliminare alla fase di filatura. Il nome deriva dall’impiego delle infiorescenze seccate del cardo che venivano utilizzate dai lanaioli come utensili per effettuare tale lavorazione.
La pettinatura: del cotone ha lo scopo di: ordinare le fibre del cotone a valle della cardatura nella direzione lungo la quale si realizzerà il filo. Eliminare le fibre corte.
Dal cotone pettinato si ottiene un filato con poca peluria, adatto per la produzione di tessuti di alta qualità (a loro volta detti «pettinati»).
La filatura ha lo scopo di trasformare le fibre grezze, cardate e pettinate, in un filato, adatto per le successive operazioni di tessitura. Il filato deve possedere determinate caratteristiche ed essere omogeneo. Sono molti i parametri tenuti in considerazione, tra questi: La resistenza, Il titolo, Il colore, La pulizia, L’elasticità La filatura si basa su un processo di torcitura. Inizialmente eseguita con le mani, la filatura è stata meccanizzata mediante l’uso degli arcolai ed al giorno d’oggi viene eseguita con macchine completamente automatiche, basate sul concetto del banco a fusi + filatoio ad anello.
Chimica: Il cotone è formato principalmente da cellulosa (sino al 95%), acqua e tracce di proteine, lignina, cere, ... E' in grado di assorbire sino al 15% del suo peso in acqua, trattenendola (legami H). Questo è il motivo per cui è confortevole: assorbe il sudore e lascia la pelle asciutta. Tuttavia, il rilascio dell’acqua è lento, assorbendo calore dallo strato di aria a contatto con la pelle: questo effetto, vantaggioso d’estate, rende questa fibra meno confortevole con climi freddi.
Caratteristiche tecniche:
POSITIVE Confortevole, igroscopico, non irritante. Non è un eccellente isolante termico. Resistente (più della lana, ma meno ad es. di iuta, canapa e seta). La resistenza aumenta se bagnato. Alta resistenza a stiratura e bollitura (sino a 100 °C), ai lavaggi ed alla candeggiatura con ipoclorito di sodio. Facilmente tingibile
NEGATIVE Scarsa resistenza agli acidi. Sgualcibile. Degradabile dai raggi UV ed attaccabile dagli agenti biologici.
Mercerizzazione del cotone:
Operazione la quale permette di aumentare sensibilmente, mediante soluzioni concentrate di soda caustica, il pregio della fibra di cotone. Conferisce un aspetto brillante, lucentezza permanente, simile a seta, un peso specifico più elevato, una più grande resistenza alla trazione, una maggiore elasticità e una maggiore affinità per quasi tutte le sostanze coloranti. Determina, con il raccorciamento della fibra: la conseguente operazione meccanica di stiramento per dare alla fibra la primitiva lunghezza, dà luogo alle profonde modificazioni strutturali che conducono al miglioramento delle proprietà meccaniche della fibra.
La scoperta è dovuta al chimico inglese J. Mercer, il quale nel 1844, filtrando una soluzione concentrata di soda caustica attraverso un tessuto di cotone, osservò che si era ristretto e raccorciato, divenendo più pesante, più resistente alla trazione e assai più facile a tingere. Egli depositò un brevetto nel 1850, riguardante il processo e le possibili applicazioni. Il fatto però che il cotone, trattato con soluzioni alcaline e sottoposto a tensione, assume un aspetto lucido e un brillante particolare e duraturo, sfuggì al Mercer: la sua scoperta ebbe quindi limitatissime applicazioni industriali e venne presto dimenticata. Si giunse quindi al 1895, anno in cui la ditta Thomas e Prévost di Krefeld (DE) chiese un brevetto, avente come rivendicazione principale la possibilità di ottenere un lucido particolare e permanente sul cotone, durante l'azione della soda caustica + sottoponendolo a tensione.
La scoperta, anche questa, fu casuale: cercando di restituire all'originaria larghezza un tessuto misto di seta e cotone, che era stato sottoposto all'azione della soda caustica, gli scopritori si accorsero che che il rovescio di esso, costituito da cotone, aveva, dopo l'allargamento, assunto una lucentezza tutta particolare. Le domande di brevetto, avanzate da Thomas e Prévost, diedero luogo a una lunga, animata controversia, specialmente per il fatto che, fino dal 1890, un altro chimico inglese, H. Lowe, aveva, in un suo brevetto, anch’esso caduto dimenticato, rivendicato, tra l'altro, la produzione di un aspetto brillante speciale (glossy appearance) sul cotone, ottenuta sottoponendo il tessuto mercerizzato ad un'energica tensione. A conclusione della controversia, durata parecchi anni, i brevetti Thomas e Prévost furono dichiarati nulli dall'ufficio germanico e la loro scoperta cadde nel dominio pubblico.
La mercerizzazione richiede varietà a fibra lunga, come il cotone egiziano makò e il cotone nordamericano sea-island, per raggiungere elevati livelli di lucentezza. Il cotone da mercerizzare deve inoltre essere allo stato di filo (filato o tessuto). Il meccanismo da cui derivano gli effetti del trattamento di mercerizzazione non è del tutto spiegato, si ritiene comunque che si tratti di un processo chimico-fisico: Si forma un idrato di cellulosa che porta al rigonfiamento della fibra. La fibra si accorcia per effetto della pressione osmotica. L’aumento di lucentezza è legato ad una trasformazione fisica della fibra, conseguente al processo di stiramento.
Processo: Il trattamento in soluzione alcalina è rapido (qualche minuto), l’importante è che le fibre siano ben imbevute della soluzione alcalina. Possono essere mercerizzati sia filati che tessuti. Può essere mercerizzato materiale secco e umido; nel secondo caso servono soluzioni a maggior concentrazione. Temperatura della soluzione: tra 5° e 10° C. I filati o tessuti vengono spremuti e riportati alle dimensioni iniziali (andare oltre non servirebbe a nulla). Infine, si lava e si neutralizza.
Il Rayon-viscosa o «cotone rigenerato» o «seta artificiale», si ottiene a partire dalla cellulosa (legno, linters cotone,...) mediante un processo chimico-fisico, usato per la prima volta nel 1924. La cellulosa vengono sciolta con soda caustica + solfuro di carbonio dando un composto solubile in acqua che è una soluzione colloidale, chiamata viscosa, che fatta passare attraverso piccoli ugelli in un bagno di acido si riconverte a cellulosa. Estrudendo la stessa soluzione attraverso sottili fessure o attraverso due cilindri controrotanti, si ottiene il cellophane. Il vantaggio del Rayon rispetto ad altre fibre tecniche è che è in grado di assorbire l’acqua, risultando pertanto molto più confortevole quando posto a contatto con la pelle.
I primi tentativi di realizzare in Italia un'industria della "seta artificiale" ebbero una svolta decisiva quando una compagnia di navigazione, la SNIA: "Società di Navigazione Italo Americana", decise di investire nell'attività industriale i capitali esuberanti. Si operò, pertanto, l'assorbimento della Società Viscosa di Pavia (1920), della Italiana Fabbriche Viscosa di Venaria (1920) e della Italiana seta Artificiale di Cesano Maderno (1921). Il programma proseguì nel 1925 quando veniva iniziata la costruzione del nuovo stabilimento di Torino Stura e nel 1927 la SNIA Viscosa assumeva il controllo del Gruppo Seta Artificiale con gli stabilimenti di Varedo e di Magenta. La produzione annua di rayon che nel 1920 era di soli 500.000 kg, al momento della crisi del 1929 aveva superato i 9 milioni di kg.
La fondazione di Torviscosa è legata a una grande azienda italiana, la SNIA Viscosa, che nel 1937 scelse questo territorio per un importante insediamento agricolo e industriale per la produzione e la lavorazione di fibre vegetali da cui ricavare la cellulosa. Dal 1920, infatti, l'attività della SNIA si era concentrata soprattutto nella produzione della viscosa, la cosiddetta seta artificiale, per la quale aveva bisogno di cellulosa come materia prima. Fino ad allora, la cellulosa era stata estratta soprattutto dal legname, ma il modello economico dell'autarchia proclamato dal regime fascista presupponeva l’utilizzo esclusivo di materie prime italiane nelle attività produttive e il legname italiano era del tutto insufficiente per una produzione su vasta scala. La SNIA decise quindi di intraprendere un ciclo di produzione basato sull’uso della cellulosa estratta dalla Arundo donax, un tipo di canna coltivabile anche in Italia, e individuò in questo territorio della Bassa friulana, sul quale erano in corso i lavori di bonifica idraulica, la sede ideale per il nuovo insediamento che doveva comprendere sia i terreni, in quantità sufficiente, per la coltivazione della canna, sia gli impianti industriali per la sua lavorazione.
Alla vigilia dell’insediamento industriale della SNIA Viscosa, su questo territorio sorgeva Torre di Zuino, un borgo rurale, appartenente al Comune di San Giorgio di Nogaro. A causa della ricchezza d'acqua del sottosuolo, per secoli la zona era rimasta paludosa e poco sfruttata dal punti di vista agricolo, ma nei primi decenni del Novecento la situazione era cambiata con l’attività del Consorzio per la trasformazione fondiaria della Bassa Friulana che aveva iniziato importanti lavori di bonifica. Dopo aver acquisito parte della tenuta circostante, nel 1937 la SNIA cominciò i lavori di costruzione dello stabilimento industriale. Accanto a questo sorsero altri edifici di uso civile e sociale: le case per operai, impiegati e dirigenti, la mensa, l'asilo, una nuova scuola, il teatro, la piscina e altre strutture sportive. Nel progetto originale, elaborato dall'archtetto Giuseppe De Min, la città era stata concepita per ospitare circa 20.000 abitanti, ma in realtà la disponibilità di abitazioni nel centro storico non consentì mai di superare i 1.500 abitanti.
Nel 1940, infine, e sempre su pressione della SNIA Viscosa, venne istituito un nuovo comune comprendente tutto il territorio interessato alle attività agricole e industriali dell'azienda. A questa nuova realtà istituzionale venne assegnato il nome di Torviscosa, dall'unione del nome dell'antico centro e del prodotto tessile che aveva dato origine alla nuova città.
Il Rayon venne inizialmente chiamato «seta artificiale» come conseguenza della sua lucentezza. Successivamente, questo nome fu abbandonato poiché il legislatore aveva proibito l'uso del nome seta per i prodotti non derivanti dal baco da seta. Rispetto al cotone, il Rayon presenta una maggiore uniformità, purezza, stabilità di prezzo, minore costo e maggiore versatilità di impiego. Tuttavia, sempre rispetto al cotone, ha una minore resistenza meccanica, in particolare ad umido, una maggiore deformabilità e una maggiore tendenza al rigonfiamento in presenza di acqua, il che ne comporta una minore durata nell’uso come fibra tessile.
Le fibre di rayon sono sottili e continue. Con lo stesso processo possono essere tuttavia prodotte anche fibre lunge da 25 a 120 mm che si presentano come fiocchi, che possono essere lavorati come le fibre di cotone naturale. Vengono inoltre prodotti filamenti di diametro maggiore (crine artificiale, paglia artificiale).
Le fibre di lino si ricavano dalla pianta del lino (Linum Usitatissimum) che è una pianta erbacea annuale (ciclo vegetativo di circa quattro mesi) alta tra i 30 e i 60 cm con fusto eretto, molto fragile, ramificato nella parte finale con foglie tenere, lanceolate. I fiori sono grandi, di colore azzurro con 5 sepali, 5 petali, 5 stami gialli. I frutti sono capsule contenenti semi di piccole dimensioni e di colore dal bruno scuro al giallo paglierino, a seconda delle varietà. La radice è un corto fittone.
Cresce con facilità in regioni a clima temperato, ma nei paesi freddi si ottiene la migliore produzione di fibra (coltivata in modo naturale ed eco-sostenibile è riciclabile e compostabile): Russia, Paesi Bassi, Francia e Romania sono tra i primi produttori mondiali. Alcuni prodotti derivanti dalle parti di cui è composta la pianta sono: tessuti, carta, medicinali, cordame (anche per le reti da pesca). Dai semi di lino si ottiene sia la farina sia l'olio di lino, commestibile, che ha vari impieghi come integratore alimentare, come ingrediente in prodotti per il legno (finitura) e nell'industria delle vernici come olio siccativo e diluente. È inoltre utilizzato dall'industria cosmetica come ingrediente base di gel per capelli e sapone. Infine è coltivato anche come pianta ornamentale da giardino.
Queste fibre sono molto pregiate, morbide, flessibili e resistenti e la loro qualità è superiore a quella del cotone, ma i costi di produzione sono più alti. In Europa rappresentò la principale fibra tessile fino alla rivoluzione industriale. Per la produzione delle fibre si usa il floema (conduzione, riserva, sostegno) o libro della pianta.
Essendo una fibra liberiana, il lino ha una lunghezza media delle fibre elementari che varia dai 20 ai 30 mm, con diametro 20 -30 micron; la fibra presenta una sezione poligonale. Il numero di fibre presenti nella corteccia di una singola pianta può variare da 20 a 50 e hanno un aspetto lucido, assorbono l’umidità, rigonfiandosi moderatamente.
Le fibre del lino sono contenute nella parte interna della corteccia, chiamata tiglio. Per ricavarla gli steli, essiccati, si mettono a macerare per qualche giorno in bacini d'acqua, oppure, con metodo più rapido, si sottopongono all'azione del vapore acqueo o di speciali batteri: le sostanze che legano tra loro le fibre si decompongono e si dissolvono, liberando così le fibre. Gli steli vengono poi fatti essiccare, quindi sottoposti alla maciullatura per mezzo di martelli detti gràmole, azionati a mano o meccanicamente, che schiacciano e frantumano la parte legnosa. L'operazione successiva è la scotolatura, che consiste nell'asportare i frantumi legnosi e separare le fibre. L'insieme di tutte queste operazioni viene chiamato stigliatura. Si arriva pertanto al lino grezzo, che viene sottoposto alla pettinatura per separare le fibre lunghe dalle fibre corte e spezzate, che costituiscono la stoppa. La stoppa viene utilizzata per la creazione di corda e spago e per la produzione della carta.
Proprietà: Fresco, leggero. Molto robusto e di lunga durata, superiore a quella del cotone. Molto tenace. Termoregolatore, igroscopico. Resistente a raggi UV ed umidità.
La filatura consente di trasformare il lino pettinato o la stoppa in un filato tessile. Può essere fatta usando il lino lungo tiglio (fibre lunghe ricavate con la stigliatura), oppure la stoppa (fibre corte rimanenti dalla pettinatura). Per ottenere gli stoppini le fibre di lino vengono stirate e accoppiate fino ad ottenere un prodotto omogeneo nello spessore. Gli stoppini verranno poi trasformati in filati mediante il processo di filatura, che per il lino può essere fatta in tre modi:
A umido: consente di ottenere filati per tessuti pregiati, infatti il filo sarà lucido e liscio, solitamente viene impiegato per la realizzazione di capi d’abbigliamento e biancheria per la casa.
A secco: usata soprattutto la stoppa, il filo di lino ottenuto ha un aspetto più grossolano e peloso.
Mista: viene fatta a secco e poi il filo viene passato nell’acqua, questo consente di avere un prodotto meno peloso rispetto alla filatura a secco.
E’ ricavata da una palma (Copernicia prunifera) e il suo nome deriva da quello di una popolazione indigena facente parte la regione nordest del Brasile, luogo in cui questo tipo di palma è molto diffusa (cera del Brasile). Possono crescere ovunque, ma solo negli stati brasiliani nordorientali di Piauí, Ceará, Maranhão, Bahia e Rio Grande do Norte, gli alberi di Carnauba generano lo strato di polvere di cera sulle foglie. In genere le condizioni meteorologiche in questi stati sono calde e umide, temperate dai freschi alisei. L'anno è diviso in una stagione piovosa ed una secca, le piogge iniziano da gennaio a marzo e durano fino a giugno. Durante la stagione del raccolto, da luglio a gennaio, il clima è secco ma può accadere che brevi periodi di pioggia in ottobre e novembre possano interrompere la raccolta. Questo ha un'influenza diretta sulla disponibilità della materia prima e sul costo della polvere.
La palma può raggiungere un'altezza di 20 metri, un diametro del tronco fino a 25 cm, può vivere fino a 200 anni e produce frutto della lunghezza di 2,5 cm (usato come mangime). La cera ricava dalle foglie, che vengono raccolte quando sono ancora chiuse e protette da uno strato ceroso. Le foglie vengono battute per sciogliere la cera, che viene lavorata e sbiancata.
Proprietà: Punto di fusione: 82/87 °C. È solubile a caldo nei comuni solventi (alcool etilico, trementina, benzolo, tricloro etilene). Non è appiccicosa. Non dà un senso di lucido «artificiale». E’ commestibile e non nociva. Odore: legnoso, leggero, caratteristico.
La cera di Carnauba Composizione: Esteri di acidi grassi (80-85%). Alcoli grassi (10-15%). Acidi (3-6%). Idrocarburi (1-3%)
Il componente più pregiato della Carnauba è la cera ottenuta dalla polvere del film che ricopre le sue foglie, proteggendole dalle intemperie, in particolare nelle regioni semiaride. Il tipo di cera e la sua colorazione sono legati all'età delle foglie di carnauba; gialla è ottenuta dalla parte centrale a forma di spada di giovani foglie ancora chiuse ed è la polvere della migliore qualità in quanto non ancora sottoposta al processo di maturazione né agli effetti della fotosintesi. La seconda è una polvere grigiastra più scura, rimossa da foglie a ventaglio completamente sviluppate e rappresenta l'80% di tutta la produzione di questa materia prima.
I produttori acquistano la loro materia prima da produttori o intermediari, con un prezzo che vria molto nel tempo. Il prezzo pagato per la polvere si basa su diversi fattori, quali ad esempio: disponibilità durante la stagione del raccolto, carenza o eccesso di offerta dopo la stagione del raccolto, resa per ettaro di terreno.
La cera di Carnauba:
Taglio delle foglie
Asciugatura al sole
Prelievo della polvere
Estrazione della cera (con solvente o con bollitura/filtraggio): La polvere viene separata dalle foglie utilizzando una macchina battitrice. Successivamente la polvere viene raccolta in sacchi mediante aspirazione, pronti per essere trasportati ai produttori di cera. Le foglie nude sono utilizzate come fibre naturali per altri prodotti o come fertilizzanti nell'industria agricola
Raffinazione
Applicazioni:
Cere per automobili, nei lucidi per le scarpe e nei lucidanti per pavimenti o per la lucidatura dei mobili, spesso mescolata con cera d'api. Strato impermeabilizzante su vestiti e calzature
In miscela con cera vergine d'api e coloranti per la realizzazione di modelli da utilizzare nel campo della microfusione e fusione artistica.
Come agente distaccante nella produzione di manufatti in vetroresina.
Nell'industria cosmetica è usata come ingrediente di creme e rossetti mentre nell'industria farmaceutica trova applicazione nel rivestimento di pastiglie e capsule.
Come addensante, indurente o strutturante in cosmetici come mascara, rossetti, balsami e smalti. Come ingrediente nei deodoranti, nei prodotti per la protezione solare
Come ingrediente nelle formulazioni di inchiostri, in particolare inchiostri per codici a barre
Nel restauro ligneo è usata nelle ricette per la creazione di impasti ad uso stuccatura e per la ceratura o verniciatura dei mobili. L'impiego principale della cera consiste nel proteggere ("encausto") i mobili dalla polvere e dall'umidità, conferendo ad essi un aspetto lucido che valorizza la vena del legno. La preparazione dell’encausto avviene riscaldando una miscela di cera d’api e cera carnauba a 80-90°C. Quando la cera è liquida si aggiunge essenza di trementina o limonene e si mescola. Quando la miscela è omogenea, si fa raffreddare. L’encausto va riscaldato prima dell’applicazione. Si cosparge con un pennello piatto la cera fluida sulla superficie da trattare. Dopo averla lasciata agire per un po' si prende un panno (caldo) e si strofina energicamente fino a quando comincia ad apparire la lucentezza propria di questa lucidatura.
Uso nell’industria alimentare E903
Miscelata alla cera d’api (E901) e viene utilizzata come agente di rivestimento nelle caramelle lucide colorate, nei dolciumi luminescenti, nelle glasse per dolci, nel cioccolato, nelle gomme da masticare, in snack e prodotti da forno (caramelle particolarmente lucide come le M&M's, gli Smarties gli Skittles e le Tic Tac, nelle Golia Bianca, nelle Fruit-tella, nelle Happy Cola della Haribo, nelle Mentos ecc.). Non ci sono quantità giornaliere massime raccomandate per l’E903, né sono da segnalare studi che attestino eventuali danni all’organismo.
Come alternativa vegetale alla gelatina, Come rivestimento per frutta, verdura, compresse, vitamine, ma anche filo interdentale, tazze e piatti usa e getta.
viene usata come distaccante per prodotti da forno insieme a oli vegetali, olio di colza, lecitina. Lo scopo delle cere e/o egli esteri di cera è quello di formare un film di rilascio chiuso che rimane stabile per tutto il tempo di cottura. La cera di carnauba è nota per il suo alto punto di fusione rispetto ad altre cere naturali. Oltre alla funzione di rilascio, questa proprietà controlla anche la viscosità. Maggiore è la quantità di queste cere che viene utilizzata, più viscoso è il distaccante e quindi migliore è la sua adesione alle pareti dello stampo. In questa applicazione spesso viene usata cera biologica, che ha un colore più scuro (lo sbiancamento della cera di carnauba organica viene effettuato utilizzando acido citrico al posto del perossido di idrogeno).
E' una cera liquida a temperatura ambiente, che si ricava dai semi della pianta omonima (Simmondsia Chinensis). Si tratta di un arbusto diffuso nell’Arizona meridionale e nel Messico nord-occidentale. L’olio di Jojoba ha sostituito lo spermaceti, sostanza che veniva ricavata dal capo dei capodogli.
--> Ambra grigia: sostanza base essenziale per i profumi di fascia alta. E' un prodotto espulso capodogli dall'itestino e galleggia, poi le correnti lo portano a riva e viene raccolto, in particolare in Sud Africa con un valore dai 50-200 mila euro a Kg. Odore di marcio, ma se maturato è neutro e permanente.
E' costituito principalmente da una miscela di esteri cerosi, costituiti da acidi grassi/alcoli con catene carboniose medio-lunghe (36-46 C). L’olio è presente nei semi in proporzione del 50% in peso circa e se non raffinato ha un colore paglierino chiaro a temperatura ambiente con un leggero odore oleoso, mentre quello raffinato è incolore ed inodore. Solidifica a T< 10 °C.
E’ chimicamente simile alle componenti cerose del sebo umano, al contrario di altri oli vegetali che sono principalmente composti da trigliceridi; di conseguenza una buona parte dell'olio e dei suoi derivati esterici, isopropilici ed alcolici, possono essere utilizzati in cosmesi, per prodotti per la cura della persona, per la pelle ed i capelli. L'olio di jojoba ha sostituito eccellentemente lo spermaceti, rispetto al quale, per è superiore, e più versatile. Si è notato che l'olio ha proprietà disinfettanti ed antimicotiche: viene usato quindi come antimicotico in agricoltura. Non è tossico dal punto di vista alimentare, anche se poco digeribile. Può essere trasformato in biodiesel.
La colofonia è un materiale che deriva dalla distillazione delle resine di vari tipi di conifere (abeti, pini, larici, ecc.), effettuata per ricavarne l’essenza di trementina. Ha un aspetto vetroso, di colore giallo, fragile e facilmente sgretolabile e polverizzabile. E’ solubile negli alcoli più leggeri, nell’acetone ed in diversi altri solventi organici. Non è solubile in acqua.
Ha una densità tra 1,03 g/cm3 e 1,12 g/cm3 e un punto di fusione tra i 60° e 130° e rammollisce intorno ai 70/80°. Chimicamente è composta da acidi resinosi, loro anidridi e vari prodotti di ossidazione che si formano durante la distillazione. Detta anche pece greca o resina del violino o resina della gomma, deve il suo nome dall’antica città greca Colofone, città ionica della Lidia da cui veniva importata. Al giorno d’oggi viene importata principalmente nel sud della Cina e nei Paesi del Sud Est Asiatico come l’Indonesia e il Vietnam.
Vernici, inchiostri, fotocopie e carta a stampa laser, ceralacca, saponi, adesivi, pece, lubrificanti.
Stoffe non sgualcibili e linoleum: pavimento molto resistente e riciclabile.
Stabilizzante E915 per alcune bibite analcoliche o come rivestimento di alcune gomme da masticare. Negli oli vegetali ed emulsionati in cui sono disciolti sapori e aromi perché impedisce che, col passare del tempo, l’emulsione si separi dalla frazione acquosa per formare una fase superiore meno densa
Per la produzione di cerette depilatorie e nella composizione di cosmetici.
Rivestimento di microcapsule o nano particelle o come ingrediente di pomate e cerotti.
Per gli isolamenti elettrici e come disossidante nella saldatura a stagno e anche nell’industria ottica. In particolare, all'interno dei fili di stagno per saldatura usato in elettronica ci sono delle anime cave (tipicamente 3 o 5) contenenti colofonia additivata con cloruro di zinco, dove la colofonia calda forma una zona sgrassata ed ermetica all'ossigeno atmosferico, e il cloruro, ottimo disossidante, facilita la saldatura rendendo le superfici pulite
Tra gli impieghi che sfruttano il suo elevato coefficiente di attrito: Strumenti musicali: in particolare viene strofinata sulle corde degli strumenti ad arco per ottenere un maggiore attrito e per migliorare il suono. Oppure viene applicata ai ponti dei banjo e banjoele (sempre strumenti a corda), per evitare che il ponte si muova durante l’uso. Nella danza classica, nei vari balletti e nel flamenco: viene strofinata sulle punte e tacchi come anti scivolo, per aumentare l’aderenza.
Ginnasti e giocatori di pallamano, rocciatori la usano per migliorare la presa e i lanciatori olimpici la strofinano sulle suole per aumentare la trazione sulla piattaforma; nel baseball invece si usa la colofonia in polvere per ottimizzare il controllo sulla palla. Nel tiro con l’arco, viene utilizzata per la manutenzione delle corde perché aumenta l’aderenza e riduce l’usura e lo sfilacciamento. In subacquea come componente del mastice per riparare le mute umide.
Come componente della carta moschicida.
Insieme ad altri componenti per far bruciare i foglietti che annunciano, con il fumo bianco, l’elezione di un nuovo Papa…
Nelle vernici usate da Stradivari
Ecc. NOTA: la colofonia può dar luogo a dermatiti allergiche da contatto e di asma professionale nei saldatori e nei musicisti, di tubariti
E' una pianta sempreverde appartenente alla famiglia delle Poaceae. In natura esistono oltre 1400 specie che crescono spontaneamente in tutti i continenti (in Europa no, però può essere coltivato). Alcune specie sono adatte ad impieghi nell’ingegneria strutturale, grazie alle dimensioni dei culmi: Guadua angustifolia kunth (appartenente al genere Guadua), Phyllostachys edulis e Phyllostachys bambusoides (appartenenti al genere Phyllostachys). Grazie alle sue particolari proprietà meccaniche ed al suo basso peso specifico, il bambù risulta essere un ottimo materiale da costruzione, paragonabile se non in certi casi, superiore, al legno.
Il culmo di bambù è rappresentabile come un’asta cilindrica cava, a sezione variabile e con diaframmi lungo il suo sviluppo longitudinale (denominati nodi). Lo spazio fra due nodi è invece chiamato internodo. La sua forma molto simile ad un tubolare d’acciaio, il culmo può essere impiegato come elemento strutturale per la realizzazione di travature.
Sezionando trasversalmente un culmo di bambù, si può notare la sua struttura interna: i puntini scuri rappresentano i fasci vascolari, la parte più chiara rappresenta invece il tessuto in cui i fasci vascolari sono immersi, quindi il tessuto parenchimatico. All’interno dei fasci vascolari ci sono le fibre, che danno rigidezza e resistenza al bambù. La quantità di fibre è relativamente elevata: mediamente rappresentano il 40% del volume totale del culmo (il 52% è rappresentato dal tessuto parenchimatico e il restante 8% da altri tessuti). La presenza di fibre all’interno di una matrice meno rigida e meno resistente rende il bambù un materiale composito.
La maturità di un bambuseto si raggiunge tra i 6 e 8 anni a seconda delle condizioni climatiche e del terreno. Il ciclo vegetativo del bambù consiste nella crescita sotterranea dei rizomi e dallo sviluppo dei germogli in primavera che nel giro di poche settimane diventano piante adulte. Di anno in anno attraverso i cicli di germogliazione aumenteranno sia le dimensioni, in altezza e diametro, dei nuovi bambù, sia i metri quadrati di terreno occupati dal bambuseto. Il taglio annuale dei culmi rappresenta il 25% / 30% del totale ed avviene da Ottobre a Gennaio.
La produttività è elevata: con un ettaro di bambù gigante Madake si producono circa 100 t di biomassa, quando con il legno tradizionale per ottenere le stesse quantità bisognerebbe abbattere 20 ettari di bosco. A seconda del tipo di utilizzo finale il culmo viene tagliato dopo un determinato numero di anni, ad esempio per la produzione di legname il raccolto si effettua dopo 3-4 anni dalla nascita del culmo. Oltre al culmo, vengono utilizzate anche le altre parti della pianta: I rami vengono utilizzati come tutori in agricoltura, per produrre scope, stuzzicadenti e fibre tessili con proprietà antibatteriche. Il fogliame viene somministrato come foraggio per il bestiame e animali più piccoli, si utilizzano anche per estrarne pigmenti o componenti per la realizzazione di medicinali e cosmetici, oppure può essere utilizzato per fare tè, infusi e bevande in generale. Tuttavia in competizione con l'alimentazione del Panda, specie a rischio di estinzione.
La distribuzione delle fibre portanti nel bambù non è uniforme ma gerarchica, in modo che la densità delle fibre sia massima alla periferia esterna, dove le sollecitazioni sono maggiori. Combinando questo gradiente di densità con una forma macroscopica tubolare a microstruttura cellulare ottimizzata, il bambù è da due a quattro volte più efficiente dal punto di vista meccanico di una trave con la stessa rigidità alla flessione realizzata con un materiale solido a parete cellulare.
La maggior parte dei paesi non ha codici di costruzione standard per il bambù, il che rende difficile il suo impieg per coloro che desiderano utilizzare il materiale nella costruzione. Esiste una sorta di incertezza giuridica che circonda la determinazione di alcune proprietà del bambù come resistenza al fuoco, proprietà di resistenza, durata e così via, il che implica la necessità di regolamenti e standard. Le proprietà di resistenza del bambù sono già state testate dalle università di tutto il mondo e presentano risultati eccezionali che in molti casi sono molto superiori ai materiali da costruzione convenzionali. Tuttavia, gli standard del codice edilizio richiedono più delle proprietà di resistenza di un solo materiale, altre proprietà da considerare sono, ad esempio: Durevolezza, Sicurezza antincendio. Impatto sull'ambiente. Usabilità, Efficienza energetica
Standard internazionale ISO 22157 per le proprietà meccaniche del bambù.
Esistono due tipi di resistenza alla compressione che devono essere testati secondo lo standard ISO 22157; resistenza alla compressione parallela alla fibra e resistenza alla compressione perpendicolare alla fibra. Stranamente, le linee guida ISO 22157 descrivono solo la metodologia di prova per la resistenza alla compressione parallela alla fibra ma non forniscono una metodologia per la resistenza alla compressione perpendicolare alla fibra. A causa della forma naturale di un "albero" di bambù, è necessario testare 3 diverse parti dello stelo: la parte inferiore, centrale e superiore. Ciò è necessario perché uno stelo di bambù non ha una sezione trasversale continua e ci sono differenze nelle proprietà strutturali tra la parte inferiore, che ha un diametro maggiore, e la parte superiore, che ha un diametro minore. I campioni di prova non possono contenere un nodo perché i risultati di questi campioni non fornirebbero risultati accurati poiché i nodi sono le aree più forti in uno stelo di bambù. Pertanto, i campioni di prova vengono prelevati dalla sezione tra due nodi (internodi), poiché questa è la parte più debole di un palo di bambù. Ai fini della costruzione solo la parte inferiore, centrale e superiore possono essere utilizzate come colonne o travi. La parte «leader» e «stick» del culmo di bambù non sono considerate utili nella costruzione a causa del loro piccolo diametro. La resistenza alla compressione del bambù è approssimativamente compresa tra 40 e 80 N/mm2 , che è da due a quattro volte il valore della maggior parte delle specie di legno. La differenza nei risultati può essere spiegata dai diversi metodi di prova e campioni utilizzati. Tuttavia, è chiaro che l'età e il contenuto di umidità dei campioni di bambù hanno un'influenza significativa sulla resistenza alla compressione del bambù. Il bambù con un basso contenuto di umidità ha una resistenza alla compressione maggiore rispetto al bambù con un alto contenuto di umidità.
Per quanto riguarda la resistenza a trazione del bambù, essa è determinata testando le fibre (strisce di bambù) e non su campioni interi di culmo. Come per la resistenza alla compressione, lo standard ISO 22157 fornisce linee guida per la resistenza alla trazione parallela alla fibra ma non per la resistenza alla trazione perpendicolare alla fibra. Per testare la resistenza alla trazione del bambù, vengono utilizzati 3 tipologie di campioni prelevati dalla parte inferiore, dalla parte centrale e dalla parte superiore dell'intero stelo di bambù. Ogni striscia è larga tra 10-20 mm, ha lo spessore del culmo di bambù ed è lunga 100 mm. Il contenuto di umidità di ogni campione deve essere determinato e i campioni devono avere un nodo. Poiché la direzione della fibra del nodo è opposta alla direzione della fibra dell'internodo, il nodo è qui considerato il punto più debole dello stelo (quando si prova la resistenza alla compressione è il contrario). La resistenza alla trazione media del bambù si trova a circa 160 N/mm2 , che è 3 volte superiore alla maggior parte dei legni da costruzione convenzionali. Per quanto riguarda la resistenza a taglio, si tratta di un fattore importante per progettare strutture e collegamenti appropriati. Le sollecitazioni di taglio possono verificarsi in due modi, paralleli alla fibratura e perpendicolari alla fibratura. Anche in questo caso, gli standard ISO 22157 forniscono solo linee guida per misurare la resistenza al taglio parallelamente alla fibra. Vengono testati tre tipologie di campioni prelevati dalla parte inferiore, centrale e superiore dello stelo di bambù. La differenza questa volta è che metà dei campioni di prova dovrebbe avere un nodo e l'altra metà non dovrebbe avere un nodo. La resistenza al taglio parallela alla fibra è circa 10 volte inferiore alla resistenza alla compressione e persino 20 volte inferiore alla resistenza alla trazione della stessa specie di bambù. Tuttavia, la resistenza al taglio del bambù è in media il doppio del valore delle specie di legname più popolari.
Per quanto riguarda la resistenza alla flessione, varia tra 50 e 150 N/mm2 ed è in media il doppio di quella della maggior parte dei legni strutturali convenzionali.
Il modo più antico e più usato dall’uomo è l’uso del culmo nella sua forma naturale. Per la sua forma tubolare e per le sue proprietà meccaniche, il culmo si presta bene per la realizzazione di travi e pilastri. Dal momento che il bambù non esibisce una elevata resistenza al taglio, si preferisce utilizzarlo nelle strutture reticolari piane e spaziali, dove i culmi sono sottoposti prevalentemente ad azioni assiali di compressione e trazione. Può essere trasformato e lavorato per la produzione di prodotti derivati (laminated bamboo lumber, bamboo veneer, plybamboo, oriented-strand bamboo, bamboo particleboard).
Nell’ambito dell’ingegneria strutturale, il bambù lamellare è un ottimo materiale da costruzione. Viene prodotto partendo dalla riduzione del culmo in tante lamelle sottili di forma rettangolare, che vengono poi incollate fra loro e disposte in modo tale da realizzare elementi di forma e di dimensioni volute.
In genere, l’uso del culmo, per via della sua bassa durabilità e difficile standardizzazione, è più adatto a fungere da elemento strutturale per opere singoe e di breve durata, mentre, il bambù lamellare può essere considerato un vero e proprio materiale da costruzione al pari del legno lamellare per la realizzazione di opere di varia natura, durevoli e riproducibili. Il culmo, può essere impiegato, infatti, come rinforzo per le travi in calcestruzzo, soluzione largamente studiata in Brasile per soddisfare la richiesta di nuove costruzioni utilizzando materiali locali ed economici.
Le fibre interne del bambù possono essere utilizzate per la realizzazione di materiali compositi (bamboo fiber composites).
Esiste un certo mercato anche per quanto riguarda le fibre/tessuti di bambù, basato sull’ecologicità del processo produttivo: è meno sostenibile di quanto possa apparire: separazione delle parti legnose del bambù con enzimi naturali ha un'applicazione limitata in quanto ha dei costi elevati. In realtà, spesso i capi di abbigliamento fabbricati con le fibre di bambù risultano essere derivati della cellulosa contenuta nel bambù stesso mediante trattamenti chimici. La stessa cosa accade anche per tutti gli altri "tessuti artificiali" derivati da pasta di cellulosa: Viscosa (da legni teneri), Lyocell (da ramaggi di abeti e altro), Modal, Micromodal (da scarti di legno duro). Inoltre, non sembrano esservi evidenze scientifiche riguardo a presunte proprietà antimicrobiche delle fibre di bambù, fatto che talvolta viene citato per scopi di marketing.
Materiali compositi sono una struttura non omogenea formata da fibra e matrice. Usati molto per esempio nel settore automobili essendo economici, riciclabili, leggeri e soddisfano le varie normative, in genere per parti non strutturali. In genere impiegate fibre vegetali per motivi etici, magazzinano C02, rigenerano,...
Queste fibre vedono le proprie proprieta modificate per renderle compatibili con matrici polimeriche (tramite trattamenti termici, fisici e chimici).
Gia dagli anni 30 Ford usava materiali come canapa e resina da olio di soia. Poi anche Mercedes per ridurre peso montava interni portiere in materiali vegetali. Ora molte parti non strutturali. Buoni rapporti densità e basso consumo energetico produzione.
Matrici divise in termoplastiche e temoindurenti più difficili da riciclare, con il riciclo che può prevedere il riuso, triturazione e come inerte o conversione in carburante o energia.
Pianta versatile e storicamente molto utilizzata, produce fibre liberiane simili al lino, resistenti alla trazione e all’usura, ma meno confortevoli per l’abbigliamento a causa della loro rigidità. Le sue coltivazioni richiedono pochi pesticidi e fertilizzanti, crescono rapidamente anche in terreni marginali, e il prodotto finale è traspirante e biodegradabile, rendendola ecologica. In passato era largamente impiegata in Italia per tessuti, corde e carta, ma il suo utilizzo è diminuito a seguito delle normative sulla Cannabis sativa, contenente tracce di THC. Per la carta, la canapa fu gradualmente sostituita dopo che alcune grandi aziende, come quella di William Randolph Hearst negli USA, investirono pesantemente nel pioppo, contribuendo a limitarne il mercato con campagne e pressioni legislative che culminarono nella Marijuana Tax Act del 1937.
E' una pianta che può raggiungere i 4 metri di altezza e cresce in climi caldi e umidi, come quelli di India, Cina e Bangladesh, principali produttori mondiali. Le sue fibre, economiche, lucenti e resistenti, sono ideali per la fabbricazione di sacchi, specialmente per il trasporto di chicchi di caffè, grazie alla loro traspirabilità che impedisce la fermentazione. La lavorazione della juta prevede diverse fasi: raccolta, macerazione in acqua per separare le fibre, battitura per migliorarne la qualità ed essiccazione finale. Queste caratteristiche, unite al basso costo di produzione, la rendono una delle fibre naturali più diffuse per usi industriali e agricoli.
Il kenaf è una pianta tropicale che può raggiungere i 5 metri di altezza in pochi mesi, sottile, ed è nota per la sua capacità di assorbire grandi quantità di CO2, rendendola utile nella lotta contro il cambiamento climatico. Originaria di regioni tropicali come India, Cina, Africa e altre aree a clima caldo, il kenaf produce sia fibre corticali (liberiane), che vengono utilizzate per tessuti, corde e materiali da costruzione, sia un midollo legnoso interno, impiegato per la produzione di carta e biocombustibili.
E' una fibra naturale che proviene dalle foglie della pianta *Agave sisalana*, una specie tropicale simile a una palma. Le foglie vengono tagliate dopo 2-3 anni di crescita, quando raggiungono una lunghezza di circa 1,5 metri. Dopo la raccolta, le foglie vengono lavate e sottoposte a un processo di decorticazione per rimuovere la polpa e ottenere le fibre. Le fibre di sisal vengono poi essiccate al sole per diversi giorni, fino a raggiungere il giusto livello di umidità per essere lavorate. Questa fibra è resistente e viene utilizzata per produrre corde, tessuti, tappeti e altri materiali durevoli.
Conosciuta anche come "canapa delle Filippine", è una fibra che proviene dalle foglie della guaina di una pianta simile al banano, appartenente al genere *Musa*. Originaria delle Filippine, Ecuador e Costa Rica, questa pianta cresce principalmente in climi tropicali, dove le condizioni di temperatura e umidità sono ottimali per il suo sviluppo. In ambienti non tropicali, come in alcune regioni più fresche, l'abaca cresce lentamente e potrebbe non raggiungere il suo pieno potenziale.
L'abaca viene propagata principalmente per talea, come il banano, quindi tutte le piante sono cloni della pianta madre. Questo metodo di propagazione ha il vantaggio di garantire piante omogenee, ma può anche presentare svantaggi, in particolare in caso di infezioni da parassiti o batteri. Poiché tutte le piante sono geneticamente identiche, la diffusione di malattie o infestazioni può avvenire più rapidamente e con maggiore impatto, mettendo in pericolo l'intera coltivazione. Per questo motivo, la gestione sanitaria delle coltivazioni di abaca è particolarmente importante per prevenire danni causati da parassiti e patogeni.
E' una delle rocce più abbondanti nella crosta terrestre, è una roccia ignea intrusiva (o plutonica), formatasi a seguito del lento raffreddamento del magma, all’interno della crosta terrestre e questo consente la formazione di grossi fenocristalli all’interno di una matrice a tessitura cristallina più fine. Nel caso delle rocce ignee effusive, la struttura è invece microcristallina ed in qualche caso vetrosa.
Si tratta di una roccia felsica, ovvero formata da minerali ricchi di elementi leggeri, quali Si, O, Al, Na, K. Il nome deriva dall’unione dei termini «feldspato» e «silice»
Feldspato: minerale con formula generale X(Al, Si)4O8 , in cui X può essere K+ , Na+ , Ba++ , Ca++ , Rb+ , Sr++ e Fe++.
Silice: SiO2.
I minerali felsici hanno densità tipica intorno a 3 g/cm3. Si tratta dei minerali presenti, in particolare, nella parte esterna della crosta terrestre. Avendo un elevato contenuto di silice, le rocce felsiche sono classificate come rocce acide. l granito è formato in larga misura da:
Feldspato: minerale della famiglia dei tectosilicati (60% della crosta terrestre).
Quarzo: SiO2 cristallina (12% della crosta terrestre).
Mica: minerale della famiglia dei fillosilicati, struttura a strati, sfaldabile. I fenocristalli presenti nel granito si formano quando il magma è ancora liquido; se il tempo e lo spazio sono sufficienti, possono raggiungere dimensioni rilevanti.
La tessitura del granito è faneritica, cioè visibile ad occhio nudo. In geologia, la tessitura è definita come l'insieme delle caratteristiche geometriche di una roccia. Può essere originata da tensioni meccaniche, gradienti termici o chimici, particolari modalità di genesi della roccia e altri processi.
La tessitura del granito è anche ipidiomorfica, ovvero olocristallina (costituita interamente da cristalli) nella quale coesistono cristalli:
Idiomorfi: la cui forma (facce piane) rispecchia quella dell’abito cristallino.
Subidiomorfi: cristalli la cui forma (facce piane e non piane) rispecchia parzialmente quella dell’abito cristallino.
Xenomorfi: la cui forma è irregolare e non rispecchia quella dell’abito cristallino.
Infine, per quanto riguarda la dimensione dei cristalli si ha:
Tessitura equigranulare: cristalli all’incirca delle stesse dimensioni.
Tessitura porfirica: cristalli grandi in una massa di cristalli piccoli.
*Occasionalmente il granito naturale può presentare dei megacristalli.
Profondita elevata, cristalli grandi
Il colore del granito è molto variabile: bianco, giallo, rosa, rosso, bruno e verde. Esso dipende principalmente dal colore assunto dal feldspato potassico contenuto ed al contenuto dei minerali femici (Fe, Mg) presenti. Per le rocce costituite da una percentuale non superiore al 90% di minerali mafici (Fe, Mg) può essere utilizzata la classificazione (basata basa sulla quantità modale (determinazione quantitativa)) sul diagramma QAPF, detto anche diagramma di Streckeisen. Q: Quarzo, A: Alcalifeldspati (ortoclasio), P: Plagioclasi (labradorite, anortite), F: Feldspatoidi si tratta di minerali di colore chiaro. Non vengono presi in considerazione i minerali femici.
Minerali normativi
Si suppone che il magma solidifichi formando progressivamente una serie di minerali solidi anidri, secondo una sequenza prestabilita ed in determinate condizioni (ad es. ambiente anidro, quindi si esclude la formazione di anfiboli e miche, si assume che i minerali mafici siano liberi da Al2O3 , ecc.). La norma è una base confronto per diverse rocce a prescindere dalla loro reale composizione mineralogica (moda), utile soprattutto nel caso delle rocce effusive, che hanno una struttura spesso in buona parte non cristallizzata (vetrosa). Ci sono molte diverse possibili classificazioni dei graniti (ad es.: classificazione alfabetica, classificazione di Pitcher, classificazione di Pearce).
Considerando il modello strutturale standard del nostro pianeta (nucleo-mantellocrosta), i graniti si formano per risalita di magma dall’astenosfera, per differenza di densità. Quando il magma raggiunge la litosfera, trova un mezzo più rigido e inizia quindi a seguire vie preferenziali. A seconda delle caratteristiche del magma (densità, viscosità, capacità termica, ....), questo processo di intrusione si ferma a diverse profondità. La messa in posto può avvenire per:
Intrusione forzata: esercitano una spinta sulle rocce incassanti deformandole.
Intrusioni permesse: che avanzano per collasso delle rocce soprastanti il magma.
Il meccanismo di formazione del granito è ancora oggi tema di dibattito. L’ipotesi principale è la genesi per cristallizzazione frazionata, in camera magmatica. La profondità di formazione del granito è in genere tra 1.5 e 50 km. Le rocce plutoniche possono venire portate verso la superficie da grandi eventi geodinamici e in alcuni casi finire per affiorare in superficie, per esempio in seguito ad erosione. L’industria mineraria è uno dei settori economici primari. (agricoltura, pesca, allevamento, silvicoltura, l'attività mineraria)
Estrazione
Il semilavorato di partenza è costituito da blocchi di dimensioni variabili, il più comune è 22 tonnellate (3 x 1.5 x 1.5 m^3 ). Al giorno d’oggi, il processo di estrazione è condotto in modo sistematico, dall’alto verso il basso, per cui la cava assume la forma a gradoni. I blocchi vengono tagliati con una sequenza di operazioni:
Carotaggio verticale con un martello pneumatico con utensile in carburo di tungsteno, profondità di 10-12 m, per verificare consistenza e qualità.
Eliminazione cappellaccio con esplosivo (strato di materiale organico).
Taglio al monte con una serie di fori verticali paralleli e una piccola quantità di esplosivo.
Perforazione orizzontale e distacco della bancata (eventualmente con cementi espandenti).
Taglio dei blocchi dalla bancata.
Caratteristiche
La durezza nella scala di Mohs è compresa tra 5 e 7. La lavorazione richiede l’uso di utensili in Widia o diamantati. Una volta, si impiegavano utensili in acciaio… ed anche in pietra. Materiale lapideo dotato di elevato carico di rottura a compressione e discreta resistenza a flessione e di alta resistenza all’usura.
Lavorazioni possibili: Taglio, Foratura, Lucidatura, Spazzolatura, Bocciardatura, Sabbiatura, Fiammatura, Taglio waterjet,...
Applicazioni
Viene utilizzato in particolare nel settore delle costruzioni edili (pavimentazioni esterne ed interne, rifiniture per edifici, arredo urbano come panchine, copertine per muri e statue, cordonature per delimitazioni, applicazione per la costruzione di muri, e strutture portanti per edifici, ecc.). Banchi lavoro cucine e pizzerie, molto distaccantence, mentre le industrie usano il polietilene per evitare schegge in caso di rottura.
Nella costruzione delle strutture di macchine utensili --> macchine metrologiche. I vantaggi sono legati alla stabilità dimensionale. Questa, a sua volta, dipende dal fatto che ha avuto centinaia di migliaia o milioni di anni di tempo per rilassare gli sforzi interni. Tra le tipologie di granito utilizzabili la migliore è la «diabase». Il principali limiti del granito naturale qui sono la fragilità, la difficoltà dei processi di lavorazione, derivante dalla durezza del materiale. Le limitazioni nella dimensione delle strutture realizzabili, la limitata disponibilità e il costo elevato. Per il resto, è eccellente sia dal punto di vista della capacità di dissipare le vibrazioni meccaniche, sia la possibilità di ottenere elevati gradi di finitura (sino al decimo di um).
Lavorato macchina utensile, con utensili diamantati, per realizzare strutture o parti di strutture di CDL leggeri
Mineral casting o epoxy granite
Una possibile alternativa al diabase, più economica ed in grado di risolvere i principali problemi evidenziati. Si tratta di materiali compositi, costituiti da una matrice di resina termoindurente (solitamente epossidica) e da rinforzi inerti di natura minerale (miscela di varie granulometrie di ghiaie e sabbie di granito, quarzo, calcare, ....). La tecnologia costruttiva è analoga a quella del cemento armato e consiste di una serie di fasi:
Lavaggio, essicazione, vagliatura eselezione degli inerti.
Miscelazione degli inerti (curva di Fueller).
Preparazione della resina bicomponente.
Betonaggio della miscela inerti + resina.
Colata in appositi casseri.
Sformatura e finitura.
Gli inerti vengono selezionati in modo tale da massimizzare il volume da essi occupato. In particolare, possono essere utilizzati i criteri impiegati per la formulazione del calcestruzzo (ad es. curva di Fueller). La riduzione della frazione volumetrica di resina utilizzata è vantaggiosa per miglioramento della resistenza a compressione e del modulo elastico. Riduzione del coefficiente di espansione termica e del calore sviluppato in fase di reticolazione (abbassamento del picco esotermico). Miglioramento della resistenza all’usura ed all’abrasione e della stabilità dimensionale (riduzione dei fenomeni di creep). Riduzione del costo della struttura.
Le proprietà salienti delle strutture realizzate con la tecnologia Mineral Casting sono: Alta precisione dimensionale, Eccezionale capacità di smorzamento delle vibrazioni, Tempi di produzione ridotti, Costi contenuti anche per piccole serie, Possibilità di inglobare nella struttura elementi filettati, componenti metallici, fori, cave e canali di raffreddamento, ecc. Alta resistenza ai fluidi da taglio. Impatto ridotto sull’ambiente (riciclabilità?).
Alcuni aspetti negativi sono: Difficoltà ad effettuate post-lavorazioni. Possibile presenza di creep. Modulo elastico e resistenza meccanica più bassi dei elementi realizzati in ghisa.
Come alternativa è possibile utilizzare il cemento. Il materiale risultante è un calcestruzzo. Come noto, questa tipologia di materiale presenta alcuni problemi:
Per rendere l’impasto sufficientemente fluido, è necessario utilizzare quantità di acqua superiori alla quantità necessaria per i processi di idratazione. Il materiale finito presenta un’elevata porosità, fenomeni di ritiro e fessurazioni.
La presenza di porosità rende il materiale più igroscopico.
L’impiego di miscele di inerti ottimizzate dal punto di vista del fill factor rende il materiale difficilmente lavorabile, a causa dell’elevata viscosità dell’impasto.
I vantaggi sono: riduzione dei costi e della tossicità delle sostanze chimiche utilizzate, elevato modulo elastico e bassa conducibilità termico, riciclabilità dei manufatti, ecc.
Per risolvere i problemi, sono stati sviluppati dei calcestruzzi speciali, basati sull’impiego di cementi ad alte prestazioni, UHPC (Ultra High Performance Concrete), ed all’utilizzo, in fase di betonaggio, di sostanze superplasticizzanti. Il meccanismo è basato su un principio di separazione e mutua repulsione tra le singole particelle di cemento, fatto che implica l’eliminazione del fenomeno di clustering ed una conseguente riduzione dell’attrito tra particelle. Macrosopicamente, ciò si manifesta in una fortissima riduzione della viscosità dell’impasto, anche se la quantità di acqua utilizzata è molto vicina a quella teorica. Il risultato finale è l’ottimizzazione delle caratteristiche microstrutturali del calcestruzzo (può essere utilizzato senza rinforzi metallici), un’elevata capacità di auto-costipazione e di auto-livellamento, anche in assenza di vibratura, ed –in ultima analisi- un drastico miglioramento della lavorabilità e delle proprietà meccaniche del prodotto finito.
Roccia metamorfica, composta principalmente di CaCO3. Come tale, si è originato da trasformazioni di una roccia (protolito) di origine sedimentaria, ignea o già metamorfica, dovute a particolari condizioni di T, P, o presenza/assenza di particolari fluidi. Il metamorfismo conduce alla ricristallizzazione della roccia ed alla possibile formazione di minerali non preesistenti. Fattori: Calore (per contatto con magma, gradiente geotermico, attrito). Pressione (litostatica: 270 bar nella crosta e 330 bar nel mantello per km), Fluidi (acqua + CO2), Tempo.
Nel caso del marmo, il protolito è una roccia sedimentaria (calcare, dolomia) che provoca una completa ricristallizzazione della roccia a formare una struttura composta da cristalli di calcite e di dolomite (carbonato doppio di Ca e Mg). L’azione di temperatura e pressione portano a una completa scomparsa della tessitura originaria (fossili, stratificazioni, ecc.). Il colore dipende dalle impurezze presenti nella roccia sedimentaria originaria, come ad es. argilla, limo, sabbia, ossidi di ferro, ecc.
La calcite ha un basso indice di rifrazione, per cui la luce può penetrare nella struttura del materiale: per questo motivo i marmi, soprattutto quelli bianchi, hanno una speciale luminosità (settore della scultura: Michelangelo usava il "marmo bianco" di Carrara per le sue opere). I marmi non colorati sono una fonte di carbonato di calcio puro, che viene utilizzata come componente di coloranti, vernici, prodotti cosmetici materie plastiche, industria cartaria.
Le cave si distinguono in due tipi:
Cave di pianura (problemi falde acquifere => sistemi di pompaggio €€€)
Cave di monte (problemi accesso => bacini di estrazione)
Il taglio del marmo si fa o con filo elicoidale, utilizzando abrasivi, filo diamantato o segatrici a catena.
Dopo l’estrazione, il marmo viene tagliato con seghe diamantate o con sistemi di taglio a getto d’acqua. Le lastre commerciali hanno spessori che vanno da 1 cm a 30 cm (lastre di spessore superiore ai 30 cm sono dette «masselli»).
Altre lavorazioni: Lucidatura, Fiammatura, Bocciardatura, Rigatura, Sabbiatura, Spazzolatura. Acidatura
Il marmo è un materiale poroso => in caso di contatto con oli o altri fluidi necessita di una protezione. Si tratta, inoltre, di un materiale sensibile agli acidi (succo di limone, aceto, ecc.).
Cava di marmo di Aurisina: roccia sedimentaria, di colore di fondo grigio, talvolta tendente al nocciola, pura, compatta ed omogenea. Si presenta in molte varietà (Aurisina fiorita, lumachella, chiara, ecc.).
Caratteristiche tipiche: Densità: 2646 Kg/m³, Coefficiente di imbibizione: 1,08%, Resistenza alla flessione: 150 Kg/cm², Coefficiente di dilatazione lineare termica: 0.00414 mm/m/°C. Dall’analisi dei monumenti presenti nella città romana di Aquileia, si può ipotizzare che lo sfruttamento del marmo di Aurisina sia iniziato nel I secolo a.C., in età repubblicana) e sia proseguito sino al V secolo d.C. Lo stesso materiale è stato utilizzato in età romana anche a Trieste e sino a Pavia (trasporto fluviale). Il marmo di Aurisina è stato utilizzato nel Mausoleo di Teodorico a Ravenna (520 d.C.). In epoca medievale e barocca questo materiale viene utilizzato poco, per tornare in uso nel XVIII secolo, con un picco di particolare importanza durante la dominazione dell’Impero Austro-Ungarico (ad es.: Arsenale del Lloyd Austriaco, il Palazzo del Lloyd Austro-Ungarico in Piazza Unità d'Italia, il Palazzo di Giustizia, il Palazzo della R.A.S., il Palazzo Revoltella e il Palazzo Stratti a Trieste, ma con impieghi in tutto l’impero).
Nel secondo dopoguerra il marmo di Aurisina viene esportato nel Mondo (ad es. metropolitana di Atlanta, aeroporto di Berlino, metropolitana di Francoforte, ecc.). Recentemente è stato impiegato per la pavimentazione esterna del Citylife Shopping District di Milano.
E' una fibra tessile naturale formata da una sostanza proteica (cheratina) che si ottiene dal vello di ovini (pecore e di alcuni tipi di capre), conigli, camelidi (ad es. cammelli, lama, vigogna, alpaca,...). E' conosciuta fin dal tempo dei babilonesi ma è stata prodotta industrialmente a partire dal XVII secolo d.C. Questo filato si ottiene attraverso l’operazione di tosatura che per le pecore avviene in primavera, seguita da altre lavorazioni
Secondo la legislazione italiana (legge 883 del 26/11/73 e successiva 1007 del 2011) s’intende lana tratta dal vello delle pecore, mentre le lane ricavate da altri animali si dicono «peli pini» o «lane…» con accanto il nome dell’animale. Costituisce il 90% delle fibre naturali di origine animale. È stata per molti secoli la fibra più usata nel vestiario, poi ha ceduto il posto al cotone che, negli ultimi 50 anni, è stato superato dalle fibre sintetiche. La sua produzione si aggira intorno al 2% delle fibre totali, per una quantità totale di circa 1.9 milioni di t. Il vello della pecora il mantello protettivo che ripara l’animale dal freddo e dalla pioggia è composto da due tipi di pelo:
Giarra: costituito da peli setolosi, lunghi ed ispidi, ha la funzione di impermeabilizzare l’animale.
Borra: formato da peli sottili, ondulati e morbidissimi ha la funzione di isolare dal freddo l’animale.
Non sempre questa distinzione è così netta: negli animali da allevamento è difficile distinguere i peli setolosi della giarra da quelli lanuginosi della borra, mentre in quelli allo stato selvatico tale distinzione è netta. La lana è costituita dalle fibre che si ottengono dal vello delle pecore mediante tosatura (1 o 2 volte l’anno). La resa varia per razza, età e annata. Dalla nostre pecore si ottengono, in media, 2 kg di lana sucida. Dalla razza Merinos, si ottengono 5-6 kg, sino a 10 kg per alcune razze speciali. La resa, dopo lavaggio, va dal 40% fino al 90% (una volta eliminate le impurità , i grassi ed i materiali vegetali). La qualità della lana del vello non è uniforme, è migliore quella delle spalle e dei fianchi. Il vello può essere messo in commercio allo stato: sucido (lana greggia). Più o meno purificato
Il prezzo della lana varia con la razza dell’animale, con la zona del corpo da cui proviene (schiena e fianchi per i filati, addome e zampe per imbottiture), dalla lunghezza media del pelo, dal diametro medio del pelo, dall’arricciatura del pelo e dalla qualità e dallo stato di fornitura:
Lana da concia o lana morta: si ottiene da animali morti
Lana da tosa o lana vergine: si ottiene da animali sani e vivi
Lana greggia o lana sucida: si ottiene da animali non lavati
Lana saltata: si ottiene da animali sottoposti a un lavaggio con acqua prima della tosatura, per eliminare grossolanamente grasso e sporcizia
Lana lavata: si ottiene da un vello trattato con acqua calda saponata dopo la tosa
Lana sgrassata: è una lana che è stata sottoposta a trattamento con solventi (benzene, tricloroetilene), oppure a freddo (-35 °C/-40 °C, il grasso viene tolto per battitura) per togliere la lanolina
La finezza è un elemento determinante per giudicare una lana e la sua filabilità:
Lane fini : diametro da 18 a 25 µm (Merinos, Shetland, Mohair, Cachemere)
Lane croiseés diametro da 25 a 35 µm
Lane ordinarie : diametro oltre 35 µm
Più la fibra è lunga più è pregiata. Le lane possono essere classificate in base alla lunghezza delle fibre determinata da fattori ereditari e/o ambientali
Lane lunghe o da pettine: fibre di lunghezza superiore a 350 mm, destinate a tessuti pettinati di maggior pregio
Lane corte o da carde: fibre di lunghezza inferiore a 350 mm, da cui si ottengono tessuti cardati, voluminosi e caldi. La lana è caratterizzata da una arricciatura che tende ad assumere forma elicoidale. La sua frequenza è correlata alla finezza: le lane fini possono avere 10-12 ondulazioni per mm, quelle ordinarie 1-2.
Woolmark è sicuramente il marchio tessile più conosciuto. È la garanzia di contenuto e di qualità: si tratta di un marchio internazionale che attesta e certifica la realizzazione in Pura Lana Vergine , dove: «pura» significa che la composizione è 100% lana «vergine» indica che l'articolo è prodotto con fibre che non sono state precedentemente lavorate o recuperate da precedenti lavorazioni industriali.
L’Italia è il maggiore produttore Europeo di tessuti di lana ed il secondo esportatore mondiale, dopo la Cina. La struttura produttiva comprende oltre 2.100 aziende che si concentrano prevalentemente in Toscana, Piemonte e Veneto. I maggiori gruppi leader operano nel distretto di Biella dove si producono tessuti e filati lanieri di qualità elevatissima. Generalmente le attività di filatura e tessitura sono separate, a causa delle difficoltà di armonizzazione gestionale delle due fasi del ciclo. La fase di tintoria è generalmente l’attività che rappresenta il plus di valore del Made in Italy.
La lana, una volta lavata per ripulirla e sgrassarla, può presentare diversi colori naturali: avorio, bianco, nero o marrone. Le fibre di lana hanno una lunghezza che va da 40 mm a 350 mm e un diametro che va da 16 μm fino ad oltre 50 µm. La struttura trasversale della fibra di lana è formata da tre strutture concentriche: la cuticola; Il cortice, Il canale midollare.
La cuticola è formata dall’insieme delle scaglie, ognuna delle quali è una singola cellula. Esse sono disposte sulla parte esterna della fibra e sono costituite da una struttura a tre strati.
L’epicutilola è una sottile membrana semipermeabile idrofoba che ricopre ogni singola scaglia e che rende la lana vergine non tingibile. L’epicuticola si danneggia facilmente mediante sfregamento, è sufficiente l’operazione di cardatura e di filatura.
L’esocuticola è formata da scaglie che possono essere solubilizzate da enzimi proteolitici.
L’endocuticola è lo strato più profondo della cuticola, al microscopio si presenta come una struttura rugosa, ricca di cavità e striature parallele. L’analisi al microscopio della cuticola è importante, perché permette di differenziare vari tipi di fibre di lana.
Il cortice rappresenta il 90% in peso della lana, ed è costituito da milioni di cellule fusiformi di diametro compreso tra 1 µm e 3 µm, completamente cheratinizzate e contenenti residui del nucleo. Ogni cellula è composta a sua volta da una struttura gerarchica: macrofibrille → microfibrille → Protofibrille → molecole di cheratina (3 o 7 cementate da una matrice).
Nella sezione trasversale del pelo si puo osservare che il cortex si presenta diviso in due metà con proprieta diverse (struttura bilaterale): le cellule dell’ortocortex sono più reattive, si tingono più intensamente e ringonfiano maggiormente quando vengono poste a contatto con l’acqua; le cellule del paracortex sono meno reattive e strutturalmente più ordinate (struttura dei capelli umani è monolaterale).
Al centro della fibra può essere presente il canale midollare, quasi sempre se la fibra ha un diametro superiore ai 30 mm. Si tratta di una cavità porosa che ha la funzione di isolante termico
La lana Longitudinalmente, la fibra di lana (pelo), può essere suddivisa in tre zone:
Radice: è la parte contenuta nel follicolo, ovvero nella pelle. Non viene utilizzata nelle applicazioni tessili.
Stelo o fusto: tubulo cilindrico, costituito principalmente da cheratina, dotato di una struttura a strati.
Punta: può essere arrotondata, a spatola, con punte multiple, sfibrata, a seconda dell’origine e del modo in cui è stato trattato il materiale.
In atmosfera condizionata al 65% di umidità relativa e a 21°C la lana mostra una ripresa del 13-16%, con l’acqua che penetra, specialmente nelle regioni amorfe, e alla saturazione fa aumentare del 17% il diametro della fibra e dell’ 1.2 – 1.8 % la sua lunghezza. Allo stato secco le cellule dell’ orto-cortex hanno dimensioni 96.7% rispetto allo stato umido, mentre quelle del para-cortex 93.2%: queste ultime cioè, seccate, subiscono un ritiro maggiore. La presenza di questa struttura bilaterale con proprietà diverse porta ad un'elevata arricciatura della fibra. Da ciò consegue l’elevata morbidezza ed elasticità di questo materiale.
La fibra cheratinica in acqua si denatura tra 110° e 160°C, come si può determinare mediante la tecnica DSC, a causa dalla stabilità termica della matrice che cementa insieme i filamenti di cheratina. Diminuendo il contenuto d’acqua la T di denaturazione diminuisce. La tecnica DSC può essere utilizzata per identificare e caratterizzare le fibre tessili e, tra queste, i diversi tipi di lana. La lana è una fibra caratterizzata da termocoibenza, igroscopicità e confortevole traspirazione, e con buone proprietà ignifughe (L.O.I. = 25). Il L.O.I. è il Limiting Oxygen Index, ovvero la quantità minima di ossigeno presente nell’atmosfera in grado di sostenere la combustione del materiale
Elevata resilienza (= rapporto fra lavoro assorbito e lavoro restituito in una deformazione per compressione), tra le più alte in assoluto tra le fibre tessili, unita a notevole allungamento (30-50% in ambiente condizionato, fino al 70% a umido) e buon recupero elastico. Ha buona resistenza all’usura e alla gualcitura, ma modesta tenacità (1-1.7 g/den in amb. condizionato), mano soffice e calda e pronta ripresa di tutte le deformazioni, quindi non si presta a fare tessuti con pieghe permanenti.
concetti di umidità, cioè contenuto % di acqua riferito al peso della lana umida, e di ripresa, cioè il contenuto % di acqua presente rispetto al peso della lana secca. Quindi se, ad esempio, 120 g di lana si seccano completamente dando luogo a 105 g di lana secca, l’umidità contenuta era di 15 g, allora: umidità: (15/120) x 100 = 12.5%, ripresa (15/105) x 100 = 14.3%. La ripresa della lana ad una data umidità relativa varialeggermente con T e dipende anche dai trattamenti effettuati. Aumentando la temperatura, l’affinità della lana per l’acqua diminuisce ed è necessaria una maggiore U.R. per raggiungere una data ripresa.
La lana è un materiale anisotropo viscoelastico, le cui proprietà di allungamento a trazione dipendono dalla velocità di applicazione del carico. La lana secca da all’analisi elementare la composizione percentuale in massa riportata di seguito e consiste al 97% di proteine, oltre a contenere il 2% circa di lipidi strutturali e l’1% di altre sostanze (sali minerali, acidi nucleici, carboidrati). C: 50% O: 22-25% N: 16-17% H: 7% S: 3-4%. La struttura a scaglie della lana provoca una resistenza allo scorrimento contro fibra e dà luogo alla prerogativa della feltrabilità, che si manifesta a seguito di sollecitazioni meccaniche esercitate a umido: acqua e basi sollevano le squame, che così aderiscono meglio le une alle altre dando luogo alla formazione di fetri compatti. I trattamenti antinfeltrenti prevedono la deposizione di resine sulla fibra che livellano le scaglie o di ossidanti chimici come l’ipoclorito, che le distruggono.
La lana è conosciuta ed apprezzata per le sue proprietà:
Igroscopicità: assorbire e trattenere le molecole di acqua dell’esterno fino al 30% del suo peso senza dare la sensazione di bagnato.
Flessibilità: elasticità naturale che le permette di essere sottoposta a forti allungamenti e torsioni e di recuperare totalmente la sua forma originale, rendendola per questo ingualcibile
Antistaticità: ha una scarsa capacità di caricarsi di elettricità statica, non attirare ed incamerare la polvere
Isolamento termico: è un ottimo isolante termico, sia contro il freddo che contro il caldo, essendo composta dalla cheratina, una sostanza simile a quella dei capelli, la lana ha una altissima proprietà isolante, grazie al cuscinetto d’aria formato dalle ondulazioni delle sue fibre.
La lana è usata tipicamente per realizzare capi di vestiario e tessuti per arredamento e per le imbottiture (cuscini e materassi). Non ha impieghi nei tessuti tecnici ed industriali, tuttavia è comune ritrovare la lana unita ad altri tipi di fibre: con la seta, per capi di pregiata fattura; con cotone e lino, per la produzione di maglieria intima; con il poliestere, per indumenti estivi; con fibre acriliche per produrre filati di maglieria.
Fasi del processo di produzione dei filati: preparazione
Tosatura: separazione del vello dal corpo dell'animale con tosatrice manuale o meccanica. Si ottiene lana saltata se l'animale è stato lavato, lana sucida se non ha subito la prima fase
Cernita: dal vello intero si separa la lana delle spalle e dei fianchi (fine e lunga), della schiena (corta e ruvida) e del ventre (corta e debole).
Lavaggio della lana: con ripetuti lavaggi in acqua tiepida con sostanze sgrassanti e detergenti la lana viene pulita e sgrassata. Dall'acqua sporca di scarico si estrae il grasso puro, lanolina, impiegata nell'industria chimica e farmaceutica.
Asciugatura: effettuata con aria calda.
Cardatura e pettinatura: Per il ciclo pettinato la lana viene subisce l'operazione di cardatura che consiste nel liberare dalle impurità, districare e rendere parallele le fibre tessili, al fine di permettere le successive operazioni di filatura. successivamente si ha la pettinatura che consiste nell'ordinare le fibre tessili dopo che sono state cardate
Pulitura: cernita e lavaggio della fibra.
Apritura e battitura: apertura e battitura dei fiocchi di lana per liberarli della polvere e delle varie impurità.
Cardatura: operazione volta ad eliminare le impurità residue e a formare una "falda" in cui le fibre sono tenute unite per reciproca adesione.
Pettinatura: mediante macchinari forniti di"pettini" le fibre lunghe vengono lisciate e messe in parallelo fra loro. Si ottiene un nastro pettinato detto top.
Stiro: il nastro viene trasformato in "stoppino".
Filatura: con energica torsione lo stoppino si trasforma in filato resistente, omogeneo e continuo.
Ritorcitura: si effettua ritorcendo insieme un certo numero di fili. Il filo ritorto ha maggiore resistenza.
Roccatura: i filati avvolti in rocche sono pronti per le lavorazioni successive.
La lana può essere riutilizzata: la lana «meccanica» o «rigenerata», si ottiene dai cascami di filatura e di tessitura, da ritagli di maglieria e da indumenti usati, per mezzo di macchine sfilacciatrici
Materiale elaborato da alcune specie di Insetti (particolarmente dal baco da s., la larva del Lepidottero Bombyx mori) come secrezione di particolari ghiandole dette seritteri, dalle quali esce per due orifizi detti filiere, in forma di due bavelle, che, a contatto con l’aria, si rapprendono e si saldano fra loro in un filo unico detto bava: con la bava il baco confeziona il bozzolo (in circa 70 ore), entro il quale si rinchiude per compiere le fasi della metamorfosi.
Il baco si nutre principalmente di foglie di gelso. Un baco da seta, dalla nascita alla trasformazione in crisalide, divora tante foglie di gelso quanto 40.000 volte il peso del suo corpo. Un bozzolo pesa 1-2 g (per una cravatta servono 100-110 bozzoli). La fibra tessile a filamento continuo che si ottiene dal bozzolo del baco da seta mediante una serie di lavorazioni è la seta naturale (in contrapposizione alla cosiddetta seta artificiale, che è il Rayon).
Baco da seta: notare la «spinneret», in grado di estrudere il filamento ad una velocità che può arrivare a 15 m/min! Servono 8 gelsi per ottenere 1 kg di seta. Per un vestito, servono 70 kg di foglie.
Chimicamente, la seta del bombice del gelso è costituita da due proteine, la fibroina e la sericina, oltre che da grassi, pigmenti e minerali in minime quantità.
Per utilizzare la bava a fini tessili la sericina deve essere almeno in parte rimossa e praticamente ciò si realizza sfruttando, in quella fase della lavorazione che è detta trattura, la sua solubilità in acqua calda.
La parziale eliminazione della sericina migliora la mano, la lucentezza e la flessibilità della fibra; se la sericina è stata rimossa del tutto si ha la cosiddetta seta sgommata, o cruda, se invece è stata rimossa solo parzialmente si ha la seta raddolcita (o souple), che, rispetto a quella sgommata, ha miglior potere coprente; questo e la voluminosità della fibra vengono migliorati fissando chimicamente sulla fibra sostanze adatte, ottenedo la seta caricata. Il ciclo di lavorazione della seta è il seguente:
raccolta dei bozzoli, stufatura (80°-90° C) e prima cernita
essiccazione dei bozzoli
spelaiatura (eliminazione dello strato superficiale dei bozzoli)
seconda cernita: crivellatura (classificazione dei bozzoli secondo grossezza)
macerazione (allo scopo di rammollire la sericina degli strati esterni)
trattura.
incannatura (passaggio della seta greggia da matasse a rocchetti)
stracannatura (passaggio da rocchetto a rocchetto, con contemporanea pulitura del filato)
La caratteristica operazione di trattura della seta, comprendente il passaggio nella bacinella, si articola nelle seguenti fasi:
immersione dei bozzoli nell’acqua calda della bacinella
ricerca del capofilo di ogni singolo bozzolo (scapinatura) ed eliminazione peluria.
accoppiatura di un numero variabile di capi
formazione del filo per attorcigliamento del gruppo di bave montanti e raccolta del filo di seta su apposito aspo. Ovviamente, al fine di mantenere la costanza di titolo del filo avvolto sull’aspo, è necessario attaccare un altro capo-bava (giunta della bava) quando un bozzolo si esaurisce o una bava si rompe.
Se la sericina viene eliminata:
Se viene tolto un 12-20% di sericina, ho la seta cotta o sgommata (più pregiata).
Se viene tolto solo il 5-10%, ho la seta cruda, più resistente, rigida ed economica.
Carica: è il trattamento cui si sottopone la seta cotta per farle riacquistare peso e consistenza perduti con la sgommatura Si effettua sfruttando le proprietà della fibroina di assorbire alcuni sali metallici (Sn, Fe, Al):
Carica alla pari: aggiunta uguale alla eliminazione.
Carica sotto alla pari.
Carica sopra alla pari. L’ultimo tipo è molto usato, dato che la seta si vende a peso. Se da un lato una carica moderata è vantaggiosa anche per la qualità della fibra, soprattutto per confezionare tessuti pesanti (rasi, seta per cravatte) poiché la seta non caricata non regge il nodo della cravatta, dall’altro lato la seta troppo caricata, a volte anche del 400% in peso, ha degli altri inconvenienti : perde di tenacità, è poco elastica e molto fragile.
Seta di gelso: è considerata la seta più pregiata grazie ai suoi filamenti finissimi e regolari.
Seta shappe: si produce con i bozzoli danneggiati (dove non è possibile avere la bava continua) e cascami di lavorazione. Si produce dai filamenti di media lunghezza fino a 15 cm. Si contraddistingue dalla seta reale per la finitura opaca e la morbida consistenza.
Seta bourrette: si ottiene dai resti della produzione. Ha fibre corte che contengono resti di bozzolo e sericina. Questo tipo di seta è di qualità inferiore; filato grosso e irregolare non ha le caratteristiche di finezza e lucentezza della bava.
Seta Tussah o seta selvatica: lviene ottenuta con un filato grezzo color giallo oro dalla struttura irregolare. Vivono allo stato selvatico nelle regioni più remote dell'Estremo Oriente e si nutrono di foglie di quercia. Questo tipo di seta è più spesso e meno lucente ed i colori producono un effetto frammentato
La filatura della seta non differisce sostanzialmente da quella della lana. La tessitura può essere effettuata utilizzando sia i fili (seta greggia) sia i filati serici e non differisce da una normale tessitura ortogonale (intreccio di fili d’ordito con fili di trama), a parte alcune modifiche da apportare al setup delle macchine da tessitura.
Proprietà della seta: minimo spessore che le conferisce leggerezza e comodità, resistenza alle deformazioni, buon isolante, caldo d'inverno e fresco d'estate, è la fibra naturale più resistente che si conosca, brillantezza, lucentezza, assorbe i coloranti molto bene (pittura su seta, colorazioni)
E’ originaria della Cina. Sembra che l’industria della seta sia iniziata ai tempi dell’imperatrice Hsi-Ling-Shi che regnò nel 2640 a.C. L’allevamento dei bachi e la loro lavorazione rimasero monopolio cinese per 3.000 anni. I principali paesi al Mondo sono la Cina, l’India, il Brasile, il Giappone e la Thailandia. Se comparata con l'intera produzione mondiale di fibre, la seta prodotta si attesta sotto un 1%.
L’introduzione in Europa della coltura dei bachi da seta o filugelli (Bombix Mori) si deve a due monaci dell’ordine di S Basilio i quali, essendo andati come missionari in India, spintisi fino in Cina, al loro ritorno nel 551 d.C. si presentarono all’imperatore Giustiniano e gli narrarono di aver visto che la seta è un prodotto di alcuni animali e di aver appreso il modo di allevarli. Persuasi dall’imperatore, con promesse e preghiere, ritornarono sui luoghi, e riportarono a Bisanzio le uova del baco da seta, nascoste entro il cavo dei loro bastoni di bambù. Queste uova furono covate nel letame, e in primavera si svilupparono i bacolini, che, nutriti con foglia di gelso, compirono regolarmente il loro sviluppo. La bachicoltura in Europa era cominciata: da Costantinopoli si diffuse nella Grecia, e di qui in Italia dove prosperò fino circa 50 anni fa.
Negli utimi 50 anni i Cinesi hanno affossato la produzione italiana (Veneto) facendo leva sui prezzi. Tuttavia, oggi in Cina, a causa dell’inquinamento i bachi hanno seri problemi: i prezzi della seta salgono continuamente e da noi è di nuovo conveniente, anche grazie alle nuove tecnologie, la coltivazione del baco (i Cinesi cercano spazio in Africa). Sul mercato c’è adesso una forte richiesta di seta italiana da parte delle industrie tessili e il numero di allevatori sta aumentando.
La rigidezza flessionale della seta è maggiore di quella della lana. Discreta capacità di resistere all’usura (migliore della lana, peggiore del cotone). Le fibre di seta hanno un’elevata resilienza. La decomposizione termica avviene a circa 170 °C. La seta è capace di assorbire più umidità rispetto al cotone (30% in peso, senza dare sensazioni di umido)!
La fibra grezza vista al microscopio ha un aspetto cilindrico leggermente appiattito. Non è omogenea e presenta dei tratti in cui il diametro è maggiore e altri minore. Questo è dovuto al fatto che la sericina non è distribuita in modo omogeneo. Le bavelle hanno un diametro variabile dai 10 ai 22 micron .
E' il prodotto di secrezione di alcuni Insetti della famiglia delle Cocciniglie sui rami di vari alberi delle zone intertropicali dell’Asia. L’insetto si attacca ai rami per mezzo dell’apparato boccale formando masse di spessore variabile, di colore brunorosso. La gommalacca greggia è costituita per il 65-80% da poliesteri e da lattoni di vari ossiacidi, per il 4-8% da sostanze cerose insolubili in alcol (cera di gommalacca), per lo 0,6-3% da un colorante rosso (detto laddia) e per il resto da acqua, sali, zuccheri, sostanze albuminose. Dopo la raccolta, la gommalacca greggia viene depurata sul posto (frantumazione, setacciatura, lisciviazione con acqua per l’estrazione della laddia, essiccamento) e messa in commercio in varie forme (bastoncini, grani, scaglie).
L’insetto secerne questa sostanza resinosa, che lo avvolge come uno scudo, per proteggersi. Questa resina grezza è il materiale da cui si ricava la gommalacca. La gommalacca naturale in scaglie si presenta dalla colorazione bruno-arancio con riflessi ramati. La gommalacca naturale in scaglie è solubile in alcool e una volta asciutta forma un film lucido ed elastico ideale per il restauro del mobile antico e per eseguire finiture su legni in genere ai quali si voglia donare un particolare aspetto «antico». La lucidatura con Gommalacca Naturale infatti, evidenzia le venature e le marezzature naturali del legno.
Curiosità: Lo scudo che l’insetto di crea viene chiamato lac, parola di origine Sanscrita che significa centomila (lakh). Il materiale grezzo viene chiamato sticklac. In origine la raccolta e lavorazione della gommalacca non era per la resina, bensì per la sostanza colorante che dà alla resina il suo caratteristico colore. L'uso come tintura é ricordato per la prima volta da Claudius Aelianus (170-235 d.C. circa) nel suo Sulla Natura degli Animali; siccome peró Claudius era solito riprendere contenuti di testi ellenistici, si puó supporre che la tintura fosse conosciuta almeno 5 secoli prima di lui. Gli Inglesi la riscopersero nel 1790, la battezzarono Lac dye e, mescolandola con la cocciniglia, un'altra tintura rossa, la usarono per tingere le famose Giubbe Rosse. La tintura rimase una mercanzia di valore fino a metà ottocento, quando il chimico inglese Perkins sintetizzò la prima anilina, il primo colorante artificiale della storia. L'anilina uccise il commercio della lacca rossa, ma fortunatamente a quel tempo l'uso della resina era già ben consolidato, e la perdita di valore della tintura ebbe un impatto minimo sulla produzione della gommalacca.
La prima notizia sull'uso della gommalacca come vernice per legno appare già nel 1590, in un'opera di uno scrittore inglese, inviato in India per descriverne i luoghi, gli usi ed i costumi. Egli descrive come i tornitori Indiani di suppellettili domestiche applicassero la gommalacca strusciandone un blocco sull'oggetto in legno ancora sul tornio, così che il calore prodotto dall'attrito la sciogliesse, facendola penetrare nelle fibre del legno. Quando la gommalacca così applicata raggiungeva la giusta quantità, il tornitore rifiniva il pezzo strusciando paglia o altre fibre vegetali, lucidandolo alla perfezione. Benché usata in Occidente fin dal '600 (ad es. Stradivari) l'uso della gommalacca come vernice per mobili non prese comunque piede su larga scala fino agli inizi dell'800, quando rimpiazzò quasi completamente gli altri metodi, a cera o con olii. Rimase la finitura più diffusa fino agli anni '20 e '30, quando fu rimpiazzata dalla lacca alla nitrocellulosa.
Ci sono usi della gommalacca che non hanno peraltro niente a che vedere con la verniciatura dei mobili. A motivo delle sue caratteristiche, la gommalacca ha una grande varietà di usi, molti dei quali continuano tutt'oggi. Nel campo farmaceutico, la gommalacca è usata per ricoprire le pillole per fare in modo che non si dissolvano nello stomaco. Nel campo dolciario la gommalacca viene usata per rivestire i dolciumi o per fornir loro una glassa, grazie alla proprietà unica della gommalacca di fornire un rivestimento altamente lucido già dopo l'applicazione di uno strato molto sottile. In molti paesi, l'uso della gommalacca come vernice per dolci, una volta sciolta in alcool etilico puro, è ammesso. I cappellifici usano la gommalacca per irrobustire i feltri usati per la fabbricazione dei cappelli, così che possano essere più facilmente messi in forma. Fabbricazione delle mole: permette il distacco delle particelle abrasive consunte alle basse temperature generate durante la molatura, così da esporre le fresche particelle abrasive sottostanti., come finitura di prodotti in cuoio, e nell'industria delle vernici.
Nel passato, la gommalacca trovava impiego anche in altri campi. Come isolante elettrico, come collante (incolla vetro e metallo sorprendentemente bene), dischi (i vecchi dischi a 78 giri erano costituiti da una miscela di gommalacca, sostanze inerti e nerofumo), lacche per capelli, cere per pavimenti, e rivestimento delle piste da bowling.