Teoria formulata da Hubbert nel 1956 e afferma che ogni risorsa finita, incluso il petrolio, avrà un inizio, un punto di massimo rendimento, e una fase di declino.
Oggi consumiamo circa quattro volte più petrolio di quanto ne scopriamo. Tradizionalmente, si pensava al picco del petrolio come un evento imminente, dato che le riserve sono finite e conosciamo la loro localizzazione. Tuttavia, grazie alle innovazioni, continuiamo a scoprire nuovi giacimenti recuperabili, spostando così il picco di produzione di un decennio o più.
Il picco del petrolio è il punto ipotetico in cui la produzione mondiale di petrolio raggiunge il suo tasso massimo, dopo il quale la produzione inizierà a declinare progressivamente.
La teoria riguarda non solo il petrolio, ma anche il gas naturale e il carbone, risorse finite per definizione. Si stima che le riserve di petrolio convenzionale dureranno poco più di 50 anni, mentre quelle di carbone potrebbero arrivare a circa 140 anni. La crisi energetica globale sembra ciclica, con eventi recenti come la pandemia e le guerre che hanno riportato la crisi in primo piano nonostante un precedente recupero economico.
Le previsioni sul picco del petrolio variano. Secondo il professore K. Aleklett nel 2004, nel suo capitolo del World Energy Outlook, la crisi energetica potrebbe iniziare molto prima della fine dei combustibili fossili. Altri, come il professor David Goodstein nel suo libro "Out of Gas: The End of the Age of Oil", hanno predetto la fine dei combustibili fossili entro la fine del secolo, con l’inizio della crisi energetica molto precedente a tale data. Per affrontare questa sfida, si suggerisce di:
Investire nella ricerca energetica.
Pianificare conversioni industriali energetiche.
Migliorare l’efficienza energetica, riducendo gli sprechi e le emissioni.
Affrontare l'emergenza climatica ed ambientale, entrambe strettamente legate all'aumento dei consumi e del numero di consumatori.
Agire tempestivamente.
Lo Stato Energetico Italiano
In Italia, la situazione energetica è caratterizzata da una forte dipendenza dalle importazioni, soprattutto di petrolio e gas. Il consumo energetico lordo nazionale nel 2023 è stato di 144 Mtoe ( nel 2022 150) (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), con un consumo lordo di elettricità di 305 TWh. Tra le fonti energetiche nazionali vi sono l'idroelettrico, il geotermico, i giacimenti di gas (come nella Pianura Padana e nel Mar Adriatico) e quelli di petrolio (principalmente in Basilicata). Tuttavia, il paese acquista circa il 75% dell'energia di cui ha bisogno, con una dipendenza del 90% dalle fonti fossili. Risorse Energetiche Nazionali.
Nella Val d'Agri, a Viggiano (PZ), si trova il più grande giacimento onshore d'Europa, con una capacità di trattamento di 104.000 barili al giorno. Questo giacimento è gestito da ENI (61%) e Shell (39%). ENI stima una produzione di 105.000 barili al giorno, mentre la regione Basilicata stima fino a 350.000 barili. Nel settembre 2000, il Presidente della Basilicata provocatoriamente propose che la regione entrasse a far parte dell'OPEC, vista la rilevanza della produzione petrolifera. Viggiano, con una popolazione di circa 3.500 abitanti, è il comune più ricco d'Italia in rapporto al numero di abitanti, grazie alle royalties pagate da ENI e Shell. Le royalties petrolifere sono pagamenti effettuati ai proprietari dei diritti minerari per l'estrazione e la produzione di petrolio e gas naturale dai loro terreni. Questi pagamenti sono solitamente una percentuale del fatturato generato dalla vendita delle risorse estratte.
Le principali fonti energetiche italiane includono:
Idroelettrico
Geotermico (specialmente in Toscana)
Giacimenti di gas (Pianura Padana, Mare Adriatico)
giacimenti petroliferi (Basilicata)
Energie rinnovabili (biomassa, eolico, fotovoltaico) in crescita lenta
Fonti di Consumo Energetico in Italia (2023)
Petrolio: 37.1%
Gas Naturale: 35.5%
Carbone: 3.5%
Elettricità: 3.1%
Rinnovabili: 20.1%
Rifiuti non rinnovabili: 0.8%
Costi dell'Energia: Nel 2023, il costo per MWh industriale netto in Italia era di 174€, circa il 18% più alto della media europea.
Mondo: 35.5% carbone, 25.2% gas-petrolio, 30.2% rinnovabili.
Europa: 16.0% carbone, 23.6% gas-petrolio, 38.5% rinnovabili, 22% nucleare.
Italia: 44.5% gas-petrolio, 38% rinnovabili, 13.3% importato.
Italian and EU27 energy dependence (%) 2022 (Eur Comm. data, 2024)
A causa della forte dipendenza dai combustibili fossili (dati ARERA 2024), l'Italia affronta costi energetici industriali significativamente più alti rispetto alla media europea. ARERA, l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, si occupa di regolamentare e controllare i settori dell'elettricità, del gas naturale, dei servizi idrici, del ciclo dei rifiuti e del teleriscaldamento. Nel 2022, il costo di 1 MWh netto industriale era di 252 €, circa il 67% in più rispetto alla media europea di 151 €. Nel 2023, il costo è sceso a 174 €, rimanendo comunque circa il 18% superiore alla media europea di 147 €.
Dipendenza dal Nucleare: L'Italia importa energia nucleare da Francia, Svizzera e Slovenia. Con l'energia acquistata dalla Francia, si stima che l'Italia abbia indirettamente "pagato" circa 20 dei reattori nucleari francesi.
Le fonti rinnovabili coprono il 21% del fabbisogno energetico mondiale (2022). Tuttavia, le tecnologie verdi attuali non sono ancora sufficienti a compensare la scomparsa dei combustibili fossili, evidenziando la necessità di uno sviluppo industriale sostenibile. Questa panoramica mette in luce la dipendenza dell'Italia dalle fonti energetiche estere e la lenta crescita delle energie rinnovabili.
As Don Huberts (Shell Hydrogen) said “The Stone Age didn't end because they ran out of stones; the Oil Age won't end because we run out of oil“
Lo sforzo internazionale dell'industria chimica mira a migliorare la qualità della vita:
Aumentare la produttività utilizzando processi meno inquinanti
Ridurre l'impatto ambientale dei processi attuali
Esportare tecnologie pulite verso i paesi emergenti
Commissione Europea - 2009: L'industria chimica ha un ruolo chiave nello sviluppo economico e nel benessere in Europa, rendendo disponibili sostanze, prodotti, materiali innovativi e nuove tecnologie in vari settori come alimentazione, prevenzione ambientale, cambiamenti climatici e farmaceutica. Le Nazioni Unite hanno proclamato:
Il 2011 come Anno Internazionale della Chimica
Il 2019 come Anno Internazionale della Tavola Periodica degli Elementi Chimici
Il 2022 come Anno Internazionale delle Scienze di Base per lo Sviluppo Sostenibile
Le raccomandazioni includono: Un maggiore sforzo in innovazione e ricerca, con il coinvolgimento delle grandi aziende in progetti a medio-lungo termine e il supporto pubblico per le piccole e medie imprese (PMI). Norme armonizzate sulla sicurezza e sull'organizzazione. Supporto ai grandi siti produttivi (chimica di base), compresa la logistica. Utilizzo di materie prime rinnovabili, dopo adeguate ricerche. Miglioramento dell'efficienza nella produzione di chimica di base per ridurre il consumo di energia e le emissioni di gas serra.
In Italia, l'efficienza dell'industria chimica è migliorata del 46% dal 1990 al 2020.
Lo sviluppo sostenibile è definito come un processo che cerca di non prelevare dalla natura più di quanto essa possa rigenerare, e allo stesso tempo, di soddisfare i bisogni presenti senza compromettere la capacità delle future generazioni di fare altrettanto:
Costi energetici inferiori
Utilizzino fonti rinnovabili
Minimizzino i rifiuti e l'inquinamento
Producano materiali più biodegradabili
Principi dello Sviluppo Sostenibile
Utilizzare risorse rinnovabili a un ritmo non superiore al loro tempo di rigenerazione
Non introdurre inquinanti e rifiuti nell'ambiente in quantità superiore alla sua capacità di assorbirli e metabolizzarli
Mantenere l'uso delle risorse non rinnovabili (combustibili fossili) invariato nel tempo
Pratiche di Sviluppo Sostenibile
Migliorare l'efficienza energetica
Ridurre drasticamente le emissioni di inquinanti nell'atmosfera
Evitare che i paesi emergenti ripetano le fasi più inquinanti del nostro sviluppo industriale
Queste fonti di energia derivano da risorse naturali che si rigenerano a un tasso superiore rispetto a quello di consumo. Nel 2023, l'energia rinnovabile installata a livello globale ha raggiunto una potenza complessiva di 4017 GW, con il solare fotovoltaico che rappresenta una capacità installata di 1589 GW.
L'energia nucleare è una fonte sempre oggetto di discussione. Viene considerata competitiva quando il prezzo del petrolio è molto alto, ma sorgono dubbi se tutti i costi vengano realmente presi in considerazione, soprattutto quelli legati alla costruzione degli impianti, al loro utilizzo e, soprattutto, al decommissioning (smantellamento degli impianti). Nonostante ciò, l'energia nucleare è generalmente ritenuta non sicura a causa dei rifiuti radioattivi prodotti. Attualmente, l'energia nucleare contribuisce per circa il 5% alla produzione energetica mondiale, ed è una fonte a produzione neutra di CO₂. Può essere prodotta in diversi modi:
L'atomo viene bombardato da un neutrone che viene assorbito, generando un nuovo atomo.
Un atomo può decadere radioattivamente emettendo elettroni (raggi beta) o nuclei di elio (raggi alfa).
Fissione nucleare: atomi con alto numero atomico (Z > 26) si scindono in atomi più piccoli, producendo energia e rifiuti radioattivi.
Fusione nucleare: atomi con basso numero atomico (Z < 26) si fondono per formare atomi più grandi, producendo energia.
L'energia generata dalla fissione nucleare è di gran lunga superiore a quella ottenuta dalla combustione dei combustibili fossili: mentre la combustione rilascia decine o centinaia di MJ/kg, la fissione nucleare genera energie dell'ordine di TJ/kg.
Secondo i dati della World Nuclear Association (2024), nel mondo ci sono attualmente 413 reattori nucleari operativi, con altri 60 in costruzione. Tra i paesi con il maggior numero di reattori in costruzione ci sono la Cina (24), l'India (8) e la Turchia (4). In Europa, alla fine del 2023, c'erano 167 reattori operativi, con la Francia in testa con 56 reattori per una potenza elettrica di 61.4 GW.
Nel 2023, la produzione globale di energia nucleare ha raggiunto 2737.7 TWh, con gli Stati Uniti in testa (29.8% della produzione mondiale), seguiti da Cina (15.9%) e Francia (12.4%). La potenza elettrica installata a livello mondiale ha raggiunto 371.5 GWe.
Una delle principali preoccupazioni riguardo la fissione nucleare è la produzione di rifiuti radioattivi con tempi di decadimento molto lunghi. Le tecnologie di Generazione IV (GEN IV), ancora in fase di sviluppo e non attese prima del 2030, promettono di produrre meno rifiuti con tempi di decadimento più brevi.
La maggior parte dei 413 reattori nucleari operativi nel mondo appartiene alla Generazione II, con solo alcuni di Generazione III. Più del 70% di questi sono reattori ad acqua pressurizzata (PWR), come quello di Krsko in Slovenia. Tra le altre tipologie di reattori figurano:
PWR (Pressurized Water Reactor)
BWR (Boiling Water Reactor, Fukushima)
PHWR (Heavy Water Reactor, CANDU)
LWGR (Light Water Graphite Reactor, Chernobyl)
GCR (Gas-Cooled Reactor)
AGR (Advanced Gas-cooled Reactor)
HTGR (High Temperature Gas-cooled Reactor)
FBR (Fast Breeder Reactor)
Più dell'80% dei reattori attualmente operativi nel mondo sono del tipo ad acqua pressurizzata o ad acqua bollente.
Reattori PWR (Pressurized Water Reactor)
I reattori nucleari ad acqua pressurizzata generano vapore in modo indiretto. Il calore viene trasferito dal refrigerante primario (acqua a 300°C), che viene mantenuto liquido ad alta pressione (155 bar), a un circuito secondario dove viene prodotto il vapore per alimentare la turbina.
Reattori BWR (Boiling Water Reactor)
I reattori nucleari ad acqua bollente generano vapore direttamente, facendo bollire il refrigerante (acqua a 300°C, 70-80 bar). Il vapore viene separato dall'acqua rimanente tramite separatori di vapore sopra il nucleo e inviato alle turbine (che vengono inquinate con materiale radioattivo). Dopo l'uso, viene condensato e riciclato.
Reattori GEN I
Sono i primi prototipi e reattori progettati e costruiti prima degli anni '70 per la produzione di elettricità o plutonio per armi nucleari. Hanno una potenza termica bassa, con dimensioni solitamente inferiori a 300 MWe. In Italia, gli impianti GEN I sono:
Latina (GCR - 210 MWe)
Garigliano (BWR - 160 MWe)
Trino Vercellese (PWR - 270 MWe)
Reattori GEN II
Sono principalmente reattori ad acqua, costruiti e utilizzati dagli anni '70 ai '90, e sono ancora operativi. La loro potenza elettrica varia tra 300 e 1000 MWe. In Italia, l'impianto nucleare di Caorso (BWR - 860 MWe), chiuso nel 1990 e in fase di decommissioning, appartiene a questa generazione. Ma smantellamento con costi elevati per l'impianto di Latina (decommissioning a partire dal 1999) Sogin stima un costo di 7,9 miliardi €, con il raggiungimento della fase Brown field entro il 2027. Poi prossimi 4 anni: demolizione delle strutture e dei rifiuti radioattivi archiviati in repository temporanei quindi passaggio alla fase Green field (sito esente da elementi radiologici vincoli). Campo marrone: area industriale dismessa in cui è necessario effettuare un’importante rigenerazione. I reattori di Chernobyl e Fukushima sono esempi di reattori GEN II.
Reattori GEN III
Rappresentano un'ottimizzazione economica e di sicurezza dei reattori ad acqua esistenti. Un esempio è il nuovo reattore EPR di Olkiluoto, in Finlandia, con una potenza elettrica superiore a 1000 MWe. Ci sono circa 20 reattori GEN III già costruiti e in funzione, e si parla anche di una versione avanzata (GEN III+) con sistemi che potrebbero entrare in funzione nei prossimi anni.
Reattori GEN III +
Sistemi di sicurezza passiva ed elevata ridondanza per la gestione di incidenti gravi (come la fusione del nucleo)
Probabilità di fusione del nucleo molto più bassa (due ordini di grandezza inferiore)
Maggiore efficienza nell'uso del combustibile
Maggiore flessibilità operativa
Tecnologie disponibili per i reattori GEN III
EPR (European Pressurized Water Reactor) - Areva (Francia), Siemens (Germania)
ABWR (Advanced Boiling Water Reactor) - Toshiba-Hitachi (Giappone)
AP1000 (Advanced Passive) - Westinghouse (Stati Uniti)
AES2006 (VVER) - Ase (Russia)
ESBWR (Economic Simplified Boiling Water Reactor) - GE (Stati Uniti)
La politica mondiale all'inizio degli anni 2000 era caratterizzata da due periodi distinti: prima e dopo l'11 marzo 2011, data dell'incidente alla centrale nucleare di Fukushima.
Prima dell'incidente di Fukushima, il sentimento mondiale nei confronti dell'energia nucleare era diverso. Jacques Chirac, presidente francese nel 2007, aveva ottenuto il riconoscimento dell'Unione Europea per il ruolo del nucleare nella lotta contro i gas serra. Nel 2010, Barack Obama dichiarava che l'energia nucleare rimaneva una delle principali fonti di energia pulita per soddisfare le crescenti esigenze energetiche globali e prevenire i peggiori effetti del cambiamento climatico.
In Italia, dopo il referendum del 1987, che seguiva il disastro di Chernobyl (https://www.youtube.com/watch?v=2uJhjqBz5Tk), circa il 70% degli elettori votò per l'abolizione delle normative che avrebbero permesso al paese di proseguire con lo sviluppo del nucleare. Tuttavia, prima di Fukushima, c'erano tentativi di rilanciare il nucleare, con accordi tra Italia e Francia (Nicolas Sarkozy e Italian Prime Minister Silvio Berlusconi) per la costruzione di nuove centrali nucleari. Enel aveva previsto la realizzazione del primo reattore entro il 2020, ma il disastro di Fukushima ha radicalmente cambiato la percezione pubblica e le decisioni politiche.
Tuttavia inseguito a un forte terremoto (magnitudo 9.1) e a uno tsunami di 15 metri, si è verificata una grave interruzione dell'alimentazione e del raffreddamento di tre reattori della centrale di Fukushima, con la fusione parziale dei nuclei nei primi tre giorni. A causa del terremoto e dello tsunami, circa 20.000 persone sono morte e 2.500 risultano ancora disperse. Sono state rilasciate significative quantità di materiali radioattivi nell'ambiente, causando una contaminazione diffusa e l'evacuazione di oltre 160.000 persone dalle aree circostanti. Ad oggi, nel 2023, circa 26.000 persone rimangono sfollate. La centrale è attualmente in fase di smantellamento da parte della compagnia Tepco, un processo che richiederà tra i 30 e i 40 anni. Nel 2021, il governo giapponese ha deciso di rilasciare acqua contaminata nel Pacifico, utilizzata fino ad allora per raffreddare i reattori danneggiati. La manutenzione quotidiana della centrale genera circa 140 tonnellate di acqua contaminata al giorno, con un accumulo di circa 1,25 milioni di tonnellate nell'area adiacente all'impianto. Il rilascio di quest'acqua, approvato dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica, è iniziato nel 2023 e durerà decenni, con la previsione che il processo completo richieda almeno 30 anni.
Diversi tipi di tecnologia GEN III sono disponibili:
EPR (European Pressurized Water Reactor) - Areva (Francia), Siemens (Germania)
ABWR (Advanced Boiling Water Reactor) - Toshiba-Hitachi (Giappone)
AP1000 (Advanced Passive) - Westinghouse (Stati Uniti)
AES2006 (VVER, Vodo-Vodyanoi Energy Reactor) - Ase (Russia)
ESBWR (Economic Simplified Boiling Water Reactor) - GE (Stati Uniti)
È l'energia nucleare davvero accessibile? Secondo J. Giles in un articolo del 2006 su Nature, l'energia nucleare è diventata troppo costosa da costruire, così costosa che nessun investitore privato toccherebbe mai un progetto del genere. Moody, un fornitore di ricerca economica, nel 2008, affermò di non essere in grado di valutare correttamente tutti i costi associati ai nuovi impianti nucleari. Synapse Energy Economics, nel 2009, dichiarò che il costo reale per un'unità da 1000 MW sarebbe stato di 15-20 miliardi di dollari o più.
Nel 2009, all'epoca dell'accordo Italia-Francia per la costruzione di 4 EPR, c'erano 2 EPR in costruzione: uno a Olkiluoto (Finlandia) e uno a Flamanville (Francia). Il primo è entrato in funzione nel 2022 con un ritardo di 13 anni, mentre il secondo entrerà in funzione a settembre 2024 con un ritardo di 12 anni. Areva, coinvolta nella costruzione dell'EPR di Olkiluoto, dichiarò bancarotta tecnica nel 2015. A Flamanville, i costi di costruzione sono aumentati da 3.3 a 13.2 miliardi di euro. La centrale nucleare di Olkiluoto in Finlandia era originariamente composta da due reattori GEN II (BWR, 880 MW). Nel settembre 2005 è iniziata la costruzione di un reattore GEN III (EPR, 1600 MW), con una data di completamento stimata per il 2009. Tuttavia, nel gennaio 2009 Areva dichiarò un ritardo di 3.5 anni, portando la data di inizio attività al 2012. Nel 2009, le autorità nucleari di Francia, Finlandia e Regno Unito chiesero ai produttori di modificare i sistemi di controllo del reattore. Nel 2010, TVO, proprietaria della centrale, avvisò Areva di non attivare il reattore a causa della mancanza di adeguati sistemi di sicurezza elettronici.
Dopo Fukushima (11 marzo 2011), il sentimento mondiale nei confronti del nucleare è cambiato. L'Unione Europea ha deciso di rivedere la propria produzione di energia nucleare e di riconsiderare la sicurezza di tutti gli impianti nucleari. I 14 Stati membri che operano centrali nucleari e la Lituania, che sta smantellando le proprie, hanno partecipato a questi test di stress volontari.
La Svizzera, che produce il 40% della sua elettricità da cinque reattori nucleari, ha annunciato l'intenzione di abbandonare il nucleare entro il 2050, confermando la chiusura delle centrali tra il 2019 e il 2034. In Germania, è stato annunciato che l'ultimo reattore nucleare verrà chiuso nel 2022, rendendo il paese il primo tra le potenze industriali a rinunciare all'energia atomica. La maggior parte dei 17 reattori tedeschi sarà chiusa entro il 2011. Nel 2023, le ultime tre centrali nucleari in Germania sono state chiuse. In Francia, il presidente Emmanuel Macron ha annunciato la chiusura di 14 reattori nucleari entro il 2035, ma ha affermato che questo non significa che la Francia rinunci all'energia nucleare. In Russia il governo ha imposto stress test a tutti i suoi 31 reattori, mentre negli Stati Uniti la Nuclear Regulatory Commission ha completato test su 104 reattori americani. In Giappone, dopo l'incidente di Fukushima, sono stati abbandonati i piani per 14 nuovi reattori. Tuttavia, nel 2014, il nuovo primo ministro Abe ha deciso di riavviare alcuni reattori nonostante l'opposizione del 60% della popolazione. Nel 2023, il Giappone ha 12 reattori in funzione, 21 sospesi e 2 in costruzione.
In Italia, si è tenuto un nuovo referendum sul nucleare (12-13 giugno 2011) per abrogare le nuove norme che consentivano la produzione di energia nucleare nel paese. Circa il 95% degli elettori ha votato a favore dell'abrogazione.
Fissione nucleare: elementi fissili significativi
Uranio-235 (naturale)
Plutonio-239 (generato da Uranio-238)
Uranio-233 (generato da Torio-232)
Il materiale fissile viene bombardato da neutroni "termici" (a bassa energia). Se i neutroni hanno energie più elevate, si verificano collisioni elastiche, non efficaci per la fissione. Solo uno dei tre neutroni deve colpire un nuovo Uranio-235 per avviare il processo di fissione.
L'energia rilasciata da 1 kg di materiale fissile è di gran lunga superiore a quella delle reazioni chimiche comuni, che si aggirano nell'ordine dei 8*10^7 MJ/kg (ricordando che 1 kg di benzina contiene poco più di 40 MJ).
Si tratta di una regione delimitata in cui avvengono la moltiplicazione neutronica e le reazioni a catena. Situato all'interno di un recipiente a pressione, il nocciolo genera la maggior parte del calore del reattore. Esso contiene il combustibile nucleare (assemblaggi di combustibile), un moderatore e le barre di controllo. Gli assemblaggi di combustibile sono disposti nel reattore secondo uno schema di caricamento del combustibile ben definito. Le componenti principali comuni alla maggior parte dei reattori PWR includono:
Combustibile nucleare, costituito da assemblaggi di combustibile nucleare posizionati con precisione nel reattore.
Moderatore di neutroni, che rallenta i neutroni prodotti dalla fissione fino a raggiungere energie termiche.
Sistema di raffreddamento, che rimuove il calore generato dalle fissioni.
Barre di controllo, costituite da tubi contenenti materiale assorbente neutroni, come boro, afnio o cadmio, utilizzati per controllare la potenza del reattore.
Riflettore di neutroni (o baffle del nocciolo), che circonda il nocciolo per ridurre la non uniformità della distribuzione di potenza negli assemblaggi periferici del combustibile e ridurre il bypass del flusso di refrigerante.
Schema del reattore PWR: Il combustibile è distribuito nel moderatore in modo discontinuo (spesso cilindri), con l'uso di pellet di UO₂ di circa 0,8 cm di diametro e 1 cm di altezza. Questi cilindri sono inseriti in barre rivestite con un mantello sigillato. Un elemento del nocciolo è costituito da gruppi di barre 17x17, lunghe circa 3-3,5 m. Per un nocciolo completo sono necessari circa 150 di questi elementi.
Materiali per il rivestimento del combustibile: devono mantenere una buona resistenza meccanica alla temperatura di esercizio, permettere una trasmissione efficace del calore e non reagire con il refrigerante o i neutroni. Nei reattori ad acqua, si utilizza comunemente lo Zircaloy-2 (lega di zirconio), che offre ottime proprietà meccaniche e termiche, resistenza alla corrosione e cattura neutronica trascurabile. In alternativa, l'acciaio inossidabile può essere usato per il rivestimento, ma con una cattura neutronica più significativa.
Moderazione dei neutroni: I neutroni prodotti dalla fissione hanno energie elevate e devono essere rallentati a energie termiche per essere efficaci nella fissione. Questo rallentamento avviene tramite i moderatori, che oggi sono principalmente costituiti da acqua pressurizzata (che offre un'intrinseca sicurezza) dopo l'uso iniziale della grafite.
Combustibile nucleare arricchito: è una miscela di uranio-235 e uranio-238. L'uranio-238, che rappresenta il 99,3% della miscela, assorbe i neutroni veloci. Per questo motivo, i processi di arricchimento aumentano la percentuale di uranio-235 al 3-5%, soprattutto per i reattori PWR e BWR.
Fattore di moltiplicazione k:
è una misura che esprime la condizione di una reazione a catena, definito come il rapporto tra il numero di fissioni prodotte in una generazione di neutroni rispetto alla generazione precedente. Solo 1 neutrone (dei 3 generati) attivo per la nuova fissione, gli altri 2 assorbito (principalmente) dalle barre metalliche di comando:
Se k < 1, la reazione a catena non può essere mantenuta (reattore sottocritico).
Se k = 1, la reazione a catena si mantiene in stato stazionario (reattore critico).
Se k > 1, il numero di fissioni aumenta a ogni passo (reattore supercritico).
L'uranio è un elemento relativamente comune nella crosta terrestre, con una presenza simile a quella dello stagno o dello zinco. Si trova in molti tipi di rocce e persino nell'acqua di mare. Un giacimento, per definizione, è una mineralizzazione dalla quale il metallo può essere estratto economicamente. Le risorse misurate, quindi, dipendono sia dai costi di estrazione che dai prezzi di mercato. Attualmente né gli oceani né i graniti sono considerati giacimenti economicamente sfruttabili, ma potrebbero diventarlo se i prezzi dell'uranio aumentassero sufficientemente. Ad esempio, se il prezzo dell'uranio aumentasse di dieci volte, l'acqua di mare potrebbe diventare una fonte potenziale di grandi quantità di uranio. Nel 2021, le risorse recuperabili di uranio ammontavano a circa 7,9 milioni di tonnellate (nella categoria di costo inferiore a 260 $/kg) e circa 6,1 milioni di tonnellate nella categoria inferiore a 130 $/kg.
Le miniere di uranio sono concentrate principalmente in Australia, Kazakistan, Russia, Canada e Africa, mentre l'Europa non è un'area di estrazione significativa. Nell'acqua di mare, sono diluiti oltre 4 miliardi di tonnellate di uranio, ma attualmente non sono sfruttabili a causa dei costi eccessivi.
Alle attuali tariffe e tecnologie, le risorse mondiali di uranio potrebbero durare circa 100 anni.
I reattori autofertilizzanti (Fast Breeder Reactors) sono stati sviluppati come possibile soluzione alla limitata disponibilità di uranio-235. Questi reattori utilizzano neutroni ad alta energia e possono produrre più combustibile di quanto ne consumino, attraverso il processo di conversione dell'uranio-238 in plutonio-239. Il concetto di reattore autofertilizzante è stato studiato per affrontare anche le difficoltà politiche legate allo stoccaggio o smaltimento del combustibile esausto.
Un esempio è il Progetto Superphenix, un reattore francese (con partecipazione italiana), interrotto a causa di problemi di sicurezza. Attualmente sono allo studio reattori di quarta generazione (GEN IV) che utilizzano neutroni veloci, ma non sono ancora stati implementati a livello commerciale a causa dei costi elevati e delle questioni legate alla sicurezza.
Il torio è un altro elemento con potenziale per il ciclo nucleare. È tre volte più abbondante in natura rispetto all'uranio e si trova principalmente come isotopo fertile 232Th, che può essere convertito in uranio-233 fissile. Questo ciclo è stato apprezzato dal fisico italiano Carlo Rubbia per la produzione di minori quantità di attinidi minori a lunga vita rispetto al ciclo del combustibile a base di uranio. Tuttavia, il ciclo del torio presenta ancora sfide tecnologiche e non è stato ancora introdotto a livello commerciale.
I rifiuti radioattivi vengono classificati in tre categorie principali:
Rifiuti di bassa attività (LLW): contengono isotopi radioattivi a bassa concentrazione e a vita breve. Non richiedono schermature durante la manipolazione e lo smaltimento, e possono essere eliminati in strutture superficiali. Questo tipo di rifiuto comprende materiali come carta, vestiti e attrezzi contaminati. Proviene anche da ospedali, industria,...
Rifiuti di media attività (ILW): più radioattivi rispetto ai LLW e richiedono una schermatura, ma il calore generato è insufficiente per influenzare lo stoccaggio (< 2 kW/m3 ). Questi rifiuti includono resine, fanghi chimici e rivestimenti metallici del combustibile.
Rifiuti di alta attività (HLW): contengono isotopi a vita lunga e alta concentrazione, centinaia di migliaia di anni. Questi rifiuti derivano dalla combustione del combustibile nucleare e contengono prodotti di fissione e elementi transuranici. Rappresentano il 3% del volume dei rifiuti, ma il 95% della radioattività totale.
La maggior parte dei rifiuti LLW e dei rifiuti ILW a vita breve viene immediatamente inviata a strutture di smaltimento terrestri. Per i rifiuti HLW, il primo passo è lo stoccaggio in vasche d'acqua per un 5 anni per per permettere il decadimento della radioattività e del calore, rendendo più sicura la loro gestione. Lo smaltimento definitivo preferito a livello mondiale è il deposito geologico profondo, come quello di Olkiluoto in Finlandia, che inizierà le operazioni nel 2024.
https://www.ans.org/news/article-6349/finland-begins-trial-run-of-onkalo-repository/
Concetto di smaltimento multi-barriera il contenitore in rame è la barriera più importante contro il rilascio di SNF, perché il rame non si corrode in condizioni anaerobiche. Pertanto, il i contenitori dovrebbero corrodersi molto lentamente se sepolti in profondità nella roccia argilla bentonitica che li circonda
Rifiuti nucleari italiani
Attualmente, in tutto il mondo, i rifiuti radioattivi ad alta attività (HLW) sono monitorati e stoccati in impianti nucleari o in aree isolate, spesso in contesti militari. In Italia, la gestione dei rifiuti radioattivi a bassa attività (LLW) si concentra principalmente nella regione Piemonte, dove si trovano il 74% dei depositi totali.
I tre principali siti nucleari italiani rappresentativi del ciclo completo del combustibile nucleare sono:
Ex impianto FN - SOGIN a Bosco Marengo
Centrale nucleare "E. Fermi" - SOGIN di Trino
Impianto EUREX - SOGIN e reattore Avogadro a Saluggia
A Saluggia si trova anche il complesso SORIN, che ha ospitato in passato attività di produzione radiodiagnostica e di stoccaggio di rifiuti radioattivi. Il sito di Saluggia è situato in una zona a rischio di alluvione, delimitato dai canali Farini e Cavour e dal fiume Dora Baltea. Il sito è suddiviso in diverse aree:
Impianto EUREX - SOGIN: in passato utilizzato per il riprocessamento di uranio arricchito, ha prodotto grandi quantità di rifiuti radioattivi solidi e liquidi, ora stoccati nel sito. Dal 2003, la licenza operativa è stata trasferita da ENEA a SOGIN, con l'obiettivo di bonificare completamente l'impianto entro il 2036.
Area di stoccaggio Avogadro: L'area Avogadro è un sito di stoccaggio per elementi di combustibile nucleare irradiato, posizionati nella piscina del reattore di ricerca AVOGADRO-RS1. Nel 2011, conteneva 164 elementi irradiati, di cui 101 provenienti dalla centrale di Trino e 63 da quella di Garigliano.
Il complesso SORIN: è stato un leader mondiale nella produzione di dispositivi medici per il trattamento di malattie cardiovascolari. A Saluggia, si occupava della produzione di radiofarmaci a vita breve per uso diagnostico e dello stoccaggio temporaneo di rifiuti solidi LLW in appositi contenitori.
La Scala Internazionale degli Eventi Nucleari e Radiologici (INES) è uno strumento utilizzato per comunicare al pubblico il significato in termini di sicurezza degli eventi nucleari e radiologici. I membri dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (IAEA) adottano INES su base volontaria per classificare gli eventi che si verificano nei loro territori. Sono stati dichiarati nel mondo sei incidenti di livello superiore a 3, di cui due al livello massimo di 7 (Chernobyl e Fukushima):
Kyshtym (Urali, 1957), INES 6: un contenitore di rifiuti radioattivi prese fuoco, contaminando migliaia di chilometri quadrati di territorio. Circa 270.000 persone furono esposte alle radiazioni.
Sellafield (Regno Unito, 1957), INES 5: un incendio in un reattore utilizzato per la produzione di plutonio militare provocò una nube radioattiva che si estese su gran parte dell'Europa. Il bilancio ufficiale parla di 300 morti, ma il numero reale potrebbe essere sottostimato.
Three Mile Island (Harrisburgh, Pennsylvania, Stati Uniti, 1979), INES 5: un surriscaldamento del reattore con fusione parziale del nocciolo causò il rilascio di gas radioattivi. 3.500 persone furono evacuate.
Chernobyl (Ucraina, 1986), INES 7: il peggior incidente nucleare mai avvenuto. Il surriscaldamento con fusione del nocciolo e l'esplosione di vapore radioattivo rilasciò nell'atmosfera una nube di materiale radioattivo circa 800 volte superiore rispetto a Three Mile Island. Circa 30 morti immediate, e in tutta Europa la popolazione fu esposta alla nube radioattiva. Nella zona di Chernobyl si stima che circa 30.000 persone abbiano perso la vita a causa delle radiazioni.
Tokaimura (Giappone, 1999), INES 4: un incidente in una fabbrica di combustibile nucleare provocò una reazione a catena incontrollata. Tre persone morirono e 400 furono esposte alle radiazioni.
Fukushima (Giappone, 2011), INES 7: in seguito a un terremoto di magnitudo 9 sulla scala Richter, uno tsunami di 15 metri disabilitò l'alimentazione elettrica e il sistema di raffreddamento di tre reattori. Tutti e tre i nuclei fusero nei primi tre giorni. Secondo i dati ufficiali, più di 20.000 persone morirono a causa del terremoto e dello tsunami.
Rappresentano una nuova frontiera nella ricerca e sviluppo dell'energia nucleare, con sei tecnologie in fase di sviluppo da parte di un task force internazionale. Cinque di questi reattori sono a neutroni veloci, e tutti operano a temperature più elevate rispetto ai reattori attuali. In particolare, quattro di questi reattori sono progettati per la produzione di idrogeno. Questi sistemi GEN IV puntano a miglioramenti in diversi ambiti:
Sostenibilità, grazie a una maggiore efficienza nell'utilizzo del combustibile e alla minimizzazione e gestione dei rifiuti nucleari.
Sicurezza e affidabilità, con un rischio molto basso di danni al nocciolo e l'eliminazione della necessità di interventi d'emergenza esterni.
Economia, offrendo un vantaggio sui costi nel ciclo di vita rispetto ad altre fonti energetiche, con un rischio finanziario paragonabile a quello di altri progetti energetici.
Resistenza alla proliferazione e protezione fisica, con materiali che rendono meno attraente la diversione per scopi non pacifici e una maggiore protezione contro il terrorismo.
Questi reattori innovativi potrebbero raggiungere la maturità tecnica attorno al 2050. Tra le tecnologie associate c'è il combustibile MOX, che utilizza plutonio recuperato da combustibile esausto e mescolato con uranio impoverito, e le particelle rivestite (TRISO), che consistono in granuli di combustibile UO₂ altamente arricchito o miscele di UO₂ e ThO₂, rivestite da uno strato di carbonio pirolitico per garantire un'elevata tenuta ai gas.
L'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (IAEA) stima che ci siano oltre 70 progetti di reattori modulari avanzati (SMR, AMR) e micro-reattori in fase di studio nel 2023, segnando un'importante tendenza verso soluzioni nucleari più piccole e modulari per soddisfare le esigenze energetiche future.
Small Modular Nuclear Reactors
IAEA (International Atomic Energy Agency) estimates more than 70 SMR, Advanced Modular Reactors (AMR) and micro-reactor projects under study in the world today (2023)
La fusione nucleare potrebbe risolvere tutti i problemi della fissione nucleare, come la produzione di scorie, la sicurezza e l'approvvigionamento delle risorse. La fusione riguarda l'unione di piccoli nuclei atomici, in particolare due tipi di idrogeno: il trizio (³T) e il deuterio (²D). Durante la reazione di fusione, la massa del nucleo risultante è inferiore alla somma delle masse dei nuclei originari, e questa variazione di massa genera energia secondo l'equazione E = mc². La fusione di trizio e deuterio rilascia circa 337 TJ per chilogrammo.
La reazione può essere rappresentata così:
³T + ²D → ⁴He + ¹n + energia
Le reazioni di fusione nucleare sono quelle che alimentano il Sole e le altre stelle. Ogni secondo, il Sole converte circa 600 milioni di tonnellate di idrogeno in elio. Sul Sole, grazie alla forte gravità, gli atomi di idrogeno si fondono a una temperatura di circa 15 milioni di gradi Celsius. Sulla Terra, dove la gravità è molto più debole, è necessario riscaldare gli atomi di idrogeno a temperature comprese tra 50 e 150 milioni di gradi Celsius affinché avvenga la fusione. A 150 milioni di gradi, gli atomi di idrogeno formano un plasma, un gas elettricamente carico.
L'approccio europeo: prevede l'utilizzo di una camera magnetica per contenere il plasma ad alte temperature. Questo processo si basa sul progetto internazionale ITER, che coinvolge l'Unione Europea, Giappone, Cina, India, Corea del Sud, Russia e Stati Uniti. Il progetto ITER, prevede la costruzione di un reattore sperimentale, il TOKAMAK, in cui la fusione viene confinata magneticamente ( ancora lontano dall'essere un reattore per la produzione di energia elettrica, dovrà fornire risposte definitive sulle prestazioni raggiungibili da un tokamak, prevede la costruzione di un reattore sperimentale). Attualmente tecnologicmaente impossibile e pericoloso a livello industriale. La costruzione del prototipo è iniziata nel 2007 a Cadarache, in Francia, e si prevede che sarà completata nel 2030, con la produzione di elettricità pulita su scala industriale entro il 2050.
Una opzione alternativa è la configurazione stellarator, studiata negli esperimenti WX-7 in Europa, e LHD in Giappone. La configurazione RFP non è più considerata per un reattore, ma rimane di interesse per studi di turbolenza e confinamento di plasma.
S. Li et. al. "Optimal Tracking for a Divergent-Type Parabolic PDE System in Current Profile Control" , Abstract and Applied Analysis doi:10.1155/2014/940965
I componenti di base del tokamak includono le bobine di campo toroidale (in blu), il solenoide centrale (in verde) e le bobine di campo poloidale (in grigio). Il campo magnetico totale (in nero) attorno al toro limita il percorso delle particelle di plasma cariche. https://scipub.euro-fusion.org/wp-content/uploads/eurofusion/WPDTT2CPR17_17481_submitted-4.pdf
Approccio americano: fusione a confinamento inerziale, che utilizza circa 200 laser ad alta energia per colpire una sfera di deuterio e trizio delle dimensioni di un granello di pepe. Riscaldando questa piccola sfera a temperature di milioni di gradi, si provoca la fusione dei nuclei, liberando energia. Il 5 dicembre 2022, per la prima volta, il bilancio energetico di una reazione di fusione ha prodotto più energia di quanta ne fosse stata consumata, anche se non per il reattore, poiché l'energia richiesta per avviare la reazione era ancora elevata. In quell'esperimento, sono stati pompati 2,05 MJ di energia laser e ne sono stati ottenuti circa 3,15 MJ, con un saldo netto di 1,1 MJ (ancora molto poco...).
Il trizio, uno dei componenti della fusione, è estremamente raro ed è prodotto dal litio-6 (⁶Li). Le risorse globali di litio sono stimate a circa 100 milioni di tonnellate, e il litio è anche fondamentale per la produzione di batterie per veicoli elettrici e dispositivi elettronici. Attualmente, la produzione di litio è concentrata in Australia e America Latina, che rappresentano oltre l'80% della produzione mondiale, con riserve importanti anche in Bolivia, Cile e Argentina.
Il prezzo del litio è aumentato notevolmente negli ultimi anni, passando da 13 $/kg nel 2017 a valori dieci volte superiori tra il 2020 e il 2022, a causa dell'aumento della domanda per la produzione di batterie. Tuttavia, si prevede che l'aumento dei prezzi si stabilizzerà grazie a un surplus di materia prima per i produttori di batterie per veicoli elettrici.
In media, rappresenta tra il 2 e il 4% dell'energia mondiale totale, con oltre il 14% dell'elettricità prodotta nel 2023. In Italia, lo sviluppo dell'energia idroelettrica ha raggiunto il massimo livello di espansione con grandi dighe e laghi artificiali. Vi è inoltre un crescente interesse per le piccole centrali idroelettriche in siti che non richiedono grandi opere di sbarramento, come le small hydro.
Per generare elettricità, è necessaria l'energia cinetica dell'acqua in movimento. L'acqua che scorre aziona le pale di una turbina, convertendo l'energia cinetica in energia meccanica. La turbina a sua volta fa girare il rotore del generatore, che trasforma l'energia meccanica in elettricità. Gli impianti idroelettrici possono trovarsi su fiumi, torrenti e canali, ma per garantire un flusso d'acqua affidabile sono necessarie le dighe.
L'energia prodotta da una centrale idroelettrica è proporzionale alla combinazione del dislivello idraulico e della portata d'acqua. Il dislivello idraulico, o salto netto, rappresenta la differenza di livello tra l'acqua in ingresso e quella in uscita dalla turbina, mentre la portata d'acqua è il volume d'acqua che passa in un determinato punto in un dato intervallo di tempo. Maggiore è il dislivello e la portata, maggiore sarà l'energia potenziale convertibile in elettricità. Gli impianti con basse portate richiedono alti salti, mentre quelli con salti bassi necessitano di alte portate.
Micro hydro: 1 kW - 100 kW
Mini hydro: 100 kW - 1 MW
Small hydro: 1 MW - 10-30 MW
Large hydro: oltre 10-30 MW.
Tipologie di impianti
Impianti ad acqua fluente: posizionati alla fine di un canale o di un flusso d'acqua, con una capacità che dipende dalla portata disponibile al momento. Non sono in grado di operare con portate superiori a quella disponibile.
Impianti a bacino - a deflusso regolato : basati su una diga che accumula acqua. La capacità di stoccaggio consente di immagazzinare energia potenziale durante la stagione delle piogge e di utilizzarla durante la stagione secca. Questi impianti sono flessibili e possono rispondere alla domanda di picchi di elettricità.
Per il calcolo della potenza idroelettrica potenziale si utilizzano i concetti di salto lordo e netto:
Salto lordo: differenza tra i livelli dell'acqua a monte e a valle (dopo la centrale).
Salto netto (H): corrisponde al salto lordo meno le perdite (ad esempio, perdite per attrito nei condotti). Rappresenta la differenza di altezza idraulica tra ingresso e uscita della turbina.
La potenza elettrica potenziale (P) dell'acqua in termini di flusso e salto può essere stimata con l'equazione:
Le turbine idrauliche si dividono in due gruppi principali
Turbine ad impulso, rappresentate nella pratica moderna delle turbine principalmente da Pelton
Turbine a reazione, un gruppo che copre sia le macchine a flusso misto che quelle a flusso assiale comprese le turbine Propeller, Francis e Kaplan o Deriaz
In una turbina ad impulso, tutti i l'energia disponibile viene convertita in velocità prima che l'acqua entri nel condotto, mentre in a turbina di reazione il processo di la conversione avviene in parte prima e in parte dopo l'acqua è entrato nel condotto.
Pelton Turbine
Impianti di accumulazione tramite pompaggio: Questi impianti sono progettati per fornire energia durante i picchi di domanda. Utilizzano due bacini a differenti altezze, collegati da una turbina-pompa che può pompare l'acqua verso l'alto durante i periodi di bassa domanda, creando una riserva di energia. Il bilancio energetico è negativo, poiché l'energia utilizzata per il pompaggio è superiore a quella generata, ma ha un valore commerciale inferiore perché prodotta durante periodi di bassa domanda.
L'impianto più importante
La diga più famosa e più grande del mondo è sul fiume Yangtze, nella provincia dello Hubei. Ha una capacità di 22,5 Gigawatt ed è stata completata nel 2006. In Cina l’energia idroelettrica è la seconda fonte di energia dietro al carbone e nel 2015 pesava per un quinto dell’intera produzione di energia del Paese. La diga è alta 185 metri ed è lunga più di 2,3 chilometri. L’acqua del bacino formatosi a monte dell’impianto muove turbine che in un anno hanno prodotto 87 miliardi di chilowattora (una famiglia italiana media ne consuma 3.500 l’anno). Tuttavia, questa opera è infatti diventata il simbolo dell’impatto ambientale delle dighe: oltre ad aver sommerso più di 1.300 siti di interesse archeologico, 13 città, 140 paesi e 1.352 villaggi e aver forzato il trasferimento di circa 1,2 milioni di abitanti, la diga delle Tre Gole ha distrutto l’habitat di migliaia di specie animali e vegetali.
Produzione globale e italiana
Nel 2023, l'idroelettrico ha prodotto circa il 6,5% dell'energia primaria mondiale e il 14% dell'elettricità totale (con la Cina domina con il 29% della produzione mondiale). In Italia, la produzione idroelettrica può variare (stagionalmente) fino a 60 TWh, coprendo circa il 2,5% della domanda nazionale e il 20% della produzione elettrica. Tuttavia, la produzione è influenzata dai cambiamenti climatici, con una disponibilità variabile di acqua. Ad esempio, nel 2022 la produzione è scesa a 28,2 TWh, ma nel 2023 è risalita a circa 40,0 TWh.
In Europa, la Norvegia è il primo produttore di energia idroelettrica, mentre l'Italia si posiziona al quinto posto.
Sfrutta il calore generato all'interno della Terra, principalmente grazie al decadimento degli isotopi radioattivi di uranio (U238, U235), torio (Th232) e potassio (K40), presenti nella crosta terrestre. Il flusso totale di calore dalla Terra è stimato a circa 44,5 TW (~ 0.08 TW/m2 with a surface of 5.1108 km2 ), con il 19% proveniente dalla crosta ricca di isotopi radioattivi, il 77% dal mantello e il 4% dal nucleo (no isotopi). Le teorie termiche moderne indicano che non c'è equilibrio tra il calore radiogenico generato e quello dissipato nello spazio, e il pianeta sta lentamente raffreddandosi.
Il raffreddamento della Terra è estremamente lento, la temperatura del mantello è diminuita di circa 300-350 °C in 3 miliardi di anni, con una temperatura attuale di circa 5500 °C alla sua base. L'energia totale della Terra è stimata in 12.6 x 10²⁴ MJ, assumendo una temperatura superficiale di 15 °C. Il contenuto di calore della crosta terrestre è di 5.4 x 10²¹ MJ, una quantità oltre 60 milioni di volte superiore alla produzione annua di elettricità nel mondo. L'energia termica del pianeta è immensa, ma solo una frazione può essere sfruttata. Questo perché l'energia geotermica può essere utilizzata solo nelle aree in cui è presente un vettore di trasporto del calore, come l'acqua o il vapore.
La prima utilizzazione industriale dell'energia geotermica risale al 1897 in Italia, quando l'ingegnere Francesco De Larderel iniziò a estrarre acido borico dalle acque calde di Pomarance (Pisa). L'Italia è stata pioniera anche nella produzione di elettricità da vapore geotermico con la prima centrale geotermica costruita a Larderello nel 1904. Attualmente, la Toscana è la regione italiana con il maggiore sviluppo di centrali geotermiche, con circa 900 MW installati.
Produzione nel mondo: Nel 2023, oltre 80 paesi utilizzano l'energia geotermica per usi diretti o per la produzione di elettricità. Gli impianti geotermici producono circa 97,3 TWh di elettricità a livello globale. Tra i principali paesi produttori ci sono gli Stati Uniti, con The Geysers, la più grande centrale geotermica al mondo con una capacità di circa 1400 MW. Il gradiente geotermico, cioè l'aumento della temperatura con la profondità, varia notevolmente a seconda delle regioni. In media, nelle prime profondità della crosta terrestre, si registra un aumento di circa 25 °C/km. In alcune aree, il gradiente geotermico può essere notevolmente più alto, rendendo possibile l'uso geotermico con risorse a basse profondità.
Il sistema geotermico può essere descritto schematicamente come un ciclo di acqua convettiva nella crosta superiore della Terra, che in uno spazio confinato trasferisce calore da una sorgente di calore a un dissipatore, solitamente la superficie libera. Le acque geologiche vengono intrappolate nel serbatoio, si riscaldano e una circolazione convettiva naturale viene attivata, trasportando il calore verso la superficie. Non tutti i sistemi geotermici sono "naturali". In alcuni casi, il fluido geotermico viene utilizzato e poi re-iniettato nel terreno attraverso metodi artificiali.
Un esempio è il sito geotermico "The Geysers", dove, nel 1980, una centrale da 1400 MW ha cessato la produzione a causa della mancanza di fluido. Per ovviare a questo problema, è stato implementato un sistema di reintegro artificiale dei fluidi, come il Southeast Geysers Effluent Recycling Project, operativo dal 1997, che trasporta acqua trattata da 48 km di distanza. Un secondo progetto, il Santa Rosa Geysers Recharge Project, re-inietta quotidianamente 41,5 milioni di litri di acque reflue trattate nel serbatoio attraverso una rete di tubazioni lunga 66 km.
I sistemi geotermici potenziati (EGS) rendono possibile creare serbatoi geotermici praticamente ovunque. In queste aree si stimola la fratturazione delle rocce per permettere al fluido di circolare, iniettandolo poi nel serbatoio creato artificialmente. Anche se non esistono ancora serbatoi EGS costruiti a profondità superiori ai 5 km, questi sistemi potrebbero ampliare notevolmente l'uso dell'energia geotermica.
Le tecnologie di produzione di energia elettrica da geotermia includono:
Impianti a vapore secco (dry steam plants), che utilizzano fluidi idrotermali principalmente sotto forma di vapore, inviato direttamente alle turbine.
Impianti a flash (flash steam power plants), che sfruttano fluidi a temperature meno elevate che, riducendo la pressione, si trasformano parzialmente in vapore.
Impianti a ciclo binario (binary cycle power plants), che usano fluidi a bassa temperatura per trasferire il calore a un fluido di lavoro con un basso punto di ebollizione.
Nel 2023, l'energia geotermica rappresenta il 14,8 GW di potenza installata a livello globale, con paesi come Filippine, El Salvador, Islanda, e Nuova Zelanda che producono fino al 30% della loro elettricità da risorse geotermiche.
L'energia geotermica non è utilizzata solo per la produzione di elettricità, ma anche per applicazioni termiche a temperature più basse.
L'uso diretto dell'energia geotermica comporta l'estrazione diretta dell'energia geotermica per applicazioni termiche (energia geotermica a bassa entalpia). Gli utilizzi più comuni sono:
L'uso diretto dell'acqua calda geotermica ("Hot Spring") con temperature tra 30 e 90°C.
Le pompe di calore a fonte geotermica (GSHP) che sfruttano le temperature del terreno, generalmente tra i 4 e i 20°C.
Nel 2023, circa 90 paesi nel mondo utilizzavano energia geotermica per uso diretto, con una potenza installata totale di 50 GWth e una produzione di calore pari a 205 TWh. I principali paesi utilizzatori sono Cina, Turchia, Islanda e Giappone, con la Cina che rappresenta il 70% del totale mondiale.
Ground Source Heat Pump (GSHP)
I sistemi GHP sfruttano la proprietà fisica dei fluidi per assorbire e rilasciano calore quando vaporizzano o condensano e spostano il calore da a ambiente (per mantenerlo fresco) cedendo calore a T più alta (modalità riscaldamento)
In Italia, la produzione di calore geotermico nel 2021 è stata di 5887 TJ, principalmente in Toscana e in Emilia Romagna, utilizzata in impianti di riscaldamento urbano. Tuttavia, le pompe di calore a fonte geotermica (GSHP) sono più sviluppate nei paesi freddi, mentre in Italia sono più diffuse le pompe di calore ad aria (ASHP), con oltre 19 milioni di unità installate.
I sistemi GSHP sfruttano l'energia del terreno per riscaldare o raffreddare gli edifici e possono essere alimentati da impianti fotovoltaici per ottimizzare l'efficienza energetica.
Energia generata senza combustibili fossili (produzione non inquinante): Emissioni di CO2 già presenti sul territorio Moderne centrali geotermiche: CO2 emessa molto meno del centrali elettriche convenzionali (fossili). Produzione di incondensabili: H2S, CH4 (soprattutto nei sistemi ad espansione diretta). Rifiuti liquidi con metalli pesanti e silicati. le tecniche di controllo delle emissioni e di reiniezione hanno minimizzato questo impatto
I generatori degli impianti eolici si possono, a loro volta, suddividere in due categorie:
Generatori ad asse orizzontale: è la più comune e la più efficiente. Le configurazioni commerciali più comuni sono quelle a due o tre pale, con altezze tra 50 e 100 m e diametri del rotore fino a 80 m. Le turbine eoliche commerciali più recenti hanno una potenza di 3 MW, ma sono già state presentate turbine da 10-12 MW. Comunque si tratta di generatori in grado di generare una potenza variabile da pochi Kw fino a 6 MW, sfruttando la diversa forza del vento in base alle zone e al tempo. I generatori ad asse orizzontale sono costituiti da una torre in acciaio di altezza massima di 100 metri, in cima alla quale si trova un involucro all’interno del quale è contenuto appunto il generatore elettrico azionato da un sistema a pale lunghe detto rotore. Lo svantaggio principale è che non possono raggiungere velocità troppo elevate in quanto dotati di un sistema frenante che blocca il funzionamento dell’aerogeneratore per sicurezza. Inoltre per ottenere la resa massima e non perdere efficienza, l’asse di rotazione di questo sistema deve sempre trovarsi in posizione parallela alla direzione del vento. Proprio per questo motivo gli impianti eolici ad asse orizzontale sono provvisti di un sistema che, posizionano l’asse nella posizione ideale.
Generatori ad asse verticale: è meno rumorosa per la minore efficienza, non sono influenzati dalla direzione del vento, in quanto dotati di una struttura composta da poche parti mobili e dunque in grado di resistere alle forti raffiche. Questa caratteristica permette all’impia.
Le HAWT hanno l'albero principale del rotore e il generatore elettrico posizionati in cima a una torre, con il rotore orientato perpendicolarmente al vento. La maggior parte di queste turbine è dotata di un riduttore che trasforma la lenta rotazione del rotore (10-20 rotazioni al minuto) in una più rapida, adatta a guidare un generatore elettrico (1800 rpm ( 60 Hz) o una velocità di 1500 rpm (50 Hz)). Le turbine a due e tre pale possono operare sia in configurazione "sopravento" che "sottovento", ma la configurazione più comune è quella "sopravento", in quanto riduce il rumore e la fatica del rotore.
L'energia eolica tra i 50 e i 100 metri potrebbe fornire circa il 70% dell'energia mondiale richiesta. A 2000 metri, l'energia disponibile sarebbe quasi 300 volte quella necessaria al fabbisogno mondiale, ma queste sono solo ipotesi, dato che piazzamenti a queste altezze sono impossibili in aree montuose, boscose, costiere turistiche o con venti turbolenti e irregolari.
Nel 2023 la capacità mondiale eolica ha raggiunto 1021 GW, con una produzione potenziale di oltre 2050 TWh (23% fattore capacità). I primi cinque paesi per capacità eolica nel 2023 sono stati Cina (441.1 GW), Stati Uniti (150.9 GW), Germania (69.7 GW), India (44.7 GW) e Spagna (30.6 GW).
Paese - Capacità eolica [GW] - Elettricità prodotta [TWh] - Fattore di capacità [%]:
Germania - 69,5 GW - 142,1 TWh - 23,3%
Spagna - 30,8 GW - 64,2 TWh - 23,8%
Francia - 22,4 GW - 50,6 TWh - 25,8%
Svezia - 16,1 GW - 34,3 TWh - 24,3%
Italia - 12,3 GW - 23,4 TWh - 21,7%
Paesi Bassi - 10,8 GW - 28,9 TWh - 30,5%
Polonia - 9,4 GW - 22,1 TWh - 26,8%
Nonostante la crescita, l'energia eolica è ancora soggetta a limitazioni geografiche e ambientali, soprattutto per quanto riguarda l'accettazione paesaggistica, con molti siti considerati inadeguati per l'installazione di parchi eolici.
Oltre che in funzione del tipo di generatori, gli impianti eolici si possono distinguere anche in funzione del luogo in cui sono costruiti:
Parchi eolici on-shore: Si tratta di impianti installati in zone pianeggianti esposte ad una corrente costante, che distano generalmente una decina di km dal mare. È un tipo di parco eolico molto diffuso nella zona centrale degli Stati Uniti, ma in dimensioni ridotte, può anche essere installata in zone tendenzialmente isolate oppure essere utilizzata sul tetto o sul balcone di abitazioni private arrivando anche a produrre energia in eccesso da rivendere alle società elettriche.
Parchi eolici near-shore: include impianti nella costa, generalmente fino a 10 km di distanza. Proprio in virtù della sua posizione tende a sfruttare il più possibile la forza cinetica dei venti che provengono dal mare e si abbattono in modo costante tutto l’anno sulla costa, da cui traggono elevate velocità.
Parchi eolici off-shore: sono costruiti in zone più lontane dal mare o dalle coste degli oceani e si caratterizzano per una maggiore stabilità. Oltre a possedere centinaia di turbine in un’area molto vasta, questi parchi possono contare su correnti d’aria costantemente presenti. Hanno lo svantaggio di richiedere costi di realizzazione e manutenzione piuttosto elevati rispetto ad altri impianti. La stessa esposizione al vento e all’acqua rappresenta un problema per il buon funzionamento delle componenti, che subiscono un’erosione rapida. L’altro problema che intacca l’efficienza del sistema è la modalità di installazione che richiede un lavoro sottomarino di impianto delle pale eoliche o, in alternativa, la creazione di piattaforme galleggianti.
La capacità eolica totale installata in Italia nel 2023 ha raggiunto 12,3 GW, producendo circa 23,4 TWh di energia elettrica, con un fattore di capacità del 21,7%. Tuttavia, la produzione di energia off-shore è vista come una prospettiva particolarmente promettente per il futuro del settore eolico italiano. Secondo il rapporto REN21 del 2024, nel 2023 è stata installata una capacità eolica off-shore globale di 10,9 GW, con 6,3 GW provenienti dalla Cina e 3,8 GW dall'Europa, portando la capacità totale off-shore a 75 GW nel mondo.
Uno dei progetti più innovativi nel settore eolico italiano è il parco eolico off-shore Beleolico, inaugurato nel 2022 vicino al porto di Taranto. Con una capacità di 30 MW distribuita su 10 turbine, il parco produrrà 58 GWh all'anno, pari al fabbisogno energetico di 60.000 persone, e risparmierà 730.000 tonnellate di CO2 in 25 anni. Questo progetto utilizza piattaforme galleggianti che non danneggiano i fondali marini.
In parallelo, la tecnologia italiana Kitegen sta cercando di sfruttare i venti d’alta quota, che sono molto più potenti di quelli a bassa quota. Questo sistema utilizza aquiloni controllati automaticamente e collegati a turbine ad asse verticale. I venti ad alta quota, con velocità doppie rispetto a quelli a 100 metri, hanno un potenziale energetico fino a 8 volte superiore.
2013: collaborazione con Sabic (Arabia Saudita)
Kitegen fornirà energia verde ad un impianto industriale per la produzione di metanolo e Urea (utilizzando CO2 prodotta in un vicino impianto di glicole etilenico)
esempio di tecnologia di cattura e utilizzo del carbonio (CCU), con approccio pulito produzione di energia (impianto più grande del mondo)
ogni anno, evitate 500 Kt di emissioni di CO2, pari a 2,6 milioni di automobili circolante
2019: accordo con SAIPEM per lo sviluppo, produzione e implementazione della tecnologia Kitegen per produrre energia elettrica dall'alto vento di quota
ENERGIA EOLICA SENZA PALE
L’energia eolica si può ricavare anche dalle vibrazioni indotte dal vento e con potenza che può superare del 60% quella della tecnologia convenzionale. Vortex Tacoma, la turbina brevettata dalla start up spagnola Vortex Bladeless (senza pale), ha superato i primi test in ambiente reale e punta ad essere commercializzata il prossimo anno.
La tecnologia sfrutta il fenomeno delle risonanza, che in questo caso “amplifica” il naturale fenomeno chiamato ‘Vortex Shedding‘. La turbina consiste infatti in un cilindro fissato verticalmente con un’asta elastica che oscilla in un determinato range di frequenze, calcolato in modo che i vortici che si formano naturalmente attorno al cilindro risultino amplificati dal suo moto. Può aumentare del 60% la potenza generata dalle comuni pale eoliche (e più efficiente anche degli attuali pannelli solari), con l’ulteriore vantaggio di essere meno impattante per l’ambiente circostante in quanto di dimensioni più contenute. Costi più bassi fino all’80%.
“L’attuale tecnologia delle turbine eoliche deve sostenere livelli di carico molto diversi a velocità del vento variabili – si legge sul sito di Vortex Bladeless – il che comporta importanti requisiti meccanici di componenti come ingranaggi, cuscinetti e altri. Le molteplici parti mobili sono costantemente soggette ad usura, il che comporta elevati costi di manutenzione. Le turbine eoliche senza pale eliminano completamente gli elementi meccanici che possono subire l’usura per attrito”.
SVANTAGGI
L'energia eolica, sebbene con alcuni svantaggi locali legati al rumore e alla durata delle turbine (circa 20-25 anni), rappresenta una delle principali fonti di energia rinnovabile per il futuro, con prospettive di miglioramento tecnologico e crescita della capacità produttiva. Inoltre considerare le rotte migratorie degli uccelli e l'ambiente circostante.
Calore generato dalla radiazione solare, utilizzata per la produzione di vapore, sistemi di riscaldamento, sistemi di raffreddamento e persino la generazione di elettricità. L'energia solare può produrre T che vanno dai 45°C a oltre 300°C, rendendola potenzialmente utile in settori come l'estrazione mineraria, l'industria alimentare, tessile, la produzione chimica e la fabbricazione di carta e cellulosa.
L'energia solare è disponibile in una quantità enormemente superiore a tutte le energie utilizzate dall'umanità (in un'ora la Terra riceve l'equivalente del consumo energetico annuo dell'umanità), ma presenta alcune difficoltà legate alla sua bassa concentrazione, alla difficoltà di conversione in energia e all'efficienza relativamente bassa. Le tre principali tecnologie per la produzione di energia solare includono:
1. Riscaldamento solare termico
2. Energia solare termica a concentrazione
3. Pannelli fotovoltaici
Viene utilizzata per ottenere un fluido caldo con rendimenti elevati, compresi tra il 30% e l'80%. I sistemi solari termici, comunemente chiamati sistemi attivi, si basano su alcuni componenti principali:
Collettore: cattura e trattiene il calore del sole, utilizzandolo per riscaldare un liquido.
Serbatoio: immagazzina l'acqua calda proveniente dai collettori solari; questi serbatoi sono dotati di isolamento per ridurre la dispersione del calore.
Controller: rileva le differenze di temperatura tra l'acqua che lascia il collettore solare e quella nel serbatoio vicino allo scambiatore di calore. Il controller avvia la pompa quando l'acqua nel collettore è più calda di circa 8–10 °C rispetto a quella nel serbatoio, fermandola quando la differenza di T scende a 3–5 °C.
Pompa: fa circolare l'acqua attraverso il sistema.
I sistemi di riscaldamento solare dell'acqua (DSWH) possono essere divisi in due categorie:
1. Sistema passivo (a circolazione naturale): sfrutta la convezione termica per far circolare l'acqua o il fluido termico, operando in un circuito aperto dove l'acqua circola dal serbatoio al collettore solare tramite l'effetto termosifonico. Più piccolo ed economico. for sunny countries: China, Israel, Greece
2. Sistema attivo (a circolazione forzata): utilizza una pompa per far circolare il fluido. Più rapido scambio calore, serbatoio non serve posizionarlo in alto, ma dove si vuole. Più complesso per i sensori. for colder countries: Northern Europe (Austria, Germany)
Entrambi i sistemi possono operare in due modalità:
Circolazione diretta: l'acqua circola direttamente dal serbatoio attraverso il collettore solare e ritorna al serbatoio o viene utilizzata.
Circolazione indiretta (più utilizzata): un fluido termovettore (soluzione di glicole) scorre in un circuito chiuso tra il collettore solare e lo scambiatore di calore, dove trasferisce il calore all'acqua. Questo sistema offre protezione automatica dal congelamento nei climi più freddi.
I collettori solari più utilizzati includono:
Collettore piano: adatto per temperature da 50 a 90°C, è composto da una copertura in vetro trasparente, un assorbitore in rame con tubi di circolazione dell'acqua e un sistema di isolamento per prevenire la dispersione del calore.
Collettore non vetrato: adatto per temperature più basse (35-40°C), è realizzato in plastica nera stabilizzata contro i raggi UV ed è utilizzato per applicazioni a bassa temperatura, come il riscaldamento di piscine all'aperto.
Collettore a tubi sottovuoto: adatto per temperature superiori a 100°C, costituito da due tubi concentrici con un vuoto tra di loro per l'isolamento. Il tubo interno funziona come assorbitore di radiazione solare, rivestito con uno strato selettivo che cattura fino al 90% della luce.
Nel 2023, in Italia sono stati installati circa 242.242 m² di collettori solari termici, pari a una capacità di 169,6 MWth, posizionando il paese al terzo posto nell'UE27 dopo Germania e Grecia (anche principali produttori). La capacità globale cumulativa di solare termico in Italia ha raggiunto i 5,1 milioni di m², equivalenti a 3,6 GWth.
A livello mondiale, la capacità installata di energia solare termica ha raggiunto 560 GWth nel 2023, fornendo circa 456 TWh/anno di calore. Tuttavia, il mercato globale del solare termico ha registrato una contrazione del 7,2%, con cali significativi delle vendite in Cina e in gran parte dell'Europa, tra cui Germania (-46%) e Italia (-33%).
Utilizzano specchi per riflettere e concentrare la luce solare su un ricevitore. L'energia della luce solare concentrata riscalda un fluido ad alta temperatura nel ricevitore. Questo calore può essere utilizzato per far girare una turbina o alimentare un motore per generare elettricità. Può anche essere impiegato in diverse applicazioni industriali come dissalazione dell'acqua, Enhanced Oil Recovery (EOR), lavorazione degli alimenti, produzione chimica e lavorazione dei minerali. Gli impianti CSP possono essere configurati in diversi modi:
Sistema a Torre Solare
In questo sistema un grande numero di specchi piani tracciatori del sole (eliostati, di dimensioni 40-170 m²) concentra la luce solare su un ricevitore situato in cima a una torre alta (200-250 m). Un fluido di trasferimento di calore, riscaldato nel ricevitore, viene utilizzato per riscaldare un fluido di lavoro (acqua), che a sua volta è utilizzato in una turbina per produrre elettricità. Possibile utilizzo di diversi fluidi di trasferimento di calore:
Acqua/vapore
Salti fusi ad alta temperatura (nitrati di sodio e potassio)
Particelle simili a sabbia
Planta Solar 20: Sistemi a torre solare vicino a Siviglia (Spagna). 2650 eliostati di una superficie di circa 120 m², turbina da 20 MW e 110 GWh/anno di elettricità.
La più grande centrale CSP del mondo entrerà in funzione a Dubai: il primo modulo da 200 MW, con la più grande torre solare del mondo di 266 m, è entrato in funzione commerciale all'inizio del 2023 e i restanti 400 MW di un campo a trough parabolico da 600 MW sono stati attivati nello stesso anno. Il progetto mira a raggiungere i 700 MW entro il 2030 (forse prima...). Si estende su 77 km² e combina energia solare fotovoltaica e CSP. Nel 2050 Dubai desidera produrre il 75% dell'elettricità da fonti rinnovabili.
Sistemi a Concentratori Lineari
Riflettori a Trough Parabolici: Questi collettori, chiamati "riflettori a trough parabolici", catturano l'energia del sole con grandi specchi che riflettono e concentrano la luce solare su un tubo ricevitore lineare. Il ricevitore contiene un fluido che viene poi utilizzato per riscaldare un ciclo energetico tradizionale per produrre elettricità. I campi di collettori a concentrazione lineare consistono in un gran numero di collettori disposti in file parallele, solitamente allineati in direzione nord-sud per massimizzare la raccolta di energia annuale e estiva.
Collettore Fresnel: Collettore solare termico a concentrazione lineare ottimizzato per applicazioni industriali. Può fornire calore fino a 400 °C e operare con pressioni fino a 120 bar.
Sistema Singolo Piatto - Single Dish /Motore: I sistemi piatto/motore utilizzano un piatto parabolico di specchi (max 15 m di diametro) per dirigere e concentrare la luce solare su un motore centrale (ciclo Stirling) che produce elettricità. Il sistema piatto/motore è una tecnologia CSP che produce quantità minori di elettricità rispetto ad altre tecnologie CSP, tipicamente nell'intervallo da 3 a 25 kW.
Le prime centrali del mondo: 350 MW in California (negli anni '80). Le attività sono riprese in Spagna (con Carlo Rubbia, ex presidente dell'ENEA, rimosso dal governo italiano nel 2005) e negli Stati Uniti nel 2006. Fino al 2014, solo Spagna e Stati Uniti avevano centrali CSP significative. Dal 2015, nuove installazioni in Arabia Saudita, Australia, Cile, Cina, Kuwait, India, Israele, Marocco, Messico, Sudafrica, UAE. Necessità di forte radiazione, clima semi-arido e area molto calda (problema dell'approvvigionamento di vapore per le turbine).
Nel 2023, il mercato globale per la CSP è cresciuto di 400 megawatt (MW), raggiungendo una capacità cumulativa totale di 6,7 GW. Attualmente, la Spagna (2,3 GW) e gli Stati Uniti (1,3 GW) possiedono il 34% e il 19% della capacità installata globale (UAE con 0,7 GW e Cina 0,59 GW). Nuovi progetti (2024) sono in costruzione in mercati emergenti, tra cui Cile, Cina, Israele, Marocco e Sudafrica. L'Italia, con Rubbia che ha sviluppato la CSP spagnola, è un possibile leader mondiale in termini di tecnologia.
Politicamente opposta perché non totalmente rinnovabile (necessita integrazione con impianti termoelettrici per periodi di bassa insolazione) e anche a causa della politica pronucleare dell'epoca (inizi anni 2000).
Il 15 luglio 2010 a Priolo (SR) è stata inaugurata la prima centrale CSP italiana da 5 MW (originariamente 20 MW nel Progetto Archimede di ENEL) combinata con un impianto termoelettrico da 760 MW. 4,3 MW di capacità CSP aggiunta nel 2022 (in Sicilia da Danieli) per un totale di 12,4 MW, con piani di aggiungere 880 MW entro il 2030.
Convertono la luce solare in energia elettrica sfruttando l'effetto fotoelettrico dei semiconduttori. Un singolo dispositivo PV è chiamato cella e solitamente ha dimensioni ridotte (circa 12,5 cm x 12,5 cm), producendo circa 1-2 W di potenza. Le celle fotovoltaiche sono spesso più sottili di quattro capelli umani e sono realizzate con diversi materiali semiconduttori. Queste celle vengono poi collegate tra loro per formare unità più grandi chiamate moduli. Generalmente di 1,65 m x 1 m, 12 V, possono essere utilizzati singolarmente o collegati tra loro per formare array. Gli array di pannelli possono essere connessi alla rete elettrica come parte di un sistema fotovoltaico completo. Grazie alla sua struttura modulare, i sistemi PV possono essere progettati per soddisfare esigenze elettriche di varie dimensioni, da poche centinaia a milioni di watt. Un componente fondamentale di questi sistemi è l'inverter, che converte la corrente continua (DC) generata dai moduli fotovoltaici in corrente alternata (AC), pronta per l'utilizzo nelle reti elettriche.
L'efficienza energetica: dipende dalla qualità del sistema, dall'orientamento e dall'inclinazione dei pannelli. In Italia, l'orientamento ideale è verso sud con un'inclinazione di 30-35°. La radiazione solare media è significativa: per 1 kW di potenza installata, è possibile ottenere una produzione di 1000-1300 kWh all'anno nel Nord Italia e 1300-1800 kWh all'anno nel Sud.
I pannelli fotovoltaici convertono direttamente la luce solare in elettricità senza l'uso di meccanismi in movimento o turbine, il che rappresenta un grande vantaggio in termini di manutenzione e affidabilità. Tuttavia, una delle principali sfide è la difficoltà di immagazzinare l'energia prodotta per un uso successivo.
Tipologie di pannelli fotovoltaici
1. Celle in silicio monocristallino: Efficienza tra il 15% e il 20%, molto efficaci in climi caldi, lunga durata (oltre 25 anni di garanzia), di colore nero uniforme, indice di purezza elevata. Costi più elevati rispetto ai pannelli policristallini.
2. Celle in silicio policristallino: Processi di produzione più semplici e meno costosi. Efficienza inferiore (13-16%), meno efficienti in condizioni di bassa luminosità e necessitano di una maggiore superficie per generare la stessa quantità di energia.
3. Celle a film sottile: Flessibili e leggeri, adatti per applicazioni particolari. Efficienza più bassa rispetto ai pannelli in silicio cristallino.
Sistemi grid-connected e off-grid
I sistemi fotovoltaici possono essere connessi alla rete elettrica (grid-connected) o funzionare in modo autonomo (off-grid). I sistemi grid-connected sono i più comuni poiché non richiedono un sistema di accumulo dell'energia, mentre i sistemi off-grid sono utilizzati in aree remote e necessitano di batterie per l'accumulo, aumentando i costi.
--> L'energia fotovoltaica rappresenta una soluzione importante per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, ma presenta alcune limitazioni. Nonostante ciò, con solo il 2% del territorio italiano coperto da pannelli fotovoltaici, sarebbe teoricamente possibile sostituire tutte le fonti di energia fossile del paese.
--> L'Italia è stato il primo paese al mondo per capacità installata di impianti fotovoltaici (PV) nel 2011, dopo essere stato secondo nel 2009 e quarto nel 2008. Questo primato è dovuto all'introduzione del sistema di incentivi "Conto Energia" nel 2007. Per una famiglia di tre persone, il costo di installazione di un impianto fotovoltaico variava tra 15.000 e 20.000 €, per un impianto da 3 kW su una superficie di circa 24 m², con un tempo di ammortamento di circa 10 anni, e una garanzia sui pannelli di 25 anni.
Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ha fornito fino al 31 maggio 2011 un incentivo medio di circa 0,45 €/kWh prodotto, funzione della capacità installata, per un periodo di 20 anni. Gli incentivi italiani per il fotovoltaico erano tra i più alti in Europa, posizionando il paese al primo posto al mondo per potenza installata nel 2011, con una capacità fotovoltaica installata che passò da 2 GW nel 2010 a 9,3 GW nel 2011.
Per un impianto domestico da 3 kW, il costo iniziale era di circa 15.000 €, con un incentivo di 422 € per ogni MWh prodotto per 20 anni, e una produzione stimata di 150 € per ogni MWh venduto. Dopo 20 anni, i ricavi per il consumo proprio e la vendita dell'elettricità avrebbero potuto raggiungere rispettivamente 33.760 € e 45.760 €. Nel 2024, il costo medio dei moduli fotovoltaici è sceso a circa 400 €/kW.
Dopo una riduzione degli incentivi a partire dal luglio 2011, l'Italia ha sospeso gli incentivi nel luglio 2013. Tuttavia, il costo dell'energia fotovoltaica è diventato competitivo rispetto a quello del gas naturale e del petrolio senza la necessità di incentivi pubblici, con prezzi che sono diminuiti dell'80% rispetto al 2005.
Al 31 dicembre 2023, l'Italia aveva installato 1.597.447 impianti fotovoltaici, per una capacità complessiva di 30,3 GW, con una produzione di circa 30.711 GWh, pari a circa il 27% della produzione nazionale di energia elettrica da fonti rinnovabili. La capacità installata nel 2023 ha raggiunto 5.250 MW, quasi raddoppiando rispetto al 2022.
Nel 2023, la capacità globale di impianti fotovoltaici (PV) ha raggiunto un nuovo record, con 407 GW di nuove installazioni, rispetto ai 7,2 GW installati nel 2009 e ai 182 GW del 2021. Questo incremento ha portato la capacità fotovoltaica globale cumulativa a 1589 GW (1,6 TW). La Cina ha guidato questo aumento con l'aggiunta di 235 GW, portando la sua capacità cumulativa a 662 GW, mentre gli Stati Uniti hanno aggiunto 33,2 GW, raggiungendo i 177 GW, posizionandosi al secondo posto a livello mondiale.
L'UE ha installato 50 GW, portando la capacità complessiva a 257 GW, con la Germania al quinto posto mondiale con 82 GW, la Spagna al sesto con 38 GW e l'Italia all'ottavo posto con 30 GW. A livello globale, l'India è terza con 95 GW, aggiungendo 17 GW, mentre il Giappone è al quarto posto con 91 GW e il Brasile è settimo con 35 GW.. Nel 2023, l'energia fotovoltaica ha contribuito per circa il 5,4% alla produzione globale di elettricità, in aumento rispetto al 4,6% del 2022.
È ormai ben noto che alcuni materiali mostrano l'effetto fotoelettrico, che permette loro di assorbire i fotoni della luce e liberare elettroni. Quando questi elettroni liberi vengono catturati, si genera una corrente elettrica che può essere utilizzata come energia elettrica. I dispositivi fotovoltaici (PV) più comuni oggi utilizzano una singola giunzione (di silicio) per creare un campo elettrico all'interno di un semiconduttore, come una cella fotovoltaica. In questo caso, solo i fotoni la cui energia è uguale o superiore al *band gap* del materiale della cella possono liberare un elettrone per un circuito elettrico. La risposta fotovoltaica delle celle a singola giunzione è quindi limitata alla porzione dello spettro solare la cui energia è superiore al *band gap* del materiale assorbente, mentre i fotoni a energia inferiore non vengono utilizzati.
Tecnologia fotovoltaica: celle multi-giunzione
Un modo per superare questa limitazione è utilizzare due (o più) celle diverse, con più di una band gap e più di una giunzione, per generare una tensione. Queste vengono chiamate "celle multi-giunzione" (note anche come "a cascata" o "tandem"). Questi dispositivi possono raggiungere un'efficienza totale di conversione maggiore perché possono convertire una porzione più ampia dello spettro energetico della luce in elettricità.
Un dispositivo multi-giunzione è una pila di singole celle a giunzione, ordinate in modo decrescente per *band gap* (Eg). La cella superiore cattura i fotoni ad alta energia e lascia che i fotoni restanti siano assorbiti dalle celle a *band gap* inferiore. Ad esempio, nel dicembre 2022, presso il Helmholtz Zentrum di Berlino è stato stabilito un record mondiale con una cella solare tandem che ha raggiunto un'efficienza del 32,5%. Questo record riguarda celle tandem costituite da una cella di base in silicio e una cella superiore in perovskite.
Evoluzione delle celle solari in silicio (tandem)
Negli ultimi 30 anni, la tecnologia delle celle solari al silicio ha fatto progressi significativi. L'efficienza delle celle è passata dal 14,5% nel 1989 al 17,7% nel 2004, al 20% nel 2011, fino al 32,5% nel 2022, grazie all'introduzione di celle tandem.
La perovskite, il cui nome deriva dalla struttura cristallina del minerale ossido di titanio di calcio, è un materiale che può essere combinato con diversi elementi per formare strutture con proprietà fotovoltaiche. Questi dispositivi vengono prodotti depositando uno o più strati sottili di materiali fotovoltaici su un substrato (che può essere plastica, metallo o vetro). Tali dispositivi includono un materiale fotovoltaico, uno strato conduttivo e un foglio protettivo, per un totale di pochi millimetri di spessore.
Tra i materiali più comuni impiegati nelle celle a film sottile ci sono il tellururo di cadmio, il seleniuro di rame, indio e gallio (CIGS), il silicio amorfo e l'arseniuro di gallio. Il tellururo di cadmio è meno costoso rispetto al silicio, ma la sua efficienza si limita al range del 12-18%. Il CIGS e l'arseniuro di gallio, invece, hanno efficienze più elevate ma costi maggiori.
Celle solari organiche a film sottile
Un'altra area di ricerca riguarda le celle fotovoltaiche organiche a film sottile (OPV), che sono state esplorate per migliorare le prestazioni e ridurre i costi. Questi dispositivi offrono una nuova frontiera per l'energia solare, combinando flessibilità e potenziali applicazioni su larga scala.
The development of energy sources has been a key factor in the advancement of civilization. The ability to harness and utilize energy has allowed humans to progress from a hunter-gatherer existence to a more complex and sophisticated way of life.
The earliest energy sources were natural phenomena such as the sun, water, wind, and fire. These sources were used for heating, lighting, and power. As humans began to understand more about the world around them, they began to develop ways to harness these energy sources for their own use. The development of new energy sources has been a key factor in the Industrial Revolution. The use of coal and other fossil fuels allowed for a dramatic increase in the production of goods and services.
The invention of the internal combustion engine and the electric motor also revolutionized transportation and communication. Today, we continue to develop new energy sources and new ways to utilize existing sources. The challenge is to find energy sources that are environmentally sustainable and that will meet the needs of a growing population.
Studi confermano che entro il 2035 le energie rinnovabili saranno in grado di fornire circa il 25% dell’energia mondiale. Secondo l’Aie (Agenzia Internazionale dell’Energia) entro il 2040 il 40% della domanda di energia sarà soddisfatta dalle energie rinnovabili, in particolare da quella eolica e solare, il cui peso va di pari passo all’innovazione tecnologica e all’efficienza.
Uno studio condotto dalle Università di Standford, Berlino, Berkeley e Aarhus ha dimostrato che i 130 paesi, Italia inclusa, potenzialmente destinati ad essere 100% rinnovabili entro il 2050, potrebbero conseguire già l’80% di questi risultati entro il 2030. Anche gli studi di Bloomerg New Energy Finance, del 2018, avrebbero confermato il boom delle fonti rinnovabili degli ultimi anni, affermando che l’energia verde arriverà entro il 2050 a soddisfare il 50% della domanda energetica mondiale (inclusi trasporti, riscaldamento,...) soprattutto per mezzo dei sistemi di accumulo. Il rapporto del Bnef evidenzia come le energie rinnovabili si stiano espandendo in alcuni paesi in modo molto più incisivo rispetto ad altri, tra questi l’Australia, in cui a breve il fotovoltaico e le batterie rappresenteranno più del 40% della capacità totale e la Germania, dove le rinnovabili arriveranno entro il 2025 a coprire il 70% della produzione.
Le centrali elettriche vengono costruite vicino alla fonte di energia utilizzata e producono quasi tutte corrente alternata che, rispetto alla corrente continua, risulta più conveniente perché può facilmente passare da un voltaggio maggiore, utilizzato durante il trasporto per ridurre le perdite, ad uno minore attraverso i trasformatori. Il trasferimento dell’energia elettrica prodotta nelle centrali ai luoghi di utilizzazione avviene per mezzo di linee elettriche di trasporto o elettrodotti. Si tratta di grandi tralicci che sostengono cavi metallici (due gruppi di tre), distanziati tra loro, appesi a isolatori, che evitano pericolose scariche elettriche; in casi particolari si usano cavi interrati o subacquei, adeguatamente isolati.
Dalle centrali, gli elettrodotti giungono alle stazioni di smistamento e di trasformazione, che provvedono alla distribuzione dell’energia elettrica sul territorio con cavi di alluminio, più leggeri ed economici, ma meno performanti di quelli di rame.. Nelle cabine di distribuzione la tensione viene ridotta a valori bassi (220 per gli usi domestici e 380 V per quelli industriali) e distribuita, mediante cavi aerei o interrati, agli utenti.
Si calcola che, per le forniture in bassa tensione, le perdite di rete corrispondano a poco più del 10% della corrente erogata. Per quanto riguarda gli impianti con tensione media le perdite corrispondono a poco meno del 4%. Percentuali più basse – intorno al 2% – si registrano invece per impianti in alta tensione
SVILUPPI FUTURI
Sono in corso studi per impiegare cavi superconduttori per la trasmissione di energia elettrica. Il problema è la difficoltà e il costo elevato dovuto alla necessità di refrigerare i cavi a bassissima temperatura, cosa che rende il progetto non conveniente a livello di costi energetici totali rispetto ai metodi tradizionali e pertanto non ancora attuato.
Un altro metodo è quello senza fili (l'idea di Nikola Tesla), ma dovendo essere rispettati i limiti massimi di campo elettrico e magnetico nonché di potenza assorbita per kg di peso corporeo nelle aree con presenza di esseri viventi, essa non è applicabile nel campo delle linee di trasmissione elettrica di potenza.
Dati in tempo reale della produzione elettrica in Italia, Spagna, Francia, Austria e Svizzera.
Secondo la definizione del Biomass Research and Development Act del Congresso degli US del 2000, la biomassa industriale è qualsiasi materia organica disponibile su base rinnovabile o ricorrente (escludendo il legname di vecchia crescita), compresi colture energetiche dedicate, alberi, residui di colture agricole alimentari e per mangimi, piante acquatiche, legno e residui di legno, rifiuti animali e altri materiali di scarto utilizzabili per scopi industriali (energia, combustibili, prodotti chimici, materiali). Include anche i rifiuti e i sottoprodotti dei processi alimentari e mangimistici.
Energia e prodotti chimici dalla biomassa: La biomassa è una materia prima naturale dalla quale è possibile ottenere combustibili, prodotti chimici ed energia. È una sostanza organica risultante direttamente o indirettamente dalla fotosintesi e, tra le fonti rinnovabili, è l'unica che può essere convertita in combustibili solidi, liquidi e gassosi mediante tecnologie ben consolidate.
La fotosintesi è il processo mediante il quale l'energia luminosa viene convertita in energia chimica sotto forma di zuccheri. Le molecole di glucosio (o altri zuccheri) vengono costruite a partire da acqua e anidride carbonica, rilasciando ossigeno come sottoprodotto. Le molecole di glucosio forniscono:
Energia: carburante per le cellule, la cui energia chimica viene immagazzinata attraverso la respirazione cellulare e la fermentazione, che generano ATP (adenosina trifosfato), molecola energetica fondamentale.
Carbonio fissato: il carbonio derivante dall'anidride carbonica viene incorporato in molecole organiche
Biomassa vegetale: rappresenta una forma sofisticata di accumulo di energia solare. Le piante convertono l'energia solare mediante fotosintesi, con un rendimento medio dello 0,1%, immagazzinando questa energia sotto forma di carbonio fissato nelle foglie, nei fusti e nei fiori. La biomassa totale presente sul pianeta è stimata in circa 550 Gt di carbonio, di cui l'80% (circa 450 Gt) è costituito da piante.
Prodotti chimici dalla biomassa: Per ridurre il rapido consumo di risorse fossili, è essenziale sviluppare soluzioni che puntino a una transizione verso un'economia bio-based sostenibile basata su bioenergia, biocarburanti e prodotti bio-based. Il principio delle bioraffinerie si basa sull'idea di suddividere la biomassa, composta da sostanze complesse, in gruppi di sostanze base, similmente a quanto avviene nelle raffinerie di petrolio. Questi gruppi di sostanze vengono poi trattati per ottenere secondo un sistema organizzato prodotti chimici di base, intermedi e specializzati.
Una bioraffineria è definita come il processo sostenibile di trasformazione della biomassa in una serie di prodotti commerciabili ed energia. Può trattarsi di un impianto, un processo o un insieme di strutture. Task 42 dell'IEA fornisce una piattaforma di collaborazione internazionale per lo scambio di informazioni tra industria, piccole e medie imprese, enti governativi e non governativi, e istituti di ricerca, con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo e l'implementazione di sistemi di bioraffineria sostenibili.
Le infrastrutture industriali esistenti, come impianti energetici, strutture di biofuel, raffinerie di petrolio, industrie della carta e della cellulosa, e l'industria alimentare, rappresentano un punto di partenza per l'aggiornamento verso bioraffinerie altamente efficienti e sostenibili.
Processi Chimici dalla Biomassa: Uno dei processi più avanzati nelle bioraffinerie è la fermentazione per la produzione di bioetanolo come combustibile. Esistono però molti altri processi consolidati, come la fermentazione per produrre acido lattico, propandiolo e lisina, utilizzati specialmente per la produzione di biopolimeri. Ad esempio:
Bio-copolimeri: la combinazione di lisina e acido lattico viene utilizzata per produrre fibre sintetiche.
Packaging alimentare: il campo del confezionamento con biopolimeri, come il polilattato (PLA), sta ricevendo grande attenzione per ridurre l'impatto ambientale.
I biopolimeri derivano da fonti biologiche, inclusi microrganismi, rifiuti agricoli e biomassa vegetale. Questi polimeri includono proteine, nucleotidi, grassi e polisaccaridi. I biopolimeri naturali hanno una struttura ben definita, con molecole a catena lunga e massa molecolare uniforme. Negli ultimi anni, l'interesse per i biopolimeri è aumentato grazie alla crescente consapevolezza riguardo all'inquinamento ambientale. Questo ha portato alla commercializzazione di biopolimeri e dei loro prodotti correlati in vari campi ambientali. I biopolimeri si dividono in due categorie principali, in base alla loro origine:
Biopolimeri naturali: derivati direttamente da fonti biologiche.
Biopolimeri sintetici: possono essere ottenuti attraverso processi di fermentazione (come la produzione di poliidrossialcanoati, PHA), processi chimici (policondensazione dell'acido lattico per produrre PLA) o da risorse fossili (come la produzione di polibutilene adipato tereftalato, PBAT).
Secondo European Bioplastics, un materiale plastico è definito bioplastica se è biobased, biodegradabile o entrambe le cose:
Biobased: indica che il materiale è parzialmente o completamente derivato dalla biomassa (piante).
Biodegradabile: indica un processo chimico durante il quale i microrganismi nell'ambiente convertono i materiali in sostanze naturali come acqua, anidride carbonica e compost.
Essere biobased non significa necessariamente essere biodegradabile. La biodegradabilità di un materiale non dipende dalla sua origine, ma dalla sua struttura chimica. Plastica derivata al 100% da biomassa potrebbe non essere biodegradabile, mentre plastica completamente derivata da combustibili fossili potrebbe biodegradarsi.
La produzione globale di bioplastiche è in forte espansione. Nel 2023, la capacità produttiva era di circa 2,18 milioni di tonnellate, con una previsione di crescita a circa 7,43 milioni di tonnellate entro il 2028. Tuttavia, le bioplastiche rappresentano ancora solo lo 0,5% dei 400 milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno.
In passato, le bioraffinerie venivano classificate in base a:
Stato di implementazione tecnologica: bioraffinerie convenzionali e avanzate, di 1, 2 e 3 generazione.
Tipo di materie prime utilizzate (il criterio più comune): bioraffinerie di colture intere (Whole Crop Biorefineries - WCBRs), bioraffinerie oleochimiche, bioraffinerie a biomasse lignocellulosiche, bioraffinerie verdi e bioraffinerie marine.
Tipologia di intermedi principali prodotti: bioraffinerie basate su piattaforme a syngas o a zuccheri.
Principale processo di conversione applicato: bioraffinerie termochimiche, biochimiche o a concetto di piattaforma doppia.
I sistemi di bioraffineria possono essere identificati in base:
Piattaforme: intermedi come zuccheri C5/C6, syngas, biogas, elettricità, che possono collegare sistemi di bioraffineria e processi diversi, fungendo talvolta anche da prodotto finale.
Prodotti: suddivisi in due gruppi principali, ovvero energia (bioetanolo, biodiesel, biocombustibili sintetici) e prodotti (chimici, materiali, alimenti e mangimi).
Materie prime: raggruppate in "colture energetiche" provenienti dall'agricoltura (come colture amilacee e silvicoltura a rotazione breve) e "residui di biomassa" provenienti da agricoltura, silvicoltura, commercio e industria (come paglia e cippato).
Processi di conversione principali: biochimici (fermentazione, conversione enzimatica), termochimici (combustione, gassificazione, pirolisi), chimici (idrolisi acida, sintesi, esterificazione) e meccanici (frazionamento, pressatura, riduzione delle dimensioni).
Indice di Complessità della Bioraffineria (BCI)
L'IEA ha sviluppato un "Biorefinery Complexity Index" (BCI), basato sul "Nelson’s complexity index" per raffinerie petrolifere, per valutare il livello di prontezza tecnologica (Technology Readiness Level - TRL) di ogni caratteristica della bioraffineria. Il BCI considera quattro componenti principali (piattaforme, materie prime, prodotti e processi), ciascuna valutata con un TRL da 1 (ricerca di base) a 9 (sistema pronto per uso commerciale).
Calcolo dell'Indice di Complessità della Bioraffineria: Il BCI è la somma degli indici di complessità per ciascuna caratteristica (FCI), calcolati come segue:
Il BCI teorico più basso di una bioraffineria è 5 (1/1/2/1), poiché una bioraffineria deve avere come minimo 2 prodotti, 1 materia prima, 1 piattaforma e 1 processo
Principali Tipi di Bioraffinerie
Cinque complessi sistemi di bioraffineria sono attualmente utilizzati in ricerca e sviluppo:
Concetto a doppia piattaforma: include piattaforme a zuccheri e syngas.
Bioraffineria Verde: utilizza biomassa “umida” naturale come erba verde, erba medica, trifoglio o cereali immaturi.
Bioraffineria di colture intere: utilizza materiali grezzi come cereali o mais, tipicamente per la produzione di biocarburanti di prima generazione.
Bioraffineria di biomassa lignocellulosica: impiega materie prime “secche” naturali, come biomassa contenente cellulosa, per la produzione di biocarburanti di seconda generazione.
Bioraffineria acquatica o basata su alghe: utilizza piante acquatiche, orientata alla produzione di biocarburanti di terza generazione.
Queste tecnologie rappresentano il futuro dell’industria bio-based, promuovendo soluzioni sostenibili ed efficienti per la produzione di energia e materiali industriali.
Concetto delle Due Piattaforme nella Bioraffineria
Rappresenta un approccio combinato che utilizza due processi chiave per ottenere prodotti da biomassa:
Piattaforma degli Zuccheri (SP): Un processo biochimico in cui zuccheri derivati dalla biomassa vengono convertiti in combustibili, prodotti chimici, polimeri e materiali.
Piattaforma del Syngas (SGP): Un processo di gassificazione e termochimico, in cui la biomassa viene trasformata in syngas (un gas pulito e condizionato) che può essere convertito in combustibili e altri prodotti chimici.
Oltre ai prodotti principali, il sistema produce anche calore ed energia (cogenerazione) utilizzabile per sostenere l’operatività dell’impianto stesso.
Estrattivi
Gli estrattivi sono componenti solubili presenti nella biomassa (come proteine e zuccheri solubili) che possono essere estratti usando solventi organici o acqua. Questi materiali, utili per l'analisi della biomassa, possono interferire con altre fasi di lavorazione.
Bioraffineria Verde
Biomasse fresche come erba verde e leguminose vengono trattate per produrre combustibili, chimici e materiali. Il processo prevede: Pressatura e idrolisi enzimatica per ottenere succo ricco di zuccheri e proteine, e “torta di pressatura” usata per ulteriori conversioni.
Bioraffineria di Colture Intere
Processo di macinazione a secco per grani, con produzione di amido, farina e lignocellulosa, che vengono ulteriormente lavorati per ottenere combustibili e materiali polimerici come il polidrossibutirrato (un biopolimero della famiglia PHA).
Bioraffineria di Biomasse Lignocellulosiche
Lignocellulosa convertita in cellulosa e emicellulosa vengono convertite in zuccheri attraverso processi biotecnologici e chimici. E una parte in lignina che viene processata come materia prima per combustibili e materiali.
Bioraffinerie di Idrocarburi di Nuova Generazione
Queste bioraffinerie rappresentano un modello avanzato che integra vari sistemi per produrre biocarburanti orientati al trasporto. La combinazione di sottosistemi forma una rete che punta a massimizzare l'efficienza delle conversioni verso prodotti per il settore energetico.
Raffinerie e Bioraffinerie Italiane
In Italia, alcune raffinerie tradizionali sono state convertite in bioraffinerie per la produzione di biocarburanti:
2014: Conversione di una raffineria con capacità di produzione di 360 kt/anno di diesel verde.
2019: Ulteriore conversione per una produzione di 530 kt/anno di diesel verde.
Fonti di Biomassa
Fonti primarie: Materiali vegetali coltivati appositamente per la produzione di energia, come legno, colture, frutti, mais, e canna da zucchero.
Fonti secondarie: Materiali di scarto che possono essere impiegati per la produzione energetica, inclusi residui agricoli e forestali, scarti di pesce e animali (come letame e residui di macelli), lievito esausto dell’industria della birra, fanghi di cartiera e liquami.
Residui agro-industriali: Sansa di oliva, vinaccia, sottoprodotti dell’industria alimentare.
Sottoprodotti agricoli e letame: Tralci di vite, paglia, stocchi di mais e altri residui di potatura.
Residui forestali dall'industria del legno: Materiali derivati dalla lavorazione del legno e dalla manutenzione delle foreste.
Colture per uso energetico o biocarburanti: Colza, soia, girasole, canna da zucchero, mais, sorgo, pioppo e acacia.
Tecnologie di Conversione della Biomassa e Prodotti
Combustione: Processo di combustione per produrre calore, utilizzato sia per riscaldamento domestico sia in centrali a biomassa per produrre elettricità.
Digestione anaerobica: Processo biologico in cui i microrganismi degradano materiale biodegradabile in assenza di ossigeno, producendo biogas (CO₂ e CH₄) e fertilizzanti liquidi.
Fermentazione: Conversione degli zuccheri in acidi o alcol attraverso batteri o lieviti, utilizzata per la produzione di bioetanolo.
Processi meccanici: Macinazione dei semi per estrarne gli oli utilizzati nei biocarburanti.
Combustione
Biomassa (legna) bruciata in presenza di aria (800 – 1000 °C), energia rilasciata come energia termica e luminosa. Processo adatto per biomasse secche contenenti umidità inferiore al 30%. Processo utilizzato per uso domestico (riscaldamento degli ambienti o preparazione del cibo) e in centrali elettriche a biomasse (per produrre energia elettrica).
Le centrali elettriche a biomassa funzionano in modo simile all’energia elettrica alimentata a gas naturale o carbone piante. L'energia termica rilasciata fa bollire l'acqua per formare vapore, che poi trasforma a generatore nei sistemi di cogenerazione l'energia termica in eccesso può essere utilizzata anche per riscaldare acqua o case vicine queste centrali elettriche di solito non sono grandi quanto le centrali a carbone perché il loro carburante ha un contenuto energetico inferiore e non è così abbondante come carbone.
I processi termochimici includono:
Gassificazione: Conversione di materiale carbonioso in syngas a temperature di 800–1000 °C in presenza di aria, ossigeno o vapore.
Pirolisi: Metodo di "cracking" termico per ottenere bio-olio, biochar e gas non condensabili (H₂, CH₄, CO e CO₂) da biomassa riscaldata a 300–700 °C in assenza di ossigeno.
Il bio-olio contiene due fasi:
fase organica: i composti più pesanti che possono essere ricchi di catrame e idrocarburi potenziati per ottenere carburanti puliti per il trasporto
fase acquosa: acqua, esteri, eteri, aldeidi, chetoni, fenoli, alcoli, acidi e altri prodotti biochimici.
La fase gassosa (soprattutto H2 e CO) può essere convertita in idrocarburi liquidi attraverso la sintesi catalitica Fischer-Tropsch
Processi Biochimici
Utilizzano l'azione di microrganismi per produrre energia da biomasse con un alto contenuto di umidità e un basso rapporto C/N, attraverso processi sia aerobici che anaerobici. Tra le biomasse adatte per la bioconversione vi sono il letame animale, residui di lavorazioni agro-industriali e rifiuti urbani selezionati.
Questi vari metodi consentono di sfruttare le risorse di biomassa in modo efficiente, favorendo la produzione di energia e prodotti chimici in modo sostenibile. Tecnologie più utilizzate per la valorizzazione energetica della biomassa:
Combustione Diretta: Produzione di calore per il riscaldamento domestico, civile e industriale o per la produzione di vapore (e quindi elettricità).
Produzione di Gas Combustibile (syngas): Parziale combustione (gassificazione) di legno, biomassa cellulosica, residui agricoli o rifiuti solidi urbani.
Trasformazione in Combustibili Liquidi: Colture oleaginose (es. girasole) per biodiesel e colture zuccherine (es. barbabietola da zucchero) per etanolo.
Produzione di Biogas: Digestione anaerobica di scarti zootecnici, civili o agro-industriali (con benefici sia energetici che ambientali).
Tecnologie di Conversione della Biomassa e Prodotti
Uso Primario: Riscaldamento domestico e produzione di calore di processo.
Produzione Elettrica: Centrali a biomassa o biogas che utilizzano tecniche di combustione diretta e fermentazione anaerobica.
Biocarburanti Liquidi: Processi di trasformazione di colture energetiche o residui agricoli per ottenere biocarburanti come bioetanolo e biodiesel.
In Italia, processi ampiamente diffusi sono la combustione diretta della biomassa, la produzione di biogas e la produzione di biocarburanti liquidi.
Secondo il rapporto REN21 del 2024, l’uso globale di bioenergia nel 2021 è stimato a 45,9 EJ, pari al 12,1% del Consumo Finale di Energia (TFEC). L'energia bioenergetica moderna, impiegata in vari settori, ha registrato una crescita annuale di circa il 3% dal 2010 al 2022.
Nel 2023, a livello globale sono stati generati 697 TWh di elettricità a partire da biomassa, con l'Italia che ha prodotto circa 16 TWh. La maggior parte dell'elettricità (70%) proviene da fonti di biomassa solida come pellet e trucioli di legno, mentre il restante 30% da rifiuti urbani e industriali e biogas.
La capacità installata globale di biopower ha raggiunto i 150,3 GW nel 2023, con la Cina in testa con una capacità di 31 GW.
Secondo i dati di EurObserv'ER, nel 2021 la bioenergia ha rappresentato il 16,1% dell'elettricità da fonti rinnovabili nell'UE, con una capacità installata stabile dal 2017.
In Italia, la produzione elettrica da biomassa ha raggiunto 19 TWh nel 2021, rappresentando il 16,4% dell'elettricità da fonti rinnovabili e circa il 6% della produzione totale immessa in rete. Tuttavia, nel 2023 la produzione di energia da biomassa e rifiuti si è attestata a 16 TWh, segnando un calo rispetto all'anno precedente.
Prima Gen: Prodotti da colture edibili e piante oleaginose come oli vegetali e zuccheri di mais e grano. Comprendono biodiesel e bioetanolo.
Vantaggi: Costo contenuto, bilancio di CO₂ neutro, miscelabili con carburanti di origine fossile.
Svantaggi: Impatto ambientale sulla biodiversità, competizione con colture alimentari, aumento del costo degli alimenti.
Seconda Gen: Derivati da materiali lignocellulosici (residui agricoli, scarti forestali), producono bio-olio, etanolo cellulosico e carburanti Fischer-Tropsch.
Vantaggi: Non competono con le colture alimentari, materie prime abbondanti ed economiche, zero emissioni di CO₂, migliori prestazioni nei motori.
Svantaggi: Tecnologia costosa ancora in fase di sviluppo (necessità di bioraffinerie avanzate).
Terza Gen: Basata su microalghe, che hanno una maggiore resa di biomassa rispetto ad altre specie microbiche. Le microalghe possono produrre biodiesel, bioetanolo, metano e idrogeno bio.
Vantaggi: Utilizzo di CO₂ attraverso biofissazione, produzione sostenibile in fotobioreattori, uso di acqua ricircolata e luce solare o artificiale.
Applicazioni: Produzione di biodiesel ad alto rendimento in raffinerie specializzate come quelle di Gela, Ragusa (fotosintesi solare) e Novara (fotosintesi con LED).
Quarta Gen: Utilizza microalghe geneticamente modificate per aumentare la resa di biocarburanti, superando così le sfide tecniche ancora in fase di ricerca.
Tipologie:
Biogas: Derivato dalla degradazione anaerobica della materia organica, prodotto da rifiuti organici o da colture energetiche dedicate.
Biodiesel: Derivato da oli vegetali, grassi animali e altre materie prime non edibili, come oli esausti, grassi animali, e olio di alghe.
Bioetanolo: Prodotto dalla fermentazione di zuccheri derivati da colture agricole come grano, mais e canna da zucchero.
--> I biocarburanti presentano un ciclo del carbonio breve, nel quale l’anidride carbonica emessa durante la combustione viene compensata dalla CO₂ assorbita durante la crescita delle colture. Questo li rende degradabili, rinnovabili e con un minor impatto ambientale rispetto ai combustibili fossili. Inoltre dal 2023 in Europa è vietato produrli usando olio di soia e olio di palma per le implicazioni derivanti dalla deforestazione.
Il biogas è una miscela composta principalmente da metano (CH₄) tra il 50 e il 75%, anidride carbonica (CO₂) e piccole quantità di altri gas. Viene prodotto tramite digestione anaerobica di materia organica in un ambiente privo di ossigeno (O₂). La composizione del biogas dipende dal tipo di materia prima e dal processo produttivo:
Biodigestori: Sistemi a tenuta ermetica (es. contenitori o serbatoi) dove la materia organica, diluita in acqua, viene scomposta da microrganismi naturali. Questo è il percorso industriale.
Sistemi di recupero di gas da discarica: In questi sistemi il biogas viene generato dalla decomposizione anaerobica dei rifiuti solidi urbani nelle discariche ed è raccolto tramite tubazioni e pozzi di estrazione.
Impianti di trattamento delle acque reflue: Dotati di sistemi per recuperare materia organica e nutrienti (come azoto e fosforo) dai fanghi di depurazione, questi impianti possono utilizzare i fanghi trattati come input per la produzione di biogas. Activated Sludge Process.
Il biogas può essere stoccato e utilizzato in impianti di cogenerazione (CHP) per la produzione simultanea di calore ed elettricità.
Processo di Digestione Anaerobica (AD)
La digestione anaerobica è un processo di fermentazione che avviene in digestori ermetici, dove materiali organici come letame, rifiuti alimentari e fanghi industriali sono trasformati in biogas e digestato. Il processo avviene in quattro fasi fermentative:
1. Idrolisi: Degradazione delle molecole complesse in monomeri solubili.
2. Acidogenesi: Conversione dei monomeri in acidi grassi volatili (VFA).
3. Acetogenesi: Produzione di acetati, idrogeno e CO₂.
4. Metanogenesi: Conversione finale in metano e CO₂.
Il biogas prodotto è una miscela di CH₄ (50-75%), CO₂ (25-45%) e tracce di H₂S, H₂O e altri componenti minori, mentre il digestato è costituito da componenti organiche stabili come lignina e nutrienti quali azoto, fosforo e sali minerali. Il digestato può essere separato in due frazioni:
Solida: Utilizzata come ammendante organico per i terreni.
Liquida: Utilizzata come fertilizzante ricco di nutrienti equilibrati (N/P).
La digestione anaerobica può avvenire a diverse temperature operative (di solito i batteri coinvolti nelle varie fasi differiscono notevolmente esibendo maggiori attività in diverse condizioni operative), tra cui:
Psicrofila (10-25 °C) raramente utilizzata.
Mesofila (25-40 °C) ottimale a 35 °C.
Termofila (40-75 °C) ottimale a 55 °C.
Processi Monostadio e Bistadio
La digestione anaerobica può essere realizzata in uno o due stadi:
Monostadio: Tutti i microrganismi lavorano nello stesso ambiente, anche se non ottimale per ogni fase.
Bistadio: Una fase di demolizione seguita da una di metanogenesi, ottimizzando il processo quando si usano biomasse diverse.
L'efficienza del processo di digestione anaerobica dipende dal tipo di biomassa utilizzata e dalle condizioni operative del sistema.
Codigestione Anaerobica
La digestione anaerobica (AD) viene utilizzata sia in contesti urbani che rurali per il trattamento e la stabilizzazione delle biomasse, producendo energia rinnovabile e nutrienti per l'agricoltura. Le installazioni urbane di grandi dimensioni sono spesso vicine a fonti di biomassa municipale e industriale, nonché a potenziali destinazioni per il biogas prodotto. In ambito rurale, invece, gli impianti sono solitamente più piccoli e utilizzano biomasse agricole diverse, come letame e residui colturali, per fornire energia e nutrienti alle aziende agricole.
L’aggiunta di co-materie prime (co-feedstock) alla digestione anaerobica può aumentare la produzione di biogas e nutrienti, rendendo i digestori rurali più produttivi. Tuttavia, la disponibilità di alcune co-materie prime può essere stagionale, causando potenziali variazioni nella composizione degli input e compromettendo la stabilità del processo se i cambiamenti sono troppo rapidi, poiché le comunità microbiche non riescono ad adattarsi in tempi brevi.
Potenziale Metanigenico Biochimico (BMP)
Per valutare l'efficienza della digestione anaerobica di diversi substrati e delle loro miscele, si eseguono test sperimentali del Potenziale Metanigenico Biochimico (BMP), che misurano la resa di CH₄ per unità di biomassa trattata (m³/t). Questo parametro consente di osservare eventuali sinergie tra le biomasse e migliorare la produzione di biogas.
Calore e Valore Calorifico del Biogas
Il biogas ha un valore calorifico inferiore (LCV) compreso tra 18.8 e 25.0 MJ/Nm³, paragonabile a circa metà del valore calorifico del gas naturale (38 MJ/Nm³). Il valore calorifico di un combustibile rappresenta il calore rilasciato dalla combustione completa di una quantità unitaria di combustibile. Esistono due tipi di valori calorifici:
Valore Calorifico Inferiore (LCV): considerato quando il vapore d'acqua nei prodotti della combustione rimane in forma di vapore, senza recuperare il calore latente.
Valore Calorifico Superiore (HCV): considerato quando l'acqua viene condensata, recuperando il calore latente di vaporizzazione dell’acqua (circa 2,5 MJ/kg).
Produzione di Biogas in Italia e nell'UE
Nel 2021, in Italia, erano operativi circa 2261 impianti di biogas con una capacità installata di 1455 MW, generando una produzione energetica di 8.1 TWh, leggermente diminuita a 7.8 TWh nel 2022. In Europa, la produzione primaria di biogas è stata di 15.8 Mtep nel 2022, con un leggero incremento rispetto agli anni precedenti, proveniente principalmente da:
Digestione anaerobica (83.9%),
Discariche (7.6%),
Trattamento di acque reflue municipali e industriali (7.3%),
Gasificazione termica della biomassa (0.8%).
Le proiezioni per l'UE27 indicano un incremento del biogas per produzione di energia elettrica e calore. In Italia, la produzione di biogas da co-digestione anaerobica e l'uso di digestori in ambito agricolo continuano a giocare un ruolo chiave per ridurre l'uso di combustibili fossili e supportare la sostenibilità energetica del settore agricolo.
Uso della Nanotecnologia (Nanocatalizzatori) per la Trasformazione del CO₂ in Energia Rinnovabile
La riduzione della CO₂ per la produzione di combustibili come etanolo, metanolo e metano rappresenta un'opportunità innovativa per trasformare un gas serra in una risorsa energetica rinnovabile. Tuttavia, questo processo richiede un'elevata quantità di energia per rompere i legami stabili del CO₂ e convertirlo in molecole energeticamente dense. Attualmente, in Spagna è attivo un progetto che mira a fornire l'energia necessaria utilizzando specchi, in un sistema simile alla tecnologia solare a concentrazione (CSP), che concentra la luce solare per produrre alte temperature.
I nanocatalizzatori rappresentano una soluzione promettente in questo campo, poiché le loro proprietà uniche su scala nanometrica possono migliorare l'efficienza del processo di riduzione del CO₂, abbassando le barriere energetiche per la sua conversione. I nanocatalizzatori offrono una superficie attiva più elevata rispetto ai catalizzatori tradizionali, favorendo le reazioni di riduzione del CO₂ a pressioni e temperature più basse, facilitando la produzione di combustibili come metano e metanolo.
Un'interessante prospettiva è la produzione di metano sintetico attraverso l'idrogenazione del CO₂. In questo processo, l'idrogeno verde, ottenuto mediante elettrolisi dell'acqua marina usando energia rinnovabile, viene fatto reagire con CO₂ catturato da sorgenti ambientali o industriali (processo CCS, Carbon Capture and Storage). La metanazione catalitica utilizza un catalizzatore a base di nichel (Ni CTS) per trasformare CO₂ e idrogeno in metano sintetico, un combustibile pulito e facilmente trasportabile.
Recenti studi, come quello di Kiani e collaboratori, esplorano la fattibilità economica e tecnica della produzione di metano liquefatto sintetico, proponendo un ciclo in cui CO₂ e idrogeno verde vengono convertiti in combustibile utilizzabile. Questa soluzione, oltre a produrre energia pulita, potrebbe contribuire alla riduzione del CO₂ atmosferico, integrando l’uso di energie rinnovabili per un futuro energetico più sostenibile.
La produzione globale di biocarburanti ha raggiunto circa 170 miliardi di litri (GL) nel 2022, corrispondenti a 4,3 exajoule (EJ) di energia, con bioetanolo, biodiesel e olio vegetale idrotrattato (HVO) tra i prodotti principali. I dati del 2022 riportano una produzione di bioetanolo pari a 106 GL (65% del totale), biodiesel a 45,1 GL (27%), e HVO a 13,3 GL (8%) .
Il biodiesel è utilizzato sia nel settore automobilistico sia nel riscaldamento (UNI 10946; UNI 10947) e può essere impiegato puro o miscelato con diesel fossile senza modifiche ai motori. È anche biodegradabile e, in caso di dispersione, si degrada in pochi giorni. Dal punto di vista energetico, il biodiesel ha un'efficienza simile ai carburanti fossili (circa il 90%).
All'inizio del 1900, Rudolf Diesel testò oli vegetali per alimentare il suo motore. Tuttavia, questi erano troppo viscosi, causando depositi post-combustione. Successivamente, il processo di transesterificazione, che sostituisce la glicerina degli oli vegetali con metanolo (producendo esteri metilici di acidi grassi, FAME), si è dimostrato più adatto per il biodiesel, riducendo la viscosità e migliorandone l’utilizzo nei motori.
La produzione avviene principalmente in reattori batch, dove le fasi olio e alcool sono miscelate a una temperatura di 25-60°C con catalizzatori basici (NaOH, KOH). Il processo produce anche glicerina, un sottoprodotto di alto valore utilizzato nei settori farmaceutico e cosmetico. Una volta completata la reazione (circa 1 ora) distillazione (recupero dell'alcol in eccesso), decantazione (separazione degli esteri dalla glicerina)
Biodiesel (1ª gen): produzione
Produzione eco-sostenibile: nessun residuo o scarto di lavorazione
Generazione di glicerina: "sottoprodotto" ad alto valore aggiunto (settore farmaceutico e cosmetico).
Bilancio del processo: 1000 kg di biodiesel + 100 kg di glicerina --> 1000 kg di olio raffinato + 100 kg di CH3OH
Confronto delle proprietà:
Proprietà | Biodiesel | Diesel |
Densità a 15°C [kg/m³] | 880 | 845 |
Contenuto massimo di acqua [mg/kg] | 500 | 500 |
Zolfo [% peso] |esente | 0.1 - 0.2 |
Punto di scorrimento [°C] | -24 | -6 |
Punto di infiammabilità [°C] | 118 | 55 |
Viscosità cinematica (37.8 °C) [CSt] | 5.0 | 5.35 |
Valore calorifico inferiore [MJ/L] | 33.2 | 35.6 |
Numero di cetano | 52 | 47 |
Fonte rinnovabile con ciclo di produzione che influisce su altri settori come l'agricoltura.
Necessità di ampie aree di coltivazione.
In Italia (e in Europa) problemi di mancanza di aree.
Per circa 1 ettaro (10000 m²) di colza si produce 1 tonnellata di biodiesel; quasi 2 ettari per la soia.
Eccellente per paesi extraeuropei con immense aree sottoutilizzate.
In Italia, in linea con le direttive UE, è stato introdotto l'obbligo per i fornitori di benzina e diesel di rilasciare una quota minima di biocarburanti per il consumo, al fine di aumentarne l'uso e limitare le emissioni di CO2 in atmosfera (diversi decreti legge nel corso degli anni). 30 dicembre 2020 - ultimo DL del Ministero dello Sviluppo Economico: Anno 2015 = 5.0 % di biocarburanti, ..., e dal 2021 = 10.0 % di biocarburanti.
Il ruolo degli agri-hub nei progetti avviati in Africa
Eni ha lanciato diversi progetti all'inizio del 2021, dalla costruzione di agri-hub alla raccolta di UCO (Used Cooking Oil) e rifiuti in generale. In Kenya, il progetto di sviluppo agricolo è in uno stato avanzato: il Kenya è stato il primo paese africano a sviluppare una filiera di bioraffineria verticale, offrendo opportunità di reddito e accesso al mercato a decine di migliaia di agricoltori.
Oltre al Kenya, nel 2022 Eni ha lanciato una serie di iniziative con vari paesi del continente africano, tra cui Congo, Angola, Mozambico e Costa d'Avorio, per la produzione di olio vegetale da inviare alle nostre bioraffinerie. In Ruanda e Italia sono state avviate attività per la sperimentazione di colture oleose. Si prevede che circa 700000 agricoltori saranno coinvolti nelle attività agricole entro il 2026.
Per i biocarburanti, aumento significativo della domanda nel settore agroalimentare per scopi energetici, con conseguente aumento dei prezzi dei prodotti agricoli. Entro il 2020, il 36% del mais prodotto negli Stati Uniti è stato utilizzato per la produzione di bioetanolo.
L'11 ottobre 2012: la Commissione Europea pubblica l'Indirect Land Use Change (ILUC) per la transizione dai biocarburanti tradizionali a quelli ottenuti da materie prime non alimentari (2ª e 3ª gen) e blocca il supporto pubblico dopo il 2020 per i biocarburanti di 1ª gen.
Ricerca e sviluppo sulla produzione di biocarburanti di 2ª (ad es. HVO) e 3ª generazione. Applicazione su nuove materie prime per biodiesel. Sono in fase di studio diverse materie prime (e catalizzatori, anche enzimatici) per un biodiesel "più sostenibile":
Olio di Jatropha
Olio di Ricino
PFAD – Acidi grassi di palma distillati (residuo dalla raffinazione dell'olio di palma)
Olio di scarto (Used cooking oil)
Grasso animale
Olio di tabacco
Olio di insetto
Olio di alghe (3ª gen)
L'HVO viene ottenuto tramite idrogenazione degli oli vegetali, un processo che consente la conversione degli oli in idrocarburi paraffinici. Oggi, la produzione di HVO è sempre più orientata all'utilizzo di residui e grassi di scarto provenienti dalle industrie alimentari e ittiche, oltre a frazioni di oli vegetali non destinati all'alimentazione .
L’HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) è un biocarburante di seconda generazione ottenuto dall’idrogenazione degli oli vegetali, inclusi residui alimentari e grassi derivanti da industrie ittiche e di macellazione. A differenza del biodiesel tradizionale, l’HVO subisce un processo di idrogenazione che converte gli oli in idrocarburi paraffinici, rendendolo più compatibile con i motori moderni e risolvendo problemi come la proliferazione batterica e i filtri intasati.
ENI ha sviluppato il biodiesel di seconda generazione, noto come Green Diesel, grazie alla tecnologia Ecofining™, brevettata nel 2006 e applicata nelle raffinerie di Porto Marghera e Gela. Questa tecnologia sfrutta la sezione di idrodesolforazione catalitica per convertire i rifiuti organici in biocarburante di alta qualità. Nel processo, l'ossigeno della biomassa reagisce con l’idrogeno producendo acqua (che viene poi eliminata), generando un diesel privo di ossigeno e con una qualità superiore rispetto al biodiesel convenzionale. La bioraffineria attualmente processa circa 360 mila tonnellate di materie prime bio all'anno, con un incremento previsto a 560 mila tonnellate dal 2024, di cui una parte significativa proveniente da rifiuti alimentari e grassi animali.
La produzione di biocarburanti in Europa è tra le più attive a livello globale, con i principali produttori tra cui Germania, Paesi Bassi, Francia e Spagna, che contribuiscono per circa il 60% alla produzione europea totale di biodiesel e diesel rinnovabile da idrogenazione (HDRD). In termini di consumo, Francia, Germania, Spagna, Svezia, Italia e Polonia rappresentano i principali utilizzatori, coprendo il 69% del consumo complessivo di biodiesel nell’UE.
Il biodiesel di prima generazione offre alcuni benefici ambientali: emette CO₂ catturata durante la crescita delle colture (colza, soia e girasole), riduce le emissioni di CO (-35%) e idrocarburi incombusti (-20%) rispetto al diesel convenzionale, e non produce SO₂. Inoltre, riduce del 70% il fumo emesso dai motori diesel e dai sistemi di riscaldamento rispetto al diesel fossile. Non contengono aromatici e non c'è problema autocombustione durante trasporto. Tuttavia, alcuni effetti negativi sono emersi:
può aumentare le emissioni di NOₓ rispetto al diesel, a causa delle temperature di combustione più elevate.
produzione intensiva di colture minaccia gli ecosistemi naturali e compete con le risorse agricole per la produzione alimentare, aumentando i costi del cibo.
A basse T, necessita di additivi o di miscele con diesel fossile, un problema risolvibile con l’HVO.
Le politiche europee puntano a incentivare i biocarburanti avanzati (seconda e terza generazione) che non competono con la produzione alimentare e hanno un minore impatto ambientale. Nel 2022, la Commissione Europea ha stabilito che dal 2023 l'uso di soia e olio di palma come materie prime per i biocarburanti sarà vietato, a causa delle conseguenze negative sull’ambiente e sull’agricoltura globale.
--> Sia l’Italia che la Germania hanno chiesto che l’UE consenta la vendita di nuovi motori a combustione le auto dopo il 2035 se utilizzeranno esclusivamente carburanti a zero emissioni di carbonio, il che potrebbe supportare produttori di automobili e parti con motore a combustione. L'e-fuel sintetici sono staticonsiderati ad impatto neutro, mentre la Commissione ritiene che i biocarburanti avranno sempre un'impronta del carbonio molto ampia e basandosi su coltivazioni rischia di avere pesanti implicazioni anche sul sistema agroalimentare.
L'uso di bioetanolo come carburante risale al 1876, quando Nicolaus Otto sfruttò l'etanolo per alimentare il suo motore a ciclo Otto. Successivamente, nel 1908, l'etanolo fu utilizzato negli Stati Uniti per alimentare il modello T di Henry Ford. Negli anni '30, Kansas raggiunse una produzione di 18 milioni di galloni all'anno (circa 54.000 tonnellate). Tuttavia, la produzione si interruppe a causa del basso costo del petrolio. Negli anni '70, dopo la crisi petrolifera, si riaccese l'interesse per il bioetanolo anche per via di benefici fiscali; il Brasile iniziò una produzione massiva negli anni '80 in risposta alla crisi del 1973.
Prima Generazione: Il bioetanolo viene principalmente prodotto tramite fermentazione microbica di zuccheri fermentabili, come il glucosio, provenienti da cereali, canna da zucchero e barbabietola. Il processo di fermentazione avviene in un ambiente anaerobico, dove i carboidrati vengono convertiti in etanolo e CO₂ grazie all’azione di enzimi, spesso lieviti come *Saccharomyces cerevisiae*. La resa tipica per il mais è di 0,31 kg di etanolo per ogni kg di materia prima, con un importante sottoprodotto rappresentato dai mangimi animali.
Bioethanol yield from cereal (30%): 30 kg ethanol from 100 kg grain
2 e 3 Gen: A causa delle preoccupazioni legate alla sostenibilità alimentare, sono stati studiati processi per ottenere bioetanolo da biomasse lignocellulosiche (seconda generazione) e da alghe (terza generazione). La produzione da biomasse lignocellulosiche richiede un costoso pretrattamento chimico, fisico o biochimico per liberare la cellulosa dai legami con lignina ed emicellulosa, rendendo così i materiali meno pregiati competitivi nel lungo termine. Metodi avanzati come il frazionamento basato su liquidi ionici (ILF) sono promettenti, anche se complessi.
ILF: salts that remain in a liquid state at or near room temperature. They are composed of ions, typically a large organic cation and a smaller inorganic or organic anion
Il 10 settembre 2013 è stato inaugurato a Crescentino, in provincia di Vercelli, un impianto biorefinery per il bioetanolo di seconda generazione dal gruppo Mossi & Ghisolfi. Questo impianto, il primo al mondo per bioetanolo da biomassa lignocellulosica non alimentare, utilizza la tecnologia Proesa™, permettendo di produrre bioetanolo e intermedi chimici da biomassa non alimentare e scarti agricoli. La capacità di produzione è di 75 milioni di litri annui per il mercato europeo, con un ciclo chiuso per il consumo energetico e il riciclo totale delle acque utilizzate. Tuttavia dopo una promettente cescita ha dichiarato bancarotta nel 2027 pper poi essere aquisita da ENI.
Il bioetanolo viene utilizzato come componente di miscelazione per la benzina o per la produzione di ETBE (etil-ter-butil etere) per aumentare il numero di ottano. In Brasile, dal 2015, è possibile miscelarlo fino al 27% nella benzina (E27), mentre negli Stati Uniti l'E15 può contenere fino al 15% e in Europa l'E10 fino al 10% (dal 2011 anche in Italia). Tuttavia, il potere calorifico del bioetanolo è inferiore rispetto alla benzina (27,0 MJ/kg contro 43,0 MJ/kg), richiedendo un volume maggiore per km.
Le nuove auto sono progettate per tollerare miscele fino all'85% di etanolo (E85), grazie ai motori Flex Fuel (come quelli sviluppati da Magneti Marelli), e in Brasile quasi tutti i nuovi veicoli supportano fino al 100% di etanolo (E100).
Vantaggi: Il bioetanolo è considerato un potenziale sostituto della benzina convenzionale, utilizzabile sia puro che miscelato, con la capacità di ridurre le emissioni di gas serra e il consumo di benzina fossile. Essendo un carburante ossigenato (35% ossigeno), migliora la combustione riducendo la produzione di monossido di carbonio e composti incombusti.
Svantaggi: In climi freddi, l’uso di bioetanolo puro (E100) presenta difficoltà di accensione a causa dell'elevata entalpia di vaporizzazione. Inoltre, ha una bassa densità energetica volumetrica, richiedendo un consumo fino al 50% maggiore rispetto alla benzina convenzionale. Può anche degradare elastomeri e corrodere alcuni metalli nel motore, richiedendo una maggiore manutenzione.
Nel 2023, la produzione mondiale di bioetanolo ha superato di oltre il doppio quella del biodiesel, grazie principalmente agli Stati Uniti e al Brasile. Il mercato è supportato da politiche agricole ed energetiche e da incentivi fiscali significativi, senza i quali la competitività sarebbe ridotta.
L'etanolo rappresenta una soluzione sostenibile in vari paesi, essendo di origine vegetale e quindi privo di effetto serra diretto (GHG effect). La molecola contiene ossigeno, riducendo le emissioni di CO e idrocarburi incombusti. Inoltre, il bioetanolo è totalmente biodegradabile e supporta una politica pro-ambientale adottata da molti paesi per una mobilità sostenibile.
Nel 2023, gli Stati Uniti hanno prodotto circa 58,8 miliardi di litri di bioetanolo, seguiti dal Brasile con 31,2 miliardi e dall'Europa con 5,4 miliardi (con la Francia come maggiore produttore europeo con 1,04 miliardi di litri).
La bioenergia dominata dal legno può contribuire in modo sostanziale alla riduzione delle emissioni di gas serra. Notevoli progressi nei bruciatori (conversione diretta) consentono un grande ottimismo. Le prime efficienze termiche (con fuochi aperti) erano del 30%, poi i fuochi chiusi e il controllo della combustione hanno portato a valori del 70-75% (valore medio attuale). Con la tecnologia delle stufe a pellet e delle caldaie, si raggiungono efficienze superiori al 90%.
Variazione dell'efficienza: per caldaie manuali e di piccole dimensioni. Tutte le caldaie moderne sono "caldaie a condensazione" (con rendimenti superiori al 90%).
Nel mondo, la biomassa solida costituisce quasi il 10% delle fonti di energia rinnovabile (RES). UE27 2022: in Europa produzione di 98 Mtoe (dati Eurobserver, 2023). L'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) prevede che entro il 2050 si risparmiino emissioni di 5 - 15 GtCO2 per uso del legno.
L'impatto ambientale del legno è 3 volte inferiore a quello del diesel e 2 volte inferiore a quello del gas. Le particelle prodotte (aerosol-PM10) sono costituite esclusivamente da sali minerali e quindi molto meno tossiche rispetto alle particelle del diesel (organico).
Il legno è composto principalmente da:
Cellulosa: un polimero (C6H10O5) che può cristallizzarsi per formare fibre molto resistenti, costituendo il principale materiale di rinforzo nel legno.
Lignina: un polimero generalmente in forma amorfa. La lignina funge da matrice o legante per la cellulosa.
Emicellulosa: un polimero parzialmente cristallino che agisce anch'esso come matrice o legante.
Acqua: componente essenziale nel legno.
Estraibili: impurità organiche responsabili del colore e dell'odore del legno, nonché, in alcuni casi, della resistenza alla decomposizione, ai funghi e agli insetti.
Se la combustione è incompleta, si formano emissioni di CO e diversi composti chimici intermedi (catrami).
Se perfetta (in impianti di potenza e calore moderni), rimane solo sostanze naturali in concentrazioni non tossiche. Uscita teorica per combustione perfetta: H2O, CO2, NOx, particolato. Ciò è dovuto alla tecnologia di post-combustione, in cui i gas di scarico dalla combustione primaria (ricchi di CO) vengono reinseriti nella camera di combustione con O2 preriscaldato.
In Italia, molti impianti privati ma ancora pochi esempi (anche se in rapida crescita) di produzione di energia legnosa comunitaria (teleriscaldamento). Italia 2022: installati oltre 8 milioni di dispositivi e caldaie.
97% elettrodomestici domestici, cioè apparecchi installati all'interno dello spazio abitato da riscaldare.
3% caldaie, cioè apparecchi installati in un locale tecnico per riscaldare unità abitative o uno o più edifici residenziali o commerciali.
75,2% alimentati da legna da ardere, 24,5% da pellet, 0,2% da cippato (caldaie di grandi dimensioni).
Installati principalmente piccoli apparecchi e caldaie di potenza che influenzano il mercato del biocombustibile solido composto principalmente da legna da ardere e pellet. 2022: consumo di biomassa solida di 16 Mt.
Previsioni di produzione e consumo di energia da biomassa solida nell'UE27 entro il 2030.
Legna da ardere: ampiamente disponibile come legna appena tagliata, semistagionata, stagionata o essiccata in forno (diametri da 10 a 15 cm e lunghezza in base all'apparecchio utilizzato).
Pellet di legno: costituiti da segatura o trucioli di legno estrusi sotto pressione affinché la resina del legno leghi il materiale in forme cilindriche tra 6 mm e 10 mm di diametro e 10-12 mm di lunghezza.
Cippato: piccoli pezzi di legno a bassa densità che consentono di misurare il carburante nella caldaia in modo controllato. Ogni caldaia è progettata intorno a una dimensione di combustibile particolare che può variare da 15 a 50 mm.
Bricchetti (Heatlogs): cilindri (o parallelepipedi) realizzati con sottoprodotti di legno puro provenienti dall'industria. Come i pellet, la macchina per la briquetting comprime la segatura di scarto e, a livelli di compressione molto elevati, le fibre del legno si legano tra loro. Più grandi dei pellet, possono essere utilizzati anche in caminetti e stufe a legna.
Produrre 1 MWh di energia da legna da ardere, che si ottiene bruciando 270 kg di legno secco, costa 76 €. 38% in meno rispetto al gas naturale (94 €/MWh). 42% in meno rispetto al gasolio (153 €/MWh). Gli impianti a biomassa hanno costi iniziali più elevati, ma successivamente guadagnano sui costi del materiale.
Il teleriscaldamento, noto anche come rete di calore, genera calore in una posizione centralizzata e lo distribuisce tra diversi edifici. Può essere utilizzato per fornire riscaldamento degli ambienti o dell'acqua per esigenze residenziali o commerciali e quindi serve per il riscaldamento di edifici pubblici e privati, scuole, ospedali, hotel, ecc. In Italia (2021) ci sono 334 sistemi di teleriscaldamento (che producono circa 11 TWh).
Impianti di teleriscaldamento a base di combustibili fossili (8,8 TWh) (Brescia, Torino, Reggio Emilia). Recenti importanti sviluppi di impianti a biomassa legnosa (distretti energetici del Trentino Alto Adige, Lombardia - Valtellina, Piemonte-Valle d'Aosta). Principalmente nel Nord Italia. L'energia termica in ingresso in Italia (2021) per fonte energetica (12% da biomassa solida).
La biomassa offre diversi vantaggi, tra cui:
Riduzione ambientale: riduzione delle emissioni di CO₂ grazie all’uso di risorse locali e al riciclo energetico dei residui.
Economico: i materiali di scarto usati nella produzione di energia da biomassa hanno un costo notevolmente inferiore rispetto alle fonti fossili.
Territoriale: favorisce l’uso di risorse locali, contribuendo alla manutenzione del territorio e alla creazione di competenze e filiere locali.
Reti di Teleriscaldamento a Biomassa in Italia
1. Altoatesino - Trentino
2. Lombardo-Valtellinese
3. Piemontese-Valdostano
In Alto Adige, ci sono attualmente 77 impianti di teleriscaldamento a biomassa, con una produzione complessiva di circa 1463 GWh di energia termica distribuita attraverso una rete di circa 1100 km, che serve oltre 21.000 utenti.
Ciclo Organico Rankine (ORC)
Utilizzano un ciclo termodinamico chiuso simile al Ciclo di Clausius-Rankine, ma con fluidi organici che consentono una maggiore efficienza nell’utilizzo di fonti di calore a bassa e media temperatura (tra 80 e 400 °C). Questo ciclo è particolarmente adatto per la produzione combinata di energia elettrica e termica, come nel caso della cogenerazione per processi industriali e teleriscaldamento.
Combustione della Biomassa: viene bruciata in una caldaia, producendo gas di scarico caldi che riscaldano un fluido intermedio.
Scambio di Calore: il fluido intermedio trasmette calore al fluido organico dell'ORC, che si vaporizza, alimentando la turbina per la produzione di elettricità.
Condensazione e Riciclo: il fluido organico viene poi raffreddato, condensato e riciclato nel sistema.
Esempio di Teleriscaldamento a Biomassa: Brunico (BZ)
Il sistema di teleriscaldamento di Brunico, avviato nel 2001, è uno dei modelli virtuosi in Italia, alimentato al 100% da biomassa legnosa (cippato, scarti di legno, trucioli) e fornisce energia termica ed elettrica tramite cogenerazione. Nel 2011, Brunico è stata premiata come uno dei comuni più sostenibili d’Europa, mentre nel 2014 è stata la prima città italiana a ricevere il premio European Energy Award Gold per il mix energetico totalmente rinnovabile.
Esempio della Svezia
La Svezia, con una superficie forestale pari al 70% del territorio, soddisfa oltre il 30% del fabbisogno energetico nazionale con la biomassa. Il paese ha in programma di raggiungere la neutralità climatica entro il 2045 e una quota del 100% di energia rinnovabile entro il 2040, supportata da una rete di oltre 500 impianti di teleriscaldamento a biomassa.
Prospettive Globali delle Energie Rinnovabili
Nel 2022, le fonti rinnovabili “moderne” hanno rappresentato il 12,9% della produzione energetica globale, mentre per la produzione elettrica la quota di rinnovabili ha raggiunto il 30,3% nel 2023, segnando un incremento significativo rispetto agli anni precedenti.